Archivio della Categoria 'Testimonianze sul Circolo'

Calcata da Caravaggio a Kafka…. Il teatrino continua con Sodoma e Gomorra, Armageddon, Apocalisse e “volemose bene e annamo d’accordo…”

Nel corso degli anni vissuti a Calcata  ho goduto immensamente nello sviluppare forme  immaginarie di ciò che Calcata potesse rappresentare per ognuno di noi, nuovi venuti e vecchi abitanti del luogo. Ieri pomeriggio ad esempio mentre rientravo dal Tempio ho incontrato per la strada  Angela Marrone, una vecchia amica che vive a Calcata da parecchi anni e che con me ha condiviso molti momenti magici. Angela è un’artista  vecchio stile, pittrice, cantante, poetessa.. attrice… Sì con lei ho recitato in varie occasioni, sia al Circolo che in piazza… ed anche recentemente in “Tzuei Ning decapitato per errore”  (di cui potete vedere alcune immagini nella scansione foto del sito). Angela mi ha chiesto: “Ma è vero che te ne vuoi andare da Calcata?”

Ed io schernendomi… “Beh un amico mi aveva proposto una casetta in campagna… sai  Calcata per me è diventata una specie di Sodoma e Gomorra, le cattiverie non si contano più… ma  tu che ne sai di queste cose, tu vivi in un tuo mondo fantastico…”. Ed Angela: “Ma no, ma no, ti capisco,  sai che anch’io avevo provato ad andarmene..?  Ho preso la valigetta e sono andata a Frigolandia… dopo tre giorni sono scappata, poi avevo deciso di ritornare definitivamente a Napoli, ma dopo una settimana non ce l’ho fatta più…  mi guardavano come un aliena, né carne né pesce, e sì che sono nata lì. Poi ho tentato in altri posti ma alla fine ho capito che ovunque  sarei sempre stata un’estranea, perché ormai addosso ho il marchio “Calcata”,  ed eccomi qua di nuovo. Qui posso litigare, arrabbiarmi ma alla fine è tutto un teatro… noi, caro Paolo, siamo condannati a stare a Calcata…  a recitare qui la nostra parte in mezzo agli sderenati ed ai turisti… Il nostro messaggio è questo!”.   

Mi ha consolato parlare con Angela, in fondo è una donna saggia, com’è giusto che sia una Cinghialessa di Terra,  e mi sono anch’io riconciliato con il luogo. Un luogo che sarebbe piaciuto a Caravaggio … ed anche a Kafka. 

Questa storiella -per associazione di idee- mi ha ricordato dell’esperienza di un altro attore calcatese, uno che ci provò professionalmente. Pensate che si vendette la casa di Calcata ed anche un locale in cui oggi c’è il baretto di Giovanni, per finanziarsi un paio di spettacoli a Roma in cui egli recitava  da attore principale. Sperando di aver successo.  Gli organizzai anche un paio di recite al Circolo, in cantina, invitando critici e giornalisti…  Alla fine l’unico successo che ebbe fu quello –poco in verità- che potei offrirgli con una intervista che feci pubblicare  sulle pagine del glorioso Paese Sera (non chiedetemi l’anno sarà stato verso la metà del 1990).  Rileggendo il racconto mi sono accorto di quanto ci fosse del vero in quella storia,  in cui (come al solito) mi ero inventato una similitudine Caravaggesca per via di un mio desiderio di parlar male di un oste calcatese che un giorno mi aveva scacciato dalla sua bettola… (leggete sotto)… Infine Mauro dovette andarsene da Calcata, povero in canna, e finì  a recitar poesie ed insegnare recitazione in quel di Udine, dall’amico Sergio De Prophetis che lì gestisce un centro naturista (la Bioteca).

……………..
Mauro Cremonini ricorda i particolari degli avvenimenti che l’hanno ispirato
a mettere in scena alcune importanti pieces a Calcata. L’ispirazione ha
sempre una sua radice nella vita di ogni giorno di questo piccolo Centro
Mondiale che è Calcata. “Proprio vivendo qui – ha confidato Cremonini -ho
delineato alcuni dei miei personaggi. La cosa iniziò quando decisi di andare
in scena con “La vita del Caravaggio, emblematica figura che sconvolse i
canoni artistici del suo tempo rivoluzionando la pittura del ‘600. Una notte
mi trovavo all’ingresso del Borgo e intravidi nel buio un paio di uomini che
scendevano dalla Bocchetta.

Nel buio erano irriconoscibili, le voci impastate dall’alcool. 

Avvicinatomi riconobbi due abitanti del paese, uno
era un oste con il fiasco in mano e l’altro un avventore che si trascinava
alticcio, andavano a finire la serata chissà dove. A quel punto, un po’ per
l’atmosfera antica un po’ per il loro vociferare convulso, mi venne in mente
la Roma del ‘600, che non doveva certo essere dissimile da questa scena di
Calcata. Da qui  l’ispirazione a recitare Caravaggio che, avvezzo com’era a
girar per bettole miserabili, avrebbe senz’altro individuato in quei due gli
“sgherri” da collocare nella crocifissione di Pietro o i “fustigatori” del
Cristo alla colonna. Per i due beoni non erano certo trascorsi secoli e
questa “finestra temporale” mi aveva apertogli occhi sul misterioso mondo
del Caravaggio”. Cremonini decise così di emettere in scena “La vita del
Caravaggio”; la cosa avvenne a San Luigi dei Francesi, a Roma, due anni fa.
Ma l’esperienza potrà essere ripetuta anche qui a Calcata. C’è comunque
un’altra esperienza che convinse Cremonini, ad interpretare un altro
emblematico personaggio.

Si tratta del custode dell’opera kafkiana “Il custode del sepolcro”.

Da Caravaggio a Kafka il passo è breve -ha spiegato
ancora Mauro- giacché l’inquietudine descritta dal pittore con i
pennelli e dallo scrittore con i suoi scritti è una tematica antichissima e
facilmente riconoscibile in un piccolo paese come Calcata, simbolo di un
mondo eterogeneo e cosmopolita. La storia dì Calcata, misteriosa e piena di
colpi di scena, distruzioni, invasioni, lunghi periodi di isolamento, è
molto vicina allo spirito de “Il custode del sepolcro”. La storia ruota
attorno alla figura di un anziano personaggio, da me interpretato, che viene
incaricato dal principe di proteggere e custodire il sepolcro dei suoi
antenati. È il dramma di un testimone scomodo che sorveglia la soglia tra
l’umano ed il trascendente. Franz Kafka demiurgo di un mondo luciferino ci
ha consegnato questo personaggio: l’ideale guardiano che è dentro di noi.

Paolo D’Arpini

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“Calcata, pareva che crollasse da un momento all’altro, eppure.. “ – Memoria della Calcata degli anni eroici di Roberto Ciotti

L’articolo che segue è stato scritto su mia richiesta da Roberto Ciotti e lo feci pubblicare sull’Unità, (di cui conoscevo l’allora caporedattore Fabio Luppino) in una data che non rammento ma sicuramente agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso.  Roberto è stato uno dei veri artisti che hanno fecondato Calcata, lo ricordo ancora giovane e di belle speranze che suonava sui gradini nei pressi della mia casa di Porta Segreta (dove ora ha lo studio l’architetto Enrico Abenavoli).

A quel tempo eravamo tutti uguali, eravamo una carovana che viaggiava verso il West e non sentivamo antagonismo o differenze, tutti contribuivamo a qualcosa di  buono e di costruttivo. Ed in verità Roberto faceva una ottima musica e merita tutto il successo che in seguito ha ottenuto.

Di Roberto ricordo anche  l’entourage familiare, la zia Grethel che fu la prima a trasferirsi stabilmente nel borgo ed in seguito  aprì  il primo ristorante  di Calcata.  Il grande amore di Roberto fu Odette, una donna meravigliosa e veramente intelligente che purtroppo morì lasciando smarriti  tutti noi, essendo stata la prima della carovana ad andarsene e –sono certo- un vuoto incolmabile nel cuore di Roberto….  Ma lasciamo da parte queste malinconie, ed ecco a voi il testo…  (Paolo D’Arpini) 

 ……………………………

 

Ed il mio blues…?

Ho conosciuto Calcata negli anni `70 e sono rimasto subito affascinato dalla sua bellezza romantica e suggestiva. Arroccata su un roccione di tufo, irreale, con un’atmosfera magica molto stimolante, è sempre stata per me fonte di ispirazione e di sfogo. È qui che ho sviluppato la tecnica dell’acustica Dobro. è qui che ho composto molte delle mie canzoni e le colonne sonore di Marrakesh express e turnè  di Gabriele Salvatores, e 1’ultima Road and Rail per il film di Wilma Labate Ambrogio, che sarà sugli schermi il prossimo autunno.

A quei tempi eravamo in pochi a conoscere e frequentare Calcata, per lo più artisti e persone di fantasia alla ricerca della natura, dell’insolito, di esperienze nuove e trasgressive. I problemi erano tanti anche perché era un paese trascurato e con un triste destino: essere abbandonato dai suoi abitanti per diventare uno di quei tanti “paesi morti” che cadono in rovina. Questo perché, con una legge del 1935 Calcata Vecchia è stata dichiarata inabitabile e i suoi abitanti hanno così ottenuto dei Lotti di terreno edificabile poco distante dove è poi sorta Calcata Nuova. In seguito un’altra legge del 1939 ha riconosciuto il valore storico del  Castello degli Anguillara, e di conseguenza il borgo stesso di Calcata, come bene culturale da salvaguardare. Fra tutte queste contraddizioni sono arrivati i nuovi abitanti di Calcata: musicisti, pittori, scultori, artisti e non, che hanno investito energie, tempo e denaro per ristrutturare le vecchie case fatiscenti e dare vita a questo villaggio con attività varie: botteghe, gallerie d’arte, ristorantini, circoli culturali: addirittura c’è un piccolo locale dove qualche volta suono. 

Ora Calcata è diventato un posto conosciuto e frequentato da molti turisti di fine settimana. Certo, l’atmosfera non è più quella di una volta, la gente è diventata tanta e non si vedono più i vecchietti seduti sui sedili di marmo della piazza, ma il lunedì mattina Calcata si risveglia silenziosa e semivuota tra la nebbia che la fa apparire come in un sogno: un paese incantato sospeso fra le nuvole. Ed è proprio così che la riconosco e la amo. Ma i vecchi problemi esistono ancora.
Domenica 30 agosto c’è stato il crollo di una bella fetta di rupe, per giunta proprio davanti la casa dove spesso vivo. Questo crollo era previsto da tempo. Sono più di due anni che esiste una crepa che si allarga veloce e minacciosa, tutti ne sono a conoscenza: l’Ente Parco Valle del Treja, il Comune, la Regione, ma nessuno è intervenuto per evitare questo crollo ed è, “dicono”, per colpa della fatidica legge del `35 che impedisce qualsiasi intervento, anche se, dopo varie perizie e una nota positiva del Servizio geologico regionale del 1987, ne è stata chiesta l’abolizione: ma si sa come vanno lente le cose in Italia… 

Ci sono già alcuni miliardi (pochi) pronti per il consolidamento della rupe e la ristrutturazione del Castello, che, se dovesse crollare, chiuderebbe l’accesso al paese, ma con quella legge di mezzo non si può fare niente. Ora, visto che ne ho l’opportunità, vorrei fare un appello alle autorità competenti affinché facciano uno sforzo per salvare Calcata, patrimonio artistico e culturale che appartiene a tutti noi. Un intervento è necessario al più presto. Oppure dobbiamo aspettare il prossimo crollo (la crepa e ancora lì e non promette nulla di buono), magari con delle vittime, per poi vedere tutti affannarsi a scaricare le proprie responsabilità?

Roberto Ciotti * Bluesman

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Calcata persa e Calcata ritrovata…. Cronistoria di una ricerca del luogo, in cui il luogo è rimasto…

Quello che mi fa odiare Calcata, allo stesso tempo amandola all’inverosimile cercando di proteggerla… è l’indifferenza con la quale viene vissuta la sua trasformazione e la sua perdita d’innocenza e d’identità. Chiaramente mi riferisco alla comunità umana di Calcata poiché il luogo in quanto tale è più o meno intonso, anche se negletto.

Apparentemente le due comunità di Calcata, paese nuovo e paese vecchio, si stanno sgretolando in una sorta di abbrutimento e perdita di valori. Al paese nuovo regna l’indifferenza anche se è presente una tendenza per la riconquista di una supremazia morale, che è andato svanendo in seguito alla perdita di meriti comunitari, però sovente manifestantesi in “riconquista” dell’operatività economica e dello sfruttamento turistico del borgo.

Al paese vecchio la gioia di vivere ed il gusto alternativo di creare arte e cultura sta convertendosi in finto lustro, in artifizio e paccotage da mercatino, in servizi resi al turismo di massa, che cancella ogni bellezza ed onestà. Insomma, sembra quasi che Calcata sia in vendita al miglior offerente e che la cultura residua sia solo un tentativo di appropriazione della fetta più grossa del mercato.

Lentamente ciò che vi era di “vero” è andato scemando.

Al paese nuovo è avvenuto con la dipartita dei custodi della tradizione, il pecoraio che pascolava gli armenti dietro al Comune, il capraio che manteneva ancora la tradizione del formaggio casereccio, l’ortolano che produceva frutta ed ortaggi per sé e per gli amici, chi aveva un po’ d’olio, chi aveva un po’ di vino casereccio, chi almeno l’aceto…. Questi sacerdoti del costume contadino sono quasi tutti deceduti o talmente invecchiati che a malapena possono provvedere a se stessi.

Al paese vecchio, gli artisti difendono la propria unicità ognuno incastrato nella sua baronia, mentre aumentano i cloni ed i finti, aumentano coloro che vengono da fuori ad aprire bottega per altri forestieri, quelli che hanno la cultura delle musicacce suonate in piazza non diverse da quelle suonate nel tunnel della metropolitana, quelli che sanno solo atteggiarsi ad “operatori culturali ed economici” con l’etichetta “Calcata”.

Peccato che sia così deteriorata la società ed in così breve tempo… ma qualche rimasuglio di umanità, o qualche esperimento di ripresa ancora si manifesta. Voglio qui menzionare alcuni casi che ritengo buoni esempi. In primis il tentativo di Felix e Sofia, coadiuvati da Lorenzo, di vivere sui frutti biologici della terra, sul piccolo artigianato, sul sapone fatto in casa, sui lavoretti di muratura e di falegnameria, sul mantenimento di una parvenza di solidarietà paesana. Il tentativo dell’associazione Il Granarone di continuare a favorire, nei limiti del possibile, l’espressione artistica senza dover ricorrere alle solite finzioni, all’escamotage del ristorante mascherato da centro culturale… Vi sono poi degli artisti che meritano attenzione per la pervicacia con la quale perseguono la loro arte senza abbassarsi a compromessi, ad esempio Angela Marrone, cantante pittrice scultrice, o Costantino Morosin, geniale inventore di nuovi modi creativi, oppure Athon Veggi, ricercatrice esoterica e scultrice di rango, e non voglio né posso ignorare la serietà professionale di Simona Weller e di Paolo Portoghesi…. Ma qui mi fermo con gli encomi, anche se dovrei veramente inserire il tentativo di risurrezione teatrale ma non posso farlo perché in quel canto non sono gradite menzioni….

Nell’ambito della cultura tradizionale, quella del paese nuovo che rappresenta i vecchi abitanti, non posso far a meno di ammirare lo sforzo con il quale alcuni gruppi cercano di mantenere una coesione sociale. Vedesi il Coro Calcata, vedesi la Banda, sia quella ufficiale che quella Riciclata. Ultimamente è sorto anche un giornaletto locale che tenta di riportare al giusto livello le tradizioni, si chiama il Cargatese e questo tentativo va sottolineato e premiato. Nell’ambito dell’imprenditoria voglio citare il primo ristorantino decentrato, sito sulla via provinciale, gestito da una famiglia di calcatesi doc, che cerca di riproporre una cucina semplice ma genuina che valorizza i prodotti locali, si chiama il Caraponzolo, credo che sia il nome di una pianta.

Allora, da un lato e dall’altro c’è ancora un tentativo benefico di mantenere il luogo radicato alle sue origini ed alla verità, questo mi sembra positivo e spero che si venga a creare sufficiente sinergia fra questi due “tronconi”, o pezzi di cultura locale, che condividono una autenticità… in modo da creare sufficiente humus per la rinascita o per il mantenimento in vita di Calcata, non come immagine da smerciare ai turisti ma come luogo con una sua identità ed esistenza.

Paolo D’Arpini

Amore di Calcata…

L’amore non è una merce, non è un guadagno,

non è una comodità che puoi accumulare.

L’amore non ha significato oltre se stesso,

esiste di per sé non per qualche altra cosa.

L’amore non si può ricordare o proiettare,

non ha un passato non ha un futuro…

è….soltanto qui ed ora! Ama.

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“Volevamo andare a Castro dei Volsci ma il destino ha voluto che arrivassimo a Colleferro…” – Racconto di un viaggio in Ciociaria con poesia di Gabriele D’Annunzio

Mentre aspettavamo non si sa bene cosa, un treno, una grazia, un’ispirazione, un aiuto dal destino, nella stazione di Colleferro, la porta della Ciociaria, ecco che Laura ha trovato su una lapide in pietra affissa all’interno una poesia di Gabriele D’Annunzio, che sembrava scritta apposta per noi. Sarà stata dedicata alla terra Ciociara dal poeta ancor in giovane età, nel 1889, allorché visitando quelle parti restò incastrato da qualche intoppo che gli impedì di proseguire. Ecco il poemetto: “L’alberello. Oh tu nell’aria grigia, torto e senza fiori, alberel di Segni Paliano, che deridendo accenni di lontano alla inutile nostra impazienza….” (Gabriele D’Annunzio).Tutto è iniziato con l’invito ricevuto da alcuni amici di Castro dei Volsci che desideravano farci conoscere il posto. Avevano predisposto tutto per riceverci: il pranzo di benvenuto al ristorante centrale, la camera nell’albergo “diffuso”, la festa serale in piazza, il raduno di vari artisti del territorio giunti a Castro dal mattino per poterci incontrare… Ma il destino ha voluto che restassimo invece alle porte della Ciociaria, a Colleferro, e che mangiassimo un tramezzino al bar della stazione e che riposassimo le esauste membra sulle panchine di pietra della stazioncina ferroviaria… in attesa di qualcosa che non sapevamo bene cosa fosse ma che alla fine, giunte le ore pomeridiane, si trasformava nell’unica possibilità rimasta: tornarcene a casa!

Ma comincio dall’inizio. Da quando decisi di affrontare il viaggio in Ciociaria, per rendere omaggio ai miei avi e per combattere la mia pigrizia inveterata. Ma mi sono trovato a vivere un’avventura epica, a vari livelli…. dall’infernale al paradisiaco con tutte le vie mediane.

Mentre avevo trascorso la notte del 31 luglio in ambascie, in seguito ai rimbombi dei bassi che giungono sin dentro casa dalla “festa” rave tecno music organizzata a Monte Gelato, musica a palla giorno e notte, con il beneplacito delle autorità  (roba da matti…).

Insomma per allontanarmi dall’inferno dantesco del rumore tecnologico mi sembrava una benedizione andare a Castro dei Volsci. Ma già all’inizio sono accadute varie cosucce che mi hanno segnalato quale sarebbe stata l’energia della giornata. Appena uscito per strada ho incontrato il solito satanasso, soddisfatto dai suoi dispetti ordinari, che canticchiava maligno e quello mi è sembrato un segnale nefasto, poi ho atteso a lungo sul cavalcavia Luisa, che a mia insaputa era stata bloccata a casa sua da una assurda storia di piscina da curare lasciatale in eredità dai suoi vicini… che -bontà loro- son partiti in vacanza. La piscina si è riempita di alghe e lei ha dovuto chiamare vari tecnici, tutto dalle 6 e mezza di mattina sino alle 9 e mezza, ed ha dovuto procurarsi varie sostanze e tipi di cloro da immettere nella vasca. Poi dopo aver combattuto per tre ore con questa sua prova carmika/piscinale è venuta a prendermi al cavalcavia dove io l’attendevo da tempo non sapendo degli intoppi.

A Roma con qualche piccola vicissitudine abbiamo raccattato Laura, e poi sulla Tuscolana a Cinecittà abbiamo raccolto il quarto ospite, Vincenzo, che ci aspettava alla fermata di un autobus. Poi abbiamo girato in tondo per andare a bere un cappuccino nel “baretto giusto”, infine avendo fatto il pieno di benzina ci siamo avviati sull’A1 verso Napoli. Giunti all’altezza di Colleferro la macchina di Luisa ha iniziato a fare rumori strani, si era dimenticata di ingranare la quarta ed avevamo viaggiato in terza per tutto il percorso autostradale. La spia dell’olio era rossa. Ci siamo fermati ad una piazzola e lì stavamo già pensando di chiamare un carro attrezzi in soccorso allorchè abbiamo deciso di tentare la sorte ed almeno arrivare alla prima uscita. Appunto Colleferro. Per fortuna poco fuori il casello c’era il servizio ACI e lì abbiamo depositato la macchina. Il meccanico ha detto subito appena ha sentito il rumore: “il motore è fuso”.

Così siamo andati alla stazione ferroviaria di Colleferro ed abbiamo preso i biglietti per Castro dei Volsci, dopo un po’ che aspettavamo il treno l’annuciatore ha comunicato che c’era un incendio fra Ciampino ed un altra stazione che ora non ricordo, i treni viaggiavano con imprecisato ritardo, stavamo pensando di tornare a Roma ma abbiamo perso il treno per indecisione.. Stavamo pensando di andare egualmente a Castro dei Volsci ma ormai s’era fatto troppo tardi ed i treni erano bloccati in entrambe le direzioni. Alla fine ci siamo accorti che fuori della stazione c’era un autobus che stava partendo per l’Anagnina, l’abbiamo preso al volo e dopo vari giri siamo infine giunti a casa di Laura, che ha preso la macchina e ci ha riportati qui a Calcata, me, e Luisa a nepi, (Vincenzo si era già accasato dalla stazione Anagnina vicina alla Tuscolana).

E pensare che al ritorno ho ricevuto una lettera di Simona che mi dice:

“Ciao Paolo, ho letto che da Etain è stato un successo sotto tutti i punti di vista. Sono contenta per voi, spero che verrà anche per me il momento di conoscere lei e il luogo. Perché non decidi un giorno insieme a Laura o Luisa o altri di venire a pranzo qui da me? Muoviti anche tu ogni tanto pigrone… un abbraccio, Simo”

Siete contenti della storia che ho raccontato?

Paolo D’Arpini

P.S. Ad integrazione del presente articolo leggete la storia sulla Ciociaria scritta da Antonella Pedicelli,  in url:

 http://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2009/08/ciociaria-ciociaria-per-piccina-che-tu.html

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“Eravamo a pochi metri l’uno dall’altro ma non ci siamo visti né sentiti” – Strano destino per Luca Bellincioni che è venuto a Calcata a cercarmi il 14 luglio 2009

Ho trovato sul tavolo del Circolo un sacchetto di frutta e verdura e due biglietti in cui Luca Bellincioni mi annunciava la sua visita, purtroppo non mi ha trovato… Quella che segue è uno stralcio della corrispondenza intercorsa dopo…

………….

Caro Luca, ho visto i tuoi biglietti ed il pacchetto di verdure… ma mannaggia perché non mi hai chiamato? Lo sai che vivo dabbasso, nello stesso terreno, a pochi metri dal localetto del circolo. Bastava che tu mi facessi una voce. Ora sono le 17. passate e credo che tu sia ripartito… La prossima volta avvisami quando arrivi, bastava un messaggio in segreteria od una semplice mail. Pazienza!

Paolo

……………..

Ciao Paolo, io sono noto per le mie sorprese e non volevo perdere la buona reputazione… a parte questo, non mi hai ancora dato il tuo num. di tel. – anche se non so se ce l’hai – e non volevo però darti appuntamento via e-mail perché non è detto che in mezzo alla settimana Roma si riesce ad oltrepassare da Sud… e quindi arrivare a Calcata da Aprilia non è sempre possibile (in tempi razionali) e non scherzo. Comunque sono passato tre volte e le prime due ho anche chiamato il tuo nome sperando fossi nei dintorni ma evidentemente la voce non era abbastanza alta. Poi ho chiesto in giro ed una ragazza mi ha detto che forse eri andato al lago con i nipotini e che tornavi la sera. Sicché – avendo un appuntamento nel pomeriggio a Tarquinia – sono andato via. Nondimeno, nel frattempo che ti aspettavo, mi sono fatto una splendida passeggiata dal paese fino alle rive del Treja, dove ho incontrato una bella famigliola di cinghiali che si abbeveravano… Poi sono andato a cercare il Castello di Paterno ma non ci sono riuscito. Ho fatto la sterrata con l’auto per qualche chilometro (paesaggio magnifico! Non ci ero mai stato!) ma poi è diventata troppo sconnessa e troppo in discesa e ho parcheggiato. Ho proseguito per qualche centinaio di metri a piedi ma non sapevo se stessi girando a vuoto perché ad un centro punto c’era un bivio e io mi sono tenuto sulla destra e mi sono venuti i dubbi. Contando poi il caldo torrido, ho desistito… L’unico dettaglio che forse ti può aiutare a capire dove sono arrivato (perché mi faresti un piacere se mi dicessi come ci si arriva) è che nel punto dove sono tornato indietro si vedeva bene Civita Castellana di fronte, mentre sulla destra su una collina uno splendido, antico e grosso casale (quello che si vede anche dalla Flaminia) e al di sotto una vasta cava.

Ad ogni modo ho potuto confermare l’assurdità del progetto eolico non solo per il suo impatto su tutto il paesaggio dell’Agro Falisco (visto che – come sappiamo – l’impatto dell’eolico industriale va ben al di là del sito dove sono installate le torri!) ma anche per la scelta stessa del sito, poiché esso è praticamente il cuore della porzione più pregevole dell’intero territorio di Faleria! Per di più tutta la zona è ormai segnalata da cartellonistica turistica del parco, il che fa pensare ad un prossimo allargamento dell’area protetta, e l’area fra Foiano e Paterno ci rientra in pieno. Sempre rimanendo ai ridicoli progetti eolici della zona, per quanto riguarda invece la papabile centrale eolica sulla strada fra Calcata Nuova e Magliano, anche qui ci stanno prendendo praticamente in giro poiché tale area è già pienamente inserita nel Parco di Veio, e anch’essa segnalata da tabelloni turistici, per cui la Regione credo abbia ben altri progetti rispetto alla devastazione di un territorio in cui invece sta investendo risorse e progetti, senza contare che esistono le zone di protezione pre-parco e quidni non sarebbe nemmeno possibile fare una centrale ai margini di uno dei due parchi (Treja o Veio). Infine mettiamoci che Zaratti non è scemo e che conosce bene il Lazio, per cui non credo che getterebbe via “al vento” un territorio così pregevole. A parte tutto questo, e venendo alle cose belle, ho potuto notare quanto sia bella Calcata in mezzo alla settimana, senza il turismo ammorbante della domenica. Un vero Paradiso. Spero di rivenire a trovarti quanto prima, magari con Daniela, anche se nelle prossime settimane siamo in vacanza, prima per un trekking sui Monti della Duchessa, poi in campeggio al Lago di Bolsena. Teniamoci in contatto. Spero che gli ortaggi ti siano stati graditi (e utili). Ciao!

Luca

P.S. Spero che – sebbene alla fine non ci siamo visti – tu abbia gradito il fatto che volevo farti una sorpresa.

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Carissimo Luca, la tua è un’avventura che merita di essere ricordata dai posteri… inserirò la narrazione sul blog. Nel tardo pomeriggio ti ho mandato il programma di Sant’Oreste.

Chi ti ha detto che sarei andato al lago non mi conosce bene, non vado al lago da almeno 10 anni. Se sei arrivato sino in vista di Civita Castellana evidentemente hai percorso la Narcense e quel casale che sta in alto su una collina è quasi a Civita. Mi avevano detto che la strada è interrotta per via del taglio dissennato dei bochi e dell’abbandono lungo la strada delle ramaglie. Sicuramente sarai passato nel tratto di Faleria dove vorrebbero installare i piloni eolici.

Il mio telefono per il futuro è 0761-587200

Grazie per i viveri che mi hai lasciato, le prugne erano molto mature e le ho mangiate subito, ma tu hai pranzato o sei vissuto di sola aria?

Paolo

……………

Caro Paolo.

Ho vissuto di sola aria come quasi sempre faccio quando sono in giro. Del resto, quando sono di fronte alla bellezza della natura non sento più la fame (almeno per qualche ora…). Ma ho bevuto moltissimo (per sopravvivere). Le prugne sono di mia zia. Il resto è del’orto dei miei. Tutta roba tipica dell’Agro Pontino. E “biologica”, ovviamente….

Ma perché non vai al lago da 10 anni (a proposito, quale lago??!?!?!? Vico o Bracciano?)? Hai la fortuna di avere dei laghi meravigliosi nei paraggi, è un peccato non approfittarne.

Quanto al mio tragitto, si vedeva che c’erano stati grossi tagli, ma onestamente ho visto di peggio. Niente ramaglie sulla strada invece. Ma ancora non ho capito se ci sono andato vicino a Paterno o no.

Se un giorno apriranno i cantieri in quella zona io sarò lì. Stiamo parlando davvero di uno scempio senza precedenti. Lì il paesaggio è praticamente un dipinto, ma forse il sig. sindaco di Faleria non c’è mai osato o più semplicmente non glie ne frega un fico secco del suo territorio ma vuole “farsi bello” facendo risparmiare 10 euro al mese i suoi elettori sulla bolletta. Un territorio di imparagonabile bellezza, decantato da artisti e viaggiatori, oggi svenduto davvero per un piatto di lenticchie. Speriamo che non accada e che tutto si risolva in un buco nell’acqua. Lo stesso anemometro sarebbe in realtà uno scempio da evitare. Lì tutto è perfetto e bellissimo: nessuno ha il diritto di privare di tale bellezza le generazioni future. E la mia lotta è per loro, non per me che questi paesaggi fino a oggi me li sono goduti. A proposito lo sai che domani (mi ha invitato Oreste Rutigliano) fanno un convengo a Roma sull’eolico selvaggio? Dopo gli sfregi che stanno facendo in Sicilia e i nuovi progetti nella Tuscia si sta verificando una nuova attenzione al problema. Speriamo bene. Luca

…………….

Non dubito che fosse tutto biologico, le prugne in effetti erano dolcissime. Da una decina d’anni mi sono beccato un’otite cronica all’orecchio destro, al minimo sentore di umidità vedo le stelle, figurarsi se dovessi andare al lago ed immergermi nell’acqua… purtroppo ho dovuto rinunciare a quella gioia, ora anche per lavarmi debbo usare il sistema cinese (con un canevaccio imbevuto d’acqua bollente da strofinarmi addosso) così almeno risparmio un sacco d’acqua. Prima andavo a tutti laghi, Bracciano, Martignano, Vico, piscine calde e fredde, etc.

Ho visto il programma di Roma, buona fortuna!

Questo fatto che tu non abbia trovato ramaglie sul terreno mi insospettisce… quegli amici di Faleria mi avevano detto che non si passava più per andare a Paterno… boh? Ma tu hai preso proprio la Narcense? La strada che comincia dalla Piazza Roma dove parcheggiano le macchine, dove sono i secchioni stracolmi d’immondizia, e poi sempre avanti?

Va beh, una strada di sicuro l’hai fatta!

Ciao, Paolo

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