Archivio di ottobre 2010

Il cavalcatore spurio, la mano medicata ed il sapone d’autore in esposizione dall’Art Basel di Basilea al Museo Migros di Zurigo sino al 28 novembre 2010

“Ma che ci avrà fatto mai con quella mano… per farsi venire una tendinite così perniciosa?” (Saul Arpino)
 
I cristiani cattolici ammiccando già hanno compreso, ma gli atei dell’UAAR, e gli agnostici come me, che siamo tardi di comprendonio, a dire dei già nominati, dobbiamo fare uno sforzo per capire il concetto d’impurità che però così possiamo definire.
 
Chiunque, in particolare il Cavaliere ché presidente del consiglio non deve essere come Calimero il pulcino nero, ma dimostrarsi senza macchia e senza paura, proprio perché Cavaliere, quando persevera nel vivere con donne raccogliticce, da postribolo o, come ammolcisce l’asservita stampa, da “escortario”, nuovo sinonimo di bordello… insomma, chiunque s’accompagna abitudinariamente con mignotte,sul piano civilistico e morale vuol dire che non è pentito, altrimenti interromperebbe la pratica perché vive, per i sindaci, in stato di contravvenzione continua, e per la chiesa di Roma in stato di peccato grave per immoralità.
 
Ricordo, a conferma dell’enunciato, la porzione di frase testualmente dal Cavaliere proferita per sua discolpa: “…insomma, avete capito che non sono un santo…”!
 
L’acuta e sottile argomentazione giuridica canonica sull’impurità non sempre è convincente, ma nel caso del Cavaliere, notorio puttaniere e obbligato consumatore di pillole blu, mi convince e mi piace.
 
Per la premessa, e su base logica dobbiamo perciò ammettere che il Cavaliere che vive in stato di “peccato continuato” non può accostarsi alla comunione cristiana, e, quando lo fa, compie un atto che lo rende “consumatore terminale d’ostie consacrate”, ed ha perciò necessità, per salvarsi, del giorno della “Perdonanza” che l’astuto Benny  XVI, il gran bau perché pastore tedesco, gli negò forse a motivo che i tributi che lo stesso Cavaliere era in quell’occasione propenso a pagare, ovviamente con i soldi di noi tutti italici, furono considerati un’esigua prebenda, infatti, la chiesa di Roma, meglio la sacra bottega, le indulgenza le vende care! [Ecco due veri esempi di vendita d’indulgenze passati alla storia.
 
1) Tessera per il paradiso, fu la genialissima invenzione di un parroco napoletano. Consisteva in un cartoncino stampato, ottenibile con pagamento da versare al parroco, sulla cui testata era scritto l’acronimo “M.A.R.I.A.”, abbreviazione di: “Ministero Aviolinee Rapide Itinerari Astrali”. E sotto si continuava con: “Biglietto speciale per un viaggio da Napoli al Paradiso- Sola Andata”. Altri dettagli stampati sul retro del cartoncino contribuivano a far prendere ancora più sul serio tutto l’affare. Si annunciava: “Il biglietto emesso dall’aviocentro di Napoli è valido per l’inizio del viaggio da qualunque altro aeroporto. Il Ministero del Paradiso dispone anche d’aviolinee ultrarapide senza sosta in Purgatorio. Aviolinee assai utili per quei viaggiatori che, al momento della partenza, saranno forniti d’indulgenza plenaria o di contrizione perfetta”. Il biglietto per il paradiso si poteva ottenere con un versamento in denaro effettuato in favore della “Sacra Bottega”.
 
2) Prezzario ufficiale del 1949/1950 per le indulgenze.
 
Una s. messa al mese
12 ogni anno
Offrendo £ 100
 
Una s. messa per settimana
52 ogni anno
Offrendo £ 250
 
Tre s. messe per settimana
156 ogni anno
Offrendo £ 3000
 
Sette s. messe per settimana
364 ogni anno
Offrendo £ 5000
 
A proposito, pochi giorni addietro ho scoperto attraverso la testimonianza d’un poeta prete salesiano ottantasettenne, don Giuseppe Salvatore, che l’attuale premier fu frequentatore per più anni d’istituti salesiani di Milano, non so se come convittore o semi convittore. In ogni caso è lecito affermare con lo psittacus di buona memoria che: “…opera et impensa periit!”, perché i metodi educativi salesiani con lui fallirono giacché fallaci, o perché fallace già era il premier per la ragione che di quella loro morale  di cui ne ha fatto cose grottesche!
 
Or mi sovvien memoria di già morte stagioni… perché certi sindaci, di certi paesi, hanno multato i frequentatori di mignotte, uso il termine con il massimo rispetto verso quelle donne spesso più signore di quelle ingioiellate ed imbellettate, ma al Cavaliere che pubblicamente ha affermato le proprie frequentazioni il suo fido e prono alemanno non ha inviato contravvenzione!
 
Boh, però ormai abbiamo tutti imparato che se sei ricco la giustizia non ti rincorre, ma se sei in quello stato la rincorri mentre ti sfugge per timore che le farai un c…o così. Altro che Giustizia uguale per tutti!
 
E dire che nel paese dei barbari ameni-cani un Clinton che usò certa madame Lewinsky per compiere fellatio, come la Lesbia di Plauto nei quadrivi di Roma, canto LVIII, corse il pericolo d’essere linciato ed esautorato dalla carica, e certo lo fu, in his home, per la temibile madam Clinton che forse non usò le forbici come la Mrs. Bobbit, moglie del marine lasciato senza “zizi” il 13 gennaio 1994, però nel privato non sappiamo cosa esattamente successe.
 
Per il Cavaliere, invece, un similare o peggiore comportamento, caso strano, ottiene il sostenuto dibattimentale dell’avvocato Ghedini che in difesa del padrone asserisce che in simili casi chi deve essere dalla Legge perseguito è il procacciatore di signore disposte a tutto, anche perché il “padrone” era al corrente che le donne che si trovavano nella sua camera, quella di vecchio bavoso tenuto su dalla liposuzione, dalla chirurgia plastica, da gerovital o similari, da capelli impomatati che in realtà sono corde che dall’alto penetrano in ogni muscolo per tenerli tutti insieme, erano lì perché innamorate di lui alla follia.:.. :-X
 
Ma ora lasciamo i contratti con gli italici, le escort in aereo di Stato in viaggio verso la Sardegna, le mignotte di Palazzo Grazioli, i tanga che si sfilano per giovare a “papy” biologici e putativi, moglie che accusa: “… ha bisogno d’essere curato…” e spazzatura e promesse alla nazione mai mantenute intanto che l’econo-sua è sempre emergente come per lo strano caso dei decoder del digitale terrestre venduti dalla sua famiglia, e torniamo alla saponetta “Mani Pulite” composta di puro premier italico. Opera artistica che lo renderà imperituro nella memoria delle genti.
 
E’ successo che il Cavaliere del duomo in faccia, del “partito dell’amore” e del “governo del fare”, come lo definisce lui, si è ieri operato ad una mano per motivi sconosciuti. Fin qui la scarna notizia che non interessa proprio nessuno, ma essa diventa ghiotta quando… quando si va ad apprendere che il nostro beneamato premier già è esposto in un museo come saponetta, e che ora qualcuno reclama il materiale asportato dalla sua mano per farne “collanine con reliquia” da vendere ai “credenti” di turno.
 
Come nelle migliori favole molti subito hanno creduto che il cavaliere è in un museo sotto forma di statua di cera, o busto di bronzo, o raffigurato in un gruppo marmoreo aggrovigliato con previti, letta e dell’utri quasi alla maniera del caprone Pan che cinge e molesta le Naiadi… e invece no, perché sì tratta dell’esposizione di grumi di grasso dell’uomo dei sogni d’ogni escort che sono impastati con materia amorfa assumendo la forma della saponetta “Mani Pulite”!
 
Sì, proprio grumi di grasso del “cavalcatore” italico. Grumi che gli furono asportati durante un intervento di liposuzione avvenuto nel 2004 nella clinica Svizzera “Ars Medica” che si trova nel Canton Ticino. Ovviamente la persona che diede il “lardo” di premier allo Scultore è a noi anonima, ma i bene informati giurano che l’avvenimento è vero, e sono disposti a fare sottoporre premier e oggetto anche al test del DNA.
 
L’idea della produzione artistica della “saponetta al Cavaliere” fu dello scultore italiano Gianni Motti, nato a Sondrio nel 1958 e da parecchi anni residente a Ginevra. Questi, ancora memore della quasi obsoleta operazione “Mani Pulite”, su quella scia fece del lardo dell’impuro impomatato premier un’opera d’arte esposta prima all’Art Basel di Basilea, ed oggi presente al museo Migros di Zurigo dove si sta svolgendo la trentaseiesima edizione di cultura d‘arte moderna.
 
La “saponetta di premier” fu poi presentata al pubblico nel 2005, già allora facendo scalpore.
 
Oggi, in guisa di saponetta, quel grasso di Cavaliere presidente del consiglio dei ministri è in un’illuminata teca del museale. Ed essa è vera come sono veri gli scherzi  che il Cavaliere ama propinare agli amici più cari, “quasi suoi compagni di giochi infantili”, per esempio facendo le corna in fotografie ufficiali, o nascondendosi dietro colonne da cui appare facendo “cucù”, o anche “che cu” nel caso nei pressi ci fosse una sanguigna mignotta.
 
La saponetta di puro e “impuro” grasso di Cavaliere potrà essere da ognuno ammirata nel museo svizzero fino al prossimo 28 novembre 2010.  
 
Sempre la stessa saponetta “Mani Pulite” già fu venduta nel 2005 ad un collezionista privato che l’acquistò per la modica cifra di € 50000. L’opera, come tutte le ironie, passò di moda, però ai giorni nostri riesumata appare nel museo svizzero che da oggi sarà denominato “Museo degli orrori”.
 
Oh, ho ancora di nuovo l’obbligo di precisare che questa saponetta “Mani Pulite” costruita con grasso di Cavaliere è realmente esistente, non come quelle che certa ideologia storica vuole far credere che siano state realizzate dai cattivi ai danni dei buoni!
 
Kiriosomega, mancato scultore, ma pur sempre agnostico.
 
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“Panem, vinum et circenses…” – Usi e costumi nell’antica Roma: la vita sociale, le taverne, le botticelle ed il vino, a profusione…

I Romani attribuivano molta importanza alla vita famigliare ed intima, il culto dell’amicizia ed i ricevimenti nella loro casa, ma gradivano anche mescolarsi alla folla nelle strade, nelle piazze e nei luoghi di spettacolo, cogliendo così un’ulteriore occasione per dissetarsi con la loro bevanda preferita: il vino.

 

Ma se il consumo che ne potevano fare nelle loro case era modesto, non era così allargandolo alla città intera, per la possibilità che si aveva di berlo in ogni ora ed in ogni luogo.

 

Per coprire il fabbisogno di un così vasto mercato, battelli carichi di botti e di anfore provenienti dalle isole dell’Egeo, da Cipro, dalla Grecia,dalle Baleari e dall’Asia Minore, si affollavano e transitavano nel porto di Ostia; mentre i vini della Gallia e del Reno sostavano a Civitavecchia facendo arrivare su questi lidi ben ottanta marche di vini prelibati, di cui i due terzi erano italici .Sbarcati dalle navi “onerarie”nelle cui stive i recipienti erano adagiati su letti di sabbia, i vini venivano caricati su barconi a fondo pianeggiante,che risalivano il fiume Tevere, talvolta trainati da buoi o da cavalli che li conducevano in depositi chiamati “Portus vinarius”, dove le anfore contenenti vino venivano conservate in depositi chiamati “horrea vinaria” alla sinistra del fiume ai piedi dell’Aventino.

 

In tale grande attività che talvolta rischiava il marasma, le anfore venivano riconosciute dalle etichette, cioè da un’iscrizione in legno o terracotta fatta a pennello sul corpo dell’anfora; per i vini di poco pregio bastava un segno, come si fa anche oggi con il gesso. Per indicarne la data si scriveva il nome dei consoli in carica nell’anno. Poco distante, ai piedi del monte Testaccio (da testa: piccolo coccio), formatosi nei secoli per l’innalzamento dovuto ai cocci delle anfore che si rompevano durante lo scarico, c’ era per l’appunto Il Forum vinarium, centro di contrattazioni tra mercanti ed acquirenti, Plinio ci ricorda circa 195 qualità dei vini. (di cui 12 prestigiosi),e le principali gradazioni di colori che proponeva il mercato: albus (bianco), fulvus (giallo oro), sanguineus (rosso rubino), niger o ater (nero).

Ma erano conosciuti anche il purpureus (violaceo), il medium (grigio) e l’helveolum(roseo).

 

Il commercio del vino assunse così tanta importanza nella Roma dell’Impero, che fu necessario raggruppare tutti i suoi esponenti, in un unico organismo che prese il nome di Corpus vinariorium (corporazione dei vinai), peraltro molto importante , perché riconosciuto tra i sei maggiori dei circa settantacinque del periodo classico.

La via Biberatica, nei Mercati Traianei, fu testimone dell’importanza commerciale del vino: nelle sue sovrapposte tabernae , è stato possibile riconoscerne il percorso ancora funzionante nel Medioevo, per la struttura di “botteghe a vino” con celle vinarie.

 

L’immensa quantità di vino che sbarcava nei porti del tirreno e confluiva a Roma, veniva venduta in innumerevoli posti dal più umile e malfamato al più decoro e d’elite. Al minuto veniva spacciato nelle “mense vinarie”(depositi di vini), che distribuivano gratuitamente il vino a chi possedeva una tessera rilasciata a tutti i poveri della capitale che avevano diritto ad una misura del vino, di cui facevano parte anche alimenti quali, pane, olio, legumi secchi, lardo, etc.

 

Il vino però non veniva solo regalato, ma anche venduto a coloro che durante l’attività cittadina, non potendo rientrare a casa per il pasto di mezzogiorno, non si accontentavano dell’acqua erogata dalla numerose fontane disseminate nella città, e preferivano acquistare bevande e cibi più gradevoli. Vi erano anche coloro, che poveri di soldi e che vivevano di espedienti, erano costretti a cercare bettole e bancarelle dove saziare la fame.

 

Per obbedire al richiamo dello stomaco e della sete, si poteva scegliere: spendere i pochi soldi rimediati in cambio di servigi, o dati dal benefattore, nel ricevimento mattutino presso coloro che vendevano gli alimenti su bancarelle, altrimenti altri luoghi di ristoro. I primi rappresentavano dei veri e propri venditori ambulanti che vendevano salsicciotti, biscotti, dolciumi, frutta secca e bibite nelle strade o luoghi pubblici. Le botticelle di questi umili venditori, che non erano trainate da animali ma dai venditori stessi, conservavano le bevande in “otri” vasi di terra o anfore, ed erano protette dal sole e dalla pioggia da tende, o da tavole smontabili. Questi venditori ambulanti, così come oggi, si installavano sotto i portici, le gallerie, sotto le arcate, nelle piazze, ed alla sera riponevano le loro merci in qualche scantinato di pochi metri con un ordine meticoloso oppure se le ri-trascinavano a casa….

 

Nelle strade durante il giorno, come in ogni città d’oriente, si potevano osservare tende variopinte, carrette e baracchette di legno, soprattutto nei pressi di circhi, anfiteatri e basiliche e luoghi di culto, ove si vendevano generi alimentari e bevande in occasione di feste, combattimenti e celebrazioni. L’attività dei venditori ambulanti era regolamentata da una autorizzazione ed il controllo era molto severo soprattutto nelle vicinanze dei bagni pubblici, nei teatri ed allo stadio dov’era necessario far osservare “l’ ordine pubblico”.

 

Se non si voleva “spizzicare” qualcosa presso questi ambulanti, ma magiare cibi più elaborati, allora era d’obbligo fermarsi presso una “taberna”. Questa parola nel corso dei secoli a subito varie trasformazioni, si tratta sempre di luoghi di ristoro con caratteristiche ben distinte. La “taberna” era all’inizio una piccola bottega di artigiani situata al pianterreno o seminterrato di uno stabile. Solo più tardi la “taberna vinaria” finì col diventare la “taverna” per eccellenza, cioè il locale specializzato nella mescita del vino al dettaglio e la consumazione sul posto, successivamente definita luogo dove “si beveva e si mangiava”.Questi luoghi erano assai numerosi a Roma ed in Italia, ma anche nelle Provincie, per cui il termine “taberna” è giunto sino ai nostri giorni, senza mutare molto nel suo significato, tantè che ancor oggi il nome italiano “taverna” è sinonimo di osteria.

 

Rita De Angelis

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Ecologia Profonda – Unitarietà della vita ed appello per terminare ogni guerra, a partire da quella in Afghanistan…

“Il male non si combatte con il male” (Saul Arpino)

Ante Scriptum

Ho sottoscritto anch’io, come Alex Zanotelli e parecchi altri,  l’appello de Il Dialogo (che segue) pur nella consapevolezza che se qualcosa cambierà nella situazione mondiale é solo quando ogni animo umano sarà toccato dalla comprensione che tutto quel che esiste  é strettamente interconnesso..

Dobbiamo essere consapevoli dell’inscindibilità della vita, partendo dall’ambito sociale in cui viviamo e osservando le cose con l’occhio dell’ecologia profonda e della spiritualità laica. Insomma abbiamo bisogno dell’intelligenza e della ragione, della cultura e delle sue variegate espressioni di pensiero ma anche di sensazioni, percezioni, intuizioni, sentimenti. Altrimenti la nostra società sarà solo una sterile macchinetta funzionale e burocratica, la nostra battaglia per un ipotetico “bene”  sarà solo una continua ricerca di aggiustamenti esteriori con nuove leggi e leggine   od al peggio con  “guerre di riparazione….” Come possiamo far parte di un contesto “umano” e socialmente integro se non consideriamo anche –forse in questo momento storico direi “soprattutto”- le necessità del mantenimento delle dignità umane, della riscoperta dei valori morali e spirituali e della comune appartenza all’evento Vita?

Il Pianeta sul quale abitiamo é uno, respiriamo la stessa aria, beviamo la stessa acqua… Perciò quando si invoca la  “pace” dobbiamo tener conto che solo essa porta al “bene comune”, poiché   il male fatto agli altri si ritorce contro noi stessi. Tutto il pensiero antico è orbitato per millenni attorno alla concezione unitaria dell’Universo con la Vita. La realtà sensibile, concreta, è strettamente interconnessa con la vita nelle sue manifestazioni essenziali.  E questo é anche il messaggio dell’ecologia profonda e del bioregionalismo applicato alla vita quotidiana.

Infatti – come disse un saggio contemporaneo, Nisargadatta Maharaj – noi non possiamo essere altro che una parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati.

Paolo D’Arpini

Ed ora leggete e firmate  l’Appello contro la guerra in Afghanistan:

Stiamo entrando nel decimo anniversario della guerra contro l’Afghanistan: è un momento importante per porci una serie di domande.

In quel lontano e tragico 7 ottobre 2001 il governo USA , appoggiato dalla Coalizione Internazionale contro il terrorismo, ha lanciato un attacco aereo contro l’Afghanistan.Questa guerra continua nel silenzio e nell’indifferenza, nonostante l’infinita processione di poco meno di 2.000 bare dei nostri soldati morti. Che si tratti di guerra è ormai certo, sia perché tutti gli eserciti coinvolti la definiscono tale ,sia perché il numero dei soldati che la combattono e le armi micidiali che usano non lasciano spazio agli eufemismi della propaganda italiana che continua a chiamarla “missione di pace”. Si parla di 40.000 morti afghani(militari e civili), e il meccanismo di odio che si è scatenato non ha niente a che vedere con la pace. Come si può chiamare pace e desiderare la pace, se con una mano diciamo di volere offrire aiuti e liberazione e con l’altra impugniamo le armi e uccidiamo?

La guerra in Afghanistan ha trovato in Italia in questi quasi 10 anni unanime consenso da parte di tutti i partiti – soprattutto quando erano nella maggioranza – e di tutti i governi. Rileggere le dichiarazioni di voto in occasione dei ricorrenti finanziamenti della “missione” rivela – oltre devastanti luoghi comuni e diffuso retorico patriottismo – un’ unanimità che il nostro Parlamento non conosce su nessun argomento e problema. Perché solo la guerra trova la politica italiana tutta d’accordo? Chi ispira questo patriottismo guerrafondaio che rigetta l’articolo 11 della nostra Costituzione?

L’elenco degli strumenti di morte utilizzati è tanto lungo quanto quello dei cosiddetti “danni collaterali” cioè 10.000 civili ,innocenti ed estranei alla stessa guerriglia, uccisi per errore. Ma la guerra non fa errori ,poiché è fatta per uccidere e basta.

Noi vogliamo rompere le mistificazioni, le complicità e le false notizie di guerra che condannano i cittadini alla disinformazione, che orientano l’opinione pubblica a giustificare la guerra e a considerare questa guerra in Afghanistan come inevitabile e buona. La guerra in Iraq, i suoi orrori e la sua ufficiale conclusione hanno confermato negli ultimi giorni la totale inutilità di queste ‘missioni di morte’. Le sevizie compiute nel carcere di Abu Ghraib e in quello di Guantanamo, i bombardamenti al fosforo della città di Falluja nella infame operazione Phantom Fury non hanno costruito certo né pace né democrazia, ma hanno moltiplicato in Iraq il rancore e la vendetta. Altrimenti perché sono orami centinaia i soldati degli Stati Uniti, del Canada e del Regno Unito che si suicidano, dopo essere tornati dall’ Iraq e dall’ Afghanistan? Cosa tormenta la coscienza e la memoria di questi veterani? Cosa hanno visto e cosa hanno fatto che non possono più dimenticare?Dall’inizio della guerra in Afghanistan ci sono più morti fra i soldati tornati a casa che tra quelli al fronte :si susseguono i suicidi dei veterani negli USA.

Tutto il XX secolo ha visto la nostra nazione impegnata a combattere guerre micidiali ed inutili nelle quali i cattolici hanno offerto un decisivo sostegno ideologico. Ancora troppo peso grava sulla coscienza dei cattolici italiani per avere esaltato, pregato e partecipato alla I guerra mondiale e tanto più ancora all’omicida guerra coloniale in Abissinia.”Ci presentavano l’Impero come gloria della patria!- scriveva Don Milani nella celebre lettera ai giudici L’obbedienza non è più una virtù.Avevo 13 anni. Mi pare oggi. Saltavo di gioia per l’Impero. I nostri maestri si erano dimenticati di dirci che gli Etiopici erano migliori di noi. Che andavamo a bruciare le loro capanne con dentro le loro donne e i loro bambini, mentre loro non ci avevano fatto proprio nulla. Quella scuola vile, consciamente o inconsciamente non lo so, preparava gli orrori di tre anni dopo… E dopo essere stato così volgarmente mistificato dai miei maestri….vorreste che non sentissi l’obbligo non solo morale, ma anche civico, di demistificare tutto?”
Forse conoscere la storia dei tanti eccidi criminali compiuti dai militari, dagli industriali, dai servizi segreti nella nostra storia contemporanea aiuterà i giovani a formarsi una coscienza politica e un senso critico. Tanto da renderli immuni dalla propaganda che vuole soltanto carpire consenso e impegnarli in imprese di morte come la guerra in Afghanistan, nella quale facciamo parte di una coalizione che applica sistematicamente la tortura – come nel carcere di Bagram e nelle prigioni clandestine delle basi Nato – e le esecuzioni sommarie.

Chi dunque ha voluto e vuole questa guerra afghana che ci costa quasi 2 milioni di euro al giorno? Chi decide di spendere oltre 600 milioni di euro in un anno per mantenere in Afghanistan 3300 soldati, sostenuti da 750 mezzi terrestri e 30 veicoli? Come facciamo tra poco ad aggiungere al nostro contingente altri 700 militari? Quante scuole e ospedali si potrebbero costruire? Chi sono i fabbricanti italiani di morte e di mutilazioni che vendono le armi per fare questa guerra? Chi sono gli ex generali italiani che sono ai vertici di queste industrie? Che pressioni fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d’arma? Quanto lucrano su queste guerre la Finmeccanica, l’Iveco-Fiat, la Oto Melara, l’Alenia Aeronautica e le banche che le finanziano? E come fanno tante associazioni cattoliche ad accettare da queste industrie e da queste banche elargizioni e benefici? Può una nazione come l’Italia che per presunte carenze economiche riduce i posti letto negli ospedali, blocca gli stipendi, tiene i carcerati in condizioni abominevoli e inumane, licenzia gli insegnanti, aumenta gli studenti per classe fino al numero di 35, riduce le ore di scuola, accetta senza scomporsi che una parte sempre più grande di cittadini viva nell’indigenza e nella povertà, impegnare in armamenti e sistemi d’arma decine di miliardi di euro? A cosa serviranno per il nostro benessere e per la pace i cacciabombardieri JSF che ci costano 14 miliardi di euro (quanto ricostruire tutto l’ Abruzzo terremotato)? E le navi FREM da 5,7 miliardi di euro? E la portaerei Cavour – costata quasi 1,5 miliardi e per il cui esercizio sprechiamo in media circa 150.000 euro al giorno – come contribuirà a costruire la pace?E come è possibile che il Parlamento abbia stanziato 24 miliardi di euro per la difesa nel bilancio 2010?
Chi sottoscrive questo appello vuole  che in Italia si risponda a queste domande.

Rispondano i presidenti del Consiglio di questi ultimi 10 anni, i ministri della difesa e tutti parlamentari che hanno approvato i finanziamenti a questa guerra.
Dicano con franchezza che questa guerra si combatte perché l’Afghanistan è un nodo strategico per il controllo delle energie , per il profitto di alcuni gruppi industriali italiani, per una egemonia economica internazionale, per una volontà di potenza che rappresenta un neocolonialismo mascherato da intenti umanitari e democratici, poiché questi non si possono mai affermare con armi e violenza.
Facciamo nostre le parole profetiche di una grande donna indiana Arundathi Roy, scritte in quel tragico 7 ottobre 2001:” Il bombardamento dell’Afghanistan non è una vendetta per New York e Washington.

E’ l’ennesimo atto di terrorismo contro il popolo del mondo. Ogni persona innocente che viene uccisa deve essere aggiunta, e non sottratta, all’orrendo bilancio di civili morti a New York e Washington. La gente raramente vince le guerre, i governi raramente le perdono. La gente viene uccisa. I governi si trasformano e si ricompongono come teste di idra. Usano la bandiera prima per cellofanare la mente della gente e soffocare il pensiero e poi, come sudario cerimoniale, per avvolgere i cadaveri straziati dei loro morti volenterosi. “

Per firmare il presente appello:
http://www.ildialogo.org/noguerra/Appelli_1286569552.htm

Il presente Appello é stato sottoscritto anche da Paolo D’Arpini, referente della Rete Bioregionale Italiana e portavoce di European Consumers Tuscia

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Cina nel mirino… – “Divide et impera” é il sistema di potere basato sulla destabilizzazione altrui e sull’uso strumentale di casi umani, vedi la concessione del Nobel per la Pace a Liu Xiaobo

Ante scriptum

 

Povera Cina, la sua colpa é di non essere prona ai voleri dell’alta finanza e delle potenze militari dominanti in occidente…. Siccome si rende troppo autonoma e competitiva sul mercato mondiale meglio crearle uno scandaletto in casa… Presto fatto: ecco tirato fuori il caso  Liu Xiaobo… Ma quali sono le vere “motivazioni” del conferimento del Nobel per la pace a questo “dissidente” venuto dagli USA?… 

 

“A pensar male ci si  azzecca…” Direbbe il mio conterraneo Giulio Andreotti, ed infatti ecco che tutti i media proni al volere del padrone  fanno baccano per un prigioniero in Cina e dimenticano le centinaia di detenuti “politici” nei campi di concentramento americani….

 

Simpatizzo con il governo cinese, lo ammetto,  ma spero che abbia il coraggio e la forza di liberare il dissidente scomodo  senza dover recedere dalla sua indipendenza politica…

 

Paolo D’Arpini

 

Ed ora leggete la lettera dell’amico Kiriosoga:

 

In tutto il mondo, controllato dal dio $ si fa in modo che opportunamente armate e imbonite popolazioni “inermi” si lottino tra loro sino alla distruzione dell’etnia più “scomoda per lo Stato colonialista” prossimo dominatore, e si ripagano uno o due capi locali con miseri doni che ingigantiscano ancor più il loro Io miserabile che diverrà persecutore nella regione di residenza. Costoro spariranno poi, fisicamente, secondo necessità.

 

Negli ultimi anni a noi vicini sono stati sottoposti a questa nefandezza dell’uccisione fisica, con raffinata tecnica “occidentale”, sia Saddam Hussein, sia Slobodan Milošević. Personaggi certamente assai più culturalmente avanzati del tribale della fotografia, ma, nonostante ciò, la loro fine fu d’essere giustiziati per necessità del dominatore, e proprio tale ingloriosa morte dimostra l’esattezza della tesi sopra esposta.

 

Sì, nonostante il mondo occidentale si professi “progredito” e “civile”, “pio” e “democratico” quei personaggi, non peggiori d’altri, furono fatti sparire, e non soltanto loro, perché Guantanamo e chissà quanti e quali altri luoghi dell’orrore lo confermano con le rivelazioni di notizie su di essi ormai all’ordine del giorno.

E tante altre genti sono state massacrate dalla truculenta e aggressiva “logica” colonialista/capitalista/sionista/cristiana, spesso senza nessun grado di giudizio, o dove questo ha avuto la parvenza di essere posto in essere si è sempre rivelato una presa in giro.

Un successivo esempio di “democratico disimpegno politico”, di deturpamento della Verità è l’azione avvenuta per il tutelamento d’interessi economici resi proni alla concessione del Nobel per la pace al cinese Liu Xiaobo, (omissis). Cinese a noi tutti perfetto sconosciuto, ma, forse, nel suo Paese con grandi meriti anti governativi.

 

Ora, cavalcando l’onda del racimolare denari con qualsiasi mezzo, i soliti “spiantati” u$a. vogliono spingere la Cina a rivalutare la propria moneta, stupidità grossolana e reale che qui non ha senso dimostrare. E per giungere a ciò per i rapaci finanzieri occidentali ogni mezzo è buono, anche sfruttare il povero detenuto Liu Xiaobo buttandolo in mezzo “agli onori della cronaca della comunità mondiale” così da tentare di colpire la Cina ed il suo Governo che certo hanno tanti demeriti, ma non peggiori di quelli statunitensi, israeliani, inglesi, russi, francesi, pakistani, indiani, arabi sauditi, turchi, tedeschi, nipponici, dei Paesi Bassi…

 

Non capiscono i “rapaci della finanza” che oggi toccare il colosso Cina è assai pericoloso, ma la FMI (Fondo Monetario Internazionale) ben deve saperlo, perché una guerra delle valute porterebbe il dollaro e l’euro al tracollo con immiserimento dell’intero pianeta… e addio loro “Novus Ordo Seclorum”, che ne sparisca anche il tentativo mi rallegra, ma che ciò avvenga con sistemi meno cruenti è auspicabile.

 

Nel frattempo il pio clero cattolico  non “prega” appassionato com’è solo nel “raccogliere” denari e tenersi “Renatino De Pedis” tumulato come santo e martire in un avello della basilica gesuita di Sant’Apollinare, e, si badi bene, lo stesso Vaticano che straparla con i suoi clerocratici e teocratici, a patto che siano solo loro ad amministrare il dio, di perversione italiana nel rimpatriare i clandestini che qui giungono non ha espresso una sola parola in favore dei diritti dell’uomo e di come è trattato in Cina!

 

Ma si sa, come già recito nel titolo d’un mio libro di prossima pubblicazione, “Il dio non è trino, è quattrino”!

 

Kiriosomega l’agnostico che rammenta: “Tantum religio potuit suadere malorum…”! (T. Lucrezio Caro, De rerum natura, versi 101-106. E chi vuole identificare questo scomodo atomista epicureo con il giovane Cicero dovrebbe seppellirsi con la sua scarsa e asservita cultura, ma questo discorso è per pochi e non posso qui intraprenderlo).

 

…. leggete il commento ricevuto da Giorgio Vitali:

 

A conferma…. In un saggio, Valerio Onida (Guerra, diritto, costituzione; Il Mulino sett.oct. 1999) scrive di temere che l’operazione Kosovo trasmetta all’opinione pubblica mondiale un messaggio regressivo, perché il RISCHIO di far sembrare l’ideale di un Ordine internazionale pacifico e giusto come “morto e sepolto” è incombente, con il corollario di celebrare come unica realtà valida il rapporto di forze.  

 

Un altro fine studioso, Fabio Fossati, sempre su Il Mulino lu-ago 1999, in un saggio: L’ordine mondiale e la guerra fredda, è preoccupato perchè le credenze dei conservatori circa l’ordine internazionale partono dal postulato…”lasciamo le cose come stanno” e qualcuno ritiene perfino, “senza dichiararlo esplicitamente”, CHE SIA OPPORTUNO CHE I POPOLI SOTTOSVILUPPATI SI AMMAZZINO TRA DI LORO.

 

Ciò che lascia perplesso un critico come il sottoscritto, non è il fatto che esistano questi problemi, ma che incaricati a commentarli ufficialmente o quasi, (Il Mulino vuol dire il giro moderato bolognese, Prodi in testa), siano intellettuali così infantilmente sprovveduti da credere alle chiacchiere ed alla propaganda di chi VUOLE invece e soltanto DOMINARE TUTTI GLI ALTRI.

G. V.

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“Il comune di Viterbo sanziona Peter Boom perché disabile…” – Lettera al Direttore -

133018/P/10 – 017351/10

Questo numero vuol dire che non potrò più andare con la macchina nel centro  storico di Viterbo, nemmeno con il mio contrassegno di handicappato bene  esposto sul parabrezzo. Ero andato al concerto di Harold Bradley dentro il  bellissimo cortile del Comune, i posti per gli handicappati erano tutti  occupati ed ho parcheggiato accanto alla macchina dell’organizzazione  dell’evento che sul parabrezza teneva esposta l’autorizzazione del Comune.

Alle  21.50, come sta scritto sulla multa, l’A.P.L. il signor M.G. ha fatto la multa  a me e anche agli organizzatori, i quali gentilmente hanno preso la multa mia  dicendomi che l’avrebbero fatto levare dal sindaco Marini. Già martedì 21  settembre, esterrefatto dal trattamento riservato agli invalidi in questa  città, scrissi un lungo articolo pubblicato su alcuni quotidiani e su una  dozzina di siti internet. Soltanto la dittà Stannah indignata mi ha telefonato  da Milano, ma l’indifferenza degli amministratori, forse impegnati in ben altri  affari, è enorme. Ho chiesto al sindaco di farmi annullare la multa, altrimenti  l’ingresso in città per fare compere nei negozi, che già stanno in crisi,  diventerebbe troppo rischioso ed oneroso, come per andare allo Schenardi (dove  ho saltato la presentazione del libro “L’ho buttato giù con un pugno” degli  scrittori Emanuela Moroni e Roberto Pomi; volevo andare ad altre  manifestazioni, ad una libreria e ad un negozio di articoli sanitari per il mio  handicap. Potevo andare a rischiare un’altra volta? NOOOOOOOOOO!!!

Si può anche fare ricorso contro la multa ma già una volta l’ho fatto e costa  moltissimo tempo e noie e malgrado il mio handicap ho ben altro da fare.

Una  multa, anzi una multona, la farei al Comune di Viterbo che è gravemente carente  ed incapace per quanto riguarda il controllo sui posti riservati agli  handicappati; ho diverse volte ribadito il pericolo a causa delle tante  macchina senza alcun permesso parcheggiate, di giorno e di notte, nel centro  storico di Bagnaia che impediscono il passaggio di Vigili del Fuoco, ambulanze,  Polizia e Carabinieri. Ho fatto notare tante volte che le strisce pedonali non  si vedono più (vedasi altra lettera del 21 settembre).

Vorrei far presente agli amministratori che la parola Comune (di tutti) vuol  dire agire nell’interesse di tutti, appunto della Comunità e non contro la  Comunità.

Il Sindaco deve vigilare sui vigili come in questo caso. Se ci sono  enti che non funzionano a dovere come l’Enel (continui black out), come certe  compagnie telefoniche e/o di internet che lasciano per mesi persone e  addirittura ditte senza telefono (dopo anni di lamentele Bagnaia è ancora senza  ADSL che forse tra pochi mesi arriverà), come le Belle Arti che hanno reso  quasi impossibile alle produzioni cinematografiche di girare a Villa Lante da  dove hanno fatto scappare anche la bellissima mostra “La conserva della neve”.  Ora ho appreso che il Festival Barocco non si fa più. Tutto questo con gravi  danni per l’economia locale. Dello scandaloso malfunzionamento della ASL pure  ho parlato e scritto ampiamente.

Il sindaco di tutta la COMUNITA’, magari in collaborazione con la Prefettura,  dovrebbe chiamare i dirigenti di questi Enti per farli funzionare in modo più  efficiente e comunque nell’interesse di tutta la Comunità. Altri Comuni hanno  dimostrato che questo è possibile e allora perché a Viterbo no? Oggi ho pagato  la multa! Ma che “Guadagno” è???
Peter Boom

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