Scienza e conoscenza e la scomparsa di Ettore Majorana secondo Umberto Bartocci… in una recensione di Roberto Sestito

“La conoscenza deve servire a rendere libero l´uomo dai bisogni, dai vizi e farlo amico di se stesso e del suo prossimo”.

Umberto Bartocci, ex preside della Facoltà di Matematica all´Università di Perugia ed autore del libro “La scomparsa di Ettore Majorana: un affare di Stato?” ha anche il merito di aver promosso la revisione dell´opera matematica di Arturo Reghini “Dei Numeri Pitagorici” e di averne affidato la cura e la pubblicazione a due giovani ricercatori di sua fiducia.

La vicenda umana e professionale di Majorana ha attirato la mia attenzione per i numerosi risvolti scientifici e spirituali che essa presenta. Ma solo Bartocci, in possesso di non comuni doti scientifiche e letterarie, poteva affrontare un argomento così spinoso e ancora oggi denso di incognite e di mistero. Si da il caso che tra il fisico Majorana ed Arturo Reghini, un filosofo dotato di mente matematica e fortemente versato nella spiritualità pitagorica, ci siano dei lati in comune che mi hanno indotto ad approfondire la lettura del libro di Bartocci ed a tracciare alcuni parallelismi.

Com´è noto Ettore Majorana, considerato un genio della fisica e della matematica, pari se non addirittura superiore ad Enrico Fermi e ad Albert Einstein, scomparve a Palermo alla fine di marzo del 1938. Di lui si persero le tracce subito dopo essere sbarcato nella città siciliana e le ricerche non approdarono a nulla. Bartocci ha passato in rassegna, con puntigliosa pazienza, documenti e testimonianze, libri e diari ed è riuscito quindi a ricostruire nei minimi dettagli la personalità del grande scienziato e soprattutto ad esporre con la neutralità e la precisione del matematico le diverse ipotesi che fin da allora si erano fatte sulla scomparsa del grande scienziato.

Il lettore così è in grado di farsi un´idea alquanto precisa dell´ambiente e del personaggio che ha di fronte e se non è condizionato da pregiudizi politici ed ideologici giunge presto da solo a farsi un´idea di quel che può essere successo ad Ettore Majorana.

L´intento di Bartocci col suo libro è uno solo: la ricerca della verità e poichè la verità molte volte entra in rotta di collisione e si scontra terribilmente con l´egoismo e la menzogna degli uomini e dei governi essa rischia di essere sacrificata sull´altare degli interessi umani e delle lobby che li governano e li dirigono. Nel nostro caso ci troviamo di fronte a uno scienziato che secondo l´opinione più diffusa degli esperti era in anticipo su tutti gli altri in conoscenze che riguardano l´energia atomica e il suo impiego. Il che vuol dire essere a conoscenza di segreti per il possesso dei quali qualunque governo del mondo sarebbe stato disposto a pagare qualunque cifra o a scatenare anche una guerra.

Quel che però ha particolarmente attirato la mia attenzione sono tre punti:

1. la “sensibilità” di Majorana che si evince dal Diario citato da Bartocci a pag 134 del suo libro e che avvicina lo scienziato siciliano al pitagorico fiorentino;

2. le intuizioni sullo spazio e sul tempo che mi ricordano gli studi di Reghini sullo stesso argomento del 1926;

3. le “simpatie” politiche di Majorana che mi autorizzano a sospettare l´esistenza di un complotto per eliminarlo e di cui Majorana non fu l´unica vittima.

Incomincio col punto 3) in quanto la teoria del complottismo è tornata prepotentemente in auge ai tempi nostri, da quando gli storici hanno cominciato ad accorgersi che molti avvenimenti del secolo scorso non era possibile spiegarli alla luce della comune e semplice analisi logica e storica dei fatti.

Ognuno, dal suo posto di osservazione, ha cominciato a parlare delle manovre occulte della massoneria, dei gesuiti, dei servizi segreti, del sionismo che hanno in qualche modo influenzato o condizionato i grandi avvenimenti politici del secolo XX. La cosa è perfettamente plausibile in quanto era in ballo il possesso o il controllo delle fonti energetiche del pianeta senza le quali non è possibile dominare i popoli e soprattutto mantenere efficiente la grande macchina industriale e finanziaria del mondo. Questo controllo o questo possesso non sempre può essere affidato alle armi o alla diplomazia, il più delle volte viene deciso dietro le quinte da istituzioni o personaggi occulti.

Vittima di qualche trama oscura potrebbe essere stato lo stesso Ettore Majorana. E qualcosa di simile è certamente accaduta ad Arturo Reghini ed al movimento da lui organizzato negli anni venti e di cui io ho raccontato le vicende nella biografia del matematico pitagorico (”Il figlio del Sole”, Ignis, 2006). Movimento che si batteva per l´emancipazione politica e spirituale dell´Italia e che in questa lotta finì per imbattersi nell´ostilità dei suoi tradizionali nemici, di una larga parte della massoneria e del clericalismo e di tutti coloro che hanno sempre impedito una politica di potenza italiana, in Italia, in Europa e nel mondo.

Infatti, senza i paraocchi del fanatismo ideologico, la scomparsa di uomini come Matteotti, Majorana, Mattei, Moro e infine dello stesso Mussolini ucciso in circostanze ancora oggi non chiare, lascia pensare a un´abile regia che nell´occulto trama per impedire l´ascesa politica ed economica dell´Italia.

Passo quindi al punto 2) Nell´articolo “Trascendenza di spazio e di tempo” del 1926 e riprodotto nel libro di Arturo Reghini “Cagliostro” (Ignis, 2007) Reghini scriveva: “Riassumendo, spazio e tempo hanno il carattere di un continuum, il tempo presenta la irreversibilità, differendo in questo dalle tre direzioni dello spazio, la nozione umana del tempo è unidimensionale, quella dello spazio tridimensionale; il tempo è principalmente connesso con l’udito, lo spazio con la vista. L’eterogeneità tra spazio e tempo appare dunque abbastanza netta per mostrare che l’abbinamento dei due problemi dello spazio trascendente e del tempo trascendente, ed in particolare il collegare in una mutua dipendenza e soluzione i due problemi della quarta dimensione e dell’eterno presente, è ingiustificato ed arbitrario. La questione dell’esistenza di un ipertempo a due dimensioni è indipendente dalla questione di un iperspazio a quattro dimensioni; ed una soluzione positiva o negativa del problema della «quarta dimensione» non trascina con sé in una sorte identica la questione dell’eterno presente, e viceversa.”.

Ho citato questo brano del saggio di Reghini perchè la visione “trascendentale” reghiniana dello spazio e del tempo sembra coincidere con quella di Ettore Majorana il quale pare che non concordasse con l´interpretazione “pratica” o “materialista” della teoria della relatività di Einstein seguita da Fermi e da altri fisici romani..

Scrive Bartocci a pag. 96 del suo libro: “Le parole sono attribuite allo stesso Ettore Majorana, e debbono risalire a un periodo da collocarsi intorno alla fine del 1930, inizio del 1931, visto che si citano altrove nel testo, e come prossimi, eventi che avranno luogo nel 1931. Esse dimostrano non solo che delle potenzialità dell’equazione fondamentale dell’energia si avevano delle “idee molto concrete” da parte di Fermi e dei suoi discepoli, ma anche che l’atteggiamento del leader nei confronti degli aspetti teorici contro-intuitivi della teoria della relatività di Einstein (inerenti il nuovo modo di concepire lo spazio e il tempo che veniva da questi proposto) era molto pratico, come del resto si conviene a un buon fisico, che preferisce tangibili realtà ad astratte elucubrazioni – e ciò nonostante Fermi fosse, lo ricordiamo, professore proprio di Fisica Teorica. Sì, la teoria di Einstein poteva avere dei fondamenti poco soddisfacenti, forse addirittura errati, ma era inutile stare a discutere su di essi; quelle che contavano erano solo le conclusioni fisiche che se ne potevano trarre, come quella dell’equivalenza massa-energia. Da dove e come una tale ‘perla’ fosse stata dedotta, contava in fondo ben poco; molto più importante era scoprire come potersi impadronire di questa immensa ricchezza”.

Una concezione come quella di Majorana non poteva che nascere da una particolare visione del mondo e della vita.

E qui affronto il punto 3) della mia esposizione.

Io riconosco nelle idee filosofiche di Ettore Majorana che Bartocci cita nel capitolo intitolato “Majorana segreto” una visione italica e pitagorica. La “simpatia” che Majorana aveva manifestato nei riguardi della cultura e dell´organizzazione dello stato germanico era pari a quella degli esponenti della Scuola Italica e poteva mettere in allarme solo coloro i quali avevano già in mente il grande divorzio per non dire il grande tradimento dell´Italia. Nessun vero italiano con o senza tessera fascista avrebbe accettato un imperialismo venuto dal di fuori, specialmente se di etnia austro-tedesca contro il quale i patrioti italiani si erano battuti nella prima guerra mondiale o, peggio ancora, di etnia anglo-sassone-americana che aveva già mostrato la sua vera faccia in occasione della conferenza di Parigi.

Majorana meditò la “fuga” da un certo ambiente e da un certo genere di studi e mentre Reghini aveva concretizzato la sua “fuga” alla fine del 1929 esiliandosi in patria, per Majorana le cose andarono diversamente.

“Si tratta allora di cercare di comprendere – scrive Bartocci a pag. 134 – eventuali ulteriori possibili ragioni di una sorta di conflitto intellettuale e psicologico irrimediabile, di una incompatibilità morale e culturale tra modi antitetici di intendere il mondo, e il senso di condurvi l’esperienza della vita”.

“Majorana cerca di approfondire sul serio gli spesso impenetrabili misteri della natura, svolgendo attorno ad essi un’indagine che non trascura nessun particolare, neppure quelli che i fisici respingono di solito un po’ sdegnosamente con l’appellativo di “filosofici”.”. (pag 135)

“É lo sfuggente frutto della conoscenza quello a cui aspira, e tutte le altre mete raggiungibili nel corso della vita non possono che esserne un pallido surrogato.”.

Con queste parole, a mio modo di vedere, Bartocci è penetrato nel cuore del problema: la conoscenza. Alla conoscenza avevano aspirato tutte le grandi menti dell´antichità e del Rinascimento, alla conoscenza Reghini aveva sacrificato la sua vita di matematico e di filosofo.

E quando Majorana si accorge che in quel circolo di scienziati che lui frequentava non si perseguiva la “conoscenza”, ma il successo e il potere materiali, la “fuga” fu inevitabile, la separazione dal mondo conseguenziale.

Con questo non voglio assolutamente avallare l´ipotesi del suicidio. Nemmeno Bartocci la fa. Majorana non era solo uno scienziato, era anche un filosofo, un sapiente, un uomo leonardesco. E uomini così fanno paura specialmente a coloro i quali dalla scienza si ripromettono di ricavare guadagni e successi.

Per concluere: non so se si scoprirà mai cosa avvenne al povero Majorana. Io credo che la verità è nei fatti e nello svolgimento dei fatti, nonchè nella stessa vita di questo genio. Dall´uso che è stato fatto della scienza dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi si possono trarre le logiche e naturali conclusioni. Un uso che certamente Majorana avrebbe disapprovato in quanto egli sapeva che la vera scienza non può finire nelle mani sbagliate e non può distruggere l´uomo e la natura come sta accadendo oggi.

Roberto Sestito

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