Scoppio della prima guerra mondiale e sue conseguenze sulla politica attuale

Dichiarazione di guerra degli ottomani

Cento anni fa, nei primi dell’agosto 2014, la borghesia imperialista dava inizio alla prima Guerra Mondiale e contro di essa la parte migliore dell’Internazionale Socialista dava inizio alla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale

Quali insegnamenti per cambiare il corso attuale delle cose?

Proprio in questi giorni gli esponenti di punta, i capi più illustri dei peggiori carnefici (in guanti gialli, beninteso!) del mondo, recitano insieme in Iraq lo spettacolo del soccorso ad alcune delle vittime dei loschi traffici che quei carnefici conducono in ogni angolo del mondo. Barack Obama e papa Francesco vanno assieme al soccorso dei cristiani e degli yazidi perseguitati in Iraq dalle bande che quegli stessi carnefici hanno fatto raccogliere, armare e addestrare in Siria, mentre i massacri dagli stessi carnefici perpetrati continuano a Gaza e in Palestina, in Siria, in Ucraina, in Libia, in Somalia e altrove e i loro traffici e le loro guerre dichiarate e no imperversano in America Latina, in Africa, in Asia e negli stessi paesi imperialisti. Triste è la sorte dei movimenti e dei popoli che mettono la propria sorte nelle mani dei caporioni della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti!

Il sistema imperialista provoca in tutto il mondo miseria ed emarginazione crescenti della grande massa della popolazione, devastazione dell’ambiente e guerra.
Dopo l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, la borghesia imperialista e il suo clero hanno ripreso in mano la direzione del mondo: il corso attuale è il risultato della loro direzione. Il sistema capitalista non è in grado di dare di meglio all’umanità.
Noi comunisti possiamo e dobbiamo cambiare il corso delle cose.
Possiamo e dobbiamo imparare dall’esperienza della prima ondata e superare i limiti che ci hanno impedito allora di instaurare il socialismo nei paesi imperialisti.
Possiamo e dobbiamo mobilitare le masse popolari a instaurarlo e a fondare un sistema di relazioni internazionali fondato sulla solidarietà e la collaborazione.
Possiamo e dobbiamo sviluppare la seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale.
Il primo paese imperialista che romperà le catene del sistema finanziario internazionale, aprirà la via anche alle masse popolari degli altri paesi. L’Italia può assolvere a questo ruolo.

Il nostro paese sta vivendo una crisi grave, il mondo sta vivendo una crisi grave. In questi giorni cade il centesimo anniversario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale e della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Questa iniziò come movimento delle masse popolari con alla testa la classe operaia guidata dai comunisti per far fronte alla guerra imperialista, a partire dalla Grande Rivoluzione d’Ottobre del 1917 guidata da Lenin e da Stalin.
Il 4 agosto 1914 i parlamentari della socialdemocrazia tedesca votarono i crediti di guerra al governo di Berlino e con questo chiusero l’epoca della II Internazionale che aveva creato grandi organizzazioni operaie di massa in tanti paesi e nel cui ambito si era sviluppato anche il Partito di Lenin e di Stalin.
Il Partito socialdemocratico tedesco era stato fino allora il Partito guida della II Internazionale che riuniva partiti socialisti di molti paesi di tutti i continenti. Con il voto del 4 agosto, esso tradì apertamente e vergognosamente il Manifesto (25 novembre 1912) del congresso internazionale socialista di Basilea e diede a tutti i partiti socialisti europei e del mondo l’esempio del tradimento dei propri compiti verso la classe operaia, le masse popolari e la causa del socialismo. Il Manifesto di Basilea infatti denunciava che i gruppi imperialisti e tutte le maggiori potenze mondiali conducevano il mondo verso una conflagrazione generale: essi si erano spartiti già il mondo tra loro e litigavano perché ognuno voleva aumentare la sua parte del bottino. Anche allora il sistema capitalista era arrivato a un punto in cui, in sintesi, ogni capitale poteva valorizzarsi solo allargando il proprio campo d’investimento a spese di altri capitali che già l’occupavano, eliminandoli: il maggiore ostacolo alla crescita del capitale (e il capitale non può vivere senza crescere) era il capitale stesso. Gli Stati dei paesi imperialisti incarnavano questa necessità dei capitalisti e la traducevano nella politica aggressiva tra le grandi potenze imperialiste e tra le alleanze che esse avevano stretto tra di loro, ognuna per rapinare l’altra. Esse fomentavano una sequela senza fine di guerre in ogni parte del mondo e andavano verso una conflagrazione generale. Il Manifesto di Basilea impegnava solennemente e chiaramente ogni partito socialista a combattere contro il governo del proprio paese se avesse osato lanciarsi nella guerra imperialista che incombeva sull’Europa e sul mondo.
Per questo aspetto, noi oggi viviamo una situazione analoga. La Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti pretende di dettare legge e imporre i suoi interessi in tutto il mondo, sovverte gli Stati che le resistono, sfrutta in ogni parte del mondo il malcontento delle masse popolari per mobilitare, armare e gettare in guerre insensate bande a cui dopo un po’ ne contrappone altre: i paesi arabi e musulmani sono il terreno dove questa azione si dispiega in modo più aperto, grazie all’interesse particolare degli agenti sionisti impegnati nella pulizia etnica della Palestina e nel genocidio dei palestinesi. Il suo ordine mondiale è la guerra generale, la devastazione del pianeta e la crisi materiale, intellettuale e morale dell’umanità.
La sola alternativa a questo corso delle cose è l’instaurazione del socialismo. Noi comunisti valorizziamo le grandi conquiste pratiche, intellettuali e morali fatte dall’umanità. La borghesia ha avuto un periodo progressista e ha portato l’umanità a fare grandi progressi in tutti i campi. Noi trasformiamo la società borghese secondo la linea di trasformazione che le è propria. Essa ha fuso popoli e regioni in un unico sistema di produzione. Ha creato le condizioni per cui gli uomini possono produrre tutto quanto è loro necessario e nella quantità che sta a loro determinare. Sono finiti i tempi in cui difendersi dalla fame e dal freddo era un’impresa; in cui le carestie, le epidemie e i “disastri naturali” sembravano castighi di dio. Grazie alla borghesia l’umanità ha imparato che la conoscenza e la cultura possono progredire all’infinito, che la materia è trasformabile e ritrasformabile all’infinito. Noi comunisti abbiamo scoperto e mostrato che quello che impedisce il dispiegamento positivo di questa grandi conquiste è il sistema capitalista stesso. Per sua natura contrappone gli interessi di uno agli interessi dell’altro, a livello di individui, di gruppi e di paesi. Ogni macchina, ogni struttura, ogni conoscenza per il capitalista è capitale che deve essere valorizzato, si computa in denaro e deve produrre più denaro. Questo alimenta e aggrava ogni antagonismo tra individui, tra gruppi e tra paesi. Il dominio della borghesia e del suo clero nel sistema delle relazioni internazionali, nelle relazioni sociali interne a ogni paese e nella formazione della personalità, della mentalità e della concezione del mondo di ogni individuo impedisce il sorgere dell’umanità di cui la borghesia stessa ha creato le basi: un’umanità che sia associazione di individui in cui il libero sviluppo di ognuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti. Eppure questa è la sola organizzazione sociale che è capace di valorizzare e usare in positivo le grandi conquiste materiali e spirituali di cui l’umanità oggi dispone, conquiste che invece senza questo contesto si trasformano in potenze distruttive e di morte.
Questa trasformazione è necessaria ma non avviene spontaneamente. È come l’educazione di un bambino: una trasformazione di cui il bambino ha bisogno, che non è arbitraria ed è anzi dettata a grandi linee dalla sua natura, ma che il bambino non compie e che per la sua stessa natura non può compiere da solo appunto perché è ancora un bambino. Le masse popolari hanno bisogno del comunismo, ma esso comporta che le masse popolari abbiano raggiunto un livello di organizzazione e di coscienza da cui, per la natura del suo stesso sistema sociale e per gli accorgimenti della controrivoluzione preventiva, la borghesia imperialista e il suo clero escludono le masse popolari. L’umanità per trasformarsi ha bisogno che quelli che hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta delle classi sfruttate dai capitalisti e dei popoli oppressi dal sistema imperialista, si coalizzino tra loro per avere così le forze e i mezzi per mobilitare il resto delle masse popolari ad assurgere a un livello crescente di organizzazione e di coscienza, a compiere quella trasformazione delle relazioni sociali e di loro stesse a cui la borghesia imperialista e il suo clero si oppongono con tutte le forze che il dominio della società, che ereditano dalla storia che abbiamo alle spalle, mette nelle loro mani nonostante gli effetti distruttivi della loro direzione. Per le masse popolari questa impresa è come una medicina amara, la cura indigesta di una malattia grave: richiede un grande sforzo intellettuale, morale e pratico e solo grazie a questo grande tensione delle forze e alle convulsioni che essa comporta può compiersi e dispiegare i suoi effetti benefici.
Questa grande impresa che l’umanità deve compiere è l’oggetto del marxismo, della concezione comunista del mondo. I fondatori del movimento comunista e i promotori di questa scienza hanno fatto della storia umana l’oggetto della loro ricerca. Per secoli, per millenni la filosofia materialista, la cui nascita si perde nella notte dei tempi, si era occupata della conoscenza degli oggetti, di come era fatto il mondo. Gli uomini cercavano di capire come era fatto il mondo che li circondava e come si formavano le loro idee e immagini di esso. Il materialismo dialettico ha trasposto questo metodo anche alla società umana, alla sua storia, alla relazione tra la società e gli individui, a come la società forma gli individui e a come gli individui fanno la storia dell’umanità. Non a caso il materialismo dialettico è nato quando la borghesia, sebbene del tutto inconsapevolmente (ogni capitalista infatti è mosso dalla spinta a valorizzare il suo capitale) ha sovvertito a ritmo accelerato tradizioni, valori, idee, divisioni, ordini e confini millenari, ha rimesso tutto in discussione. Questo ha portato i fondatori della concezione comunista del mondo, Marx ed Engels, a elaborare il materialismo dialettico, la filosofia dell’attività sociale dell’uomo: perché e come si trasforma e si dispiega l’attività delle società umane. Gli uomini hanno capito che essi fanno la loro storia. Ma se fino allora l’avevano fatta spinti dal bisogno di alimentarsi e di difendersi dalla natura, ora il progresso delle forze produttive e della scienza li liberava e li rendeva capaci di determinare essi stessi l’ulteriore sviluppo della loro storia.
Questa è la concezione del mondo di cui avevano bisogno le classi sfruttate e oppresse della società borghese e non a caso è diventata la concezione del mondo della classe operaia man mano che essa lottava per emanciparsi dalla sua condizione di classe sfruttata, di materiale umano (risorsa umana) usata dalla borghesia per aumentare il suo capitale. È diventata anche la concezione del mondo che ha guidato i popoli oppressi dal sistema imperialista mondiale man mano e quando hanno lottato per porre fine alla loro condizione di terreno di investimento dei gruppi dominanti del sistema imperialista mondiale che si erano spartiti tra loro il mondo.
La prima ondata della rivoluzione proletaria è stata il primo assalto al cielo della classi sfruttate e dei popoli oppressi. Il primo assalto per porre fine al sistema imperialista facendo di tutta l’umanità, liberata da antagonismi di classe e da divisioni di razza, di nazione, di genere e di cultura, un’associazione in cui il libero sviluppo di ogni individuo è la condizione per il libero sviluppo di tutti.
A causa dei limiti dei comunisti nel comprendere le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe, la prima ondata della rivoluzione proletaria non ha instaurato il socialismo nei paesi imperialisti e si è quindi esaurita. Persino i primi paesi socialisti, a partire dall’Unione Sovietica, creati in paesi arretrati quanto allo sviluppo del modo di produzione capitalista, si sono in larga misura reintegrati nel sistema imperialista mondiale. Il nuovo non è riuscito a eliminare il vecchio che lo aveva dominato, il vecchio ha ripreso il sopravvento e il risultato è il marasma di fango e di sangue che minaccia di sommergerci, l’incubo che assilla chi non si stordisce ma non vede neanche che uscirne è possibile e che dipende da lui portare nel mondo luce e aria pulita.
Il mondo attuale è il risultato dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, della ripresa in mano della direzione del mondo da parte della borghesia imperialista e del suo clero (il clero cristiano con al centro la Chiesa Cattolica Romana), della nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale in cui la borghesia imperialista si è per sua propria natura nuovamente impigliata. Quelli che cercano di spiegare l’origine e la natura del corso attuale delle cose trascurando questi tre eventi, formulano frasi vuote e fedi senza senso. Nel corso attuale delle cose alle mosse scomposte che dalla loro posizione di riconquistato dominio le istituzioni e i personaggi della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti compiono per perpetuare il loro dominio e i loro privilegi, si contrappongono le iniziative dei comunisti che valorizzano le mille forme di resistenza e le lotte che le masse popolari spontaneamente (cioè indipendentemente dall’attività dei comunisti, in alcuni casi mobilitate addirittura dai gruppi imperialisti stessi) sviluppano in ogni parte del mondo (dall’America Latina all’Asia, dall’Europa all’America del Nord all’Africa), per fare di esse la forza politica che instaurerà il socialismo nei paesi imperialisti e ridarà vigore alle rivoluzioni di nuova democrazia dei paesi oppressi. A questo fine i comunisti si riappropriano della concezione comunista del mondo e la sviluppano facendo tesoro degli insegnamenti della prima ondata della rivoluzione proletaria e del corso attuale delle cose: per indicare chiaramente sia questa continuità sia l’innovazione chiamiamo marxismo-leninismo-maoismo la concezione del mondo che ci guida, la scienza della trasformazione della società tratta dall’esperienza della sua trasformazione.
In questo contesto mondiale, oltre ai due protagonisti principali appena indicati, bisogna considerare il ruolo particolare che svolgono la Cina, la Russia e i “paesi emergenti”, ruolo che nella cultura corrente, in larga misura dettata dalla borghesia imperialista, è travisato perché viene sistematicamente trascurato il ruolo della lotta di classe che invece è ancora oggi il fattore in definitiva decisivo del corso delle cose.

Nella Repubblica Popolare Cinese la proprietà delle forze produttive è ancora in larga misura la proprietà pubblica residua dalla prima ondata della rivoluzione proletaria, ma la Cina alla fine degli anni ’70 ha abbandonato il ruolo di base rossa della rivoluzione proletaria mondiale che sotto la direzione di Mao Tse-tung e del Partito Comunista Cinese aveva assunto dopo che, con la svolta impressa da Kruscev nel 1956, l’Unione Sovietica l’aveva gradualmente abbandonato; il potere politico non è più nelle mani della classe operaia e la partecipazione delle masse popolari alla vita politica e alla cultura che con la Rivoluzione di Nuova Democrazia (1927-1949) e la Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976) aveva compiuto grandi passi avanti, non solo non progredisce ma è stata ricacciata indietro; la borghesia sviluppa su scala crescente la sua influenza, i capitalisti cinesi aumentano di numero, di forza e di arroganza, le contraddizioni tra le classi, tra le regioni e tra i settori si aggravano, il settore pubblico dell’economia è gestito sempre più con criteri capitalisti da ammiratori e seguaci della via capitalista come lo era in Unione Sovietica a partire dalla svolta impressa da Kruscev nel 1956 e proseguita durante l’epoca di Breznev; nei settori dove la borghesia non ha ancora stabilito la proprietà privata dei mezzi di produzione, la direzione della borghesia si manifesta nella crescente corruzione che invano capi di governo periodicamente denunciano e contro cui inutilmente lanciano campagne analogamente a come avveniva nell’Unione Sovietica dell’epoca Breznev; la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti ha buon gioco nell’approfittare con arroganza dei contrasti di ogni genere che lo sviluppo capitalista produce in Cina per sgretolare la Cina, minare l’unità del paese, ostacolare su tutti i piani (economico, finanziario, politico, scientifico, ecc.) i capitalisti cinesi nel sistema di relazioni internazionali, sfruttare direttamente o indirettamente i lavoratori cinesi. Il ruolo acquisito dalla Cina nel mondo è un aspetto del sistema imperialista mondiale dominato dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e la Cina è al traino delle manovre della Comunità, su una posizione principalmente difensiva.
In Russia la proprietà privata delle forze produttive è stata completamente ristabilita dopo il colpo di Stato di Eltsin che nel 1991 ha dissolto l’Unione Sovietica completando l’opera di distruzione delle conquiste socialiste iniziata da Kruscev e portata avanti da Breznev e infine da Gorbaciov; la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti ha in vari modi soggiogato e inghiottito una gran parte delle ex repubbliche sovietiche; i capitalisti dirigono ora la Russia, ma la Russia, come paese capitalista, nonostante la forza che ha ereditato dall’Unione Sovietica è ridotta a difendere con fatica il suo territorio e la sua partecipazione al sistema delle relazioni internazionali dall’aggressione della Comunità Internazionale. La CI non tollera limiti all’espansione del terreno d’investimento dei suoi capitali né vincoli alla loro libertà d’azione. Essa ha portato la guerra sino ai confini tra la Russia e l’Ucraina, ma la Russia non aiuta la resistenza in Ucraina perché le repubbliche popolari dell’Ucraina orientale pongono all’ordine del giorno una lotta di classe che la borghesia russa deve soffocare. La loro vittoria sarebbe non solo la sconfitta della CI: sconvolgerebbe anche la Russia capitalista.
Alcuni ritengono che la Cina, la Russia oppure l’alleanza Cina-Russia faranno fronte all’imperialismo USA e alla CI. Le loro concezioni si basano sulle dimensioni economiche (sulla competizione economica tra sistemi, come l’intendeva Kruscev – sia detto per chi ha la memoria corta), a prescindere dalle altre relazioni internazionali e dalle relazioni tra le classi nei singoli paesi. Se i loro cultori si dichiarano marxisti, adottano una caricatura del materialismo storico, ragionano delle relazioni internazionali come ragionano i soci di un’impresa capitalista (quanto capitale ci metti tu, quanto ce ne metto io; qual è il tuo giro d’affari, qual è il mio): non pongono la lotta di classe come principio base per capire lo sviluppo della storia di cui la lotta di classe è ancora oggi il motore principale. Oggi la CI conduce lotte sovversive in Cina e in Russia, mentre la Cina e la Russia non conducono lotte sovversive negli USA e in Europa. Perché? Perché la CI ha la forza militare, politica, finanziaria e commerciale per condurre impunemente (senza sanzioni, senza reazione esterna e senza destabilizzare le relazioni di forza tra le classi all’interno dei singoli paesi imperialisti, almeno in quelli che dettano la legge, in particolare negli USA) le sue manovre di destabilizzazione in Cina, in Russia come negli altri paesi del mondo (basta vedere cosa sta facendo in Venezuela e in altri paesi dell’America Latina). La Cina e la Russia invece non osano immischiarsi negli affari interni dei paesi della CI perché dipendono dal loro sistema finanziario. Non hanno nulla da dire alle classi sfruttate e alle masse popolari emarginate dei paesi imperialisti. Ai paesi oppressi offrono a condizioni vantaggiose investimenti e accordi commerciali, ma si ritirano in buon ordine quando i gruppi e le potenze imperialiste della Comunità Internazionale mostrano i denti e mettono in campo la loro forza militare: basta vedere i casi diversissimi della Libia e dell’Argentina. Cina e Russia sono succubi del sistema finanziario, commerciale, scientifico, culturale e delle informazioni dominato dalla CI.
Ci fu un tempo, durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, in cui la Cina e ancora di più l’URSS erano “convitati di pietra” e ben più che convitati di pietra nella lotta politica in Europa, negli USA e nel mondo. Concentriamoci sull’URSS. Da dove veniva la forza dell’URSS di Lenin e di Stalin, benché fosse militarmente ed economicamente inferiore ai paesi imperialisti? L’URSS di Lenin e di Stalin si è sempre giovata della solidarietà dei popoli oppressi e delle classi sfruttate e ha sostenuto le une e gli altri nella loro lotta per l’emancipazione. Questo faceva dell’URSS di Lenin e di Stalin una potenza mondiale nonostante la sua debolezza militare ed economica di fronte ai paesi imperialisti, una potenza mondiale che dirigeva la politica mondiale perché ispirava le classi sfruttate e i popoli oppressi di tutto il mondo e costringeva la borghesia sulla difensiva. Le potenze imperialiste subivano la sua iniziativa. Fondavano le associazioni Anticomintern, tramavano in segreto, erano alla ricerca del modo di contenere l’avanzata del movimento comunista nel loro stesso paese e nei loro “cortili di casa”, mobilitavano cielo e terra, il Papa e il Dalai Lama per far fronte al movimento comunista che aveva nell’URSS prima (e poi nella Cina) la sua base rossa mondiale.
Da quando con il XX Congresso del PCUS Kruscev ha rinunciato al ruolo di base rossa e ha sostituito l’appoggio dell’URSS alla rivoluzione proletaria, alle classi e ai popoli oppressi, con la competizione tra il campo socialista e il campo capitalista nello sviluppo economico e militare, l’URSS ha incominciato a perdere colpi sul piano internazionale e a declinare sul piano interno: la direzione della sua politica e della sua economia venne sempre più assunta dai fautori della via capitalista. Invece il socialismo si sviluppa solo se alla testa della politica, dell’economia e del complesso delle attività sociali vi sono i fautori della via al comunismo, uomini decisi a battersi a ogni costo per il comunismo, con un accanimento superiore a quello con cui i capitalisti perseguono i propri affari e con una lungimiranza e scientificità che i capitalisti non hanno perché essa viene dalla concezione comunista del mondo, dal Partito comunista, dall’appoggio delle masse popolari e dalla fedeltà alla causa delle loro emancipazione.
Per questo la debole Unione Sovietica di Lenin e di Stalin, che aveva ereditato l’arretratezza dell’impero zarista, tenne testa alle potenze imperialiste coalizzate mentre la forte e ricca Russia di Putin e di Medvedev, che ha ereditato dall’URSS un grande armamento e un avanzato livello scientifico e tecnologico, è succube della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, subisce le loro iniziative ai suoi confini e all’interno dello stesso paese, non arriva fino a consegnare Edward Snowden ai suoi persecutori, ma ne tollera a fatica e ne limita la denuncia dei crimini del governo di Washington e gli centellina i permessi di soggiorno.
Nei paesi capitalisti detti emergenti, appartenenti al gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) e altri (Turchia, Indonesia, alcuni paesi africani e di altri continenti), l’economia capitalista si sviluppa al servizio della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, come pezza e rimedio parziale e precario alla sovrapproduzione assoluta di capitale in cui quei gruppi imperialisti sono impigliati. Si sviluppa formando in ogni paese un nuovo strato di ricchi (capitalisti, dirigenti, professionisti, funzionari, impiegati, trafficanti, ecc.) e rendendo impossibile la vita a una parte crescente di contadini che è ridotta ad abbandonare la terra e a condurre una vita miserabile e precaria nelle grandi città locali o emigrare nei paesi della CI nelle condizioni di cui sono piene le cronache e lasciando nel Mediterraneo e nei deserti americani una scia di cadaveri.
In conclusione, né la Cina, né la Russia, né i paesi emergenti sono un’alternativa di qualche prospettiva alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Essi non possono cambiare il corso delle cose. Solo il movimento comunista, la sua rinascita e la nuova ondata della rivoluzione proletaria può condurre l’umanità su una strada diversa da quella impressa dalla CI.
Vi sono oggi nel mondo paesi, il Venezuela e i paesi dell’ALBA sono i casi esemplari, diretti da uomini e partiti che conducono una politica di indipendenza nazionale e di resistenza all’imperialismo, senza aver instaurato il socialismo (potere della classe operaia organizzata e delle masse popolari organizzate dirette dal partito comunista, proprietà pubblica delle principali forze produttive e pianificazione dell’attività economica, promozione sistematica della partecipazione universale delle masse popolari all’attività politica e alla cultura e del loro accesso a un crescente livello di organizzazione e coscienza). Ognuno di questi paesi si avvale di condizioni particolari (per il Venezuela principalmente la tradizione antimperialista delle Forze Armate e la rendita petroliera nazionalizzata) per promuovere il miglioramento delle condizioni delle masse popolari e sottrarsi almeno in parte alle costrizioni della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Essi seguono la via, che nel 1917 per alcuni mesi anche Lenin aveva preso in considerazione in Russia, di “far lavorare i capitalisti per andare verso il socialismo”. Noi comunisti salutiamo la loro azione internazionalista e appoggiamo con tutte le nostre forze la resistenza che essi oppongono al sistema imperialista. La loro azione avvantaggia le classi sfruttate e i popoli oppressi di tutto il mondo. La rivoluzione socialista che noi conduciamo nel nostro paese e la seconda ondata della rivoluzione proletaria che si sviluppa in tutto il mondo si giovano della loro azione e sono anche una forma di solidarietà nei loro confronti. Noi auspichiamo che questi paesi riescano a far fronte con successo alla guerra coperta o aperta che la CI conduce contro di loro e a realizzare il loro progetto di “far lavorare i capitalisti per andare verso il socialismo”, ma certamente non è la stessa strada che dobbiamo praticare e che pratichiamo noi comunisti dei paesi imperialisti. Noi conduciamo la rivoluzione socialista per espropriare la borghesia imperialista e instaurare il socialismo.

È possibile instaurare il socialismo nei paesi imperialisti? È possibile fare la rivoluzione socialista negli USA, nei paesi dell’Europa occidentale?
Tutta l’analisi condotta dal nostro Partito risponde di sì. Smentisce la vuote dichiarazioni (le dichiarazioni vuote di argomenti) di Oliviero Diliberto e dei suoi amici che le condizioni per instaurare il socialismo “non sono state ancora oggi (scriveva il Diliberto nel 2011 in Ricostruire il partito comunista – Marx XXI, pag. 51) raggiunte in nessuna parte del mondo”, il socialismo “appartiene a un futuro non ravvicinato”. Al contrario l’analisi del presente e il bilancio della prima ondata fatti dal nostro Partito confermano le tesi di Lenin, di Stalin, di Gramsci, di Mao che è possibile instaurare il socialismo nei paesi imperialisti, negli USA e nei paesi imperialisti d’Europa.
Noi comunisti non abbiamo instaurato il socialismo durante la prima ondata perché nessun partito comunista ha mai studiato e sperimentato, elaborato una scienza della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. I partiti comunisti sorti per impulso della I Internazionale Comunista (IC) hanno lottato eroicamente contro il nazifascismo, hanno difeso le libertà della democrazia borghese cercando di ampliarle a vantaggio delle masse popolari, hanno strappato grandi conquiste di civiltà e di benessere. Ma non si sono mai cimentati nell’opera di instaurare il socialismo, l’hanno accantonata e, appena l’URSS con il XX Congresso del PCUS del febbraio 1956, ha abbandonato il ruolo di base rossa, si sono anche apertamente liberati del compito (VIII Congresso del PCI, dicembre 1956): luridi individui di cui la storia ha messo a nudo le vergogne, come Bertinotti e Napolitano, sono gli epigoni di questa deriva.
Non abbiamo instaurato il socialismo durante la prima ondata perché tra tutti i dirigenti dei partiti comunisti, dei partiti della prima Internazionale Comunista, Antonio Gramsci è stato l’unico che ha seguito sistematicamente e a fondo l’esortazione di Lenin e di Stalin di “studiare la strategia della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti” (IV Congresso dell’IC, 1922), ha riconosciuto che il partito che egli dirigeva (il PCI creato nel gennaio 1921 grazie all’IC) non era ancora dotato di una strategia adeguata (Cinque anni di vita del Partito, in l’Unità 24 febbraio 1926) e ha studiato la strategia della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. Ma lo dovette fare da prigioniero, nelle condizioni che i fascisti gli imposero fino alla morte (nel 1937) e con i limiti dovuti all’isolamento e alla mancanza della possibilità di sperimentare. Per di più il suo insegnamento venne non solo ignorato al momento ma, dopo la Liberazione nel 1945, travisato e occultato da Togliatti e dai suoi soci che condividevano, già allora, le tesi che il Diliberto oggi risfodera come Appunti per una discussione: che instaurare il socialismo nei paesi imperialisti non è possibile.

Per questo oggi noi ci troviamo alle prese con un’impresa nuova. E il primo fondamentale compito per ogni dirigente comunista oggi è fondare scientificamente la sua certezza granitica che instaurare il socialismo nei paesi imperialisti è possibile. Gran parte dei problemi e delle difficoltà che incontriamo ad avanzare, anche a imparare a fare la rivoluzione socialista, a condurre la Guerra Popolare Rivoluzionaria (GPR), ad elevare il livello intellettuale e morale nelle nostre file è dovuta a incertezze e dubbi su questa questione. L’abbiamo chiamata anche “adesione identitaria” al Partito. Si è comunisti perché il comunismo è un ideale giusto, perché il meglio che l’umanità ha espresso negli ultimi cento anni si è formato nel movimento comunista, perché il nuovo Partito comunista italiano è quanto intellettualmente e moralmente di meglio c’è sulla piazza. Ma non si è convinti che instaurare il socialismo nei paesi imperialisti è necessario e possibile, sulla base della comprensione profonda della storia della società umana e in particolare della storia della società borghese e delle sue leggi di sviluppo. E dove c’è il dubbio, prende piede il senso comune: probabilmente non è possibile, se non si è mai fatto ci sarà pure un perché, chissà se mai si potrà fare, forse in un futuro lontano… intanto bisogna pur vivere. Che direste di una persona che, di fronte a una donna che ha le doglie del parto, si mettesse a ponzare: ma forse dovrebbe partorire, forse prima o poi partorirà, forse dovrei fare qualcosa, vediamo un po’ cosa succede, vediamo come va a finire, ma io adesso devo andare a far la spesa per la mia mamma.
Noi facciamo fatica a imparare come fare, perché nelle nostre file ci sono molti compagni che dubitano che sia possibile fare, esitano e tergiversano, guardano al vecchio modo di fare della sinistra dei partiti comunisti (alla Secchia, alla Vaja, alla Alberganti, ecc.) che ha perso la partita con i revisionisti di Togliatti e di Berlinguer (e l’avrebbe persa per mala sorte o per un accidente) – in sostanza come ci guardano i seguaci di Marco Rizzo. I mal di pancia e le ansie che ci sono nelle nostre file vengono dal dubbio che instaurare il socialismo nei paesi imperialisti sia possibile.
È possibile? Siamo sulla buona strada? Queste ansie non si curano con esortazioni, con atti di fede o con antidepressivi. La lotta per il comunismo richiede da parte dei dirigenti e promotori un’adesione tale che bisogna fondarla, al di sopra di incidenti e mal di pancia che a ogni individuo possono capitare, sullo studio scientifico dell’esperienza e sulla sperimentazione, con la serenità, la determinazione e il metodo che si richiedono in ogni altra grande impresa innovativa fondata sulla scienza. Chi cercò di circumnavigare il mondo, compiva un’impresa nuova, basata sull’astronomia e su altre basi scientifiche: sapeva che era possibile.
Una volta che si ha questa convinzione, trovare la strada, definire la strategia ed elaborare tattiche diventa relativamente più semplice, perché su questo aiuta tutta l’esperienza della prima ondata oltre alla conoscenza della società che dobbiamo trasformare.
La nostra strategia è la GPR e la nostra tattica, da quando è iniziata la fase acuta e terminale della crisi generale, è la costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP), la creazione delle tre condizioni per la sua costituzione e rendere impossibile ai vertici della RP di governare il paese in modo da indurli a ingoiare la costituzione del GBP in attesa di tempi migliori che sarà nostra cura non far arrivare.
Noi oggi dobbiamo fare esperienza sul terreno della GPR nelle condizioni attuali. Si tratta di praticare sistematicamente campagne che finora abbiamo condotto sporadicamente. Sul piano delle operazioni tattiche e delle battaglie si tratta di generalizzare moduli che abbiamo praticato con insufficiente coscienza di concatenazione e sinergia: condurre con le forze di cui già si dispone l’attacco nelle fessure e negli appigli del sistema di potere della borghesia imperialista e del suo clero, nei punti dove l’attacco consente di raccogliere nuove forze; portare quindi con le forze accresciute nuovi e superiori attacchi fino a rovesciare il rapporto di forza. Questo è condurre con determinazione, inflessibilmente e con scienza la GPR. La crisi generale del capitalismo fa di questa nostra strategia la sola alternativa per le larghe masse popolari al corso disastroso delle cose dettato dalle borghesia imperialista e dal suo clero.
“Se continua così, si va al disastro”, esclama Giorgio Cremaschi. Appunto! Per non andarci, bisogna che applicare su larga scala la nostra linea, la sola che cambierà il corso delle cose. Lasciamo il Landini e la Camusso latrare alla luna: invocare da Renzi, Berlusconi, Napolitano o da Merkel, Obama, papa Francesco e Mario Draghi una “diversa politica industriale”, la crescita e la ripresa. Gioviamoci anche dell’attività dei fautori del conflitto, del conflitto sempre più largo, sempre più coordinato e sempre più … conflittuale e diamo uno sviluppo positivo, a favore della mobilitazione e organizzazione delle masse popolari, a un’attività che altrimenti genera delusione, amarezza, disperazione.

Riusciremo a indurre personaggi e organismi autorevoli (quell’insieme che chiamiamo II gamba della nostra linea tattica) ad appoggiare la linea del GBP, a costituirsi in Comitato di Salvezza Nazionale? Riusciremo a portare Grillo e il M5S a fare davvero la “Lunga Marcia” verso il GBP?
Al Senato della Repubblica Pontificia (RP) si è appena conclusa la discussione della riforma della Costituzione, condotta secondo le volontà di Renzi, Berlusconi e Napolitano dall’ex magistrato antimafia Piero Grasso, celebre perché sotto la sua giurisdizione la Mafia e le altre Organizzazioni Criminali si sono rafforzate, diffuse e ramificate in Italia, in Europa e nel mondo a un livello mai prima raggiunto. La discussione e i risultati a cui la votazione in Senato ha spalancato le porte hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio anche ai deputati e senatori M5S e a chiunque ha seguito gli avvenimenti e ha mente per intendere e coraggio per imparare dall’esperienza che limitarsi ad agitarsi nelle istituzioni della Repubblica Pontificia è del tutto inutile, serve solo ad arricchire lo spettacolo e a fare da contorno alle attività criminali dei vertici della RP.
Le votazioni di altri provvedimenti del governo Renzi-Berlusconi che si svolgono a raffica alla Camera e al Senato sotto il ricatto della fiducia al governo hanno rafforzato la lezione del Senato. È inoltre emerso chiaramente che il legame clientelare PD-SEL nelle amministrazioni locali (comunali e regionali) sottomette i deputati e senatori SEL a Renzi. È una lezione diretta agli eletti M5S nei consigli comunali e regionali che non hanno imboccato la linea delle Amministrazioni Locali d’Emergenza (ALE). Tutti questi episodi confermano la lezione del colpo di Stato bianco di aprile 2013 quando Napolitano, l’autore dell’accordo Stato-Mafia del 1992 per l’accesso della banda Berlusconi al governo del paese, venne confermato alla Presidenza della RP: il proposito di cambiare il corso delle cose tramite le istituzioni della RP è destituito di ogni fondamento nella realtà. Nel secondo dopoguerra, dopo la resa del PCI e degli altri partiti animatori della Resistenza alla borghesia imperialista e al clero e la loro integrazione nella RP, per alcuni decenni (i decenni del “capitalismo dal volto umano”) abbiamo avuto partiti della sinistra borghese e il PCI diretto dai revisionisti moderni che hanno funzionato come sponda politica (vale a dire come portavoce nelle istituzioni della RP) delle lotte rivendicative delle masse popolari. Quei tempi sono finiti, anche se alcuni gruppi che pur si professano comunisti (come Rete dei Comunisti) di “sponda politica” parlano ancora, ma oramai a vuoto.

Oggi i vertici della Repubblica Pontificia, con le riforme costituzionali imposte di fatto e quando riescono anche di diritto, soffocano i dissensi al loro interno e impediscono che i dissidenti traggano forza dal ricorso sia pur strumentale all’indignazione delle masse popolari. Denunciare l’abolizione della democrazia borghese e protestare serve a qualcosa di positivo solo se concorre alla mobilitazione e all’organizzazione delle masse popolari per costituire e imporre un proprio governo d’emergenza. Chi denuncia e protesta serve a qualcosa di positivo solo si sviluppa e rafforza il movimento per la costituzione del Governo di Blocco Popolare. La protesta e la denuncia senza sbocco positivo alimentano sfiducia e disperazione. I promotori del movimento per la costituzione del Governo di Blocco Popolare possono e devono invece avvalersi anche della protesta e della denuncia e di chi le alimenta. La crisi della RP è tale che probabilmente riusciremo a portare la II gamba a svolgere il suo compito: e se non lo svolgerà perderà il seguito che ora ha tra le masse popolari.
Tutto questo è importante ma il fattore decisivo ai fini del successo della nostra tattica della costituzione del GBP è la creazione delle tre condizioni: la moltiplicazione delle OO e OP, il loro coordinamento, il loro orientamento a formare un proprio governo d’emergenza. Questo lo possiamo e dobbiamo fare indipendentemente dai risultati della nostra azione sulla II gamba.

Se non trascineremo la II gamba, avremo creato comunque le condizioni per proseguire senza. Quindi il Lavoro Operaio (il reclutamento di operai al Partito e la costituzione di Comitati di Partito nella clandestinità), la costituzione nelle aziende capitaliste di Organizzazioni Operaie (OO) che “occupano la fabbrica” ed “escono dalla fabbrica”, la costituzione nelle aziende pubbliche e nei luoghi di abitazione di Organizzazioni Popolari (OP) sono gli assi portanti del nostro lavoro dei prossimi mesi.

Avanti con la rinascita del movimento comunista!
Viva i comunisti che sotto tutti i cieli lavorano alla rinascita del movimento comunista!

Operai e lavoratori avanzati, giovani e donne delle masse popolari, arruolatevi nelle file del nuovo Partito comunista italiano per fare la rivoluzione socialista: questa è l’impresa principale dell’ora attuale! Questo decide di tutto il resto! Non c’è futuro con il capitalismo!

npci – nuovopci@autistici.org

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