Archivio di dicembre 2009

Calcata: 6 gennaio 2010 – Befana degli animali ed epifania per i bambini – Celebrazioni al Circolo Vegetariano VV.TT.

Eventi Paolo D'Arpini 28 dicembre 2009

 In questo freddo inverno anche gli animali selvatici hanno bisogno di un aiuto per sopravvivere.. per questa ragione da diversi anni abbiamo iniziato una tradizione chiamata  “Befana degli animali” che si svolge il 6 gennaio di ogni anno. Chiediamo a tutti i nostri amici e conoscenti di portare gli avanzi alimentari delle feste natalizie qui da noi  in modo da utilizzarle come doni per le bestiole selvatiche.  Nella tarda  mattinata scendiamo giù nella valle del Treja, muniti di saccocce piene di pan secco ed altre vettovaglie, e depositiamo questi alimenti in vari angoli del bosco ed anche nel fiume per nutrire i pesci.

Compiuto questo semplice rito  ritorniamo al Circolo dove mangiamo anche noi quelle pietanze vegetariane da ognuno portate e stiamo in allegria con canti e musica acustica.

Anche quest’anno è previsto anche un incontro pomeridiano al Centro Visite del  Parco del Treja per parlare del significato dell’Epifania, ascoltare  poesie,  fare discorsi ecologisti, ovviamente è prevista anche una distribuzione di “calze”  con dolciumi per i bambini che partecipano… 

Programma: Calcata, 6 gennaio 2010 – Befana degli animali ed Epifania  per i bambini

h. 11.00 – Appuntamento al Circolo Vegetariano VV.TT. in via del Fontanile snc. Partenza per la passeggiata nella valle e distribuzione del cibo  per gli animali.

h. 13.00 – Pic-nic al Circolo con il cibo vegetariano da ognuno portato.

h. 15.00 -  Incontro al centro Visite Parco del Treja:

*Stefano Panzarasa, autore di canzoni eco-pacifiste, tratte da poesie e  filastrocche di Gianni Rodari, canterà e reciterà per le bambine e i bambini  di Calcata.

*Michele Trimarchi, psicologo, parlerà della tradizione e del significato dell’Epifania.

*Fulvio Di Dio, delegato dell’Assessorato Ambiente della Regione Lazio, parlerà di solidarietà umana, di ecologia e di simbiosi fra uomo-natura-animali.

*Laura Lucibello, presidente dell’Ass. APAI, descriverà le opere artistiche presenti alle pareti della mostra dedicata al Sole Invitto,  che oggi chiude i battenti.

*Angela Proietti, maestra della Scuola Elementare di Calcata descriverà i disegni dei bambini.

*Luciano Sestili, sindaco di Calcata, porgerà il saluto dell’Ente.

*Gianni Di Giovanni, presidente del Parco del Treja, porgerà il saluto dell’Ente.

*Sandra Pandolfi, delegata della Provincia di Viterbo, porgerà il saluto dell’Ente.

*Leonello Sestili del Centro Diurno Polivalente di Calcata consegnerà le calze ai bambini presenti.

*Paolo D’Arpini del Circolo Vegetariano VV.TT.  concluderà la manifestazione con gli auguri e buoni auspici per una nuova stagione  di nobiltà umana.

Info:  circolo.vegetariano@libero.it – Tel. 0761/587200 – Info.apai@virgilio.it – Tel. 3335994451

Con il patrocinio morale di: Provincia di Viterbo, Parco Valle del Treja,  Comune  e Centro Diurno Polivalente di Calcata

Si ringrazia il Parco Valle del Treja per l’uso gratuito del Centro Visite di Calcata

………………

 

Ed ora alcune note esplicative sul significato della Befana:

L’Epifania della natura!

Conosciamo tutti il significato che la religione cattolica ha dato alla festività dell’Epifania, ma forse non tutti sappiamo che dietro la presunta storpiatura che ha trasformato il termine Epifania in “Befana”, c’è una serie di tradizioni antiche che sono riuscite, faticosamente, a sfidare i millenni ed a giungere fino a noi.

L’origine della Befana è nel mondo agricolo e pastorale. Anticamente, infatti, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura, attraverso la figura di Madre Natura. In questa notte Madre Natura, stanca per aver donato tutte le sue energie durante l’anno, appariva sotto forma di una vecchia e benevola strega, che volava per i cieli con una scopa. Oramai secca, Madre Natura era pronta ad essere bruciata come un ramo, per far sì che potesse rinascere dalle ceneri come giovinetta Natura, una luna nuova.

Per meglio capire questa figura dobbiamo andare fino al periodo dell’antica Roma. Già gli antichi Romani celebravano l’inizio d’anno con feste in onore al dio Giano (e di qui il nome Januarius al primo mese dell’anno) e alla dea Strenia (e di qui la parola strenna come sinonimo di regalo). Queste feste erano chiamate Sigillaria; ci si scambiavano auguri e doni in forma di statuette d’argilla, o di bronzo e perfino d’oro e d’argento. Queste statuette erano dette “sigilla”, dal latino “sigillum”, diminutivo di “signum”, statua. Le Sigillaria erano attese soprattutto dai bambini che ricevevano in dono i loro sigilla (di solito di pasta dolce) in forma di bamboline e animaletti. Questa tradizione di doni e auguri si radicò così profondamente nella gente, che la Chiesa dovette tollerarla e adattarla alla sua dottrina.

In molte regioni italiane per l’Epifania si preparano torte a base di miele, proprio come facevano gli antichi Romani con la loro focaccia votiva dedicata a Giano nei primi giorni dell’anno 

Giano Bifronte.

Usanza antichissima e caratteristica è l’accensione del ceppo, grosso tronco che dovrà bruciare per dodici notti. E’ una tradizione risalente a forme di culto pagano di origine nordica: essa sopravvive l’antico rito del fuoco del solstizio d’inverno, con il quale si invocavano la luce e il calore del sole, e si propiziava la fertilità dei campi. E non è un caso se il carbone che rimane dopo la lenta combustione, che verrà utilizzato l’anno successivo per accendere il nuovo fuoco, è proprio tra i doni che la Befana distribuisce (trasformato chissà perché in un simbolo punitivo).

La tradizione è ancora conservata in alcune regioni d’Italia, con diverse varianti: a Genova viene acceso in alcune piazze, e l’usanza vuole che tutti vadano a prendere un tizzone di brace per il loro camino; in Puglia il ceppo viene circondato da 12 pezzi di legno diversi.

In molte famiglie, il ceppo, acceso la sera la sera della Vigilia, deve ardere per tutta la notte, e al mattino le ceneri vengono sparse sui campi per garantirsi buoni raccolti.

In epoca medioevale si dà molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell’Epifania è anche chiamata la “Dodicesima notte”. È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. In quelle dodici notti il popolo contadino credeva di vedere volare sopra i campi appena seminati Diana con un gruppo più o meno numeroso di donne, per rendere appunto fertili le campagne.

Caccia di Diana – Domenichino (Domenico Zampieri) Roma – Galleria Borghese.

Nell’antica Roma Diana era non solo la dea della luna, ma anche la dea della fertilità e nelle credenze popolari del Medioevo Diana, nonostante la cristianizzazione, continuava ad essere venerata come tale. All’inizio Diana e queste figure femminili non avevano nulla di maligno, ma la Chiesa cristiana le condannò in quanto pagane e per rendere più credibile e più temuta questa condanna le dichiarò figlie di Satana! Diana, da buona dea della fecondità diventa così una divinità infernale, che con le sue cavalcate notturne alla testa delle anime di molte donne stimola la fantasia dei popoli contadini. Diana, Dea della Caccia, della Luna, delle partorienti. La Befana è spesso ritratta con la Luna sullo sfondo.

Di qui nascono i racconti di vere e proprie streghe, dei loro voli e convegni a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Nasce anche da qui la tradizione diffusa in tutta Europa che il tempo tra Natale ed Epifania sia da ritenersi propizio alle streghe. E così presso i tedeschi del nord Diana diventa Frau Holle mentre nella Germania del sud, diventa Frau Berchta. Entrambe queste “Signore” portano in sé il bene e il male: sono gentili, benevole, sono le dee della vegetazione e della fertilità, le protettrici delle filatrici, ma nello stesso tempo si dimostrano cattive e spietate contro chi fa del male o è prepotente e violento. Si spostano volando o su una scopa o su un carro, seguite dalle “signore della notte”, le maghe e le streghe e le anime dei non battezzati.

La Festa della Dodicesima Notte ispirò tra gli altri William Shakespeare che scrisse la omonima commedia che ebbe la prima rappresentazione il 6 Gennaio del 1601 al Globe Theatre di Londra.

Daniel Maclise: La Dodicesima Notte, Malvolio e la Contessa.

Strenia, Diana, Holle, Berchta,… da tutto questo complesso stregonesco, ecco che finalmente prende il volo sulla sua scopa una strega di buon cuore: la Befana. Valicate le Alpi, la Diana-Berchta presso gli italiani muta il suo nome e diventa la benefica Vecchia del 6 gennaio, la Befana, rappresentata come una strega a cavallo della scopa, che, volando nella dodicesima notte, lascia ai bambini dolci o carbone. Come Frau Holle e Frau Berchta, la Befana è spesso raffigurata con la rocca in mano e come loro protegge e aiuta le filatrici.

Nella Befana si fondono tutti gli elementi della vecchia tradizione: la generosità della dea Strenia e lo spirito delle feste dell’antica Roma; i concetti di fertilità e fecondità della mite Diana; il truce aspetto esteriore avuto in eredità da certe streghe da tregenda (spostamento); una punta di crudeltà ereditata da Frau Berchta. Ancora oggi un po’ ovunque per l’Italia  si eseguono diversi riti purificatori simili a quelli del Carnevale, in cui si scaccia il maligno dai campi grazie a pentoloni che fanno gran chiasso: il 6 gennaio si accendono i falò, e, come una vera strega, anche la Befana viene qualche volta bruciata…

Lettera aggiunta:

“Frau Holle e le sue compagne…”  Ecco le Belle che mi piacerebbe  incontrare la dodicesima notte….

Cara, dolce Dulcinea, è già parecchio che non ti scrivo ed un po’ mi vergogno per averti trascurata tu che sei per me il simbolo dell’amore e della bellezza.

La notte della fine anno, da quando son tornato al mio castello, ho riscoperto la tradizione della bruciatura della “Pupazza”, come simbolo di un qualcosa di vecchio che viene distrutto per lasciar posto al nuovo.  Questa Pupazza doveva essere vestita con pezzi di abiti provenienti da tutti gli abitanti del castello.  Ma sinceramente non ero molto contento di questa immagine, mi sembrava troppo  legata al rogo delle nostre donne sciamane e sante, bruciate come streghe nel medioevo cristiano. Decisi perciò di festeggiare l’ultimo giorno dell’anno con una passeggiata notturna nella natura che finisce poi in un Tempio, che è una grotta, con il fuoco acceso e con canti magici… Tutto ciò assomiglia enormemente ad un viaggio iniziatico di ritorno alle origini naturali ed alla comunione orgiastica con le forze primordiali della vita.

Altrettanto feci con la ricorrenza dell’Epifania. Invece di immaginare una vecchiaccia che scende dal camino a portare carbonella e fuliggine, pensai ad una “sfilata delle befane”, tutte  belle e sane!   Così per diversi anni a Calcata-Mancia abbiamo festeggiato con  queste  tradizioni. Da quando venni ad abitare in questa valle che mi venne l’ispirazione di ripristinare la festa pagana chiamata “Befana”.  La feci rivivere come una processione di donne in costume, tutte bellissime, sia pur mascherate e vestite di stracci per non farsi riconoscere dal volgo ignorante. Queste belle donne scendevano dal piano del paese nuovo sino al vallone del paese vecchio, dove anticamente c’era la tradizione del Sabbat, e qui in un orgiastico raduno offrivano i loro doni ai maschietti, anziani o bambini che fossero. Poi una delle Befane, la più bella e dolce, veniva scelta dal popolo ed era incoronata “Regina delle Befane”.

Conservo ancora delle immagini fotografiche di questa festa, che di religioso nel senso cristiano del termine aveva ben poco,  alcune befane giungevano in calesse, altre seguivano a piedi  ancheggiando.

Ma le cose belle durano sempre poco e  questa consuetudine della processione delle belle Befane rivisse solo per alcuni anni e poi ritornò nel limbo dei ricordi ancestrali. L’anno scorso di tutte le befane attese solo due sono giunte ad evocare quelle fate: Laura Lucibello che impersonava la Befana degli animali, che ha distribuito cibo alle bestie  della valle del Treja e Bianca Dones, dolce fatina befanina con le calze, la sciarpa ed il berretto rosso ed il sorriso felino da donna intrigante, che ha rallegrato il cuore dei bimbi e dei più grandicelli, come me, che vedevano in lei la dispensatrice dell’amore….

Ti ho raccontato questo piccolo segreto, mia Dulcinea, affinché tu sappia quanto mi manchi 

Tuo,  Don Chisciotte (alias Paolo D’Arpini)

Commenti disabilitati

“Addenda per un nuovo anno… sull’epicureismo, stoicismo, ellenismo, protocristianesimo et coetera et coetera…” Di Giorgio Vitali

Lo scritto che segue è un’integrazione all’articolo apparso su:

http://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2009/12/considerazioni-neo-pagane-per-un-nuovo.html

Aggiungo ulteriori considerazioni, raccolte fra gli scritti di pensatori significativi. Per spiegare le ragioni che hanno determinato l’aspetto personalistico del cosiddetto insegnamento del Cristo, personalismo che possiamo far discendere tanto dall’Epicureismo quanto dallo Stoicismo, dottrine filosofico-esistenziali di cui era pregno il mondo mediterraneo governato dalla Romanità e improntato dall’Ellenismo, vale la pena riportare quanto scritto dallo studioso Paolo Boccuccia (vedi anche il libro di don Ennio Innocenti: Gesù a Roma.)

Il Gesù dei Vangeli vive, si muove ed opera su di uno sfondo ambientale e storico irreale, tranquillo, folkloristico, pacifico, al massimo turbato da qualche dramma personale senza importanza sociale, quali infermità o alienazioni mentali (indemoniati), drammi che danno al personaggio l’occasione di mostrare i suoi poteri taumaturgici e di porsi al centro di una attenzione collettiva priva del tutto di connotazioni politiche e di prospettive rivoluzionarie 

Nota: In questo clima è possibile instaurare un insegnamentol di carattere personalistico che promette la “vita eterna”, cioè un prolungamento della vita a chi si comporterà in un certo modo ( che può essere anche una modalità di esistenza del tipo di quelle che vanno per la maggiore, oggi, nelle riviste salutistiche. Da aggiungere anche che all’epoca, cioè all’epoca in cui è stato situato, arbitrariamente la predicazione di gesù, la Palestina era letteralmente straziata da guerre civili e da ribellioni contro Roma.

Pitigrilli, nel suo libro ” La bella ed i curculionidi” scrive: I Greci insegnavano ”se sei bello fatti più bello ancora. Oggi la gente coltiva la propria caricatura.”

E Platone: “Scopo dell’uomo è la conoscenza e questa si ottiene nella Comunità e per la Comunità ”

Nota ulteriore: I racconti evangelici, nella loro astrazione -come fossero racconti fiabeschi- 

non permettono di identificare un elemento concreto. Questo il loro fascino ma anche il loro limite. Al contrario, la Fascinazione Mitica, alla quale i creatori dei Vangeli si sono sicuramente ispirati, permette una continua traslazione nella tradizione del mito: dalla Persia, alla Mesopotamia, alla Grecia, a Roma e da questa a tutta l’ area mediterranea, compresa la Pelstina, ma soprattutto Alessandria d’Egitto cuore pulsante e concentrazione di tutto il pensare ed il sentire.

Palingenesi Pitagorica: come scrive Arturo Reghini, non significa morire e rinascere, bensì ripetere l’ atto della nascita. nascere nuovamente.

Frasi utili alla comprensione:

< Perdonami per non essere riuscito a perdonarti. >

< Io sono un altro Te stesso. > saluto dei nativi americani.

< In fondo al Graal c’è il TAO.> Eugenio Montale.

Vasile Droj: < Risonanza nella nostra Mente delle parole che pronunciamo e che ascoltiamo. Non ha senso escludere la sonorità e l’articolazione, cioè la lingua nazionale utilizzata nel discorso, dalla comprensione dei significati.  Non c’è comprensione nella pura astrazione concettuale. >

H. Laborit: < La sola ragione d’essere di un essere  è di essere, diversamente non esisterebbero esseri >

Cartesio: < Occorre saper sceverare il vero dal certo >

Georgius Vitalicus (alias Giorgio Vitali)

Commenti disabilitati

Vita pericolosa in Maremma… Non più rischi per brigantaggio, animali selvaggi e cataclismi naturali oggi le minacce vengono dai fumi del carbone, rifiuti tossici e soprattutto dalla centale nucleare di Montalto di Castro – Prepariamoci al peggio.. dopo le elezioni Regionali del 2010 non si sa cosa ci aspetta….

“Come comprare il consenso alla tortura? Pagando le compensazioni…  Così l’Italia torna  alla legge del taglione…”  (Paolo D’Arpini)

Il governo ha dato via libera ai criteri per l‘individuazione dei siti su cui potranno essere costruite le nuove centrali nucleari, e dei compensi da destinare ai territori che accoglieranno i nuovi impianti.

Il Consiglio dei ministri pre-natalizio ha infatti approvato uno schema di decreto legislativo sulla localizzazione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonche misure compensative e campagne informative.

Dove le centrali? Troppe domande, lo sapremo solo dopo le elezioni regionali di marzo.

Le aree idonee ad ospitare le prossime centrali nucleari italiane dovranno rispondere ad “uno schema di parametri di riferimento relativi a caratteristiche ambientali e tecniche”.

Lo “schema di parametri” dovrà essere poi definito dal Ministero dello Sviluppo Economico, da quello dell’Ambiente e dei Trasporti, su proposta dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare -non ancora istituita, i Ministri litigano tra Genova (Scajola) e Brunetta (Venezia)- entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo stesso.

In particolare, le caratteristiche ambientali riguardano, “popolazione e fattori socio-economici, qualità dell’aria, risorse idriche, fattori climatici, suolo e geologia, valore paesaggistico, valore architettonico-storico, accessibilità“.

Quelle tecniche riguardano invece “la sismo-tettonica, distanza da aree abitate, geotecnica, disponibilità di adeguate risorse per il sistema di raffreddamento della tipologia di impianti ammessa, strategicità dell’area per il sistema energetico e caratteristiche della rete elettrica, rischi potenziali indotti da attività umane nel territorio circostante”.

Ma sin d’ora si stabilisce che i siti che ospiteranno le centrali nucleari saranno di “interesse strategico nazionale” e come tali “soggetti a speciali forme di vigilanza e protezione”, ovvero saranno presidiati dall’esercito.

I compensi? Soldi a palate per comprare il consenso degli enti locali e delle popolazioni.

Per quanto riguarda i compensi da destinare ai territori che ospiteranno le centrali nucleari, si tratterà di un beneficio economico su base annuale da corrispondere anticipatamente per ciascun anno di costruzione dell’impianto; l’aliquota è pari a 3.000-4.000 euro per ogni Mw sino ad una potenza di 1.600 Mw, “maggiorata del 20% per potenze superiori”.

Benefici economici “a pioggia” per le province ed i comuni che ospiteranno i prossimi impianti nucleari, ma anche per i comuni limitrofi in un’area di 20 chilometri dal perimetro dell’impianto. Le imprese e gli abitanti delle zone in questione non avranno solo sconti in bolletta elettrica, ma anche di quella per i rifiuti urbani, per le addizionali Irpef e Irpeg e per l’Ici.

Alcune brevi considerazioni:

C’è una prima questione di democrazia. Il Governo conosce bene l’ostilità delle popolazioni e dunque sceglie il segreto sulla localizzazione dei siti per timore di perdere le elezioni regionali. Ma possono i cittadini andare a votare senza conoscere le intenzioni dei candidati e delle forze politiche su un tema così importante?

C’è una seconda questione di democrazia. Lo Stato italiano è firmatario della Convenzione di Aarhus del 1998, che stabilisce l’obbligatorietà dell’informazione ai cittadini e della partecipazione degli stessi alla scelte decisionali sulla localizzazione delle centrali nucleari e sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Come si concilia questa Convenzione con la decretazione delle aree come siti di interesse strategico nazionale e dunque con la loro militarizzazione?

C’è una terza questione di democrazia. Un Governo che taglia drasticamente i fondi agli enti locali riducendone al lumicino la capacità di erogare servizi, sceglie con finanziamenti a pioggia di comprare il consenso degli amministratori locali e delle popolazioni che accetteranno di ospitare le centrali nucleari. Può essere questo il rapporto tra Stato ed Enti Locali, in un paese che da anni blatera di federalismo?

Occorre una opposizione netta, radicale e diffusa.

Occorre che in ogni territorio si costituiscano da subito comitati antinucleari.

Occorre che da subito si rifiuti la militarizzazione della protesta sociale.

Occorre che si obblighino da subito i candidati e le forze politiche di tutte le regioni a pronunciarsi.

Occorre che nei territori di probabile localizzazione delle centrali, gli enti locali e le popolazioni rifiutino la sudditanza feudale che viene loro proposta e che si avii una forte protesta di tutti gli enti locali e di tutte le popolazioni contro i continui tagli di risorse praticati dal Governo.

Meglio attivi oggi che radioattivi domani.

Marco Bersani (Attac Italia)

Commenti disabilitati

Velina D’Arpina (post) Natalina – Attentati, eventi, infingardia, malasanità… piove governo ladro!

Stamattina la salita  per andare a  Canossa è stata facilitata da un passaggio ricevuto, mi sono risparmiato la fatica… Anche se prima ho dovuto compiere una bella scarpinata con uno scatolone pieno di capature di carciofi fino al mandriolo della maiala. Lo scatolone in cartone era fradicio per l’acqua piovana notturna ed è stata dura riuscire a mantenerlo intatto senza far precipitare tutto il contenuto,  ho perso solo qualche gambo e qualche foglia qui e lì… ma la massa si è salvata ed è giunta compatta davanti alla scrofa che mi guardava interrogativamente…

Salito in macchina ho appreso le ultime notizie sullo sfacelo  del servizio sanitario farmaceutico. Dovete sapere che ieri sera, Santo Stefano, mio figlio Felix era venuto  trafelato a casa mia chiedendomi di fare una telefonata al medico, poiché  il figlio di tre anni e mezzo, nonché mio nipotino, aveva un attacco di otite e soffriva terribilmente. Avendo saputo dal pediatra quale farmaco usare per lenire il dolore e chiamato l’apposito numero per sapere quale  farmacie erano aperte,  l’impiegato aveva indicato la farmacia di turno  di Nepi.  Partito di corsa per raggiungere il luogo  mio figlio appurava che la farmacia era invece serrata, ed ai numeri menzionati sulle indicazioni appese fuori non rispondeva nessuno. Al ritorno si fermava a Mazzano cercando se ci fosse lì una farmacia, ovviamente chiusa, ed anche al numero della Guardia Medica non rispondeva nessuno. Richiamato il numero delle farmacie di turno gli veniva confermata che doveva essere aperta  quella di Nepi… insomma da Erode a Pilato e da Pilato ad Erode… ma se uno si ammala a Natale è meglio che si arrangi come se vivesse nel deserto dei Tartari, con rimedi di fortuna…

Certo, ci sono stati casi più gravi dell’otite del mio nipotino, ho letto su un giornale locale di Viterbo che addirittura ieri sera una persona è morta perché il pronto intervento non funzionava… lasciamo quindi perdere questo argomento e passiamo al prossimo.

Al baretto di Calcata nuova, ho provato a chiedere se c’erano novità. Mi sembrava infatti di aver sentito dire  che c’era stato un attentato al vaticano. Ed ho chiesto “ma è vero che a Natale  hanno aggredito il papa?” – “certo che sì, ma la televisione non dice più nulla su questo fatto… io l’ho saputo ieri, pare che una donna, da sola, abbia scavalcato le transenne e sia corsa verso il papa, in piazza san Pietro. Un cardinale si è interposto ed è caduto per terra, ma il papa è sano e salvo…” – “Come? –dico io-  una donna da sola e disarmata ha fatto l’attentato? Ma che attentato è? Forse voleva semplicemente abbracciare il papa…” – “No, no era un attentato, infatti il cardinale cadendo si è rotto un femore… ora è ricoverato ai Gemelli” – “Ma è la clinica dove sta tua moglie in coma, a proposito come sta ora?” – “Sempre uguale, dopo l’operazione non è più uscita dal coma e viene nutrita con le flebo, sta lì come morta ma morta non è… e pensare che il professore che l’ha operata prima dell’operazione l’aveva visitata privatamente e pareva che fosse tutto a posto, ho persino voluto 400 euro per cinque minuti di consulto…” – “Come sarebbe a dire -faccio io- non è tutto pagato dalla mutua?” – “Macché… macché  devi pagare a parte ed in contanti…” –“ Una volta –commento io- almeno  si accontentavano di un pollo, ora vogliono essere pagati privatamente e profumatamente,  oltre ai soldi che gli da la ASL, ed i risultati? Ecco lì tua moglie è come morta e campa solo perché tenuta artificialmente in vita… E pensare che la Sanità costa ai cittadini laziali l’ottanta per cento delle entrate, l’altro venti per cento serve per pagare gli amministratori ed i politici… ed i comuni si debbono arrangiare con le multe e le tasse comunali…” – “Sai una cosa? –continua il barista- ai Gemelli c’è un parcheggio enorme, tre euro l’ora, e se tardi per  la seconda ora paghi sei euro… e sai chi si prende i soldi? I proprietari del terreno che sono i preti…”

Per avere ulteriori notizie sull’attentato papale mi sono quindi recato dal giornalaio, ho spulciato i quotidiani ma non c’erano notizie sul fatto… mi è sembrato alquanto strano… Ho chiesto all’edicolante e lui mi ha detto… “E che ne sai perché…? E’ come per l’attentato a Berlusconi, a quello gli hanno fatto la grazia, Alla donna del papa la faranno santa… Boh?”

 Al ritorno, a Sodoma Gomorra, tutto sembrava normale, le auto in sosta nella piazza come ogni giorno di festa, i  bancarellari di cianfrusaglie già pronti con le loro mercanzie d’accatto, i ristoratori e baristi  scaricavano  bevande e  scatolette del supermercato, le associazioni culturali aprivano le loro botteghe, insomma “la farsa continua”  e tiriamo a campare…

Finché c’è vita c’è speranza!

Paolo D’Arpini

Commenti disabilitati

Le due vie di una stessa conoscenza: Saggezza della Ragione e del Cuore – Saggio di Stefano Andreoli dal Sottosuolo e brani di corrispondenza con Paolo D’Arpini

Ante scriptum.

Prima di passare alla lettura dell’articolo sottostante vi  consiglio di leggere  alcuni appunti di corrispondenza intercorsi fra l’autore e me, che possono chiarire meglio le nostre posizioni e comprensioni:

“…pubblicalo dove credi… ma dimmi, che ne pensi?”

“Ritengo, caro Stefano, che nel genere il tuo scritto sia definibile un ”saggio”  forse potrebbe anche essere una tesi o tesina di laurea.. Insomma si vede che cia hai lavorato molto e con attenzione… certo succede che quando si è giovani e si cerca di esprimere pensieri e sentimenti si fa di tutto per apparire “seri e credibili”… ed allora si fanno molte citazioni e si cercano riscontri e spiegazioni intellettuali per corroborare il proprio “teorema”. Insomma ritengo che se in futuro tu potrai alleggerire lo stile ne guadagnerebbe la lettura… per quanto riguarda i concetti esperessi  il testo è ineccepibile.  Spero che nel prosieguo della collaborazione tu possa “preoccuparti” meno della credibilità e più di curare l’espressione poetica…

Ma ovviamnete questa è solo una mia opinione ed io in effetti non sno né un erudito né uno scrittore.. ma un semplice scribacchino di storie quotidiane… Grazie per la pazienza nell’avermi ascoltato.”

“Caro Paolo, quello che tu mi dici è molto importante, in quanto mi permette di migliorare quello che si definisce lo stile dell’articolo. E’ sempre stato un mio problema quello di decifrare le mie intuizioni o pensieri agli interlocutori che avevo di fronte: farsi capire a volte è davvero la parte più difficile nonostante tutte le verità comprese e interiorizzate. Pertanto, se esiste un modo o un consiglio per agevolare la comprensione, non esito ad ascoltarlo, ti ringrazio ancora tanto del tuo sincero e intelligente intervento.
Solo una cosa però: è normale che tu interpreti questa mia “forma” di scrivere come effetto di un’educazione accademica giovanile per apparire “seri e credibili”, ma non è proprio questo il mio caso. Io sono sempre stato un forte anticonformista per quanto concerne la scuola e i suoi insegnamenti: non mi sono mai iscritto all’università e, se hai letto il blog, ho scritto molto riguardo al totale fallimento dell’educazione della scuola. E’ vero, è stata mia sorella ad iniziarmi a questo tipo di educazione, se vogliamo colta, ma in verità mi sono sempre orientato nelle meraviglie della letteratura di formazione, nel cinema d’autore, nella musica eterna del jazz e classica, e nelle discipline della filosofia e psicologia, unicamente per vocazione personale.
Nel senso che da autodidatta, mi sono sempre cimentato di questo perchè sentivo che solo questo tipo di “materiale” poteva meglio contenere e soddisfare l’enorme anelito di sapere e di pienezza che da sempre mi torceva. Era come se solamente loro potevano gridare in tutta autenticità quella bellezza e quella grandezza tanto sognata. E’ vero, ho letto tanto, ma devo dire che dopotutto solamente quei romanzi, quei films e quella musica hanno saputo avere le parole, i significati e il contenuto che più si avvicina alla verità. Ovviamente nella teoria: è lo svantaggio del sottosuolo, tanta teoria ma poca esperienza pratica… sob
Oramai purtroppo credo che solamente attraverso il “saggio” riesca ad esprimermi appieno, e di questo mi rammarico, dato che mi accorgo che così posso ragiungere solo un determinato target. La mia profondità mi ha contagiato a tal punto che ora è pressochè impossibile esprimermi con altre forme. A che serve essere depositari di qualcosa ma non poter applicare in pratica o anche solo condividere? Per questo quello che mi dici è molto importante, perchè ti ripeto che mi è sempre stato molto difficile uscire da quest’abitudine nello scrivere. Ma lungi da me voler essere un accademico o padrone della cultura universitara: tante nozioni, poca sostanza e tra l’altro, mal utilizzata. Perciò, se ti possono interessante altri articoli (magari di quelli già pubblicati sul blog), o quant’altro, sarò ben lieto di collaborare con te. E se avrai altri consigli così preziosi da darmi, li ascolterò volentieri; ho talmente passato tanto del mio tempo ad esplorare la verità che ora ne sono quasi schiavo e a fatica riesco ad esprimerla “in superfice”. A presto”

“Caro Stefano, ammettere di non sapere è già enorme saggezza… bene facesti ad interessarti di cultura in forma autodidattica, così non sei stato contagiato dalle opinioni ufficiali e dai riconoscimenti della critica ufficiale. Ma anche da autodidatta è bene uscire fuori dagli schemi teoretici e passare alla pratica, all’osservazione diretta dei fenomeni vitali, delle esperienze emozionali… senza necessariamente cercare di ottenere immediati risultati… altrimenti sarebbe come cercare risposte  partendo dal parossismo dell’alcol o della droga. Meglio mantenere la mente sempre lucida ma aperta. La vita stessa ci insegna a sciogliere i grumi dell’acquisito, della scontatezza e del costruito per abitudine o per credulità. Uscire dagli schemi è importante anche per trovare nuove forme comunicative, nuovi approcci e nuove acquisizioni. “se non vuoti la tua tazza… -diceva il maestro- come puoi ricevere la verità dello zen?” 

 Per un po’ dimentica le comparazioni e tutto ciò che hai già prodotto… non tener conto di nulla se non della capacità espressiva… allora vedrai che pian piano potrai uscire fuori dal meccanismo descrittivo intelletualistico… e passare all’allegoria, al messaggio insito nell’esempio vissuto, nel racconto modesto dell’esperienza quotidiana.

 Beh, auguri e comunque sì, continua a tenermi informato sugli sviluppi della tua ricerca… da oggi…”

Ed ora leggete l’articolo in questione

“Si arriva al significato delle cose solo chiamandole con il loro vero nome”  (Andrei Rublev, di A.Tarkovskij 

Purtroppo mai come oggi la tendenza predominante, soprattutto nelle università, è quella di trattare la conoscenza e in particolar modo la filosofia (e discipline similari), come una delle tante materie scientifiche che si insegnano per preparare lo studente al mondo della tecnica e della professionalità. Diventano dei mezzi finalizzati a farcirgli la testa di nozioni che parleranno unicamente alla memoria e alla logica. Ma forse si è dimenticato che il ruolo della filosofia è nato innanzitutto per soddisfare un sentimento, la curiosità, e per aiutare l’uomo a conoscere se stesso e migliorarsi. Se si considera tale disciplina solamente come un fine, omettendo la fondamentale funzione che ha sull’individuo e sulle proprie verità interiori, allora si rischia di rimanere bloccati in una prigione invisibile con pareti fatte di termini, nozioni e parole prive di significato.  

Socrate soleva invitare le persone con cui parlava a curare la propria anima, non solo la propria logica, Wittgenstein diceva che l’unica cosa si può fare per cambiare il mondo è migliorare se stessi.   E allora le discipline come la filosofia non sono di nessuna utilità pratica, se non per l’effetto prodotto sulle menti e sulla vita di coloro che le praticano e studiano. Esse non servono per avere garanzie, certezze e nuovi basi, ma piuttosto per porsi domande, per creare dubbie e incertezze, ovvero il terreno fertile per la nascita di una conoscenza più profonda e maggiore libertà.

La libertà è il bene più prezioso che può raggiungere il filosofo, affermava Platone: la conoscenza infatti permette di suggerire e stimolare nuove possibilità che allargano l’orizzonte della propria mentalità liberandola da pregiudizi, passività e consuetudini. Aumenta la conoscenza della realtà e dell’uomo stesso in quanto diminuisce la sicurezza nei loro riguardi, ma soprattutto scuote il dogmatismo arrogante di coloro che “credono di sapere e invece non sanno nulla” (Socrate) o che utilizzano la conoscenza per fini utilitaristici o interessi personali. L’uomo “pratico”, il classico individuo omologato e inserito da buon borghese in società, colui che riconosce principalmente i bisogni materiali, dimentica di fornire altrettanto nutrimento alla mente e se vogliamo allo “spirito”. Colui che non è mai entrato nella “regione del dubbio liberatore” (B.Russel) vedrà sempre il mondo e se stesso come qualcosa di scontato, di chiaramente definito, immutabile e probabilmente già determinato e chiuso nel contesto sociale nel quale si trova. 

Così appare netto il ruolo della conoscenza e in particolar modo della filosofia nello sviluppo critico e cognitivo: ovvero per considerare più attentamente quelle incongruenze che possono esistere nei principi, al fine di accettarli solamente quando l’esame critico non ha messo in luce elementi per respingerli. Questo non per arrivare alle conclusioni degli scettici o al vuoto assoluto di Cartesio, eliminando ogni certezza, ma piuttosto per chiedersi continuamente se si conosce tutta la profondità di tutto ciò che si crede di conoscere. Si tratta quindi di spogliare ogni apparente conoscenza per tentare di giungere ad una conoscenza più profonda e autentica, che sia “oltre il velo di Maya” (Schopenhauer).  

“La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo sempre più ricca, più desiderabile e più misteriosa – da quel giorno che venne da me il grande liberatore, quel pensiero che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza – e non un dovere, non una fatalità, non una fede… La vita come mezzo di conoscenza. Con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma anche gioiosamente vivere e gioiosamente ridere. ” F. Nietzsche, da La gaia scienza  

Ma la vera forza e bellezza della conoscenza consistono proprio nella contemplazione : essa abbraccia ogni cosa in un’unica visione che tende a trovare un’”armonia oggettiva” nel complesso. Essa libera la mente dai meschini scopi personali ed elimina quella divisione apparente tra il sè e la realtà esterna che il più delle volte la si crede unicamente ostile. Solo così l’anima dell’uomo riuscirà a scorgere una nuova profondità e un infinità globale che lo renderanno libero e partecipe di tale bellezza: conservando questa visione anche nella vita di tutti i giorni, allora essa prenderà forma nell’ambito dell’azione e del sentimento. Sarà possibile accorgersi che solo l’amore e la giustizia sono le sfaccettature  di una stessa verità universale racchiusa nell’umanità e che le mura che cingono ogni uomo mettendolo in guerra col resto del mondo, sono solo illusioni prodotte da falsi valori indotti da una società individualistica e competitiva. 

Le cose possiedono valore e significato solamente rispetto al grado d’attenzione che ognuno vi dedica: tanto più si è riflessivi, meditativi e “recettivi”, tanto più si riuscirà a penetrare l’essenza stessa delle cose e quindi, della loro bellezza e significato. Sarebbe un vero peccato vivere non accorgendosi dell’infinita bellezza e significato che la vita contiene e ha da proporci. (Mi viene in mente il film “Il sapore della ciliegia” di Kiarostami, in cui il protagonista alla fine evita di suicidarsi solo per riassaporare il dolce sapore della ciliegia…)

C’è un grande mistero che attornia l’universo intero a partire dall’enigma più complesso che è l’uomo, tentare di scoprirne tutta la profondità scardinando l’arroganza dogmatica che preclude la mente alla speculazione, costituisce per l’uomo il massimo bene.

Per quanto sia grande il chiasso che si fa nel mondo per errori e opinioni, devo però rendere giustizia all’umanità avvertendo che gli uomini impigliati in errori e false opinioni non sono poi tanto numerosi come si suppone di solito. Non perchè penso che  riconoscano la verità, ma perchè intorno a quelle dottrine che danno tanto da fare a loro e agli altri non hanno effettivamente nessuna opinione e nessun pensiero. E se infatti uno catechizzasse un poco la più gran parte di tutti i partigiani delle sette del mondo, troverebbe che intorno alle cose sulle quali si impegnano con tanto zelo non hanno personalmente una qualsiasi opinione, e meno ancora avrebbe motivo di credere che l’abbiano accolta in seguito a un esame dei motivi e a un’apparenza di verità; essi invece sono risoluti a tenersi stretti al partito per il quale l’educazione o l’interesse li hanno reclutati e, come i comuni soldati dell’esercito, manifestano il loro zelo e il coraggio secondo le direttive dei loro comandanti, senza indagare mai o soltanto conoscere la causa per la quale combattono. Se il tenore di vita di un uomo indica che non prende affatto sul serio la religione, perchè dovremmo credere che egli si romperà la testa intorno all’ordinamento della Chiesa e si sforzerà di esaminare i fondamenti di questa o quella dottrina. A lui, obbediente a chi lo guida, basta aver pronte la mano e la lingua per sostenere la causa comune e in questo modo fare buona prova presso coloro che gli possono procurare autorità, promozioni e protezione nella società alla quale appartiene. Così gli uomini diventano seguaci e propugnatori di opinioni delle quali non si sono mai convinti, delle quali non sono mai stati proseliti, le quali non sono mai passate per la loro mente. Dunque, benchè non si possa dire che il numero delle opinioni inverosimili e d errate sia nel mondo minore di quanto non sia, è pur certo che ad esse aderiscono in realtà, prendendole erroneamente per verità, meno persone di quanto generalmente non si immagini.

Locke, da Saggio sull’intelletto umano   – La saggezza del cuore

“L’abuso di libri uccide la scienza. Credendo di sapere quello che si è letto, ci si crede dispensati dall’apprendere. Troppe letture servono solo a creare ignoranti presuntuosi.” 

Rousseau, dalle Confessioni 

La speranza di ottenere risposte e verità fondamentali per mezzo della ragione e dei principi logici risulta però vana, sia perchè la mente umana possiede dei forti limiti, sia perchè un buon esame critico riuscirebbe a smontare qualsiasi ipotesi creata. La logica, seppur un formidabile mezzo a disposizione dell’uomo, come ci è stato spesso dimostrato dai filosofi, incappa spesso in contraddizioni evidenti: contraddizioni però che sono tali nella logica, ma che si rivelano poi illusorie nella totalità della dimensione umana. Poco niente si riesce a dimostrare “a priori”  in base alle considerazione di ciò che dovrebbe essere.   L’apparente perfezione della ragione ha una macchia evidente che stona con la natura umana, ovvero è spesso carente rispetto ai bisogni e l’essenza stessa dell’uomo; allora mi vengono in mente tanti nella storia che hanno sminuito il valore della ragione come il solo mezzo per giungere la verità.  

Primo fra tutti Pascal, che affermava che certe verità possono essere conosciute solo dal cuore, non con la ragione: “Se c’è un Dio, egli è infinitamente incomprensibile, perché, non possedendo né parti né limiti, non ha alcuna proporzione con noi. [...] Dio esiste oppure non esiste? Da che parte ci decideremo? La ragione non può decidere nulla; c’è di mezzo un caos infinito. Si giuoca una partita, all’estremità di questa distanza infinita, dove risulterà testa o croce. Su che cosa puntare? Secondo ragione, non potete scegliere né l’uno né l’altra; secondo ragione, non potete escludere nessuno dei due. Dunque non accusate di falsità coloro che hanno fatto una scelta, perché non ne sapete niente. [...] L’ultimo passo della ragione è riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano, il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.” (da Pensieri).  

Il grande Dostoevskij, che forse più di tutti aveva a cuore  l’ardua missione dell’affannosa ricerca della verità, sapeva bene cosa avrebbe significato voltarle le spalle o perdersi in una qualche illusione. Ma nonostante questo D. non cercò mai quella felicità frutto di un processo etico, di una dialettica filosofica, di un equilibrio. Anzi, ha sempre tentato nei suoi romanzi di far venire a galla quella parte più profonda e celata dell’oscuro e intricato animo umano, il più delle volte rivelando le bassezze, le miserie e le mediocrità di assassini, giocatori d’azzardo, ladri, prostitute, pezzenti, uomini-topi. Questo perché D. sentiva prima di pensare che insito nell’anima dell’uomo c’è un anelito, una sete d’infinito, un misterioso male, un ignoto che, consapevoli o no, grida orrende urla mute. Aveva capito che non gli sarebbe bastato un perfetto e armonico equilibrio raggiunto con la ragione per far tacere questa voce molesta, anche se sarebbe stato poi capace di cose bellissime e grandiose, di meravigliose imprese o di stabili basi durature. Esiste nell’uomo un abisso di una profondità tale che nemmeno la mente più sviluppata può colmare. E D. è stato il primo a rendersi conto di questa verità di cui solo un maledetto russo poteva accorgersi.

 E ancora Bukowski e la sua vita impossibile da paria sociale, le sue sbronze e le frasi vomitate dentro a qualche squallido night: 

“Se hai intenzione di provare vai fino in fondo altrimenti non cominciare neanche … potrebbe voler dire l’isolamento, l’isolamento è il premio … tutto il resto è un test di resistenza per vedere fino a che punto sei veramente disposto a farlo e tu lo farai, nonostante i rifiuti e le peggiori probabilità di successo, e sarà meglio di qualunque cosa tu possa immaginare. Se hai intenzione di provare vai fino in fondo, non c’è una sensazione al pari di questa, sarai da solo con gli dei e il fuoco incendierà le tue notti. Cavalcherai la tua vita dritto verso una risata perfetta, è l’unica battaglia buona che ci sia.” (da Factotum) 

L’immortale H.Hesse che più di tutti scrisse così dettagliatamente del contrasto tra la sfera della ragione e dei sentimenti: l’umanità intera avrebbe perso molto di più se non fosse mai esistito una personalità di pura passione sregolata e così stracolma di vita come Mozart, che uno eticamente perfetto e “alto” come Socrate o Cristo, scrisse in un suo romanzo.  

Tutto ciò mi ricorda anche quelle pazze figure indomite dei “bohemiens” o dei “Wanderers” ottocenteschi e dei loro “Bildungreise” (viaggio di formazione) e “Wanderlust” (anelito al viaggio): personaggi inquieti che viaggiavano continuamente alla ricerca del nuovo, dell’esperienza di un altro mondo che rappresentava un rifiuto dei valori del villaggio e della famiglia, ovvero di una vita tranquilla, tipici del “filisteo” chiuso nel suo mondo limitato e ristretto. Tutte attività di una libertà straordinaria che rispondevano ad un’attività interiore e non ad un esigenza produttiva esteriore: proprio come l’allegoria della poesia che, nella sua inutilità, riesce tuttavia ad esprimere sentimento, amore e gioia di vivere. 

“A chi dio vuol concedere una vera grazia 

lo fa viaggiare per il vasto mondo 

a scoprire le sue meraviglie 

per monti e valli e boschi e campi e fiumi.

i pigri chiusi in casa 

non sono rallegrati dall’aurora 

e sanno solo il pianto dei bambini 

e angustie e noie e l’ansia per il pane.

dai monti sgorgano i ruscelli, 

lassù le allodole trillano di gioia,

perchè  non devo anch’io cantar con loro

a piena voce e con felicità?

Al buon Dio mi voglio affidare, 

egli che regge cielo e terra

e ruscelli e allodole e boschi e campi

anche i miei giorni al meglio ha programmato.”

Eichendorff, da Vita di un perdigiorno

O il pazzo e coraggioso C. McCandless, altro inquieto viaggiatore, rappresentato recentemente nel film “Into the wild” di S.Penn: “se ammettiamo che l’essere umano possa essere governato dalla ragione, ci precludiamo la possibilità di vivere”. 

E allora forse “la voce del cuore è la più grande verità” come diceva G.Gaber, e forse non è nemmeno sbagliato “piantare un chiodo” sui Libri di filosofia e di religione che oramai non sanno più rispondere alle esigenze umane e “che non hanno mai salvato il mondo” (dal film “Centochiodi” di E.Olmi). Così tutto ciò diventa la metafora di una nuova libertà dell’uomo che va ricercata nella sua semplicità, nella purezza dei suoi sentimenti espressi dall’amore di un “Cristo della strada” che, libero dalle vecchie idolatrie passate racchiuse in libri morti, incarna vita e amore. 

Non più quindi una saggezza che attinge ai libri ma alla vita, una filosofia di vita che sfocia non alla cattedra ma all’umanità. 

“Io ne ho abbastanza delle persone che muoiono per un’idea. Non credo nell’eroismo, so che è facile e ho imparato che era omicida. Quello che m’interessa è che si viva e si muoia di quello che si ama.” di A.Camus

Stefano Andreoli – Diario del Sottosuolo – <diariodelsottosuolo@gmail.com>

Commenti disabilitati