Giordano Bruno e la profezia del “Sole Nero”… corrisponde al 2012 del calendario Maya? – Intanto si commemora il nolano a Campo de Fiori il 17 febbraio 2009

Appresi della filosofia avveniristica ed apparentemente fantascientifica del “pensatore” di Nola attraverso il libro: “La futura scienza di Giordano Bruno” di Giuliana Conforto, una professoressa di astrofisica che conobbi a Roma tanti anni fa. Affascinato dalle sue idee la invitai a vari incontri presso il Circolo Vegetariano di Calcata e successivamente ad un convegno sulla Spiritualità Laica tenutosi a Viterbo alla fine del secolo scorso, al quale partecipò anche la scrittrice Etain Addey e fu “moderato” da Arnaldo Sassi (caporedattore del Messaggero edizione viterbese). Da allora, pur avendo continuato ad occuparmi di certi argomenti, non ho avuto più notizie della bella Giuliana che si è avventurata nel gran mondo dell’insegnamento “esoterico” e la mia “laicità” non mi ha consentito di avvicinarla ulteriormente.

Ciò non ostante la mia simpatia per Giordano Bruno è rimasta intonsa, anzi da tre anni mi sono iscritto all’Ass. Naz. Libero Pensiero a lui dedicata. Ed in questo ambito associativo ho conosciuto un’altra grande esponente della libertà di pensiero, la professoressa Maria Mantello, che oggi mi ha fatto pervenire l’invito che potete leggere più avanti per commemorare il sacrificio del filosofo di Nola finito sul rogo il 17 febbraio 1600 a Roma.

Intanto inserisco qui, per una migliore comprensione di certe sue profezie, alcuni aspetti del pensiero bruniano ed alcune citazioni e commenti su di lui:

“L’uomo viaggerà nel cosmo e dal cosmo apprenderà il giorno della sua fine [...] proprio quando l’uomo si crederà padrone del cosmo molte ricche città faranno la fine di Sodoma e Gomorra [...] un Sole Nero inghiottirà nello spazio il sole, la luna, e tutti pianeti che ruotano intorno al sole”   (bibliografia: “De l’infinito Universo et mondi di Giordano Bruno”)

Significative sono le ultime due righe che, oltre ad attestare come Bruno avesse abbracciato la visione copernicana del mondo, confermano l’apparizione di un secondo Sole Nero perché non luminoso, così come non è luminoso un pianeta al confronto di una stella. E questo è il tema che verrà presentato agli studenti superiori di Viterbo, durante la manifestazione “Mese Bruniano a Viterbo” lì programmata dal 6 marzo al 3 aprile 2009, presso il Consorzio Biblioteche di quella città.

Ed ora la previsione:   «Il Sole Nero» inghiottirà tutti i pianeti a causa del suo forte campo gravitazionale, dovuto ad una massa così consistente che influenzerà pesantemente persino il campo gravitazionale solare. L’umanità apprenderà dall’osservazione del cielo «il giorno della sua fine», nel momento in cui «viaggerà nel cosmo». Solo nel novecento l’uomo ha iniziato a compiere viaggi nello spazio, è quindi certo che Bruno prevede che gli avvenimenti di cui parla si verificheranno in una data non precisata a partire dal XX I° secolo e non prima. E qui non si può fare a meno di considerare la parimenti apocalittica rivelazione del calendario Maya che indica il 2012 come “momento cruciale per la Terra”….

Alcuni cenni storici su Giordano Bruno:  Giordano Bruno, filosofo astronomo e scrittore, nato a Nola nel 1548, nonostante l’inquisizione ecclesiastica infliggesse il carcere e le torture, si rifiutò sempre di rinnegare le sue idee e fu arso vivo a Roma in Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600.

Il suo torto fu di aver aderito alla visione copernicana, contrapponendo ad un universo chiuso e finito, infiniti universi. Il 1584 è l’anno in cui scrive “De l’infinito universo et mondi”, nel quale tratta il problema dell’essere dal punto di vista cosmologico: “l’essere è lo spazio infinito con i mondi innumerevoli” e dal punto di vista metafisico: “l’essere è l’infinito stesso”.

Manifestazione commemorativa:  L’Associazione Nazionale Del Libero Pensiero “GIORDANO BRUNO” – invita, martedì 17 febbraio 2009 – ore 16.30 Roma – Piazza Campo dei Fiori, alla commemorazione–convegno: La declinazione laica delle libertà.

Cerimonia deposizione corone con la partecipazione della Banda Musicale del Corpo di Polizia Municipale. Saluti: Sindaco del Comune di Roma o suo delegato; Presidente Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”, avv. Bruno Segre.

Interventi: Margherita Hack (infiniti mondi). Arturo Napoletano (Giordano Bruno: sulle ali della libertà di pensiero). Carlo Bernardini (libertà di ricerca). Federico Coen (libertà d’informazione). Elena Coccia (contro la dittatura della maggioranza. Le garanzie laiche della democrazia). Maria Mantello (libertà di, libertà da – la rivoluzionaria filosofia di Giordano Bruno). Mirella Sartori (Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni: libere consulte in libero pensiero).

Partecipazione artistica: Centro Studi Enrico Maria Salerno (Laura Andreini Salerno, Fabio Cavalli, Valentina Esposito). Intermezzi per voce, chitarra ed armonica di Geovani Ciconte, Filippo Bizzaglia, Alessandra De Angelis, Maria Teresa Lubrano, Arianna Zapelloni Pavia, Fabiola Perna. Presenta: Antonella Cristofaro

Info:  3297481111; liberopensiero.giordanobruno@fastwebnet.it  

Partecipate compatti, au revoir, Paolo D’Arpini

“Frau Holle e le sue compagne…” Ecco le Belle che mi piacerebbe ritrovare la dodicesima notte….

Cara, dolce Dulcinea, è già parecchio che non ti scrivo ed un po’ mi vergogno per averti trascurata tu che sei per me il simbolo dell’amore e della bellezza.

La notte della fine anno, da quando son tornato al mio castello, ho riscoperto la tradizione della bruciatura della “Pupazza”, come simbolo di un qualcosa di vecchio che viene distrutto per lasciar posto al nuovo. Questa Pupazza doveva essere vestita con pezzi di abiti provenienti da tutti gli abitanti del castello. Ma sinceramente non ero molto contento di questa immagine, mi sembrava troppo legata al rogo delle nostre donne sciamane e sante, bruciate come streghe nel medioevo cristiano. Decisi perciò di festeggiare l’ultimo giorno dell’anno con una passeggiata notturna nella natura che finisce poi in un Tempio, che è una grotta, con il fuoco acceso e con canti magici… Tutto ciò assomiglia enormemente ad un viaggio iniziatico di ritorno alle origini naturali ed alla comunione orgiastica con le forze primordiali della vita.

Altrettanto feci con la ricorrenza dell’Epifania. Invece di immaginare una vecchiaccia che scende dal camino a portare carbonella e fuliggine, pensai ad una “sfilata delle befane”, tutte belle e sane!

Così anche quest’anno a Calcata-Mancia abbiamo festeggiato con queste tradizioni. Sono parecchi anni, da quando venni ad abitare in questa valle che mi venne l’ispirazione di ripristinare la festa pagana chiamata “Befana”. La feci rivivere come una processione di donne in costume, tutte bellissime, sia pur mascherate e vestite di stracci per non farsi riconoscere dal volgo ignorante. Queste belle donne scendevano dal piano del paese nuovo sino al vallone del paese vecchio, dove anticamente c’era la tradizione del Sabbat, e qui in un orgiastico raduno offrivano i loro doni ai maschietti, anziani o bambini che fossero. Poi una delle Befane, la più bella e dolce, veniva scelta dal popolo ed era incoronata “Regina delle Befane”.

Conservo ancora delle immagini fotografiche di questa festa, che di religioso nel senso cristiano del termine aveva ben poco, alcune befane giungevano in calesse, altre seguivano a piedi ancheggiando.

Ma le cose belle durano sempre poco e questa consuetudine della processione delle belle Befane rivisse solo per alcuni anni e poi ritornò nel limbo dei ricordi ancestrali. Quest’anno di tutte le befane attese solo due sono giunte ad evocare quelle fate: Laura Lucibello la Befana degli animali, che ha distribuito cibo alle bestie della valle del Treja e Bianca Dones, dolce fatina befanina con le calze, la sciarpa ed il berretto rosso ed il sorriso felino da donna intrigante, che ha rallegrato il cuore dei bimbi e dei più grandicelli, come me, che vedevano in lei la dispensatrice dell’amore….

Ti ho raccontato questo piccolo segreto, mia Dulcinea, affinché tu sappia quanto mi manchi…

Tuo, Don Chisciotte

Ecco ora una ricerca storica che la saggia professoressa Maria Mantello mi ha inviato a corroborazione della mia visione della Befana.

L’Epifania della natura!

Conosciamo tutti il significato che la religione cattolica ha dato alla festività dell’Epifania, ma forse non tutti sappiamo che dietro la presunta storpiatura che ha trasformato il termine Epifania in “Befana”, c’è una serie di tradizioni antiche che sono riuscite, faticosamente, a sfidare i millenni ed a giungere fino a noi.

L’origine della Befana è nel mondo agricolo e pastorale. Anticamente, infatti, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura di Madre Natura.

In questa notte Madre Natura, stanca per aver donato tutte le sue energie durante l’anno, appariva sotto forma di una vecchia e benevola strega, che volava per i cieli con una scopa. Oramai secca, Madre Natura era pronta ad essere bruciata come un ramo, per far sì che potesse rinascere dalle ceneri come giovinetta Natura, una luna nuova.

Per meglio capire questa figura dobbiamo andare fino al periodo dell’antica Roma. Già gli antichi Romani celebravano l’inizio d’anno con feste in onore al dio Giano (e di qui il nome Januarius al primo mese dell’anno) e alla dea Strenia (e di qui la parola strenna come sinonimo di regalo). Queste feste erano chiamate Sigillaria; ci si scambiavano auguri e doni in forma di statuette d’argilla, o di bronzo e perfino d’oro e d’argento. Queste statuette erano dette “sigilla”, dal latino “sigillum”, diminutivo di “signum”, statua. Le Sigillaria erano attese soprattutto dai bambini che ricevevano in dono i loro sigilla (di solito di pasta dolce) in forma di bamboline e animaletti. Questa tradizione di doni e auguri si radicò così profondamente nella gente, che la Chiesa dovette tollerarla e adattarla alla sua dottrina.  In molte regioni italiane per l’Epifania si preparano torte a base di miele, proprio come facevano gli antichi Romani con la loro focaccia votiva dedicata a Giano nei primi giorni dell’anno.

Giano Bifronte –   Usanza antichissima e caratteristica è l’accensione del ceppo, grosso tronco che dovrà bruciare per dodici notti. E’ una tradizione risalente a forme di culto pagano di origine nordica: essa sopravvive l’antico rito del fuoco del solstizio d’inverno, con il quale si invocavano la luce e il calore del sole, e si propiziava la fertilità dei campi. E non è un caso se il carbone che rimane dopo la lenta combustione, che verrà utilizzato l’anno successivo per accendere il nuovo fuoco, è proprio tra i doni che la Befana distribuisce (trasformato chissà perché in un simbolo punitivo).

La tradizione è ancora conservata in alcune regioni d’Italia, con diverse varianti: a Genova viene acceso in alcune piazze, e l’usanza vuole che tutti vadano a prendere un tizzone di brace per il loro camino; in Puglia il ceppo viene circondato da 12 pezzi di legno diversi.  In molte famiglie, il ceppo, acceso la sera la sera della Vigilia, deve ardere per tutta la notte, e al mattino le ceneri vengono sparse sui campi per garantirsi buoni raccolti.

In epoca medioevale si dà molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell’Epifania è anche chiamata la “Dodicesima notte”. È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. In quelle dodici notti il popolo contadino credeva di vedere volare sopra i campi appena seminati Diana con un gruppo più o meno numeroso di donne, per rendere appunto fertili le campagne.

Caccia di Diana – Domenichino (Domenico Zampieri)  Roma – Galleria Borghese. Nell’antica Roma Diana era non solo la dea della luna, ma anche la dea della fertilità e nelle credenze popolari del Medioevo Diana, nonostante la cristianizzazione, continuava ad essere venerata come tale. All’inizio Diana e queste figure femminili non avevano nulla di maligno, ma la Chiesa cristiana le condannò in quanto pagane e per rendere più credibile e più temuta questa condanna le dichiarò figlie di Satana! Diana, da buona dea della fecondità diventa così una divinità infernale, che con le sue cavalcate notturne alla testa delle anime di molte donne stimola la fantasia dei popoli contadini. Diana, Dea della Caccia, della Luna, delle partorienti. La Befana è spesso ritratta con la Luna sullo sfondo.

Di qui nascono i racconti di vere e proprie streghe, dei loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Nasce anche da qui la tradizione diffusa in tutta Europa che il tempo tra Natale ed Epifania sia da ritenersi propizio alle streghe. E così presso i tedeschi del nord Diana diventa Frau Holle mentre nella Germania del sud, diventa Frau Berchta. Entrambe queste “Signore” portano in sé il bene e il male: sono gentili, benevole, sono le dee della vegetazione e della fertilità, le protettrici delle filatrici, ma nello stesso tempo si dimostrano cattive e spietate contro chi fa del male o è prepotente e violento. Si spostano volando o su una scopa o su un carro, seguite dalle “signore della notte”, le maghe e le streghe e le anime dei non battezzati.

La Festa della Dodicesima Notte ispirò tra gli altri William Shakespeare che scrisse la omonima commedia che ebbe la prima rappresentazione il 6 Gennaio del 1601 al Globe Theatre di Londra.

Daniel Maclise: La Dodicesima Notte, Malvolio e la Contessa. Strenia, Diana, Holle, Berchta,… da tutto questo complesso stregonesco, ecco che finalmente prende il volo sulla sua scopa una strega di buon cuore: la Befana. Valicate le Alpi, la Diana-Berchta presso gli italiani muta il suo nome e diventa la benefica Vecchia del 6 gennaio, la Befana, rappresentata come una strega a cavallo della scopa, che, volando nella dodicesima notte, lascia ai bambini dolci o carbone. Come Frau Holle e Frau Berchta, la Befana è spesso raffigurata con la rocca in mano e come loro protegge e aiuta le filatrici.

Nella Befana si fondono tutti gli elementi della vecchia tradizione: la generosità della dea Strenia e lo spirito delle feste dell’antica Roma; i concetti di fertilità e fecondità della mite Diana; il truce aspetto esteriore avuto in eredità da certe streghe da tregenda (spostamento); una punta di crudeltà ereditata da Frau Berchta. Ancora oggi un po’ ovunque per l’Italia si eseguono diversi riti purificatori simili a quelli del Carnevale, in cui si scaccia il maligno dai campi grazie a pentoloni che fanno gran chiasso: il 6 gennaio si accendono i falò, e, come una vera strega, anche la Befana viene qualche volta bruciata…