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Simona Weller espone sue opere antologiche al Palazzo Baronale di Calcata dal 1 maggio al 6 giugno 2010

Ante Scriptum

Sento di dire anch’io qualche parola sull’amica Simona Weller, che conobbi quando giunsi a Calcata a metà degli anni ‘70. A qual tempo lei, già artista conosciuta ed affermata, scriveva anche sulla rivista Noi Donne e fu lei che lanciò il nostro gruppo teatrale dei Vecchi Tufi, proprio da quelle pagine. Inoltre sempre lei inaugurò la prima  Galleria d’arte di Calcata, che fu da me fondata quasi per gioco ma con tutti i carismi della legalità, e che si chiamava Depend’Arp, non per omaggiare Arp, bensì per ricordare che quella era stata la Dependance D’Arpini, presso la quale accolsi numerosi nuovi venuti al borgo  (che poi vi si stabilirono definitivamente). Infatti quello stanzone, che ospita oggi il Forno di Carmen, fu la prima foresteria del paese ed ebbe la funzione di trasformare i forestieri in calcatesi. Sono oggi contento che finalmente il Comune ed il Parco del Treja vogliano riconoscere con questa mostra di gran pregio il valore e l’importanza che Simona Weller ha avuto nella storia del piccolo borgo… ora divenuto “grande” anche per merito suo.

Paolo D’Arpini    

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PAROLE D´AMOR DIPINTE

Dal 1° maggio al 6 giugno 2010 – Palazzo Baronale degli Anguillara, Calcata Vecchia (VT)

Il Comune di Calcata e l´Ente Parco del Treja hanno deliberato di rendere omaggio a Simona Weller che, nel 1975, è stata una dei primi artisti a stabilire il proprio studio nell´antico Borgo di Calcata. Con un´accurata e intensa presentazione, l´architetto Paolo Portoghesi ripercorre le tappe più salienti dell´itinerario della pittrice nell´ambito di una pittura scritta non figurativa. Portoghesi, che ha avuto modo di visitare spesso l´atelier della Weller, scrive tra l´altro: “Adesso che entrambi abbiamo scelto Calcata come stabile soggiorno, assai più spesso accedo alla sua officina per godere anch’io, amante della natura, della linea curva, delle foglie, del vento e del movimento delle acque e del fuoco, ma anche delle virgole, dei punti e dei punti e virgola disoccupati, di questa sua capacità di raccontarsi e di raccontare emozioni, sentimenti che al cospetto dei suoi quadri tornano a galla da dentro le proprie radici. Perché uno dei pregi dell’arte è proprio quello di nascere da una esasperata soggettività e privatezza per poi generare una magnifica intesa aperta a chi bussa alla porta dell’artista, con la volontà di ascoltare in silenzio”.

Aperta la pubblico dal prossimo 1° maggio, la mostra si snoda tra le sale di quella che fu la residenza degli Anguillara nel borgo medievale di Calcata. I quadri della Weller, che pur non essendo figurativi sono ispirati ai colori del trasmutare delle stagioni nel paesaggio della Valle del Treja, creano un felice contrasto con gli ambienti antichi, in cui ancora compaiono frammenti di affreschi, e il panorama che si può ammirare sia dalle finestre che dall´affaccio sugli spalti.

Le opere esposte, realizzate nello studio sulla Rupe Maggiore di Calcata negli ultimi cinque anni, sono tutte di grandi dimensioni (cm. 200×300, 200×200, 200×145) e testimoniano la fertilità e l´esuberanza artistica della Weller, una delle maggiori artiste italiane.

Altri articoli su Simona Weller:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=simona+weller

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Calcata persa e Calcata ritrovata…. Cronistoria di una ricerca del luogo, in cui il luogo è rimasto…

Quello che mi fa odiare Calcata, allo stesso tempo amandola all’inverosimile cercando di proteggerla… è l’indifferenza con la quale viene vissuta la sua trasformazione e la sua perdita d’innocenza e d’identità. Chiaramente mi riferisco alla comunità umana di Calcata poiché il luogo in quanto tale è più o meno intonso, anche se negletto.

Apparentemente le due comunità di Calcata, paese nuovo e paese vecchio, si stanno sgretolando in una sorta di abbrutimento e perdita di valori. Al paese nuovo regna l’indifferenza anche se è presente una tendenza per la riconquista di una supremazia morale, che è andato svanendo in seguito alla perdita di meriti comunitari, però sovente manifestantesi in “riconquista” dell’operatività economica e dello sfruttamento turistico del borgo.

Al paese vecchio la gioia di vivere ed il gusto alternativo di creare arte e cultura sta convertendosi in finto lustro, in artifizio e paccotage da mercatino, in servizi resi al turismo di massa, che cancella ogni bellezza ed onestà. Insomma, sembra quasi che Calcata sia in vendita al miglior offerente e che la cultura residua sia solo un tentativo di appropriazione della fetta più grossa del mercato.

Lentamente ciò che vi era di “vero” è andato scemando.

Al paese nuovo è avvenuto con la dipartita dei custodi della tradizione, il pecoraio che pascolava gli armenti dietro al Comune, il capraio che manteneva ancora la tradizione del formaggio casereccio, l’ortolano che produceva frutta ed ortaggi per sé e per gli amici, chi aveva un po’ d’olio, chi aveva un po’ di vino casereccio, chi almeno l’aceto…. Questi sacerdoti del costume contadino sono quasi tutti deceduti o talmente invecchiati che a malapena possono provvedere a se stessi.

Al paese vecchio, gli artisti difendono la propria unicità ognuno incastrato nella sua baronia, mentre aumentano i cloni ed i finti, aumentano coloro che vengono da fuori ad aprire bottega per altri forestieri, quelli che hanno la cultura delle musicacce suonate in piazza non diverse da quelle suonate nel tunnel della metropolitana, quelli che sanno solo atteggiarsi ad “operatori culturali ed economici” con l’etichetta “Calcata”.

Peccato che sia così deteriorata la società ed in così breve tempo… ma qualche rimasuglio di umanità, o qualche esperimento di ripresa ancora si manifesta. Voglio qui menzionare alcuni casi che ritengo buoni esempi. In primis il tentativo di Felix e Sofia, coadiuvati da Lorenzo, di vivere sui frutti biologici della terra, sul piccolo artigianato, sul sapone fatto in casa, sui lavoretti di muratura e di falegnameria, sul mantenimento di una parvenza di solidarietà paesana. Il tentativo dell’associazione Il Granarone di continuare a favorire, nei limiti del possibile, l’espressione artistica senza dover ricorrere alle solite finzioni, all’escamotage del ristorante mascherato da centro culturale… Vi sono poi degli artisti che meritano attenzione per la pervicacia con la quale perseguono la loro arte senza abbassarsi a compromessi, ad esempio Angela Marrone, cantante pittrice scultrice, o Costantino Morosin, geniale inventore di nuovi modi creativi, oppure Athon Veggi, ricercatrice esoterica e scultrice di rango, e non voglio né posso ignorare la serietà professionale di Simona Weller e di Paolo Portoghesi…. Ma qui mi fermo con gli encomi, anche se dovrei veramente inserire il tentativo di risurrezione teatrale ma non posso farlo perché in quel canto non sono gradite menzioni….

Nell’ambito della cultura tradizionale, quella del paese nuovo che rappresenta i vecchi abitanti, non posso far a meno di ammirare lo sforzo con il quale alcuni gruppi cercano di mantenere una coesione sociale. Vedesi il Coro Calcata, vedesi la Banda, sia quella ufficiale che quella Riciclata. Ultimamente è sorto anche un giornaletto locale che tenta di riportare al giusto livello le tradizioni, si chiama il Cargatese e questo tentativo va sottolineato e premiato. Nell’ambito dell’imprenditoria voglio citare il primo ristorantino decentrato, sito sulla via provinciale, gestito da una famiglia di calcatesi doc, che cerca di riproporre una cucina semplice ma genuina che valorizza i prodotti locali, si chiama il Caraponzolo, credo che sia il nome di una pianta.

Allora, da un lato e dall’altro c’è ancora un tentativo benefico di mantenere il luogo radicato alle sue origini ed alla verità, questo mi sembra positivo e spero che si venga a creare sufficiente sinergia fra questi due “tronconi”, o pezzi di cultura locale, che condividono una autenticità… in modo da creare sufficiente humus per la rinascita o per il mantenimento in vita di Calcata, non come immagine da smerciare ai turisti ma come luogo con una sua identità ed esistenza.

Paolo D’Arpini

Amore di Calcata…

L’amore non è una merce, non è un guadagno,

non è una comodità che puoi accumulare.

L’amore non ha significato oltre se stesso,

esiste di per sé non per qualche altra cosa.

L’amore non si può ricordare o proiettare,

non ha un passato non ha un futuro…

è….soltanto qui ed ora! Ama.

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Manifestazione in tre fasi, inizio con la Festa dei Precursori dal 1° al 10 maggio 2009 – Lista dei nomi con qualifiche e titoli dei fondatori del Fenomeno Calcata

Dal 1° al 10 maggio 2009 si svolge a Calcata la Festa dei Precursori, in questa data si ricorda sia la fondazione del Circolo VV.TT. che la nascita stessa del Fenomeno Calcata. Volutamente ho “fermato” il processo fondativo di Calcata (quella che oggi è conosciuta come Calcata) al 1984 l’anno in cui nacque il Circolo. Chiaramente sia la configurazione immaginifica di Calcata che la nascita del Circolo sono ancora in movimento e formazione, il Circolo era in fieri prima del 1984 ed il puzzle del Fenomeno Calcata ha riempito nuovi tasselli dopo quella data. Per una mia comodità voglio però concludere la fermentazione del vino calcatese proprio nel 1984, quello fu anno del Topo di Legno, foriero di emozioni e speranze.Ho fatto questa premessa per introdurre una lista di persone che in modo o nell’altro contribuirono al processo fermentativo sia del Circolo che di Calcata. L’elenco che segue inizia con gli abitanti originari di Calcata, quelli che trovammo qui quando giungemmo, e continua con i primi nuovi venuti da fuori… Alcuni sono morti, altri scomparsi, altri incarogniti, ma dobbiamo soprattutto a loro se l’allestimento di Calcata è riuscito, ecco li qui di seguito nominati in ordine sparso e non d’importanza, come li abbiamo ricordati Sandra ed io in alcuni giorni di spremitura di memoria.

Gli abitanti originari:

Pasquale ed Aghedina: il passamano di ferro alla Bocchetta.

Sisto: col fiaschetto di vino sul comodino, per l’arsura notturna.

Irmo: coi gambali di pelle caprina come i Falisci.

Verbena: silenziosa vergine dei Grotti.

Avelia: sempre presente.

Amorina e Giulio: le ova fresche de Morina.

Giovansanto: e la santa cantina.

Dario Feliciotti: mi dia del salame.

Zio Avelio: la bottega salotto.

Silvana e Giovanni: bigliardino, vino e bicchierino.

Checchino: il cantastorie antico.

Ughetto: prendi qualcosa Ughè?

Luciano e Ida: statte zitta te..

Francescò: a casa fino all’ultimo.

Eleda e Giorgio: caffè ed allegria per chi passa.

Sista e Severino: la strega buona ed il burbero.

Onesto: col formaggio di pecora in tasca.

Assunta e Mario: “burningher house”

Luisetta e Maria la zoppa: in cima allo scalone, due spiritelli.

Americanetta e Reoccio: loro altezze!

Vincenzò e Furbetta: noi mangiamo come due uccellini.

Zì Pietro e zì Maria: e l’organetto magico.

Er Roscio e Giosina: il triangolo delle Bermuda, Faleria, Corchiano, Calcata.

Graziosa: vezzosa ed amorosa.

Tullio: il fabbro mediatore.

Sora Rosa e famiglia calcatese: vulcani accesi e sigarette spente.

Visitatori di cantina: Tomasaccio, Venigio, Albertaccio, Moriggi, il Comparetto.

Nuova Generazione: Paperetta, Capellò, Franco, il Segretario, Amerildo, Lillo.

E quelli che erano già “arrivati”: Mario Sciarra il Tapiro, Annamaria Capece Minuto la Napoletana, Grethel la tedesca, Franco Pepi il romanaccio, Federico Mazzoni il cavallaro, Fausto Aphel ce n’è per tutte, Famiglia Falconi l’intellighenzia, Laura bergagna la giornalista dei cani, Pio Guidoni il sindaco, Benito e Peppa siamo la coppia più bella de mondo, Paolo Portoghesi e Giovanna carrozze e cappelli, Moreno Fiorenzato il gentil artista, Francesca Robecchi core a core, Paolo D’Arpini con le scarpe fuori e non si fuma, Anna l’ostesse del gran mondo, Simona Weller la dama del palagio, Renato Piccini l’ingegnere, Ercole Di Sora detto Bellagamba, Coniugi Bini e la prima proloco, Luise mc Dermott conservatrice della cultura, La pianista matta dei cani.. (non ricordiamo il nome), Sor Gaetano e sora Lidia la giustizia possibile, Muriella dentro ad un videogame…

Ed infine il crogiolo misto: Dabliu e Musonetta dall’Armando alla piazza, Minotti ed Angela in Mexico e nuvole, La Secca e il Marincola coi piedi a bagnomaria, Pino detto il Generale, Chitrareka e subito dopo Athon, Pastorello, Caterina e compagnia delle prove di notte, Susanna nella grotta di Fatima, Marco il secco e Cristina fuori porta, Marco Magoni Felice Recchino la Falegnama Felice e Fabrizio detti i pariolini, Patrizia la Mestrina a ferro e fuoco, Marina la calzolara con Gaetano la tromba Victor Cavallo e la cultura de Roma, Patrizia la genovese ma se ghe penso, le Sgabbiate tre femmine tre, Paolino Conti zorba il greco, Giorgio e Rossella secchi secchi, Giancarlo Croce e Odette zenith e nadir, le Pornosisters ovvero l’accoglienza ragionata, Shivadhas alla ricerca della devota perduta, Jurghen e Forman e Ghita giardinieri degli dei, Pino Dongu e cadde l’elicottero, il Tamarro ed Anna tautologici, Raffaella e Giancarlo Toro ed i fantasmi del passato, Paola Speranza e Cristiano in attesa perenne di trasferimento, Gioacchino e Carlotta bel tenebroso e mossa flamenca, Pepetta arrivò vergine, Roberto Sigismondi ha scritto il primo articolo su Calcata, Marijcke e le sue marionette.

Ed in ordine accorpato sparso seguono: Nicoletta l’indiana metropolitana, Gianfranco e l’infermiera con timidezza discreta, Anna di Rifondazione che prima rompe e poi.., Franco il milanese ovvero la salma, Costantino Morosin e Patrizia Crisanti in stile liberty, Lombardo e Cianciullo press-press, Erminio dalle colonie alle calonie, Pippo Giacobino e Therese Bellon gli pseudointelletualgauchées, Elio Rinaldi e la sua città invisibile, Giuseppe Salerno e Giovanna Colacevich nel dolce declivio, Cesare Vivaldi critico d’arte, Claudio Pugliesi e Rita Basili con speranze in formalina, Peter Adibire che recitò con Paolo Villaggio, Federico Laterza sta lissù, le due Angela Marrone fate capellone, Teresita sangre caliente, Jeanbernard alias G.B., Michi e Gemma e Anne e Griet e l’avvento belga, Picariello ala sinistra, Paul Steffen e Pancho i due corpi di ballo, Tonino il grafico filatelico, Zio Tino gigante buono, Michela Machiavelli in pura nobiltà d’animo, Walter Maioli e l’orchestra paleolitica di Narce, la lunga famiglia Alaimo ricongiunta e disgiunta, Margie Glass da New York a Calcata, Marianne la cinese, Maria e Gabriele Faoro ignifughi, un tal G detto il matto, Jessica Wilford la flaca operosa, Alfredigno e Sonia rasta e resta, Gianni didjiritou, Gabriella delle maschere e la casa di tutti (pure de zì Carlo e Ciccio), Benny pungballa, Amanda Sandrelli, Santomauro, Richard &Richard… etc. etc. aggiungete voi se ve ne ricordate qualcun altro.

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Annotazioni per la Festa dei Precursori:

Dal 1° al 10 maggio 2009 “La Festa dei Precursori”

Programma:

Durante i primi tre giorni si tiene una estemporanea artistica per la creazione di opere grafiche e foto sulla Valle del Treja.

1 maggio 2009 – Passeggiata con picnic nella valle del Treja. Partenza alle h. 10.30 dal Circolo Vegetariano di Calcata (Via del Fontanile). Arrivo a Santa Maria e pranzo al sacco vegetariano. Nel pomeriggio discorso ecologista seduti nell’erba. Alle h. 17 circa ritorno a Calcata al tempio della Spiritualità della Natura e visione dell’archivio trentennale del Circolo VV.TT.

2 maggio 2009 – Tavola rotonda nel Palazzo Baronale di Calcata. Inizio alle h. 16.00 del Forum su: “Società e politica senza paraocchi”. Partecipano nuovi e vecchi membri del Circolo VV.TT. ed amici vegetariani, ecologisti ed appartenenti al mondo dell’impegno sociale e culturale. Presentazione del resoconto Fiera Arti Creative 2009 – a cura della Fondazione Moraldi.

3 maggio 2009 – Il mattino presentazione di libri e riviste i sintonia, continua la discussione sul tema fissato. Nel pomeriggio conclusione del Forum e piccolo rinfresco con le specialità vegetariane da ognuno portate.

Dal 3 maggio al 10 maggio: Esposizione delle foto e delle opere grafiche nel Centro Visite del Parco Valle del Treja.

Patrocinio del Comune di Calcata, del Parco Valle del Treja e della Provincia di Viterbo.

Organizzazione a cura del Circolo Vegetariano VV.TT. ed Associazione per la Promozione delle Arti in Italia in collaborazione con Dojo Koshiki ed altre associazioni (per adesioni scrivere qui).

Info: circolo.vegetariano@libero.it  - info.apai@virgilio.it  -

Tel. 0761-587200 – 333.5994451

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Post Scriptum:

L’incontro Festa dei Precursori è la prima di una serie di tre, sul tema: Laicità ecologica – Agro Falisco e Riti Fescennini – In vista del Soratte.

Partenza il primo maggio per arrivare con l’equinozio autunnale, uno degli scopi è la valorizzazione del territorio compreso fra la valle del Treja e la valle del Tevere, avendo la montagna del Soratte come punto di riferimento e baricentro geografico e culturale.

Risultato della ricerca:

Anna Maria Pinizzotto racconta il nostro vivere vegetariano e naturista a Calcata. Una testimonianza preziosa dei primi anni, quando il Circolo era in gestazione…..

Ero giunto a Calcata da pochi anni, ma ero già vegetariano ed oltre ad occuparmi di teatro, canti sacri, yoga e mostre d’arte (la prima  galleria  fu da me fondata nel 1978 e si chiamava Depend’Arp) organizzavo anche pranzi all’aperto, ovviamente vegetariani, e con ciò iniziai -di fatto-  quello che poi divenne il Circolo  VV.TT

Anche allora usavo il sistema  di  “ognuno porta qualcosa”  e talvolta, se non c’era spazio nella piazzetta di Porta Segreta, dove abitavo, andavamo nella piazzetta di San Giovanni, sui gradini altissimi della chiesa dove oggi c’è un piccolo museo d’arte contadina,  oppure fuori porta  dove c’era  un ristorantino  che ci accoglieva come ospiti a “mezzo-servizio”. Fausto Aphel, il proprietario, come noi un nuovo venuto in spirito pionieristico, ci preparava panini con insalata e formaggio prodotti da lui stesso. Il pomeriggio si andava a bere il tè in un altro localetto,  aperto da Giovanna Colacevich, la Latteria del Gatto Nero (ci ha lavorato pure  il giovane Vittorio Marinelli), che a volte ospitava i nostri incontri estemporanei….  E così capitò  che un bel giorno venne a trovarci Anna Maria Pinizzotto, giornalista del Paese Sera, la quale aveva ricevuto l’invito, da un comune amico e suo collega, Roberto Sigismondi,  per “venire conoscere la realtà alternativa di Calcata ed il nostro programma della Due Giorni Vegetariana”.   Emozionato per l’importanza ricevuta  le fui al fianco per un’intera giornata (anche perché era una donna veramemente affascinante) e fra una chiacchiera e l’altra ne sortì fuori questo magico articolo che segue…      (Paolo D’Arpini)    Domenica ‘vegetariana’ a Calcata, paese museo.

Un pugno di case rosate su una roccia di tufo. Un paese che attualmente non ospita più di cinquanta anime, e nel passato ne ospitava poche di più. Calcata (con l’accento sulla seconda) è un paesino medioevale rimasto miracolosamente intatto in uno spazio  naturale molto bello. E’ circondato da colline verdi, ai suoi piedi scorre un ruscello limpido e nelle viscere si aprono grotte ed antri. Da qualche anno è diventato meta di naturisti, vegetariani, amanti dello yoga che hanno deciso di trasformarlo in un’oasi di raccoglimento. Una oasi facilmente raggiungibile. Calcata è a circa sessanta chilometri da Roma, in provincia di Viterbo.  L’idea di fare del piccolo paesino arroccato su un picco di tufo un punto di riferimento stabile per chi ama la cucina alternativa e le passeggiate ecologiche è venuta ad un gruppo di romani che si è trasferito stabilmente a Calcata.

“L’idea era quella di fare una due giorni vegetariana -dice Giovanna Colacevich fondatrice della Latteria del Gatto Nero- Sabato e Domenica a Calcata per chi ama la natura e la pace. Nel programma è compresa la colazione, il pranzo ovviamente vegetariano, la merenda, una passeggiata guidata ed una conferenza su yoga e vegetarismo. Il costo è di lire cinquemila e -dimenticavo- comprende anche uno spettacolo in piazza dei Vecchi Tufi, un gruppo teatrale di Calcata”. Intanto Giuseppe, co-fondatore della Latteria, si muove con agilità tra i fornelli, tra una crepe e l’altra. Il loro locale è posto ai limiti della minuscola piazza del paese, dove si affaccia una chiesetta in cui si conserva il prepuzio di Cristo (così narra la leggenda).

All’ingresso del paese, invece, c’è la trattoria di Fausto Aphel esperto cuoco che a Roma aveva una trattoria alternativa  prima di trasferirsi a Calcata. Ma il personaggio più singolare, attorno al quale ruota tutta l’organizzazione, è Paolo D’Arpini. Anche lui, come la pittrice Simona Weller,  ha scelto Calcata come residenza definitiva. La pace del luogo non rovinata ancora da nessun prodotto del consumismo, gli ricorda le verdi valli dell’India dove ha soggiornato per molto tempo. E’ lui che guida la passeggiata ecologica, che parla di vegetarismo e di Siddha Yoga.

Alle ore 16 di Domenica, dopo un infuso di liquirizia offerto da Paolo, una piccola spedizione parte per fare il giro della rocca, quattro cinque chilometri di percorso. La discesa è impervia, sono circa trecento metri fra sassi, fango e rifiuti.

“La chiamo ecologica -spiega Paolo- perché voglio che la gente  rifletta sul consumismo. Lattine, buste di plastica, cartacce. Alcuni paesani usano questo dirupo per scaricare i loro rifiuti. Quanti rifiuti produce una città come Roma? Dove vanno a finire?”.  Una ragazza olandese si è portata dietro un coltello, “non si sa mai, è per le vipere”.  Paolo cammina avanti e con il bastone si fa largo. Il viottolo scavato nel bosco consente appena il passaggio di una persona magra. Si guada il ruscello su un antico ponte di legno che si è adagiato sul fondo. Le assi di legno, ricoperte di paglia, sono oblique e c’è chi teme di cadere nell’acqua, fredda, ma poco profonda. In una minuscola spiaggia si fa tappa. C’è chi tenta invano di trovare cocci etruschi nell’acqua. Nella zona sono state scoperte alcune necropoli.

“Io parlo soprattutto dell’aspetto fisiologico degli alimenti -dice Paolo- con i cibi correnti è difficile mantenere il corpo in buona salute. La carne è ricca di tossine. Gli animali sono ingrassati con mangimi chimici e durante l’agonia le ghiandole secernono tossine che si fissano nelle cellule. Se nel mondo si scegliesse il vegetarismo non ci sarebbe più la fame. Il cibo sarebbe sufficiente per tutti. Noi dobbiamo vivere in armonia con il mondo e lasciarlo integro ai nostri figli”.
La spedizione riprende il cammino tra cornioli e prugne selvatiche e alberi di nocciole. Ai margini del viottolo crescono già i ciclamini. Seconda tappa una sorgente di acqua ferruginosa dove ci si disseta. Si riattraversa il ruscello, questa volta sugli scogli, e si risale la scarpata dalla parte opposta dove esisteva il lavatoio. Stanchi e sudati arriviamo in piazza mentre un gruppo di giovani sta ascoltando un ragazzo che suona la chitarra. La spedizione si scioglie, chi corre alla latteria per rifocillarsi, chi segue Paolo e scende in una grotta per fare meditazione e cantare mantra.

Al calare del sole avrebbero dovuto apparire I Vecchi Tufi di Calcata con le stupende maschere create da Wilton Sciarretta. Ma Sciarretta, che è anche il regista del gruppo, è caduto da una rupe proprio mentre provava la commedia che doveva allietare i vegetariani. E’ ora ricoverato all’ospedale con una spalla rotta. E’ calato il buio. Nella piccola piazza siedono come in un salotto gli abitanti di Calcata e i turisti. I primi, subito dopo cena andranno a dormire. A Calcata non ci sono cinema e teatri e pochi hanno la televisione. I secondi, tutti romani, si immergeranno nel traffico caotico della via Flaminia e torneranno alla vita cittadina con il rimpianto di una domenica alternativa trascorsa in un paese-museo.
Anna Maria Pinizzotto – 13 Settembre 1979,  Paese Sera.

Risultato della ricerca:

Weller Simona a Calcata 1978 – 2008

A partire da sabato 31 maggio 2008 sarà possibile conoscere, nel suo studio laboratorio di Piazza Umberto I° di Calcata, l’artista Simona Weller.

La presenza di Simona a Calcata è ormai trentennale, da quando vi giunse negli anni ‘70 del secolo scorso, già internazionalmente riconosciuta ed affermata, e da qui ella non è più partita… In questi giorni è stato ultimato il restauro del suo nuovissimo atelier-galleria, a cura dell’arredatore Sandro Barbagallo, e così le opere dell’artista da me conosciuta per prima a Calcata (prima in tutti i sensi) saranno esposte in un laboratorio centrale e spazioso, dove sarà anche possibile assistere alla produzione in progress delle sue creazioni.
Per me che incontrai Simona nel 1978 (vedi su epopea del circolo) questa esibizione permanente in piazza, vicinissimo alla mia ex Galleria Depend’arp (dove ella mostrò pubblicamente i suoi lavori in prima assoluta a Calcata) è un segno di forte ripresa culturale. Infatti ritengo che le opere di Simona rappresentino fortemente il senso di sciamanesimo, magia, stregoneria delle immagini. La sua è poesia visiva pura. Le parole talvolta impresse nei suoi quadri sono in inglese, la lingua veicolare del momento, ma idealmente sono scritte in linguadoca, la lingua del Midì, del mare, dei viaggi mediterranei.

Ricordo in una non lontana estemporanea di poesia concettuale e grafica, il testo di Hobo Marussig: “Marinara: odo l’ode” – mentre Simona in un’opera del 2007 scrive “No wawe combs the sea (Nessun’onda agghinda il mare)”.. . Ed è proprio in questo porsi viaggiando, marittimo, che già era presente nella sua prima mostra da me organizzata a Calcata credo nel ‘79, che la peculiarità di Simona Weller si manifesta, ella è l’eterna viaggiatrice delle immagini, in sospensione grafica lirica, Elverio Maurizi definisce la sua creatività “dipingere con le parole”.

E’ una vera fortuna che artisti come Simona Weller abbiano resistito alle vicende tragicomiche del forzato sviluppo artistico culturale di Calcata dove -a volte- arte si intende persino paccottiglia e scarabocchi sui muri. Mi auguro che l’apertura di questa “nuova” galleria elevi il livello e serva da buon esempio…. Contemporaneamente anch’io “levo un’ode” benevola nei confronti degli artisti storici che meritano, fra cui: Costantino Morosin, Athon Veggi, Marijcke van der Maden ed Angela Marrone, mentre ad altri giovani o da poco arrivati volenterosi, come Lughia, Sofia Minkova, Enrico Abenavoli, Clara Magliocchetti e Laura Lucibello, va il mio sincero incoraggiamento a proseguire nel bene.

Il non critico d’arte, Paolo D’Arpini