Francesca Serra, Gilda Bocconi e la Grande Madre – Un viaggio interiore alla ricerca delle radici matristiche

Gentile Paolo, dopo tanti anni di studi e ricerche nell’ambito delle religioni e dell’antropologia, mi sono imbattuta nelle rivelazioni di Etain Addey che hanno rappresentato per me un punto di partenza importante sul Senso della mia ricerca e della vita stessa.  Da Etain a Vicki Noble ho incontrato così le figlie divine che custodiscono la madre divina.

Esiste un mondo sotterraneo e nascosto di donne che sanno, fanno, agiscono, proteggono, un movimento potente labirintico al cui centro c’é sempre lei la Madre.

Gilda Bocconi credo che fosse un’altra figlia nascosta, che ha scavato negli ipogei dello spirito, che si é lasciata abitare da chissà quale dea paleolitica, ma che anelava, io credo, solo alla Madre.

Non mi sono solo incuriosita a lei. Sento una corrispondenza profonda fra la mia anima e ha quanto lei ha lasciato scritto. Certi libelli non ci vengono dietro a caso. Stanno ad aspettarci nei posti meno vistosi.  Verità segrete esposte in evidenza. Per questo vorrei avere notizie di questa donna.

Così come di Etain ne ho voluto conoscere il corpo e la faccia, scoprendola tutt’uno con quanto aveva imparato dalla propria esperienza. Etain, Gilda, Marcella Rossi (aspra come il limone ma potente…) tutte figlie segrete… Disperse ma non sole. Protette da una poesia, un manoscritto, un cuore indagatore.

Francesca Serra

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Risposta:

Della Grande Madre Gilda Bocconi aveva anche le sembianze… non solo la dolcezza e la visione interiore, non solo l’amore per la natura nella sua interezza e per l’antica storia dell’uomo. Era un’archeologa, come la più famosa Marija Gimbutas, e si era occupata di tutti gli aspetti femminili della civiltà etrusca e falisca. Aveva una profonda curiosità per tutto ciò che evocava la presenza femminile in ogni reperto, in ogni grotticella, in ogni bellezza nascosta. Le sue poesie erano dolci ed amorose. Non entrò mai nel meccanismo editoriale, da professionista intendo, i suoi libricini sono tutti autoprodotti, quasi ricordi di scuola, diari di momenti vissuti, stamapati in fotocopie. Gilda scriveva a mano oppure con una vecchia macchina da scrivere portatile, forse in memoria del periodo in cui andava in giro nell’Agro Falisco e Capenate, in vari luoghi d’Etruria, a scavare tombe, a grattare sui muri di tufo, a riportare alla luce statuine e vasi di coccio dalle forme matristiche. Scriveva a mano e batteva sulla sua macchina da scrivere gli appunti di viaggio, del suo viaggio interiore che però in qualche modo stava raccontando a chi voleva ascoltarlo, come te cara Francesca Serra…

Buon viaggio, Paolo D’Arpini

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