Gli arabi “buoni”… Vogliono portare la “democrazia” in Siria ma a casa loro praticano la lapidazione…

La lapidazione è ancora oggi presente nella giurisdizione di alcuni stati
islamici, come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, nazioni che dicono di
voler riportare il rispetto dei diritti umani in Siria.

Nella lapidazione il condannato è avvolto in un sudario bianco ed è
seppellito fino alla vita, se si tratta di un uomo, e fino al petto, se si
tratta di una donna.

Intanto giunge una buona notizia diramata dalla lista Diritti Globali di Peacelink:

“Intisar Sharif Abdallah, la ventenne condannata a morte in Sudan per
lapidazione, è stata rilasciata”. Lo comunica Italians for Darfur che
aveva raccolto l’appello di Amnesty International con cui lo scorso 12
giugno aveva lanciato anche una petizione per chiedere la liberazione
della giovane accusata di adulterio, sostenuta in Italia da GIULIA,
Articolo 21, Associazione delle donne migranti che hanno raccolto 15mila
firme.
La notizia è stata confermata ufficialmente dagli avvocati difensori della
giovane donna e dai volontari di “Strategic Initiative for Women in Horn
of Africa” che hanno supportato Intisar e i suoi familiari durante la
detenzione. La giovane è stata rilasciata senza condizioni e senza alcuna
spesa ulteriore.
La Corte d’Appello di Karari, Omdurman – Khartoum, ha annullato il
precedente verdetto e ha ordinato la scarcerazione immediata di Intisar.
Secondo Siha, il caso non è stato rinviato al Tribunale locale, come
avvenuto per altri procedimenti, sancendo di fatto la fine dell’iter
processuale.
Intisar era detenuta in isolamento, con il suo bambino di 5 mesi dal 22
aprile, con l’accusa di adulterio e condannata senza rappresentanza
legale. La vicenda era stata denunciata da Human Rights Watch e Amnesty
International e rilanciata in Italia da Italians for Darfur che insieme ad
Amnesty Italia ha raccolto decine di migliaia di firme.
“Siamo prima di tutto felici per Intisar, i suoi figli e tutta la sua
famiglia – ha sottolineato Antonella Napoli, presidente di Italians for
Darfur – attraverso SIHA rimarremo in contatto per accertarci che riprenda
un’esistenza normale e serena e la sosterremo per quanto possibile -
ricorda la Napoli – Questa vittoria è solo una piccola goccia in un mare
di violazioni dei fondamentali diritti umani. Centinaia di donne di cui
non conosciamo i nomi e le storie non sono fortunate quanto Intisar. E
muoiono nel silenzio e nella indifferenza delle loro comunità. E’ per
questo che continueremo il nostro lavoro per evitare che qualsiasi donna
sia costretta a vivere esperienze come questa”.

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