Archivio di novembre 2011

Joe Fallisi e Caino ed Abele – Bibbia rivisitata: ove il buono era il Caino (vegetariano) ed il cattivo l’Abele (carnivoro)….

Notizia: Caino ed Abele – Scrive Tullia Parvathi Turazzi: “E’ giunto il tempo che la Terra ereditata da Caino.. divenga la Terra di Abele e di una nuova razza di uomini.. illuminati e compassionevoli.. rispettosi del tutto e della Vita”

Commentino di Saul Arpino: “… bisogna leggere con attenzione la “bibbia”… ci sono interessanti risvolti che non sono ben compresi dalla gente. Caino era un agricoltore che coltivava la terra ed offriva i suoi frutti a dio… mentre Abele era un allevatore ed uccideva gli armenti e li immolava sull’ara… si dice che dio fosse attratto dal profumo dei sacrifici di Abele e gli dimostrava preferenza. Insomma quello era un dio patriarcale assassino come lo stesso Abele… e non il povero Caino, forse addirittura “Caina” in quanto rappresentava il mondo agricolo fondato dalle donne durante il periodo matristico…”

(da: http://saul-arpino.blogspot.com/2011/11/il-giornaletto-di-saul-del-28-novembre.html)

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Intervento di Joe Fallisi:

(Omissis)…… Vado subito a quello che ritengo il cuore del problema: l’ideologia giudaica specista-suprematista ereditata e adottata in pieno dal cristianesimo. Beninteso una volta sterminate, nell’arco di un migliaio di anni, le correnti eretiche interne alla nuova fede che, dai marcioniti ai pauliciani ai tondrachiani ai bogominili ai catari, esigevano la scissione completa dai litolibri all’uncino (a proposito… eretici che condividevano anche la scelta vegetariana… si sa uno dei sistemi usati dagli sgherri per riconoscere un contadino albigese: cercare di costringerlo a ingollare della carne… il suo rifiuto portava diritto al rogo).

E’ in base a questa ideologia usuraia e devastatrice della natura, fissata sin dalla Genesi (*) e divenuta, ormai da tempo immemorabile, il comune sentire dell’Occidente predone, che ogni scelta radicalmente diversa e superiore di rapportarsi al mondo animato non umano viene percepita come stravagante, anormale, pazzoide, ridicola. Eppure basterebbe solo guardare un po’ fuori della galera veterotestamentaria, leggere per esempio i testi sacri del buddhismo e, ancor più, del giainismo, per rendersi conto di come sia possibile (e sempre più auspicabile… indispensabile!) un altro sguardo nei confronti di tutte le creature – uomo compreso.

Siamo incapaci, per statuto tirannico, di fratellanza e di pietas, anzi, ce ne vantiamo con ghigno patibolare… salvo poi, naturalmente, fiumi di geremiadi sulle persecuzioni intraspecifiche – oggi contro me, domani contro te… come se non fossero il perfetto e logico (e giusto) pendant delle atrocità senza fine che compiamo su Madre Terra e sugli animali… .

L’uomo contemporaneo, ’sto miserabile sfondone, nella sua hybris delirante è giunto ormai allo stadio dell’antropotirannia, del superamento di ogni senso istintivo e autoregolatore del limite e della misura – del rispetto di sé e del mondo. Divenendo l’elemento ANTI-cosmico per antonomasia: distruttore di ogni equilibrio, QUINDI di ogni equità (e bellezza). I vegan, nati all’interno di questa devastazione catastrofica (la Vegan Society fu fondata nel 1944 da Donald Watson e Elsie Shrigley in Gran Bretagna), si oppongono a tale deriva cominciando a cambiare in modo radicale – cioè non con mezze misure ormai inefficaci – e insieme razionale l’atto quotidiano che è alla base della sopravvivenza. E ognuno da sé e per sé, senza obbligare nessuno a seguirli.

Basta una piccola integrazione di vit. B 12, per il resto oggi sappiamo scientificamente che una dieta vegetaliana varia è ottima per la salute e benefica per l’ecosistema (cfr. http://www.saicosamangi.info/, http://www.scienzavegetariana.it/).

Inoltre salva miriadi di altre vite, le toglie da una catena automatica mostruosa e disgustosa di tortura e morte seriale. E, di sicuro, aumenta, NON diminuisce la sensibilità verso tutte le forme viventi – compresa quella umana. La sofferenza e l’infelicità fanno parte integrante della vita. Ma è da masochisti e insieme da sadici e da pazzi volerle moltiplicare per tutti all’infinito.

Joe Fallisi

* La Bibbia è l’insieme dei libri (di pietra) che costituiscono la base sepolcrale dell’antropocentrismo tirannico, quello nostro, dell’uomo pallido che impera sul mondo. Consiglio una stupenda antologia, in due volumi, I filosofi e gli animali, a cura di Gino Ditadi (Isonomia, Este 1994). Nel primo (pp. 3-7, 251-254) si trovano tutti i riferimenti testuali e considerazioni utilissime che consentono di farsi un’idea obiettiva. Terribile e DEFINITIVO come una condanna a morte, vi è un passo della Genesi (IX, 1-5) che elimina ogni dubbio: “Iddio benedì Noè e i suoi figli e disse loro: ‘Siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra, e incutete paura e terrore a tutti gli animali della terra e a tutti gli uccelli del cielo. Essi sono dati in vostro potere con tutto ciò che striscia sulla terra e con tutti i pesci del mare. Tutto ciò che si muove e che ha vita vi sarà di cibo: Io vi dò tutto questo come vi detti l’erba verde; solo non mangiate carne che abbia ancora la vita sua, cioè il suo sangue.” L’animale annichilito, dissanguato, la sua spoglia (presto) putrefatta, ecco il cibo orrido che spetta al rappresentante in terra di Dio. “Non è irrilevante notare”, osserva Ditadi, “che l’agricoltore Caino ‘fece al Signore un’offerta dei frutti della Terra’, ma questa non fu gradita da Jahvé perché giudicata ’scadente’; viceversa fu gradita l’offerta di Abele ‘dei primogeniti dei suoi greggi e dei più grassi’. E’ una diversa motivazione presente nei due fratelli a far sì che Dio gradisca o meno o quel che importa è il tipo di offerta? Non c’è alcun dubbio che il Dio biblico è attento al tipo di offerta e che – a dispetto delle intenzioni – Egli ami il profumo, ‘la soave fragranza degli olocausti’ [e, non a caso, chi dei due risulta maledetto è Caino].” (I filosofi e gli animali, op. cit., p. 5). Per finirla con questo lezzo di morte, occorre dissolvere l’incubo dell’Arconte senza volto e senza nome. L’uomo, che l’ha prodotto, può anche liberarsene.

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Commento di Giorgio Vitali:

VALIDISSIME CONSIDERAZIONI, ALLE QUALI OCCORRE AGGIUNGERE QUALCOSA. PER CIRCA 2000 anni (tanto dura questa mitologia “eterologa”) una interpretazione “indotta” ad arte ha identificato questa “STRANA COPPIA” come un avvenimento “realmente accaduto”. Cioè: si sarebbe verificato in un particolare “momento” della VITA terrestre un evento identificabile in un assassinio tra fratelli ( i fratelli hanno ucciso i fratelli!!!) [NIENTEMENO!!!] Su questa “panzana” sulla quale inzuppano le brioches preti, diaconi e cardinali, ha progredito una certa mitologia corrente. Foertunatamente, studi più complessi hanno evidenziato IL RUOLO DELLA MITOLOGIA dei fratelli. E questo è sicuramente un passo avanti. Pertanto NON è solo il mito biblico a menare le danze.in un secondo tempo, GRAZIE agli studi sul significato dei miti e dei riti, propri del secolo appena trascorso, si è scoperto che una mitologia è sempre espressione di una INTERIORIZZAZIONE di un evento STORICAMENTe rilevante in quanto”molto probabile”. SOSTENIAMO pertanto il ruolo e la funzione di questo INNEGABILE PROGRESSO che ci doumenta NON solo del significato di un mito ( che permane ancora nel suo ruolo mistificatorio) ma anche della propensione OMICIDA di certe popolazioni, che creano i MITI in funzione della propria INTRINSECA NATURA. GV.

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Beni culturali negletti e Calabria sconsolata… di Consolata Cortese

…da ragazza non amavo gli scioperi “perditempo” a scuola. Il perché, l’ho capito molti anni dopo. La mia è una famiglia di contadini e di emigranti. Sono stata la prima, in tutta la parentela, a raggiungere una laurea. Per questo, sebbene confusamente, mi era chiaro che le ore perse erano ore sottratte non solo alle mie possibilità di conoscenza ma anche a quelle di “ascensione nella scala sociale”. Ma devo a quelle mattinate in cui per qualche motivo che mi pareva importante, neppure io entravo a scuola, alcune delle ore più belle e formative della mia giovinezza.

Con qualche compagna, me ne andavo al Museo. Allora non c’erano ancora i Bronzi e la mia passione erano le Pinakes, le tavolette votive di terracotta che raccontano la storia di Persefone, della fanciulla che vive per sei mesi nel regno di Ade, col suo sposo, dio dell’oltretomba, e sei mesi sulla terra, con la madre, Demetra, dea delle messi.

Restavo lì, incantata con quel senso di sospensione del respiro che mi crea la bellezza, quella greca in particolare. E anche con la sottile inquietudine che dà accostare il sacro mistero della connessione buio/luce, notte/giorno, morte e vita: toccare, in qualche modo, quella continuità circolare tra il seme che scende nella terra e marcisce nel freddo dell’inverno e la spiga che si piega carica al vento caldo dell’estate. (Era da pochi anni che mio nonno non coltivava più il grano, ed era vicinissimo il ricordo di quell’oro che si muoveva nel vento assolato, con il frinire degli insetti e i papaveri, esplosi sulla fronte, come baci schioccati da un bambino e un caldo che sapeva di vita piena e sembrava quello del grande forno in cui, essendo la più piccola, entravo a prendere gli ultimi biscotti di pane, finiti proprio in fondo e che, zuppi d’olio, diventavano subito il più buon cibo del mondo).

Anche per capire che cosa, oltre e più profondamente di tutto questo, mi portava al Museo, ho impiegato anni. Sapevo bene di vivere alla periferia della periferia del mondo. Di partire svantaggiata rispetto ad altri liceali italiani. Per tanti motivi. A cominciare dall’isolamento determinato dalle difficoltà di movimento: per esempio, quelle di noi che gli scarsi e lenti pullman, finite le lezioni, riportavano a una diecina di chilometri a nord o a sud del “Tommaso Campanella” non avevano frequentazioni neppure con le compagne che vivevano a Reggio, in città.

A me e alle mie compagne, il Museo trasmetteva l’evidenza schiacciante e non bisognosa di parole che i limiti del nostro crescere in periferia non erano che una contingenza storica. Avevamo un passato che pochissimi potevano considerare secondo al loro. Ovvero, avevamo un’àncora che ci permetteva di ipotizzare che nessun futuro ci era precluso.

Alla fine di quest’anno, il Museo, rinnovato, ingrandito e abbellito, avrebbe dovuto riaprire le sue porte, permettendoci di rivedere a casa loro i Bronzi, le Pinakes e i mille reperti di una grande civiltà. Non sarà così. E, il peggio, è che non si sa se e quando i lavori di ristrutturazione, trovati i (pochi) milioni di euro che ancora servono, ricominceranno.

So bene che le emergenze calabresi sono tante – senza fare la solita litania, mi limito a sottolineare quell’indispensabile cura del territorio che la recente alluvione ha riportato alla massima attualità – e, anche, che i soldi del Paese sono pochi.

Ma al nuovo ministro dei Beni culturali e a tutti quelli che, per ruolo istituzionale, possono fare qualcosa, lasciami ripetere: fate il possibile e anche l’impossibile per non privare la Calabria del suo passato. (E il mondo dell’anima della Calabria).

Consolata Cortese

(zoomsud.it)

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Commento di Alba Montori:

Cara Consolata, come ti sento vicina al mio cuore… Anche io passavo le ore degli scioperi nei musei e nel Foro Romano…
Chissà se gli studenti oggi vanno al museo o agli scavi a passare le mattinate, quando non vanno a scuola?

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Discorso matristico per l’incontro “Vita senza Tempo” – Treia dal 8 al 10 dicembre 2011 – Verso il riconoscimento dell’unitarietà biospirituale e verso la nuova era ecozoica

“L’era ecozoica é un tempo a cui noi tutti aspiriamo e che cerchiamo, con la pratica e con la teoria, di rappresentare” (Caterina Regazzi)

Volendo abbracciare in un unico contesto il concetto di spirito e di vita, come presumibilmente avveniva durante il periodo gilanico, un tempo in cui c’era solidarietà, impegno civile, coscienza dell’ambiente, della fatica e dei pericoli ma allo stesso tempo spensieratezza, e desiderando riportare quella esperienza unitaria nella nostra vita quotidiana mi sono ritrovato a dover decidere quale parola potesse maggiormente indicare quel pensiero. Durante uno scambio epistolare con l’amico bioregionalista Stefano Panzarasa, matrista convinto, lui ha suggerito di usare il termine “religiosità della natura”, come proposto dal filosofo Thomas Berry. La parola in se stessa è molto evocativa di un ri-congiungimento con l’anima naturale.

Allo stesso tempo il significato di religione (dal latino religio) è “ri-unire” ma non si può affermare che la vita abbia mai avuto separazioni in se stessa.. Se avesse subito una separazione non sarebbe più vita.. Infatti nel periodo matristico anche la morte era considerata una fase nel processo vitale. Quindi parlare di religione della natura può essere fuorviante. Poiché in natura è già un tutto unito, un unicum.

Preferirei magari usare la parola “biospiritualità”, neologismo antico e nuovo per descrivere ciò che è sempre stato e sempre sarà….

“Ho imparato il silenzio dalle persone loquaci, la tolleranza dagli intolleranti e la gentilezza dagli uomini scortesi. Non dovrei provare gratitudine verso questi insegnanti?” (Khalil Gibran)

A volte, sembra che le parole nascono per creare discordia fra gli uomini….. L’incomprensione sorta con la diversità dei linguaggi, volendo comprendere l’altro attraverso il linguaggio, è alla base delle antipatie che gli esseri umani percepiscono gli uni verso gli altri… Prova ne sia il negro che ci parla in bantu viene visto con sospetto e timore.. mettete che lo stesso negro si mette a parlare in italiano, o addirittura nel nostro dialetto familiare, ecco che improvvisamente diviene uno di noi.. un fratello di colore diverso. Questa verità l’ho potuta sperimentare svariate volte a Calcata dove la comunità etnica è molto variegata però siccome parlavamo tutti allo stesso modo, al massimo con un leggero accento straniero (tra l’altro ognuno di noi aveva un leggero accento d’origine), ecco che eravamo tutti calcatesi.. indipendentemente se siculi, romani, veneti, europei est ovest, americani nord sud, africani, etc. etc.

Il linguaggio comune unisce… ed all’inizio tutti gli umani parlavano la stessa lingua, il “nostratico” viene chiamato in glottologia, poi da quella radice, nella diaspora umana planetaria, sono sorti rami e ramoscelli sempre più diversi… La mitologia della torre di Babele è simbolica ma veritiera… Gli uomini appena salvatisi dal diluvio universale invece che andare a ri-abitare il pianeta, ridiventato fertile dopo il cataclisma, si concentrarono tutti in un luogo e cominciarono ad erigere un monumento di ringraziamento a Dio (forse però a quel tempo era la Dea), simbolicamente questa torre zigurratica saliva sempre più in altezza (per arrivare in cielo) ma l’uomo è fatto per la terra e così Dio (o la Dea) confuse i linguaggi.. e gli uomini che non potevano più comprendersi si allontanarono in gruppi omogenei alla conquista del mondo.. chi qua chi là, chi su e chi giù, finché tutto il pianeta fu abitato…

Certo questa è una favola.. ma fa pensare come la differenza delle lingue allontani l’uomo dall’uomo. Sarà per questo che in ogni epoca un potere emergente cerca di stabilirsi attraverso una lingua? Sicuramente è avvenuto così.. il sanscrito, il greco, il latino… ed ora l’inglese, come lingue veicolari temporali, ne sono riprova.

Ma aspetta aspetta.. non intendevo fare un discorso semantico linguistico.. anzi.. volevo parlare dell’unico elemento che è in grado di unire e di far riconoscere l’uomo in se stesso e agli altri come manifestazione della stessa matrice vitale. Questo elemento è la “coscienza-intelligenza”, che unisce tutti i viventi e -in latenza- anche il mondo inorganico.

Questa coscienza/intelligenza è stata definita da tempo immemorabile “spirito” (diverso da anima che sottintende una personalità individuale). Lo spirito tutti ci accomuna e la “spiritualità laica” è la comprensione sincretica che ognuno compartecipa allo spirito. Spirito e vita sono consequenziali ed inseparabili. Perciò lo spirito non può divenire mai appannaggio di alcuna religione, poiché le religioni sono create da e per le anime, per le persone che si considerano separate. Per tale ragione spesso definisco la vera spiritualità come “laica” (dall’antico significato del greco “laikos” al di fuori di ogni contesto sociale e religioso).

Ma questo termine, spiritualità laica, non piace a molti.. oppure alcuni cercano di spiegarla a modo loro, come una forma di credo para-religioso, si professano “spiritualisti laici” i massoni, i cristiani che conducono vita secolare, gli aderente alle nuove religioni new-age, etc. Mentre altri, completamente contrari al concetto di “spirito” negano che possa esistere una qualsiasi spiritualità in qualsivoglia forma.

Insomma, per fare chiarezza e definitivamente sancire l’indissolubilità tra spirito e materia, mi è venuto in mente di spiegare questa spiritualità laica come “biospiritualità”.. in modo che così siano tutti felici e contenti, sapendo che vita e spirito sono la stessa cosa.

E cosa si intende per biospiritualità? Vuol dire che il più alto ottenimento si ottiene qui ed ora, non in qualche altro luogo od in qualche altro tempo. Non siamo in in esso ogni momento dell’esistenza. La Realtà Suprema non è in un altrove ed a parte da questa esistenza. La Terra, l’Universo ne sono impregnati. Biospiritualità è l’espressione, l’odore sottile, il messaggio intrinseco, che traspira dalla materia tutta. Il sentimento di costante presenza indivisa.. la consapevolezza dell’inscindibilità della vita, riconoscibile in ogni sua forma e componente, partendo dal “soggetto” percepiente, questa è la pratica stabile dell’essere biospirituale. La conoscenza suprema significa sapere che tutto quel che “è” lo è in quanto tale. Perché l’esistente è uno, non può esserci “altro”…

Ed infatti l’ostacolo posto dalle religioni è proprio quello di immaginare uno stato “altro” da ottenere, superiore od inferiore che sia, diverso da quello presente. Ma allorché l’ignorante oscuramento viene rimosso dal cuore dell’uomo, improvvisamente ci troviamo a Casa. Possiamo definire questo stato “liberazione” dall’illusorio senso di separazione… poiché la biospiritualità non può ammettere separazione.. ma solo diversità nei modi espressivi e nelle forme esteriori.. E qui ritorno all’esempio della comunità calcatese in cui tutti eravamo calcatesi, nessuno escluso (me compreso che non abito più a Calcata……).

Al momento opportuno ognuno di noi sentirà l’impulso a riconoscersi in quel che è ed è sempre stato.. e questo è lo scopo della biospiritualità. Ed è un modo per andare verso la nuova era ecozoica auspicata da Thomas Berry.

Paolo D’Arpini

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Corrispondenza a tre su: ecologia profonda, bioregionalismo e spiritualità laica (o naturale)… Stefano Panzarasa, Paolo D’Arpini, Caterina Regazzi

Corrispondenza a tre su: ecologia profonda, bioregionalismo e spiritualità laica (o naturale)… Stefano Panzarasa, Paolo D’Arpini, Caterina Regazzi

Ecologia e spiritualità – In seguito alla discussione per trovare un titolo idoneo per l’assemblea collettiva degli ecologisti profondi, da tenersi in corrispondenza con il solstizio estivo 2012 a Roma o viciniori (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2011/11/23/bioregionalismo-ecologia-profonda-e-spiritualita-laica-tre-modi-descrittivi-della-stessa-realta-%e2%80%93-proposta-per-unassemblea-comunitaria-%e2%80%9cstati-generali-dellecologia-profonda/), ecco che sono giunti vari commenti.
Uno è quello di Stefano Panzarasa, bioregionalista storico, che scrive:

Caro Paolo,
ho inserito Giorgio Vitali tra i referenti della Rete Bioregionale con qualche difficoltà tecnica (il programma non funziona bene…).
Grazie per la bella foto nel blog, io comunque ho letto quello che hai scritto e sono contento per tutto l’impegno che ci metti – spiritualità laica, spiritualità della natura – termini però che non mi trovano molto d’accordo forse solo perché mi rimandano ad una divisione fra corpo e spirito che è proprio all’opposto dell’ecologia profonda…
Aggiungo anche che un po’ mi intristisce il fatto che non si riconosca un lato religioso nell’ecologia profonda e nel bioregionalismo (non uso quindi apposta la parola “spirituale” ma tu potresti farlo) mentre invece appare del tutto dimenticata l’idea di Era Ecozoica che invece aggiungeva qualcosa di nuovo al dibattito (e anche a tutti i movimenti ambientalisti ed ecologisti), sono pure due parole nuove e cariche di speranza…
Ma tant’è, hai deciso di dimenticare e avrai anche le tue ragioni…
Però così ad un futuro convegno non è che si aggiunge molto di nuovo… (se mai ce ne era bisogno…)
Un abbraccio,
Stefano

………

Risposta di Paolo D’Arpini:

Caro Stefano, vorrei solo confortarti e confermarti che io uso il termine spiritualità… non essendocene altri disponibili.. nel senso più antico del nome, quello anche usato nell’antichità matristica per individuare la “presenza viva” nella materia, in forma di Coscienza. Gli stessi pagani usavano il termine “spiritus loci” per definire l’anima del luogo e non solo del luogo ma pure dei boschi, dei fiumi, degli animali, etc. Tu stesso non sapresti che altro nome dare a quella “presenza”.. e siccome il vero nome originario è “spirito” credo sia più che giusto recuperare la parola vera ed antica piuttosto che cercarne una nuova, come purtroppo hanno fatto i “bioregionalisti” americani rispetto al più antico “panteismo” (tutto è Dio/Dea). Il maluso del termine “spirito” accreditabile alle religioni patriarcali (giudaismo, cristianesimo, islam) non è ragione sufficiente per rinunciarvi, anzi dobbiamo denunciare l’ipocrisia religiosa che addirittura ed inoltre definisce “laico” un credente di una religione che non è “ordinato” nel sacerdozio, mentre tu sai benissimo che il significato originario di “laico” è “al di fuori di ogni contesto e struttura politica e religiosa”. Ne abbiamo già parlato… ricordi?
Questo discorso potrebbe proseguire all’infinito, inseguendo possibili dettagli, ma vale la pena? Non è meglio ed “ecologicalmente” preferibile vivere in comunione con la “presenza” piuttosto che fare discussioni di lana caprina o sul sesso degli angeli?
Ripetutamente ti ho spiegato che il significato che io do alla parola “spirito” è quella più remota e genuina di “intelligenza/coscienza”, la stessa definita Es nella psicologia transpersonale. Chiamalo se vuoi “essenza sottile” della materia.. per cui come può esserci separazione fra la materia e lo spirito? Come può esserci separazione fra la rosa ed il suo profumo? Fra l’umidità e l’acqua? Tra il fuoco e la sua capacità di emettere luce e calore?
Per favore, intuisci questa verità e facciamola finita con queste inutili distinzioni fra materia e spirito.
Ti ringrazio, fratello, per la tua pazienza e per la tua costante presenza.. Paolo

………..

Intervento di Caterina Regazzi:

Ognuno vive la Vita con la sua sensibilità e seguendo quelle che, in quel momento sono le sue proprie tendenze, propensioni, affinità (si cambia nella vita, soprattutto a livello manifestativo, il Sé è sempre lo stesso in ogni tempo e in ogni luogo).
Le esperienze di ognuno, se condivise, arricchiscono il genere umano nel suo complesso.
Ognuno è tenuto, volendo, ad esprimere queste attitudini e propensioni, rispettando le propensioni altrui, anche se non condivise.
Come scrivevo l’altro giorno alla lista di ecologia profonda (ma mi pare che il messaggio non sia passato): “l’esempio e non le parole, per quanto profonde esse siano, é fondamentale per mostrare a chi ancora non se n’è accorto, che si può vivere bene (anzi, sicuramente meglio) rispettando la Natura, di cui noi siamo, ancora, una parte, che ci da tutto quel che ci necessita per vivere, a noi e ai nostri discendenti, purché la amiamo e la rispettiamo come desidereremmo essere amati noi.
Questa per me è l’ecologia profonda: amore per la vita, per la natura, per gli esseri viventi, solidarietà umana, ognuno secondo la propria natura e le proprie possibilità: una tendenza a…. nei limiti del possibile”.
In mezzo a queste tendenze ci possiamo mettere quello che, per ognuno di noi, é in sintonia con l’evoluzione della specie umana quale tutti noi che ci riteniamo “ecologisti” o “amanti della vita” ci auguriamo: ritrovare quell’armonia con la Natura (Dio, Dea Madre, Natura) che ci ha dato la vita. Siamo 6 miliardi di esseri umani, viviamo in situazioni ambientali le più disparate sia dal punto di vista ambientale, sociale, economico, civile, storico, ma cos’è che ci accomuna? Non ci accomuna forse quella cosa che c’è quando siamo vivi e non c’é più quando siamo morti? Come la/lo vogliamo chiamare questa “cosa”? Io posso anche non chiamarla in nessun modo, ma so che c’è e quando sono da sola con me stessa, la sento dentro di me.
C’è chi la chiama spirito, chi la chiama anima, chi la chiama coscienza, chi la chiama Dio.
Chi segue qualche religione la può chiamare col nome che quella religione le attribuisce, chi non segue nessuna religione in particolare, ma accetta tutte le forme di spiritualità, la può chiamare “spiritualità laica”.
Io nel discorso dell’ecologia profonda ci vedo, per chi la sente, anche questo discorso.
Rifiutarlo vuol dire un po’ come rifiutare che si parli dei problemi economici del mondo (e non parlo solo della crisi dell’euro, del dollaro e della finanza, ma anche dello sfruttamento dei paesi ricchi nei confronti di quelli del terzo mondo) o rifiutare di parlare della possibilità di seguire un’alimentazione naturale (sempre secondo le proprie tendenze e possibilità) fino ad arrivare al vegetarismo, al veganesimo, al crudismo, ecc. ecc.
L’era ecozoica ééun’era a cui noi tutti aspiriamo e che cerchiamo con la pratica e con la teoria, di rappresentare.
 
Caterina Regazzi 

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Cornelia 2011 – Enel, Eni, Finmeccanica… i miei gioielli dati via alle banche UE come “Saldi di fine stagione” – E Monti Mario, detto il bancario, se la ride…!

Lunario Paolo D'Arpini 25 novembre 2011

Industrie strategiche italiane in svendita, come avessero appeso fuori dalla porta il cartello “Saldi di fine stagione”.

Finmeccanica con le inchieste in corso, scrive MF, capitalizza meno di 1,8 miliardi. Enel e’ sotto i 30 miliardi, Eni ne vale meno di 60. Insomma, per un big straniero liquido e con un po’ di audacia, portarsi a casa il fior fiore delle aziende di Stato potrebbe essere un gioco da ragazzi. L’ultimo baluardo rimasto, dopo la cancellazione delle norme anti-scalata introdotte dopo il crack Lehman dal governo Berlusconi, e’ la golden share. Anche l’ultima muraglia, pero’, potrebbe presto cadere. L’Ue ha deciso di deferire alla Corte di giustizia l’Italia per i diritti speciali riservati al Tesoro nelle aziende strategiche. Ma non lo fara’ subito. Bruxelles ha deciso di dare ancora un mese di tempo a Roma per cambiare le norme, poi scattera’ la procedura d’infrazione. La questione e’ delicata e l’argomento sara’ affrontato oggi da Mario Monti e dal commissario al mercato interno, il francese Michel Barnier. Il premier italiano ha affermato che andra’ incontro alle richieste dell’Ue. Fino a oggi il governo italiano ha sempre resistito al pressing europeo. red/lab

Dopo aver lasciato lo stato “in mutande” gli ex di Goldman Sachs guardano al colosso energetico
Ora che un dirigente della Goldman Sachs guida la Banca d’Italia e un consulente della Goldman Sachs si prepara a guidare il governo delle sinistre vogliamo che lorsignori lo sappiano: li teniamo d’occhio. Siamo noi, il popolo italiano, i loro datori di lavoro: se li vedremo obbedire di nuovo a Goldman Sachs lo denunceremo con tutti i mezzi.
Perché le loro passate azioni non ci lasciano tranquilli. Queste azioni sono già state raccontate, ma vale la pena di metterle in luce più chiara.

Tutto comincia nel settembre 1992, quando il finanziere americo-ungaro-israeliano George Soros lancia un attacco speculativo contro la lira. Carlo Azeglio Ciampi è capo di Bankitalia. La sola cosa che dovrebbe fare sarebbe una telefonata alla Banca Centrale tedesca (Bundesbank), la più potente d’Europa e chiedere: mi sostenete? Ossia: siete disposti a spendere centinaia di milioni di dollari per acquistare lire, sostenendo il corso della nostra moneta? Se quelli rispondevano di no, ogni difesa era inutile, perché impossibile, dato che Soros usava l’effetto-leva dei derivati: per ogni dollaro che puntava, era come ne puntasse cento. Bankitalia, a quel punto, doveva fare solo una cosa: lasciare fluttuare la lira ai venti della speculazione. Invece Ciampi “difende” la lira da solo: dilapidando 48 miliardi di dollari in valuta estera e prosciugando le riserve valutarie di Bankitalia.
E come previsto la manovra non riesce. La lira si svaluta del 30%. Ciò significa che da quel momento, gli stranieri che vogliono acquistare le industrie di stato e parastato italiane, potranno pagarle il 30% in meno. La preparazione alle svendite era già avvenuta. Il panfilo “Britannia” della regina d’Inghilterra era apparso davanti a Civitavecchia (2 giugno 1992), per dettare le condizioni delle privatizzazioni. Il “Britannia” era carico di finanzieri della City, delegati dei Warburg, dei Baring, dei Barclays: costoro convocano sul Britannia (ossia su suolo inglese) esponenti di spicco dell’Iri, dell’Eni, dell’Agip, della Comit, di Assicurazioni Generali e, come si sa, Mario Draghi, allora direttore del Tesoro, dipendente pubblico italiano. Draghi scende prima che il “Britannia” prenda il largo diventando suolo inglese ma ha il tempo di fare un discorsetto in cui approva l’urgenza di privatizzare per sottrarre le industrie di Stato alla politica. Fatto sta che, sceso Draghi, i finanzieri di Londra si dividono, come al mercatino dell’usato, i gioielli dell’economia italiana. E si profilano altri sconti.

Difatti, di lì a poco, sale al governo Giuliano Amato: anche lui un coccolino dei “poteri forti” finanziari internazionali. Basta a indicarlo il fatto che Amato, braccio destro di Bettino Craxi, viene miracolosamente esentato dalla bufera di Tangentopoli. In quel frangente, guarda caso, l’agenzia Moody’s – di punto in bianco, e senza che sia accaduto nulla di nuovo – “declassa” l’Italia, mettendola fra i paesi a rischio d’insolvenza.

Risultato: lo Stato deve pagare interessi più alti sui Buoni del Tesoro, se vuole che qualcuno glieli compri. Lo Stato si dissangua; e poiché subito Soros lancia la speculazione sulla lira, tutto peggiora. È una manovra concertata fra Moody’s, Soros e i suoi banchieri di riferimento (Rotschild)? Io penso di sì. Ricordo un fatto degno di nota: fra i più accaniti speculatori contro la lira nella fase iniziale dell’attacco di Soros, si segnalano Goldman Sachs e Warburg. Quei Warburg che poi “consigliano” al governo italiano di rivolgersi a Goldman Sachs per gestire le privatizzazioni.

E così l’alta finanza internazionale si sceglie i gioielli di stato, con calma, soppesandoli come la massaia che compra i peperoni al mercato. Perché costano poco: le privatizzazioni 93-94 renderanno allo stato solo 26 mila miliardi; Ciampi da solo, nella sua inutile “difesa della lira”, ha speso il doppio (denaro pubblico, di noi contribuenti). Tutti ci commuoviamo quando il nonno d’Italia ci esorta ad aver fiducia nella Patria. Chissà se ha sventolato il tricolore anche nella riunione del Bilderberg del 22-25 aprile 1993, che si riunì in Grecia e aveva il tema Italia all’ordine del giorno. Non lo sappiamo perché la riunione, come sempre, fu a porte chiuse. Certe fonti danno presente Ciampi a quella riunione, ma non ne siamo sicuri, e non possiamo esserlo, data la segretezza che le circonda. Erano presenti, si dice, anche Gianni Agnelli coi suoi fidi: Mario Monti, Antonio Meccanico, Tommaso Padoa Schioppa, Renato Ruggero. Patrioti anche loro. Ma di quale patria?

Il fatto è che, dopo quella riunione del Bilderberg, Ciampi fa una mossa delle sue: “internazionalizza” il debito pubblico italiano, fino a quel momento prevalentemente interno. È una scelta grave e non necessaria. All’epoca gli italiani, coi loro risparmi, comprano volentieri i Bot. Per lo Stato, è un vantaggio enorme: perché s’indebita coi suoi cittadini (a cui può chiedere “sacrifici”, ossia di pazientare a farsi pagare gli interessi) e nella sua moneta, la lira, che può stampare a volontà. Invece, Ciampi offre i Bot sui mercati finanziari esteri. Dove gli interessi dovrà pagarli in dollari, ossia in una valuta su cui non ha il controllo e che non può stampare quando vuole. Di fatto, mette il debito italiano nelle mani della grande finanza – le solite Goldman Sachs, Warburg, Barclays – e alla mercè delle “valutazioni” delle agenzie cosiddette “indipendenti” come Moody’s. La mossa di Ciampi riduce l’Italia nella situazione di un paese del terzo mondo; e senza alcuna necessità.

Ecco la storia passata. Per questo dico: teniamoli d’occhio, i lorsignori che tornano al comando dell’Italia Questi vogliono ancora svendere qualcosa. Che cosa? Alcune fonti ci dicono: l’Enel, ma soprattutto l’Eni. S’intende, i due nostri relativi colossi sono già stati privatizzati. Ma, soprattutto l’Eni, non fa ancora del tutto gli interessi anglo-americani che nel settore dell’energia mirano ad accaparrarsi la disponibilità diretta delle fonti petrolifere, e mettere sotto controllo unico gli attori secondari nel gran mercato del greggio e del gas.

L’hanno provato a fare con il petrolio russo: crollo organizzato del rublo, deficit alle stelle, un Boris Eltsin ben felice di vendere le vecchie imprese sovietiche a qualunque prezzo. Fu così che i Rotschild prestarono a un piccolo avventuriero russo, Khodorkovski, i soldi per comprare a prezzi da usato la Yukos. Ora che Vladimir Putin si è ripreso la Yukos e fa una “propria” politica nazionale energetica con la sua Gazprom, gli anglo-americani cercano in tutti i modi di isolare la Russia. La presenza di aziende relativamente autonome come l’Eni ostacola questo processo di soffocamento.

Occhio a lorsignori. Italiani di destra e di sinistra, di centro e di sotto e di sopra: teniamoli d’occhio noi, perché non c’è nessun altro che faccia gli interessi italiani.

Fonte: Economia: allarme scalate sui gioielli di Stato (MF)

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