Agricoltura Contadina… e nuove tasse per ammazzare l’agricoltura contadina

Cari colleghi della campagna per l’agricoltura contadina.

Dopo aver valutato che i dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura vedono una riduzione drammatica e preoccupante delle aziende agricole di piccole e medie dimensioni, a favore della concentrazione della proprietà terriera nelle mani di poche aziende di grandi estensioni e un’età media degli imprenditori agricoli pericolosamente elevata.
e che che la manovra del governo con introduzione e aumento di imposte porterà alla chiusura di altre aziende abbiamo screitto alle direzioni di alcuni sondacati agricoli per avere chiarimenti sulle loro posizioni.

Vi riporto una lettera che come associazione abbiam scritto a Cia e
confagricoltura che hanno manifestato a Roma lo scorso 13 marzo e con una piccola variante alla coldiretti poichè
quest’ultima non ha manifestato a Roma.

“La spremitura fiscale si abbatte anche sull’agricoltura, in particolare su
quella di montagna sulle piccole aziende. Un settore che potrebbe generare nuova occupazione se sgravato da burocrazia e fisco viene sottoposto a nuove forme di tassazione.

Abbiamo letto con interesse che vi siete accorti che la manovra impostata dal governo arrecherà ingenti danni all’agricoltura,
Tra Imu, aumenti, inps, accatastamento, aumento accise carburanti che sia aggiunge al già notevole aumento del costo del petrolio.

E’ evidente che una unità nel settore agricolo sarebbe fondamentale La manovra operata sull’agricoltura, così impostata, avrà conseguenze
devastanti e farà morire una gran parte del settore oltre a contribuire al dissesto idrogeologico delle zone di collina e montagna facendo scomparire del tutto le aziende che custodivano il territorio facendo fossi e scoline raccogliendo la legna secca nei boschi e vicino ai torrenti. Abbiamo letto gli articoli sulla vostra manifestazione a Roma e non abbiamo visto che abbiate dato risalto ai problemi delle aziende colpite da danni da calamità naturali, a quelle colpite dalla crisi di alcuni settori. ad esempio il Parmigiano Reggiano per noi emiliani , a quelle aziende che han dovuto lasciare la frutta in campo poiché i prezzi di mercato erano inferiori al costo per la raccolta, e a tutte quelle aziende piccole e che occupano aree marginali. Aziende che fanno sacrifici da molti anni e che svolgono funzioni socialmente utili, non retribuite, di salvaguardia del territorio e della biodiversità e per le quali la pressione fiscale attuale è già elevatissima e arriva anche a superare il 100%..

Come faranno queste aziende a pagare altre imposte? dovranno chiudere con conseguente aumento di disoccupazione e di degrado del territorio e di costi per la collettività? e anche i CAA dovranno ridurre il personale?

Noi operiamo già come associazione di volontariato e abbiamo quasi tutti soci con piccole e micro aziende, molte di queste in esonero di contabilità e ubicate in montagna collina e altre zone svantaggiate o marginali che perciò hanno già un magro reddito, e sono molti anni che fanno sacrifici ci sono anche di quelle colpite da un susseguirsi di calamità naturali, tra siccità, alternata a piogge intense che han causato frane, i problemi di danni da fauna selvatica, cinghiali, caprioli, cavallette, la crisi del parmigiano reggiano, iniziata già nei primi anni del 2000 che ha portato alla chiusura di molte stalle e caseifici. le copiose nevicate di febbraio che han causato danni agli immobili e alle piante.

Ci sono aziende che l’anno scorso non hanno guadagnato neanche abbastanza per pagare i contributi INPS, senza contare poi i danni da cinghiali e caprioli, le viti e alberi che si son seccati, le forti nevicate di fine gennaio con danni ai fabbricati.

Per l’agricoltura che deve disporre di ampie volumetrie per svolgere le
proprie attività è una bella stangata. Lo di più per la collina e la
montagna dove la ridotta delle dimensione delle aziende fa si che
l’incidenza dei fabbricati sia ancora maggiore. In più in montagna il numero di immobili di una azienda è molto spesso moltiplicato dalla frammentazione dei fondi dislocati a differenti quote altimetriche e a differenti esposizioni in modo da garantire uno sfruttamento integrale delle risorse (un vigneto nelle località meglio esposste, campi in diversa posizione per minimizzare le avversità, prati a diversa altitudine per assicurare la catena di foraggiamento durante l’anno). Ogni minifondo aveva i propri fabbricati. Una famiglia poteva avere sino a una decina di piccole stalle-fienile. Oggi tutti questi fabbricati sono in parte dismessi ma sono ancora molte le aziende che posseggono tre stalle: una in basso (fondovalle o in area pedemontana), una alle quote intermedie (per lo sfruttamento primaverile-autunnale), una in quota per sfruttare i pascoli. Anche l’azienda di montagna di oggi, che pure ha “semplificato” la dislocazione di terreni, boschi prati, seminativi, colture legnose, pascoli e relativi fabbricati, ha una pesante “dote” di fabbricati che spesso rappresentano un forte onere per le manutenzioni, che già molte aziende non riescono a sostenere. Si tratta in molti casi di fabbricati con valore paesaggistico ed
anche storico-architettonico per il quali la collettività bene farebbe a
riconoscere dei contributi per la manutenzione. Altro che IMU!

Il problema dell’Imu non è l’unico, l’aumento accise sui carburanti aumenta il costo di produzione e come faranno queste aziende, che già stanno dando fondo ai risparmi degli anni precedenti per pagare le tasse e le pratiche alle associazioni di CAA, a pagare l’aumento dei contributi INPS e l’imu? e prima ancora come faranno a trovare le centinaia se non le migliaia di euro per provvedere all’accatastamento dei fabbricati rurali? chi ha la stalla non più usata perché ha dovuto smettere con le vacche da parmigiano che non rende niente dovrà forse demolirla? idem per ricoveri attrezzi, tettoie, ecc.? Per fare l’agricoltore bisognerà prima essere milionari?

A nostro avviso e di altre associazioni ci sono aziende che fanno sacrifici enormi da moltissimi anni e dovrebbero essere sostenute e vedersi riconoscere il loro lavoro di valorizzazione e tutela paesaggistica oltre che socialmente utile, altro che imu,
accatastamento e nuove tasse! cosa pensate a riguardo?

Una cosa che ci ha lasciati esterrefatti è stato sentire dei soci che hanno fatto notare che grosse associazioni sindacali presso le quali svolgono le pratiche agricole, a fine anno scorso, si sono sbrigate a sollecitare il rinnovo della quota associativa e il pagamento di eventuali pratiche non ancora saldate per l’anno scorso e il pagamento immediato per le nuove pratiche, sembra che chiedono soldi loro prima che le tasse li portino via agli agricoltori.
Addirittura a un nostro socio, che ha subito danni da infortunio e riesce a lavorare ben poco inoltre ha avuto danni ingenti da calamità naturali, gli son arrivati già due solleciti per non aver pagato una somma di circa 20 euro con invito a saldare la quota entro pochi giorni pena l’eventuale ricorso a altre azioni per recuperare la somma.
Quanto segnalato è emblematico di una contraddizione di fondo che ci sono associazioni di categoria che pensano a loro stesse e non tanto ai soci e con queste situazione avere unità non è certo facile.
Cordiali Saluti

Ass. Agri.Bio Emlia Romagna
Via dei Gelsi 150/5
41058 Vignola Mo
www.agribio.emr.it
email: info@agribio.emr.it

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