Filippo Giannini: “Giorgio Bocca, Pietro Ciabattini -senza dimenticare- Giorgio Napolitano

Premessa essenziale: coerentemente all’educazione avuta e da quella ricevuta nel mai sufficientemente infausto Ventennio abbiamo il massimo rispetto per i morti. Quindi il trapasso di Giorgio Bocca, verra’ trattato da noi con parole di giustificazione … ma la storia e’ storia e un uomo si puo’ giudicare per le azioni compiute da vivo.

Entriamo nel merito.

Il giorno di Natale del 2011 Giorgio Bocca ha cessato di vivere. Nel commemorarlo il Presidente Napolitano attesto’ di apprezzare la sua coerenza. D’accordo, come sostenevano i latini, mors omnia solvit, quindi dei morti si dovrebbe dire tutto il bene possibile (questo ovviamente vale per alcuni morti, per tanti altri si debbono inventare azioni malvagie mai compiute. A proposito, sapevate che fra gli infiniti difetti Benito Mussolini aveva anche il pene freddo?). Torniamo all’attestazione di Giorgio Napolitano circa la coerenza di Bocca, della quale poco piu’ avanti studieremo la validita’; d’altra parte, lo stesso Giorgio Napolitano aveva sofferto della stessa malattia giovanile di cui fu colpito il noto giornalista, pertanto il nostro Presidente concedendo all’ex partigiano questo titolo di merito, lo riconosce anche a se stesso.

Il quotidiano Libero di qualche giorno fa, scrisse: “GIORGIO BOCCA – Ė un ex fascista. Non mi fido di Gianfranco Fini. Giorgio Bocca apprezza Fini, ma non si fida>. Da vecchio partigiano, non scende dalle metaforiche montagne della resistenza dura e pura contro l’ex (post) fascista. . Cosa aveva scritto il Nostro di tanto atroce? Da Italia Fascista in piedi, pag. 188:. Opinione non dissimile da quella del colonnello Stevens, gia’ capo della missione inglese presso il Comando partigiano del Piemonte, al quale i partigiani davano l’impressione “di rappresentare il braccio armato dei politicanti ambiziosi e di avventurieri facinorosi”. A salvare parzialmente le suddette sentenze, possiamo citare l’ufficiale inglese J.R. Rejnold, il quale nel suo libro Amgot in Italy, racconto’: “Fra i partigiani ho incontrato talune persone realmente bene educate ed unita’ ben disciplinate, ma di gran lunga la maggioranza erano gangsters che perseguivano vantaggi personali”. Rejnold, con gran senso profetico continua: “Essi stanno costruendo intorno a sé stessi una mitologia ricca e completamente falsa che verra’ poi insegnata per sempre nelle scuole italiane (…). I partigiani sono pronti a far rivivere la vecchia e nobile tradizione del brigantaggio italiano”.

Il Presidente Napolitano conoscera’ queste sentenze dei (suoi) Liberatori? E qualora cio’ non bastasse conoscera’ il rispetto che gli anglo americani riconoscevano – invece – ai Rottami di Salo’ da loro riveriti come True soldiers (Veri Soldati)?

Il Nostro sempre piu’ indomabile soccorritore dei vincitori fu uno dei firmatari di quel documento (che definire ignobile e’ riduttivo) del 1971 e pubblicato su L’Espresso (sempre quello) nel quale il commissario Calabresi veniva definito commissario torturatore e “responsabile della fine di Pinelli”. Vale la pena di citare, fra le centinaia di firmatari, altri giornalisti, molti dei quali ex intellettuali fascisti come Norberto Bobbio, Eugenio Scalari, Vittorio Garresio. Non sono pochi a sostenere (e fra questi la famiglia del povero Calabresi) che quel documento, sottoscritto da cotanti cervelloni, fu il deterrente per l’assassinio del commissario Calabresi, avvenuto poi, puntualmente il 15 maggio 1972.

Alcuni anni fa fummo invitati ad assistere ad una trasmissione televisiva imperniata su una sfida dialettica fra Giorgio Bocca e Pietro Ciabattini; quest’ultimo scrittore, storico ed ex combattente della Repubblica di Salo’, nella realta’ una Repubblica mai esistita, chiamata così con fare provocatorio e stupidamente ridicolarizzante per indicare quella che realmente era la Repubblica Sociale Italiana. Aggiungo che, purtroppo, alcuni mesi fa Pietro Ciabattini ci ha lasciati. Per onorare la sua memoria – un toscanaccio tutto d’un pezzo – ci dovremo avvalere di alcune parti di un precedente lavoro (per la precisione pubblicato quando Giorgio Bocca era vivo) nel quale si ricordava un’intervista rilasciata a Giuseppe Turoni e a Delfina Rattizzi della rivista Uomini e Business, pubblicata anche su L’Indipendente del 7 marzo 1992. Nelle prime righe si legge: “Giorgio Bocca ci accoglie nel suo studio di Via Buratta (a Milano), silenzioso e tappezzato di libri, con una affermazione lapidaria, da ex partigiano che non ama i giri di parole: “siamo nella merda”.

Conoscendo i successivi sviluppi storici di questo paese, c’era da credergli.

Per tornare a Ciabattini, il quale stando al metro del Presidente Napolitano fu il massimo dell’incoerenza, infatti non rinnego’ mai il suo passato di fascista e tale rimase sino alla fine (roba da matti, vero signor Presidente?), ebbene nella trasmissione televisiva erano di fronte l’indimenticabile Pietro Ciabattini e Giorgio Bocca, questi sferro’ con la sua usuale arroganza un attacco al Fascismo e ai fascisti. Ciabattini, caricando la sua cadenza toscana, rispose. “’O stai zitto tu che eri piu’ fascista di me! ‘O che mi prendi per bischero?”. Bocca assorbì l’inaudita offesa in silenzio e non replico’.

Giorgio Bocca nel 1982 scrisse: “L’ammirazione di Lenin per Mussolini, la convinzione leninista che Mussolini fosse l’unico leader rivoluzionario italiano di grande statura e’ facilmente riducibile con la scienza del poi: Mussolini e’ uno sconfitto e gli sconfitti hanno sempre torto (…). Ė il caso intanto, di occuparsi seriamente di Mussolini e del mussolinismo proprio mentre viviamo agli antipodi della spada dell’Islam (…)”.

Prima di avviarci a chiudere, desideriamo rendere nota una notizia di cui non abbiamo conferma, quindi e’da prendere con le pinze. Sembra, e sottolineo sembra, che il partigiano in Camicia nera a guerra conclusa, autoproclamatosi giudice di uno di quei famelici tribunali del popolo, che hanno sulla coscienza l’assassinio di decine di migliaia di fascisti o supposti tali, fra questi tanti bambini, ripetiamo quale giudice non autorizzato alla carica, abbia ordinato l’uccisione di quattro ex militari della Rsi. Se cio’ risultasse vero si dovrebbe ipotizzare anche una colpa ben piu’ grave: omicidio, anzi plurimo omicidio. Svolgeremo delle ricerche su questa tristissima vicenda; non per calcare la mano su un personaggio per noi discutibile, ma semplicemente per dovere storico.

A conclusione chiediamo il permesso ai lettori di svolazzare con la fantasia, solo per pochi attimi. Allora torniamo a fine aprile 1945, grosso modo verso il 25/26. Ascoltiamo alla radio un comunicato da Berlino, parla il nuovo Capo di governo tedesco, l’ammiraglio Reader; egli attesta che grazie ad una nuova arma terrificante (d’altronde era stata gia’ annunciata) l’esercito germanico ha sterminato in pochi minuti gli eserciti nemici a oriente, a occidente e a sud. La vittoria del Terzo Reich e’ assicurata e quindi Gli eserciti che con tanta tracotanza stringevano nella morsa Berlino, ora stanno ritornando, sconfitti nei loro accampamenti. Certo, e’ solo fantasia, ma conoscendo la storia chi, anche oggi, potrebbe negare che una simile eventualita’ si sarebbe potuta verificare? Allora, in questo ipotetico caso, cosa sarebbe accaduto a casa nostra?

Come premessa e’ bene evidenziare che i tanto decantati partigiani erano in verita’ poche migliaia, fra questi molti erano i Giogio Bocca. Come si sarebbero comportati? Crediamo di saperlo e non sbaglieremmo!

Ci preme tornare sull’argomento gia’ trattato in apertura. Siamo sempre contrari a parlare di personaggi saliti in cielo, ma dato che la morte di Giorgio Bocca ha rialimentato ingiurie e condanne senza appello verso coloro che non hanno possibilita’ di difesa alcuna, abbiamo sentito, di conseguenza, il dovere di trasgredire al nostro modo di intendere l’etica.

Filippo Giannini

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