Antonella Pedicelli: “Oh, questa nostra patria disperata… che non comprendo quasi più…”

Caro Paolo, ..ieri l’altro ho “vissuto” l’ennesimo “abuso esistenziale”, ti lascio questo breve scritto che spero riesca a trasmettere chiaramente il “senso” del mio disagio in questo Paese che ormai non comprendo più!

….E in questa nostra bella e “disperata” patria, quali “diritti” ormai possiamo accogliere come “nostri”? Chi siamo? Quale ruolo impersoniamo all’interno di una quadro percepito solo attraverso gli occhi dei “potenti”?

Le nostre lingue hanno chiuso le saracinesche, le nostre bocche sono appestate dal fetore di un “cibo” che non ci appartiene, ogni parte di noi sa che sta recitando un ruolo ormai scaduto da tempo. Eppure il macabro spettacolo continua tra il silenzio e l’indifferenza! Si, perché anche là dove si tenta di “parlare”, ma non si “urla” abbastanza forte quello che si sta dicendo.. beh, anche lì si permette al “mostro” di agire indisturbato tra schiamazzi e risa di noncuranza!

Il popolo “muore di fame”…il popolo ha freddo, il popolo grida nel profondo della notte, perché è come un figlio allattato ad un seno arido, che si contorce dal dolore, in una continua ricerca di vita! Questa è la terra che Enea benedisse un tempo come la più perfetta creata da volere umano e divino insieme? Questo è l’orgoglio di una “famiglia” rallegrata da un sole sempre lieto di vestire a festa ogni ramo d’albero presente sul suo grembo?

Un dolore antico permea le coscienze di chi ha vissuto l’età beata, di chi ha letto storie vere su libri “veri” e di chi ha amato intensamente un “banco di scuola”, sapendo che avrebbe sempre potuto dimorare in quel “posto” come “abitante” della cultura e della “conoscenza”. Schiavi di un unico padrone: il timore di vedere la “luce”, il timore di perdere ciò che in realtà non si è mai posseduto, schiavi di un sogno in cui tutto appare magico, in cui l’oblio vanifica la vera scoperta di se stessi e in cui il sorriso è un ricordo che merita di essere “riscoperto”!.

Antonella Pedicelli

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