16 giugno 2009 – “Da Calcata a Roma il passo è breve…” – Resoconto della visita di Paolo a Roma per organizzarvi un evento su ecologia profonda, alimentazione naturale e spiritualità laica (3/11 ottobre 2009)

Oggetto: Manifestazione a Roma dal 3 all’11 ottobre 2009 su “Ecologia profonda, Alimentazione naturale, Spiritualità senza frontiere” – con abbinata mostra d’arte e vari spettacoli.

Care Amiche e cari Amici,

il 16 giugno 2009, dopo almeno 7 anni (forse anche 10) di assenza, sono tornato a Roma.

Ho provato una certa reticenza ad andare e solo un forte senso del dovere mi ha spinto a partire ed a resistere alle varie situazioni ed emozioni vissute… alcune in negativo altre in positivo. Questa discesa nella capitale mi ha convinto della necessità della manifestazione che abbiamo in programma per l’inizio di ottobre ed è per questo che ho partecipato, con un sorriso determinato, all’incontro preliminare tenutosi in Piazza Campitelli con Roberta Perfetti, la gentile segretaria di Umberto Croppi assessore alla cultura del comune di Roma.

Sono ancora frastornato dopo questa visita in cui ho potuto rivedere la mia città natale, le sue bellezze sconvolgenti, la sua gente e le attività variopinte che vi si svolgono in tutte le strade del centro storico ed anche in periferia. Ed anche la pazzia di situazioni assurde e disumane. La mia accompagnatrice Laura Lucibello mi ha voluto mostrare alcuni aspetti di Roma che nemmeno conoscevo, o forse avevo dimenticato, ho ritrovato un feeling, una familiarità, con la città e questo mi è sembrato di buon auspicio per la buona riuscita dell’evento che stiamo preparando.

Il processo per coniugare lo spirito naturale, laico o francescano che sia, con le necessità sociali e mondane di vita quotidiana è stato avviato oggi a Roma attraverso la buona volontà ed il sorriso di Roberta Perfetti e Laura Lucibello che mi hanno incoraggiato e sostenuto, con la loro semplice presenza e disponibilità, ed ho provato simpatia umana e vicinanza mentre esponevo il programma per la celebrazione dell’ecologia profonda, dell’alimentazione naturale e della spiritualità senza frontiere come cura risolutiva al malessere della nostra società fortemente urbanizzata e socialmente scollata.

La manifestazione quindi si farà, nelle date indicate, il luogo non è stato ancora definitivamente stabilito, l’ipotesi è fra le Serre di Porta Metronia od il chiostro del convento di SS. Apostoli. Io personalmente propendo per il chiostro di SS. Apostoli che è in zona storica e mantiene al suo interno un’atmosfera silenziosa e spirituale. Quando stasera siamo entrati a visitare quel luogo immediatamente ho sentito che era il posto giusto per l’incontro che abbiamo in mente… ma prima di dare conferma definitiva ci riserviamo di visitare anche le Serre di Porta Metronia nei prossimi giorni.

La manifestazione prevede una mostra d’arte sul tema della spiritualità, che verrà inaugurata il pomeriggio del 3 ottobre 2009 e subito dopo vi saranno gli interventi istituzionali di apertura del convegno, con accompagnamento di canti celtici e pianoforte. Seguono gli interventi di introduzione all’argomento trattato e le prime relazioni. Il 4 ottobre, che è la ricorrenza di San Francesco, cominciando dal mattino, proseguono gli interventi dei vari relatori, a mezzodì ci sarà un intervallo pranzo nel luogo stesso dell’incontro e nel pomeriggio si conclude il convegno con poesie e musica ed altri aspetti ludici. Per la chiusura della mostra, che resta aperta sino all’11 ottobre 2009, è previsto uno “svernissage” con un incontro per riflettere sulle conclusioni e sul prosieguo del convegno e per finire un rinfresco vegetariano allietato da un allegro concertino.

Per promuove l’iniziativa l’assessorato alla Cultura del Comune di Roma ha promesso un aiuto logistico per la stampa di manifesti ed inviti, chiunque dei partecipanti al Comitato organizzativo e di coloro che leggono abbia indirizzi ai quali desidera far recapitare il cartoncino con il programma è pregato di comunicarli a Laura Lucibello, in modo da sapere quante sono le stampe richieste. Il 2 ottobre 2009 è prevista una Conferenza Stampa nella sede dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma e chiunque abbia amici giornalisti che potrebbero essere invitati comunichi i nominativi sempre a Laura Lucibello.

Anche se ottobre sembra ancora lontano, vi ricordo che il tempo passa e non aspetta, perciò diamoci tutti da fare per ottenere un risultato positivo per la qualità della vita a Roma, un esempio che potrà essere utile anche per altri luoghi….

Grazie per aver letto sin qui, Paolo D’Arpini – circolo.vegetariano@libero.it

Per ogni aspetto organizzativo logistico contattare Laura Lucibello: info.apai@virgilio.it  

Qui di seguito un documento introduttivo consegnato oggi alla gentile Roberta.

“Ci sono così tanti doni, mio caro, ancora non aperti dal tuo giorno di nascita. Oh, ci sono così tanti regali fatti a mano, spediti per la tua vita da Dio…” (Hafiz)

Il culto degli antenati in molte delle civiltà antiche è stato il fattore coagulante per la conservazione del senso di comunità. In Cina, ad esempio, era assurto quasi a religione, infatti il confucianesimo non è altro che un sistema morale basato sul rispetto delle norme “gerarchiche” di padre/figlio – sovrano/suddito. In qualche modo questo sistema, che garantisce un ruolo alle generazioni della comunità, ha assicurato in oriente come in occidente, una crescita ordinata e rigorosamente etica della società, pur con le pecche di inevitabili eccessi, esso ha mantenuto quel processo solidaristico nato nei clan matristici anteriori, e successivamente trasmesso al patriarcato.

Questa concezione è andato avanti senza grandi sovvertimenti sino all’inizio del secolo scorso momento in cui si è avviata una “rivoluzione di sistema”, una rivoluzione apparentemente incruenta e non specificatamente voluta, ma il risultato è un repentino mutamento d’indirizzo e la sortita dei modelli utilitaristici ed esclusivi.

Coincide con l’inizio dell’era industriale e dell’economia di mercato e con la comparsa dei grossi insediamenti urbani, le metropoli., che già avevamo visto l’abbozzarsi nel modello imperiale di Roma poi ripreso negli Stati Uniti d’America.

La scintilla del nuovo paradigma sociale ed economico -secondo me- è una diretta conseguenza della grande crisi del 1929 che da una parte costrinse migliaia di famiglie all’urbanizzazione forzata ed all’abbandono del criterio piccolo-comunitario e all’adozione di modelli sociali strumentali. Una nuova programmazione sociale ed economica basata sulla capacità collettiva di produzione e sul consumo di beni superficiali (coincide con la nascita della Coca Cola, delle sigarette, delle fibre sintetiche, della diffusione di automobili ed altri macchinari). Come ripeto questo modello non fu specificatamente perseguito ma l’inevitabile conseguenza di una accettazione di gestione produttiva “finalizzata” -da parte degli individui operativi- e la demandazione agli organi amministrativi delle funzioni solidali e sociali.

Questo procedimento trovò la sua affermazione anche in Europa a cominciare dagli anni ‘50 (malgrado le prove generali dei primi del secolo in Inghilterra) e pian piano si espanse al resto del mondo occidentalizzato, meno che in sacche di necessaria “arretratezza” che oggi definiamo “terzo o quarto mondo”. Ma questo terzo o quarto mondo sta anch’esso pian piano assumendo il modello utilitaristico ed il risultato è il totale scollamento familiare e sociale con l’interruzione dell’agricoltura ed artigianato e venuta in luce di schegge impazzite di società aliena a se stessa. Avviene nelle cosiddette megalopoli di venti o trenta milioni di abitanti, con annesse baraccopoli e periferie senza fine. La solidarietà interna delle piccole comunità è morta mentre si son venute a stratificare categorie sociali che hanno poco o nulla da condividere con “l’umanità”.

Nelle grandi città industrializzate e consumiste da una parte c’è la classe dei produttori “attivi” e dall’altra quella dei cittadini “passivi”, ovvero i bambini e gli anziani. Lasciamo per il momento in sospeso la discussione degli attori in primis, i cosiddetti produttori ed operatori, e vediamo cosa sta avvenendo nelle categorie passive, degli usufruitori inermi od assisiti.

I bambini sono forse i più penalizzati giacché verso di loro è rivolto il maggior interesse redditizio e di sviluppo, sono i “privilegiati” delle nuove formule di ricerca di mercato ed allo stesso tempo abbandonati a se stessi, in seguito alla totale mancanza di solidarietà interna in ambito familiare e sociale. Con poche prospettive reali di crescita evolutiva in intelligenza ed interessi futuri, i bambini si preparano ad essere la “bomba” della perdita finale di collegamento alla realtà organico-psicologica tra uomo natura ambiente. Già in essi assistiamo alla quasi totale incapacità di relazionarsi con una realtà sociale e materiale, sostituita da una “realtà virtuale e teorica”. Ora finché le generazioni che son nate dagli anni ‘50 sino al massimo degli anni ‘80 sono in grado di reggere il colpo della produzione utilitaristica questa massa di “imberbi passivi” può ancora mantenere una ragione almeno consumistica, dopodiché la capacità di sopravvivenza si arresta ineluttabilmente, assieme al volume operativo dei genitori…..

L’altra categoria, passiva per eccellenza, è quella degli anziani ed invalidi, i pensionati, che sopravvivono senza speranza già sin d’ora, preda di violenze sempre più diffuse, di furti e truffe e di strumentalizzazioni della loro condizione vittimale (perseguita da enti ed associazioni che sorgono per “proteggerli” dagli abusi….). Nella società solidaristica antecedente gli anziani avevano una precisa ragione sociale nella trasmissione della cultura e delle esperienze necessarie alla vita, convivendo in ambiti familiari in cui non c’era separazione fra bambini, giovani e vecchi. Ora gli anziani son d’impiccio e finché possono arrangiarsi da soli, bene, poi diventano oggetto di mercato per gli assistenti sociali, per gli ospizi e per colf spesso senza scrupoli o finti operatori assistenziali che mungono alle loro misere pensioni, inoltre -recentemente- son sempre più vittime di “enti morali” fasulli e ladri. E questo perché gli anziani non hanno più posto né tutela nella società.

Ma, qui vorrei porre un punto interrogativo, come faranno i quarantenni di oggi a garantirsi la sopravvivenza se la struttura sociale è così degradata? I quarantenni di oggi saranno ancor meno assistiti sia dalla società che dai loro stessi figli e -mi vien da dire- sarà proprio per questo inconsapevole sospetto che molti rifiutano di aver figli e si atteggiano ad eterni “ragazzi”. Oggi si è “giovani di belle speranze” sino a cinquant’anni (ed oltre) e poi improvvisamente si precipita nell’inferno dell’anzianità e dell’abbandono….. Insomma “finché ce la fai a barcamenarti con le tue forze bene e poi ciccia al culo!” Forse siamo ancora in tempo a prendere coscienza di ciò ed attuare una repentina inversione di marcia prima del precipizio…..

La soluzione -secondo me- sta nel superamento dei modelli consumistici e dello schema familiare di coppia moderna, in primis, per ritrovare in una socialità allargata nuove espressioni per la solidarietà umana, contemporaneamente abbandonando l’ampliamento dei grandi agglomerati urbani e rinunciando ai parossismi culturali (musiche preconfezionate, televisioni, sport idioti, giochetti virtuali, etc) in modo da ricreare in noi lo stimolo primario della gioia di vita e la capacità creativa per produrre qualcosa che abbia lo spirito del necessario e del bello. Insomma si parla ancora di ecologia profonda e di spiritualità laica.

Paolo D’Arpini

Altre informazioni in URL: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/06/13/roma-dal-3-all11-ottobre-2009-%e2%80%9cecologia-profonda-alimentazione-naturale-spiritualita-senza-frontiere%e2%80%9d/  

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Roma, dal 3 all’11 ottobre 2009: “Ecologia profonda, Alimentazione naturale, Spiritualità senza frontiere”

Stiamo organizzando una manifestazione da tenersi a Roma, in collaborazione con Laura Lucibello dell’Associazione per la Promozione delle Arti in Italia, supportata da un apposito Comitato al quale stanno aderendo persone ed associazioni ecologiste, vegetariane, spiritualiste, di Roma e d’Italia (di seguito la lista dei primi aderenti).Questa manifestazione si titola: “Ecologia profonda, Alimentazione naturale, Spiritualità senza frontiere” ed è prevista dal 3 all’11 ottobre 2009. La vicinanza con la festa di San Francesco è voluta. Oltre ad una mostra in tema (nel luogo concesso dal Comune di Roma) è prevista una Tavola Rotonda alla quale parteciperanno vari esponenti del mondo evocato nel titolo stesso (spiritualisti laici, ecologisti, etc.). Durante la manifestazione non verranno trascurati gli aspetti ludici, artistici, musicali, poetici, recitativi, etc.Quella che segue è la bozza di massima degli eventi:

3 ottobre 2009 – Inaugurazione della mostra d’arte in tema.   4 ottobre 2009 – Tavola Rotonda, di una giornata, sul tema.

10 ottobre 2009 – Esibizioni di arti varie, poesia, musica, recitazione.

11 ottobre 2009 – Svernissage, incontro conclusivo e rinfresco finale.

Info:  circolovegetariano@gmail.com  - Tel. 0761/587200 laura.lucibello@gmail.com   - Tel. 06/30893615 – Cell. 333.5994451

Cari saluti, Paolo D’Arpini – Circolo Vegetariano VV.TT.

La manifestazione è programmata con l’ausilio dell’Assessore Umberto Croppi, Politiche Culturali del Comune di Roma.

Prime adesioni al Comitato:

AAM Terra Nuova – Rivista dell’Italia Naturale – Direttore Mimmo Tringale

AVI – (Ass. Vegetariana Italiana) – Responsabile Ecologia Ciro Aurigemma

Rete Bioregionale – Etain Addey, Stefano Panzarasa, Fulvio Di Dio

European Consumers – Presidente Vittorio Marinelli

Movimento per l’Etica Universale – Presidente Franco Libero Manco

Amici della Sabina e Mondo Sabino – Direttore Gianfranco Paris

Lega Abolizione Caccia – Presidente Carlo Consiglio

Municipi di Roma.it – Direttore Roberto Mercuri

Cooperativa Editoriale Le Due Città – Direttore Antonello Palieri

Aurelio Rizzacasa – Docente di filosofia all’Università di Perugia

Fabio Caporali – Docente di ecologia all’Università di Viterbo

Edoardo Torricella – Regista della Compagnia Teatrale Il Gruppo

Alberto Mengoni – Istruttore Centro Zen Nirvana

Sergio Cecchini – Istruttore Dojo Koshiki

Accademia Europea – Presidente Carlo Carli

Antonio Piacentini – Edizioni Il Punto d’Incontro di Vicenza

Manuel Olivares – Scrittore su comunità, comuni ed ecovillaggi

Nico Valerio – Scrittore scientifico, esperto di alimentazione naturale  

Giorgio Vitali – Chimico, Infoquadri

Michele Trimarchi – Psicologo, presidente ISN international society of neuropsychophysiology 

In URL il manifesto introduttivo programmatico:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/03/29/deep-ecology-and-lay-spirituality-as-an-answer-to-the-evolution-of-our-urbanized-society-ecologia-profonda-e-spiritualita-laica-come-risposta-evolutiva-per-la-nostra-societa-urbanizzata/

Se intendete aderire al Comitato datene conferma scrivendo a questo indirizzo ed anche a: info.apai@virgilio.it

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La luce è coscienza ed esperienza, la luce riflessa è memoria ed immaginazione – Analisi sulla natura della mente in termini di spiritualità laica

“Luce e luce riflessa condividono la stessa natura fondamentale, come esistenza e coscienza, spirito e materia, sono un’unica cosa”.La mente è uno specchio che riflette la luce interiore per dirigerla verso gli oggetti esterni, questi oggetti vengono identificati tramite la capacità di emissione ed intensità dello specchio. Da bambino adoravo giocare con uno specchietto rubato a mia madre, con esso catturavo la luce solare e la dirigevo, attraverso una finestrella, dentro una cantina buia. Solo ciò che era illuminato dal fascio luminoso era visibile mentre il resto delle pareti e delle cose accatastate sul pavimento restava oscuro. Esattamente allo stesso modo funziona la mente, che illumina il mondo esterno.

Per analogia vediamo che la sorgente di luce, il sole, è come la consapevolezza suprema mentre lo specchietto è la mente. Ma la mente stessa, in effetti, è cosciente, essa è l’aspetto riflettente della coscienza. Dico “riflettente” per indicare la sua propensione a rivolgersi verso l’esterno. La mente non è altro che la capacità della coscienza di esteriorizzare se stessa.

Questo processo proiettivo lo possiamo osservare durante il sogno, in cui la mente da se stessa ed in se stessa crea un intero mondo, con varie entità in rapporto fra loro incluso un personaggio identificato dal sognatore come se stesso. Questo è il gioco della mente che fa apparire la forma dell’io e dell’altro. A questo punto il dubbio sorge “com’è possibile che la consapevolezza possa venire intrappolata e limitata dalla mente?”. In verità la limitazione della coscienza non è reale, allo stesso modo in cui la luce del sole non risulta compromessa o menomata dallo specchio, parimenti la pura consapevolezza è intonsa e non divisa dall’operato immaginario della mente individuale.

Dove sono interno ed esterno per la coscienza suprema che entrambi li compenetra e li supera? In realtà la sola idea di una tale separazione è impensabile nella sorgente di luce che unicamente è. Prendiamo ad esempio il sognatore che non viene menomato o compromesso dal suo sogno, essendo lui stesso ogni cosa proiettata nel sogno ed allo stesso tempo non essendone alcuna, parimenti la coscienza individuale e la pura consapevolezza si pongono negli stessi termini di relazione.

Una volta, in risposata alla domanda “cosa impedisce all’indifferenziata luce della coscienza di rivelarsi direttamente all’individuo che l’ignora”, il saggio Ramana Maharshi rispose “come l’acqua in una pentola riflette il sole nei limiti ristretti del contenitore, così le tendenze latenti (predisposizioni mentali), che agiscono da mezzo riflettente, catturano l’onnipervadente ed infinita luce della coscienza presentandosi nella forma del fenomeno chiamato mente”. Questa risposta del saggio ci fa percepire come la mente non sia altro che un agglomerato di pensieri, in cui primeggia il pensiero “io” dal quale sorge la falsa nozione di un individuo separato, che in realtà è illusorio tanto quanto la presunta separazione di un personaggio sognato rispetto al sognatore.

Attenzione, consideriamo però che il tentativo di comprendere intellettualmente questo processo è solo uno degli aspetti del “sogno” e non la verità. Infatti i saggi indicano la verità come ineffabile ed incomprensibile alla mente (intendendo la mente separativa ed esteriorizzata), tanto quanto l’immagine riflessa nello specchio non può capire o sostituirsi alla persona che vi si riflette. Un riflesso è solo riflesso non è sostanza.

E dunque com’è possibile giungere alla “sostanza” che noi siamo?

Colui che osserva, essendo in se stesso coscienza, non può mai divenire un “oggetto”. L’oggettivazione è una componente del dualismo esternalizzato: “conoscitore, conosciuto”. Ma questa dualità può essere ricomposta in un “unicum” in cui, scomparendo la diversificazione (ovvero l’elemento riflettente rivolto all’esteriorizzazione) permane la semplice “conoscenza”. Questa è la consapevolezza indifferenziata per ottenere la quale Ramana Maharshi consiglia: “Quando l’io (ego o mente) rivolge la propria attenzione alla sua sorgente, le tendenze o predisposizioni mentali accumulate si estinguono ed in assenza di queste (che sono il mezzo riflettente) anche il fenomeno originato dalla “riflessione”, ossia la mente, scompare e viene assorbito nella Luce della sola Realtà (il Cuore)”.

Eppure malgrado sia in fondo semplice e diretta l’auto-conoscenza resta un esame alieno ai più. La gente rifiuta di conoscersi, preferisce il mistero e l’ignoranza, evidentemente a causa di quelle famose tendenze mentali accumulate dalla mente, stipate nella memoria e nell’immaginazione.

Oggi a Calcata ne ho avuto ancora una volta conferma osservando il comportamento delle persone che si avvicinavano alla Stanzetta del Pastore, il luogo in cui metto a disposizione la mia esperienza in forma di “lettura della mano, archetipi e divinazione, psicologia transpersonale e conoscenza di sé “. Già il posto è molto nascosto e radi son coloro che arrivano in quel  nascosto spiazzo di Via Cavour, inoltre quasi tutti si fermano davanti alla porta, leggono i messaggi ed esclamano fra loro “no, no… andiamo via, io non voglio sapere certe cose..”. Questo non impedisce ad alcuni di fotografare l’ingresso in legno molto “caratteristico”, commentando il recondito significato dei messaggi, andandosene per poi forse ritornare e poi ancora riandarsene senza aver avuto il coraggio di metter il naso dentro.

Di quei pochissimi che entrano una parte resta delusa “perché volevano sapere gli amori e gli affari”, si sentono defraudati “dalla lunga spiegazione inutile”, pensano che “gli ho fatto perdere un sacco di tempo, mentre potevano andarsene in giro per Calcata a divertirsi..” Quelli che pazientemente mi hanno sopportato fino all’ultimo, forse solo per buona educazione, se ne vanno lasciando pochi spicci, qualche monetina a mo’ di elemosina, perché in fondo “cosa avrà detto mai questo, che già non conoscessi? Solo chiacchiere e perborini”. Limitatissimo il numero di coloro che apprezzano il discorso e che se ne ricorderanno, forse.. saranno un paio, e forse verranno ancora a cercarmi, e di questi uno solo magari mi troverà… negli anni.

Paolo D’Arpini

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Maggio 2009, Palù della Pesenata, Lazise, Verona: Giro di condivisione e pareri sull’incontro della Rete Bioregionale Italiana

Cari amici stavolta io personalmente non c’ero, avrei voluto esserci perché Lazise è un paesino che conosco da quando abitavo a Verona, tantissimi anni fa. Nel giro di condivisione di quest’incontro della Rete Bioregionale Italiana avrei voluto inserire il discorso della Spiritualità Laica (vedi url: http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=Lay+spirituality+Spiritualit%C3%A0+laica+ ) ma non è stato possibile sia per via della mia assenza sia perché l’argomento era stato giudicato “troppo intellettuale” dagli organizzatori. Peccato! Peccato anche che il tema dell’ecologia alimentare, inviato a mò di intervento scritto da Stefano Panzarasa, non sia stato recepito, in quanto nella Rete si continua a pensare che l’alimentazione naturale e vegetariana non sia un argomento utile all’ecologia… (Sic!). Malgrado queste carenze ed omissioni, essendo un membro fondatore della Rete Bioregionale Italiana, non posso far a meno di continuare a sostenere l’esistenza di questo consesso, apprezzando anche alcuni degli argomenti discussi durante il recente incontro annuale. Buona lettura. Paolo D’Arpini – circolo.vegetariano@libero.it

…………..

I Bagolari di Palù della Pesenata – (Resoconto dell’incontro della Rete Bioregionale Italiana – 15/16/17 Maggio 2009)

I bagolari di Palù della Pesenata sono altissimi, secolari e maestosi. Assieme a querce roveri, cedri e cipressi altrettanto secolari, sono una parte importante dell’identità di Palù della Pesenata, un borgo, non lontano dal Lago di Garda, versante veronese, abitato dalla tribù (come ama dire Vincenzo) dei Benciolini e dei cugini Negri. Il borgo e la sua campagna sono un raro esempio di equilibrio fra selvatico e coltivato. Lungimiranti sono stati gli antichi custodi di questo luogo e ammirevole la cura e la sensibilità dei Benciolini nel preservare questo equilibrio, costituito di ampie porzioni a bosco, una zona umida, vigneti, filari di kiwi, campi di grano e prati stabili a conduzione biologica.

Come di consueto la giornata del venerdì è stata dedicata agli arrivi, alle varie sistemazioni e alla definizione dell’organizzazione e del programma per i due giorni successivi. L’incontro si è aperto il sabato mattina con un saluto alla Terra, dopodiché i convenuti si sono presentati attorno al cerchio raccontando di se stessi e della loro pratica. C’erano membri storici della Rete ma anche molti volti nuovi, giovani studenti, impiegati, contadini, insegnati, ecc. Tutta gente interessata alle premesse dell’incontro e vogliosa di capire e soprattutto di fare, per migliorare se stessi, le sorti della società e il comportamento dell’uomo nei confronti della Terra e delle sue componenti. Terminato il giro delle presentazioni è rimasto, prima del pranzo, solo il tempo per gli attivisti di fumane futura, un gruppo della Valpolicella impegnato contro l’istallazione di un inceneritore e l’ampliamento di un cementificio sulle loro terre, di relazionare sui punti della loro lotta (info. comitatofumanefutura@gmail.com).

Nel pomeriggio, prima della ripresa del cerchio, Gianni Benciolini, naturalista e ornitologo, ci ha accompagnati in una escursione nel bosco composto da roveri, roverelle, carpini, frassini, e da un sottobosco di pungitopo e bosso, che circonda il borgo; ci siamo poi incamminati in un prato stabile, dove è in atto un progetto per aumentarne la biovarietà (come lui stesso ha tenuto a precisare), e un altro per la ri-naturalizzazione di una porzione di terreno adiacente allo stagno.

Successivamente, nel cerchio ricomposto, Francesco Benciolini ha illustrato il suo lavoro nell’ambito dell’ARI (Associazione Rurale Italiana), un gruppo, associato a La Via Campesina, impegnato nella difesa del lavoro rurale e della ruralità, sia come valore culturale, sia come salvaguardia della qualità dei prodotti della terra www.assorurale.it  .

Massimo Angelini, del Consorzio della Quarantina, ci ha aggiornati sulla Campagna Popolare per la Piccola Agricoltura Contadina. Il numero dei gruppi promotori (tra questi anche la Rete Bioregionale) è salito da 5 a 8, quello dei sostenitori da 3 a 9. La campagna comprende una raccolta di firme, che a tutt’oggi sono 2382 (tutte firme raccolte, ci tiene a precisare Massimo, senza particolari battage pubblicitari), e che terminerà a novembre, per San Martino. Per firmare andare sul sito: www.agricolturacontadina.org  

Di Campo, il villaggio semi-abbandonato a mezza costa sul Monte Baldo, sopra Brenzone, e da un po’ di tempo nelle mire di piani di sviluppo turistico, ci ha parlato Oscar Simonetti e una folta rappresentanza dell’associazione Fiori di Campo. Un’associazione nata, appunto, per contrastare progetti irrispettosi verso Campo e salvaguardare il delicato equilibrio ambientale che lo circonda, ma anche con idee propositive sia di insediamento da parte di alcuni di loro, che di attività produttive a basso impatto ambientale. Il dibattito che ne è seguito è stato ampio e fruttuoso per tutti. (per contattare Oscar: camposcar@alice.it )

All’incontro erano presenti alcune bancarelle, principalmente con delle pubblicazioni e materiale informativo. Il Consorzio della Quarantina con gli stampati per la raccolta firme e il lunario ligure “Il Bugiardino”, che Massimo e Chiara pubblicano ogni anno. Il nuovo numero del C.I.R. (Corrispondenze e Informazioni Rurali), portato da Mario.

Il Seminasogni di Felice, portato da Etain. Lato Selvatico e le pubblicazioni della Rete. Il nuovo libro di Etain “Acque Profonde”, andato a ruba! Il CD di Stefano con le poesie musicate di Gianni Rodari. I dipinti artistici di Stephen. I gioielli artigianali di Jessieca. Il laboratorio Ambulante di Soccorso Ludico e Oltre, con rompicapi e cose varie di Lorenzo.

Il cerchio di domenica mattina si è aperto in forma poetica. Per l’occasione hanno letto Alberto Rizzi, Cosetta, Mario, con una poesia di un poeta genovese, e Jacqueline, con degli haikù composti il giorno prima.

Riprendendo con i temi in programma, Mario Cecchi ha relazionato sull’incontro di domenica prossima 24/05 a Villa Sorra (MO), nell’ambito della 2° edizione del Festival della Città Olistaca, organizzato dal CONACREIS www.conacreis.it , per una possibile costituzione di una Rete delle Reti, che, è bene ripeterlo, non vuole essere (almeno da parte nostra) un super organismo che annulla l’arcipelago di gruppi, associazioni, reti varie ecc. –ricchezza della diversità dell’arcipelago stesso–, ma una possibilità, in caso di bisogno, di coagulare le forze per un obiettivo comune. L’incontro è aperto a tutti.

È poi seguita da parte di Etain Addey, la presentazione del suo nuovo libro “Acque Profonde, abbracciare la vita” edito da Fiori Gialli – www.fiorigialli.it . Etain, dopo aver posato le calze di lana che stava tessendo, e con il suo inconfondibile modo di fare e di raccontare è andata al sodo leggendoci un paio di passaggi del libro, che ora però non riesco a trovare, ma vi assicuro c’è tutta l’Etain migliore che conosciamo. Velocemente. Sonia Ravioli nell’introduzione dice: (…).   Il luogo delle acque profonde è anche l’utero della terra, la porta comunicante tra due parti della vita intimamente legate (….) Questa porta comunicante è stata chiusa e sprangata dalla civiltà industriale, cancellando i riti, negando la sacralità della vita, la magia della natura. La civiltà del dominio ha rinnegato la Madre: la natura che ci genera, la terra che ci nutre fisicamente e spiritualmente; e, di conseguenza, ha rinnegato i fratelli, isolando l’essere umano, rendendolo fragile, solo, nevrotico. Impaurito e incattivito.

A seguire doveva esserci l’esposizione di un progetto di vita comunitario da parte di un giovane di nome Marco. Purtroppo, notizie urgenti da casa della sua compagna, lo hanno costretto a partire immediatamente.

In prossimità dell’ora di pranzo, è stato brevemente presentato, da parte di un gruppo di Verona, un progetto per la costituzione di un ecovillaggio (presentazione proseguita poi nel pomeriggio, con chi era rimasto).

Che altro dire se non che, a dispetto di questo resoconto quasi da contabile, l’incontro, come peraltro tutti i precedenti della Rete Bioregionale, è stato caratterizzato da una buona dose di spontaneità, elasticità, dal lasciarsi andare alle argomentazioni e alle discussioni così come si sviluppavano. Ma riuscendo poi, quasi sempre, a cogliere l’attimo giusto per andare oltre e proseguire con un altro argomento/problema/progetto/sentiero. Questa, noi non la leggiamo come debolezza ma come fiducia data alle nostre capacità più profonde per ricominciare di nuovo ben sapendo chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare. La Terra e tutti i suoi ‘criceti’ ci stanno guardando … e a noi piace pensare che stiano tifando per noi.

Detto questo, comunque, va riconosciuto a tutti i presenti (58 presenze complessive sia pure non contemporanee), nonostante le diversità, i tempi diversi e i mondi in cui ognuno si trova a dibattere il proprio quotidiano, una grande voglia di partecipare costruttivamente, di esserci sia fisicamente che spiritualmente. C’era tutto questo nel cerchio finale.

Infine, come non dirlo, un grazie veramente grande a Claudia, alle sue amiche, alla sorella e alla cognata di Vincenzo per il cibo squisito che ci hanno preparato e cucinato. A Vincenzo per il grosso lavoro organizzativo, prima e dopo l’incontro. Alla comunità residente che abbiamo in parte incontrata, tutta, gente mite, gentile e solida. E grazie ai bagolari, le cui spesse fronde ombrose ci hanno accompagnato per tutto l’incontro.

Giuseppe Moretti – Giovedì 21 maggio 2009

………….

Dopo il 16° Incontro della Rete Bioregionale Italiana (15,16,17 maggio 2009) Quindici giorni per la preparazione.

La pulizia dell’ampia casa (grazie Chiara!) che ha ospitato, la notte, buona parte dei convenuti, stile sobrio, pavimento, qualche cartone, materassino, sacco a pelo. Non c’è bisogno di molto per vivere. Si, le cose essenziali: caldo a sufficienza (i giorni precedenti era stato freddo e badavo ad aprire le finestre durante le ore di sole richiudendole, poi, di notte), il cibo, la ricerca e l’acquisto (Claudia è più …. generosa di me, io sarei sempre più misurato, ma, salvo qualche scambio un po’ vivace, ci siamo reciprocamente rispettati abbastanza). Il parcheggio (anche volendo eliminare certi mezzi, e proprio per questo, non rinuncio alla macchina che mi permette, oggi, le relazioni necessarie), Francesco, mio fratello, viene col trattore e il “trincia erba” e, in poco tempo, rende l’area praticabile, area esageratamente grande in previsione che, da Verona, venissero in molti di più. Preparavo, poi, la zona per i cerchi sfalciando a mano. Passa Toni, mio nipote, e mi chiede se voglio che venga lui con la trincia: “Si, grazie”! Verso la fine cominciavo anche ad essere un po’ stanco. La raccolta differenziata dei rifiuti con sacchi neri da sostituire: ma quali rifiuti!?

E via di questo passo. Curiosità, collaborazione, accoglienza, simpatia, parziale partecipazione, soddisfazione da parte della comunità famigliare residente.

Abbiamo azzeccato gli importi per il rimborso delle spese vive degli alimenti, tutti, o quasi, biologici: 5 euro per il pranzo, 5 per la cena e 2 per la colazione. In partenza non sapevamo come calcolarli, poi abbiamo fatto il conteggio per una persona che mangiasse anche un po’ abbondante e ci è andata bene. Facendo l’inventario del rimasto, tutto utilmente collocabile, e i conti finali, abbiamo raccolto 130 euro in più che andranno a coprire qualche altra spesa non calcolata tipo gas della bombola, metano della Panda, acquisto, presso la Comunità di Emmaus di Villafranca, di piatti, bicchieri, posate che…. rimangono per un’altra volta.

A proposito di piatti …….! Io avevo previsto che ciascuno si portasse il suo necessario e se lo lavasse anche per scongiurare qualsiasi tentazione di piatti e posate di plastica ……. .In un primo confronto, il venerdì sera, è stata presente anche la posizione di chi avrebbe preferito che i piatti fossero lavati tutti assieme da volontari. Siamo consapevoli di vari modi (non la plastica però!), la scelta è aperta. Certo che quando il numero dei partecipanti fosse molto alto sarebbero necessari piatti e volontari a sufficienza.

Io vedo utile abituarsi all’autonomia personale che ottiene il risultato di mantenere piccoli i problemi e, quindi, facilmente risolvibili: ci pensate, ammassare i piatti, grandi contenitori per lavarli e sciacquarli, asciugarli, riporli ed esporli nuovamente?

Vorrei sottolineare l’importanza di dichiarare costi e importi per il loro recupero in modo che chi si impegnerà nel futuro abbia un’utile indicazione di base. Ma, ancor più, è importante segnalare la propria presenza con un certo anticipo, almeno una decina di giorni, per procedere agli acquisti del cibo prevedendo sufficientemente le quantità ed evitando così qualsiasi deplorevole spreco.

Andando agli aspetti più essenziali, sono rimasto molto soddisfatto dello stile della presenza, delle presentazioni personali nei cerchi, talune delle quali andavano a toccare lati problematici ed anche molto sofferti: vuol dire che si era creato un clima di fiducia.

Belli anche i confronti durante la trattazione dei vari temi: a mio avviso, i pareri diversi sono stati sviscerati con rispetto reciproco ma anche con esposizione personale evitando, mi sembra, dannosi silenzi.

Per finire, appunto nel cerchio finale di chiusura, sollecitato da una precedente domanda, personalmente ho brevemente argomentato sul concetto di “selvatico”. Ho letto poco la letteratura bioregionalista su questo tema ma ho riportato un’esperienza. Partecipavo ad un incontro nell’ambito della manifestazione annuale “Cibo per la mente” a Sommacampagna (Verona). L’oggetto dell’incontro riguardava l’origine della vita e l’evoluzione delle varie forme di vita compresa quella umana. Teneva l’incontro uno studioso esperto in materia, di cui non ricordo il nome, assai bene valutato dagli organizzatori e dai presenti. Poiché sentivo dei consistenti dubbi sul modo con il quale veniva presentata la natura e la natura selvatica in particolare, feci un intervento rilevando che nella natura selvatica la vita è appannaggio dei forti, il debole non viene preso in considerazione e vince sempre il più forte. Ciò non mi appariva molto entusiasmante specialmente se ciò fosse da prendersi come esempio dagli umani. La risposta fu: “L’animale uomo ha inventato la compassione e l’amore”. Ciò mi è rimasto impresso e mi ha dato il senso della profonda ed impegnativa evoluzione alla quale siamo chiamati. Un tema da sviscerare una prossima volta?

Grazie a tutti e grazie per la lettura, Vincenzo – giovedì 21 maggio 2009

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Alcune riflessioni dopo l’Incontro della Rete Bioregionale Italiana

tenutosi in località Palù della Pesenata, Colà di Lazise (Verona) nei giorni15,16,17 maggio 2009

Le mie percezioni sull’esito dell’Incontro sono globalmente buone. Alcune persone mi hanno chiesto perché non partecipavo allo scambio comunicativo nel cerchio ed in qualche modo ho dato loro risposta.

Ora, però, desidero comunicarlo a tutti: è un periodo in cui mi ritrovo stanca nel mio lavoro di ascoltare persone per cui ho creduto meglio per me dedicarmi ad un lavoro manuale di servizio dove ho potuto tenere libera la mente.

Sono contenta perché ho potuto realizzare quello che era un mio bisogno partecipando anche a scambi relazionali in modo diverso dal cerchio.

Con molto piacere ho rivisto persone e ne ho conosciute di nuove. Ho la percezione che la mia casa e l’ambiente in genere siano stati arricchiti di una buona energia positiva e questo lo sento un dono.

Grazie di cuore a tutti, Claudia

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Ero lì

Ero lì

presso il lago

in un campo

di papaveri

nel profumo

di bosso

con le querce

i cipressi

sotto l’immenso bagolaro.

Ero lì

ascoltavo

l’usignolo

il cuculo

nel respiro del mondo.

Guardavo il bambino

giocare

nel centro

dell’universo.

Ero lì

fra tutti i sogni

possibili

nella danza dell’oblio

di sé

il cerchio degli spiriti

acqua aria terra fuoco

al di là

nella nebulosa.

Ero lì

per difendere tutto questo.

Ero lì

perché dovevo esserci.

Jacqueline Fassero

Resa senza condizioni nella Spiritualità Laica – L’esempio di Mahakashyapa

Più volte ho parlato della Spiritualità Laica come di una via in cui non possono esserci dogmi o indicazioni religiose. Questa è la via in cui non si segue nessuna via. Il percorso è completamente assente, nella spiritualità laica ciò che conta è la semplice presenza a se stessi e questo non può essere un percorso ma una semplice attenzione allo stato in cui si è. La coscienza è consapevole della coscienza.In un certo senso quel che viene “richiesto” per essere centrati nel proprio Spirito è la stessa cosa chiamata “abbandonarsi a Dio” nella via devozionale o “indagine discriminante” nella ricerca dell’auto-conoscenza. Ed è normale che sia così poiché la spiritualità laica non può essere nulla di nuovo ma solo un “modo descrittivo” di un qualcosa che c’è già, infatti se quel qualcosa non ci fosse già che senso avrebbe esserne “consapevoli”?

Perciò Spiritualità Laica e Consapevolezza sono la stessa identica cosa. Ma noi sappiamo che la pura consapevolezza di sé è purtroppo spesso macchiata da immagini sovrimposte, create dalla nostra mente, queste immagini sono ciò che noi abbiamo immaginato possa essere la spiritualità. Magari come abbiamo definito tale spiritualità nella visione religiosa nella quale siamo stati educati, oppure nel sistema morale in cui crediamo, oppure nel metodo da noi adottato per il controllo della mente, etc.. Tutte queste sovrimposizioni alla consapevolezza sono come “il credere nella realtà del serpente” dell’esempio di Shankaracharia, oppure il conformarsi alle regole dei testi sacri, alle norme etiche, all’intelligenza raziocinante, alle giustificazioni scientifiche e dir si voglia.

Pur fortuna la spiritualità laica non può conformarsi a nessuna di queste cose, altrimenti non sarebbe laica. Accettare se stessi come qualcosa di completamente insondabile ed in conoscibile, non conformabile ad alcun assioma di derivazione intellettuale o religiosa, significa restare sospesi nel vuoto essendo vuoto. Impossibile poter scorgere i confini del proprio essere. Questa mancanza di identificazione in qualsiasi forma strutturale (di pensiero e non) è contemporaneamente anche la “forza” della laicità spirituale. Non vi sono porti sicuri di approdo, non vi è barca, non c’è un mare, nessuno e nulla da ricercare… solo la corrente della vita, della coscienza, solo il senso di essere presenti. In questa mancanza di condizioni è possibile sentire il nostro io arrendersi, la nostra mente sciogliersi, scoprendo così il centro che non è un centro perché è tutto ciò che è.

Questa, mi sembra, è anche l’esperienza descritta nella storia buddista dell’incontro di Mahakashyapa con il Buddha. Avvenne che Mahakashyapa si avvicinasse al Buddha e da questi semplicemente fu toccato, nulla di più, nessuna istruzione, nessuno sguardo, un banale tocco forse inavvertito, uno struscio leggero come può avvenire fra due persone che si incontrano. Eppure in quel momento preciso Mahakashyapa divenne consapevole di se stesso, della sua perenne presenza in se stesso, al contatto di tale meraviglia si mise semplicemente a danzare. Come farebbe un ubriaco od un matto. Infatti anche un matto è solo cosciente della sua realtà, ignorando quella del mondo, ma nel matto esiste ancora contingenza e speculazione, il mondo per lui è “diverso” non è come gli altri lo percepiscono ma il “suo mondo personale” come lui lo immagina continua ad esistere…. E questa è la differenza interiore fra un “matto” e Mahakashyapa. Dal punto di vista dell’osservatore esterno –però- la reazione può essere la stessa. E così apparve anche agli occhi di Ananda, il fedele discepolo del Buddha. Ananda si lamentò con il Buddha dicendogli: “Cos’è questo? Forse è un pazzo, forse ha avuto una profonda esperienza, ma è la prima volta che egli ti vede, com’è possibile che sia stato così colpito? Io son vissuto per quaranta anni assieme a te ed ho toccato i tuoi piedi con devozione innumerevoli volte, eppure nulla di tutto ciò mi è mai accaduto..”.

Il Buddha non rispose, non poteva rispondere alla domanda di Ananda perché Ananda era il suo stesso ostacolo al raggiungimento della Consapevolezza.

Il fatto è che Ananda era il fratello maggiore del Buddha e quando si presentò a lui per essere iniziato gli chiese: “Io sono tuo fratello maggiore, prima di accettare di divenire tuo discepolo ti chiedo un favore, poiché dopo non potrei più farlo, ti chiedo di poter stare sempre alla tua presenza, di poter dormire nella tua stessa stanza e di poter introdurti qualsiasi persona in qualsiasi momento senza che tu possa dire –ora non è il momento per me di parlare con questa persona- promettimi questo prima di accettarmi come seguace”. Il Buddha acconsentì e questo fu il costante impedimento di Ananda a raggiungere la Consapevolezza, evidentemente era il suo destino, ed infatti si realizzò solo dopo che il Buddha lasciò il corpo.

In verità Ananda avrebbe potuto in ogni momento rinunciare alle sue pre-condizioni, avrebbe potuto essere leggero e fuori da ogni “contesto” come lo era stato Mahakashyapa ma la cosa non fu possibile ed è giusto che sia così poiché in tal modo poté svolgere il suo destino in modo esemplare, come avviene ad ognuno di noi. A dire il vero non è necessario che ognuno di noi si uniformi ad un modello o si conformi ad un ipotetico ideale, non è questo lo scopo della spiritualità laica, bensì quello di lasciarsi andare ed essere qualsiasi cosa si è senza porre condizioni di sorta, basta essere ciò che siamo coscientemente e amorevolmente.

Ho scritto questa storia pensando ad un discorso da me fatto con Laura Lucibello al proposito del “cosa fare” per essere se stessi… Possiamo pensare di “fare” un qualcosa se fosse possibile per noi modificare in ogni caso quel che noi siamo, ma è possibile ciò? Possiamo noi cambiare noi stessi? Apparentemente possiamo modificare, attraverso il nostro accondiscendere alle naturali pulsioni interne, quelle che sono le forme esteriori del nostro manifestarci ma come possiamo cambiare la realtà intrinseca della coscienza che sempre e comunque siamo? Per questo nella spiritualità laica è futile ogni tentativo di seguire una morale o di sentirsi in colpa per l’ipotetica immoralità…

In effetti spiritualità laica ed amoralità (totale assenza di morale e del suo opposto) sono la stessa cosa.

Paolo D’Arpini