Olocausto (Shoah), libertà di espressione e di ricerca storica

Olocausto, libertà di espressione e di ricerca storica

Ho letto un libro “La Polizia del Pensiero” che mi ha regalato Vittorio Marinelli, curato da Claudio Moffa, che è un compendio di interventi sul tema della libertà di espressione e sulla repressione per legge del pensiero. Sostanzialmente nel testo si prende in esame l’impossibilità giuridica di svolgere una ricerca storica non allineata con la “storia ufficiale”, soprattutto sui fatti relativi all’ultima guerra, in seguito alla “codificazione della verità ufficiale” scritta ovviamente dai vincitori. I vari autori, fra cui storici, politologi e giuristi di rilievo e di indubbia credibilità, prendono in esame anche tesi cosiddette “revisioniste” sul tema dell’olocausto.

Non voglio qui assumere una posizione in un senso o nell’altro, ho trovato che gli interventi raccolti da Moffa rappresentano una ricerca di verità, soprattutto nei modi in cui l’olocausto è stato compiuto, come pure ritengo innegabile che le persecuzioni naziste verso ebrei, zingari, omosessuali, etc. abbiano avuto luogo, forse con l’uso di camere a gas oppure con eccidi in altre forme, ivi compresa la morte per inedia di migliaia di internati.

Nel libro di Moffa sono esposte molte ragioni ed analisi storiche condivisibili e ragionevoli ma non credo che l’approccio da lui utilizzato per affermare verità “altre”, assumendo dati e testimonianze avverse a quelle ufficiali, possa giovare al superamento di quel nebuloso momento storico.

Occorre aggirare l’ostacolo ed evitare prese di posizione “incastrate” sul negazionismo. Se ci si contrappone semplicemente sulla base di puntigliosi risvolti esecutivi di come l’olocausto è avvenuto, la causa della verità che si vorrebbe appurare allora è persa…. E la metodologia di percorso ed i fatti descritti nel libro di Moffa dimostrano… una parzialità paritetica a quella dei fautori contrari. Mettersi nella posizione antagonista “diretta” significa, in definitiva, fare il gioco di coloro che hanno strumentalizzato l’olocausto per vari fini, da quello economico a quello politico…

Infatti è vero che la storia e la verità storica e di conseguenza la politica conseguente all’ultimo conflitto è stata definita dai vincitori… e non solo per la questione ebraica ma per ogni altro aspetto. Ma se si vuole riaffermare “l’umano e l’universale” che sta oltre le opinioni avverse occorre equanimità e la capacità obiettiva di considerare i semplici fatti e le situazioni in cui questi sono avvenuti. Nel “legalismo giuridico” -che non è più giustizia- vincono al contrario i “cavilli” e ciò è significativo di un percorso funzionale a “costruire” la verità (che è poi quella di comodo di una o dell’altra parte).

Perciò, ripeto, occorre aggirare l’ostacolo e soprattutto non puntualizzare, né le tesi e le vicissitudini dei negazionisti, né le passionali e talvolta perverse motivazioni dei sionisti (tese a giustificare soprattutto la creazione di uno stato ebraico ed a colpevolizzare la chiesa cattolica o le altre religioni). Se si è troppo “cunning” si contrappone il male al male e la battaglia del superamento ideologico è persa.

O perché noi stessi veniamo etichettati come negazionisti o perché saremmo giustificativi dell’attuale prevaricazione e “vendetta” compita ai danni di altri innocenti. In entrambi i casi ciò porterebbe ad un successivo ed inverso “repulisti nel pensiero” con necessità di ri-aggiustamento karmico. Ci vuole insomma sincretismo ed equanimità, cominciando ad esemplificare solo quelle ragioni condivisibili, questo è il sistema dell’acqua che per scorrere sceglie la via di minore difficoltà….

Lasciando da parte ogni speculazione sul passato, secondo me, bisognerebbe evidenziare ad esempio come sia stata utilizzata per fini economici ed ideologici la tragedia dell’olocausto, i soldi raccolti a nome dei deportati, le pressioni politiche per far approvare leggi liberticide in Europa, la creazione di una nuova “religione” dell’olocausto, etc.

Tutto ciò senza mai nominare o prestare attenzione alle conseguenze personali di tali operazioni (indicare il peccato e non il peccatore) allo stesso tempo non prendendo per buone le ragioni giustificative dei negazionisti, che in fondo fanno solo da contraltare ai sionisti.

E’ controproducente abbracciare la causa della libertà di pensiero partendo dalla difesa o giustificazione del negazionismo. Mentre possiamo evidenziare come sia stata nel tempo strutturata una verità “basata” sul senso di colpa e sulla convenienza politico economica dei governi che hanno preferito cedere alle pressioni dell’industria dell’olocausto piuttosto che venir tacciati di collaborazionismo revanscista con il passato regime nazista.

Questo ovviamente soprattutto in Germania e Austria ed anche un po’ in Italia dove la “verità dell’olocausto” ha assunto connotati religiosi e stabiliti per legge. In questo momento occorre ristabilire la veridicità della situazione presente non occorrono tesi negazioniste, basta evidenziare esclusivamente le strumentalizzazioni fatte dall’industria dell’olocausto, senza mai minimamente negarlo o cercare di ridimensionarlo, anzi accettandolo come dato di fatto, senza cavillare sul come sia avvenuto, ma evidenziando l’incongruenza dei comportamenti conseguenti ad esso, lo sfruttamento di varie lobbyes sioniste dei sensi di colpa e dei morti dell’olocausto.

Allora forse si può smuovere l’opinione pubblica e pian piano anche inserire altre possibili verità sul modo in cui l’olocausto è avvenuto, soprattuto di come in quel periodo il razzismo avesse colpito in ogni campo, contro l’uomo, etc. e non solo in Germania ma anche in Russia, ed allo stesso tempo anche in America dov’era stata aperta la caccia alle streghe comuniste e la persecuzioni di migliaia di cittadini colpevoli di pensarla diversamente dal potere in carica. La persecuzione è stata a livello mondiale e contro l’uomo e la sua libertà espressiva in generale.

Ho qui accennato alla necessità di cambiare impostazione se si vuole superare la contrapposizione ideologica a come viene affrontato il problema della “verità” storica.

Infatti se si vuole affermare una verità occorre non essere partigiani né dell’una né dell’altra fazione, altrimenti si tende sempre a giustificare ciò in cui si crede e quella non è la verità.

Non c’è comunque fretta e non serve giungere a conclusioni precostituite, “di qua o di là”. Ricordate il film di Kurosawa “Rashomom”? In esso c’erano molti insegnamenti zen… su come la verità può essere vista da diverse angolazioni….

Paolo D’Arpini

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