Rieti e la devastazione ambientale del fotovoltaico a terra – Retroscena del losco affare

Cui prodest? (Chi sono i veri responsabili?)

 

All’improvviso nella Piana reatina sono apparsi dei pannelli fotovoltaici in grande quantità. La cosa è ben visibile in località Piani S. Elia, a ridosso della superstrada in direzione Rieti-Terni.

 

La cosa ha suscitato sorpresa e un nutrito conseguente dibattito.

Ma prima di avventurarci nel merito cerchiamo di capire che è successo e per quali ragioni. Il fatto è che delle società private, i cui proprietari per ora non sono noti, si sono presentati a Rieti ed hanno proposto ai proprietari dei terreni di lotti minimi di 8 Ha contratti aventi ad oggetto la concessione in uso di superficie per venti anni dei medesimi terreni per la realizzazione di impianti fotovoltaici. A Rieti e nei comuni viciniori nei quali ricade la competenza del territorio della Piana reatina non esistono piani di localizzazione di tali impianti che, per logica, dovrebbero essere localizzati in una zona industriale.

 

Oggi i terreni della piana sono ancora in mano a pochi proprietari che però non fanno gli agricoltori, si limitano ad affittare i loro terreni a pochi specialisti di coltivazioni intensive, muniti di macchinari adeguati, che vi praticano una agricoltura spinta dalle occasionali fluttuazioni della domanda di alcuni prodotti in voga nel momento. Tali terreni rendono ai proprietari una cifra media per Ha che varia da 300 a 500 euro, e consentono ai coltivatori redditi lordi di circa 5.000 euro con un netto di circa 1000 euro l’anno.

 

Coloro che propongono la realizzazione degli impianti fotovoltaici offrono come compensi per la concessione in diritto di superficie una somma che varia da 3000 a 5000 euro a seconda della posizione e del reddito attuale che i proprietari ricavano dal terreno.

Non è chi non veda come una tale offerta non possa che essere ben accolta dai proprietari dei terreni.

Ottenuta la concessione dei terreni e spinti dalla carenza di piani di localizzazione di tali impianti, gli interessati preparano le richieste ai comuni di competenza.

 

Poiché però si tratta di terreni agricoli, nei quali non si possono realizzare impianti industriali, la proposta viene presentata come ammodernamento e potenziamento di una serra preesistente. Per serra deve intendersi un impianto nel quale si coltivano prodotti agricoli primiticci da inviare sul mercato in tempi diversi da quelli della produzione stagionale.

 

Viene poi proposto di installare su tali impianti dei pannelli fotovoltaici allo scopo di produrre energia da essere utilizzata per il riscaldamento della serra nei periodi più freddi.

 

Ora è noto a tutti, anche ai ciechi, che nella Piana reatina le serre non ci sono ora e non ci sono mai state. E non c’è bisogno di prove.

 

Risulta chiaro che l’inserimento del concetto di serra è stato introdotto nel progetto per aggirare l’ostacolo della destinazione agricola dei terreni della Piana reatina.

Quindi dovrebbe essere scontato che gli uffici tecnici del comune ed il sindaco neghino il permesso per un tale impianto. Ma nel caso di Piani S. Elia non è stato così.

 

La giustificazione corrente è che il progetto è stato esaminato sulle carte con il beneficio della buona fede, come se il comune fosse una specie di passa carte non dotato di strumenti idonei per l’accertamento di quanto accade nel suo territorio!

Così viene il legittimo sospetto che, poiché tra i proprietari dei terreni vi è la famiglia di uno degli esponenti più autorevoli del partito di maggioranza relativa che sostiene la giunta di centro destra, uffici tecnici e sindaco abbiano chiuso gli occhi anche davanti all’evidenza più “solare”, tanto per restare in tema di fotovoltaico.

Così è partito un primo esperimento di trasformare la piana reatina da vocazione agricola a vocazione industriale. Infatti entro il 30 giugno p.v. scade il termine previsto dalla CE per l’utilizzo delle provvidenze previste per la realizzazione di tali impianti e risulta che sono già pronti molti progetti di analoghe richieste per tutti i comuni nei quali ricadono i terreni della Piana reatina. A Piani S. Elia sono stati utilizzati per l’impianto in corso di realizzazione ben 8,75 Ha e si sospetta che i progetti in preparazione ammontino a circa 100 Ha ulteriori.

 

Così la valle Santa sarà ribattezzata la valle del fotovoltaico con conseguenze catastrofiche per l’ambiente e per la vocazione agricola naturale del nostro territorio.

Il bello è che queste società proponenti non si sa di chi sono e quali garanzie danno di buona riuscita dell’attività proposta. Impianti di tal genere modificano la vocazione di un territorio e recano tracce che rimarranno in sito per decenni se non per secoli, basta guardare le zone ex industriali dell’ottocento e del novecento sparse in tutta Italia che deturpano ancora l’aspetto del Bel paese!

 

Si ha il sospetto che sotto sotto ci sia la necessità di impiego di capitali sospetti o comunque provenienti dalla recente legge approvata dal Parlamento sul rientro dei capitali esportati illecitamente, il cosiddetto scudo fiscale, la maggior parte dei quali di provenienza mafiosa. Non è un caso che tali richieste sono comparse all’orizzonte solo ora, quando sono in arrivo molti milioni di euro ripuliti da investire.

A questo punto una domanda viene spontanea: ma come è possibile che avvengano certe cose? E’ forse per colpa della “maledizione” di san Bernardino che, arrabbiato con i reatini perché gli avevano impedito di predicare, invocò il signore che facesse perdere loro la strada (il lume del buon senso)?

 

La ragione va ricercata su cose più terrene: la incapacità di coloro che si dedicano alla politica di progettare il proprio futuro.

 

La Piana reatina è oggetto di tentativi di stravolgimento che vengono dall’esterno fin dagli anni ‘90, cioè da quando Turina junior, allora assessore della Giunta Cicchetti, vagheggiava la realizzazione di un autodromo per la formula uno.

Quella era un progetto troppo ambizioso e finì per coprire di ridicolo il suo sponsor politico che verrà sempre ricordato come quello degli asini che volano nel cielo della valle santa. Oggi il tentativo è più modesto, ma appunto per questo più pericoloso. Intano già se ne vedono i primi effetti ad occhio nudo.

 

Ciò è reso possibile, oltre che per la collusione degli organi tecnici del comune e di amministratori che fanno finta di non vedere perché ci sono dentro i loro amici, soprattutto perché manca una progettualità che provenga dal potere pubblico o che da esso sia agevolata e perché le organizzazioni economiche locali non fanno il loro dovere.

 

Per essere più espliciti cito fatti concreti. La Comunità Europea ha approvato un Piano di Sviluppo Rurale (PSR) che prevede la incentivazione di progetti per la trasformazione e vendita dei prodotti agricoli, per la realizzazione di fattorie didattiche, di agrigelaterie, di agriturismi veri e soprattutto di progetti di realizzazione di impianti di BIOGAS con i prodotti agricoli. Questi ultimi si utili alla nostra Sabina per renderla indipendente dalle fonti energetiche esterne.

 

Il comune di Rieti, e quelli limitrofi, anziché stimolare i privati e le loro organizzazioni sindacali a realizzare tali progetti, approvando progetti fasulli di fotovoltaico, infatti sono presentati come serre agricole, dimostrano di predicare bene e razzolare male.

Lo stesso fanno le organizzazioni come la Coldiretti, la CIA e la Confagricoltura, che sono l’equivalente delle organizzazioni sindacali nazionali fiancheggiatrici dei partiti.

Sapete cosa rispondono questi signori a coloro che hanno posto il problema del danno che causeranno all’agricoltura gli impianti fotovoltaici? Hanno detto che loro non possono andare contro gli interessi dei loro associati. E quali sono questi interessi? L’aumento della rendita parassitaria che viene dalla cessione del diritto di superficie, non di quello dell’attività agricola che dovrebbe essere lo scopo della attività sindacale!

 

Gli unici per ora che si oppongono a questo andazzo sono i soci dell’APIMA Rieti (Associazione Provinciale Imprese Meccanizzazione Agricola) presieduta da Massimo Rinaldi, perché sono loro oggi gli unici che fanno agricoltura nella piana reatina e cercano di difenderla dalle invasioni di campo degli speculatori del capitalismo finanziario imperante.

 

Gianfranco Paris

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