Appunti dal diario di bordo del Circolo Vegetariano di Calcata (anno 2002): “Perchè alcuni anni, dal punto di vista della comunicazione, sono più prolifici di altri?”

Spulciando fra gli appunti dal diario di bordo del Circolo VV.TT. ho scoperto l’analisi che segue sulle “coincidenze” e collegamenti fra le qualità degli specifici anni ed i modi espressivi delle azioni compiute in sintonia con quegli alementi. Nel 2002 scrivevo questi appunti che di seguito vi sottopongo:

“Perché durante il 1992 e 1993 c’è stata una così ampia messe di articoli? L’ho scoperto esaminando dall’oroscopo cinese l’elemento di quegli anni, entrambi d’acqua, i successivi due anni, ‘94 e ‘95 che sono anch’essi alquanto pieni hanno l’elemento legno, poi il ‘96 e ‘97 che sono marchiati dal fuoco, seguiti dal ‘98 e ‘99 con la terra ed i micidiali 2000 e 2001 con il metallo. Con il ritorno dell’acqua, cavallo 2002 e capra 2003, sento che la comunicazione potrà riprendere a fluire smootly. Eppure oggi 26.2.02 c’è stata per la seconda volta la contaminazione di un virus nel computer di Roberto Caivano, che invia le Email per conto del Circolo. Un virus bizzarro che pesca nei reparti segreti della memoria ed invia come Email lettere personali e segrete o messaggi inventati anche di carattere erotico. Poi pian piano il programma impazzisce, perde pezzi, sino a non rispondere più ai comandi. Già ieri l’altro Danilo D’Antonio mi diceva che il messaggio da lui ricevuto portava la data del 2000 (il famigerato metallo) e forse era già l’inizio della fine. Mi dispiace per Roberto che dovrà ancora spendere soldi appresso a questa storia ed un po’ mi dispiace anche per chi ha ricevuto, inavvertitamente tramite lui, questo strano virus che forse viene dall’America.

Sicuramente la vecchia penna procura meno guai, l’unico inconveniente essendo la fine dell’inchiostro. Ricordo ancora come da bambino scrivessi con una penna di legno, intingendo il pennino dentro un calamaio, le dita sempre sporche d’inchiostro e spesso anche il foglio. Poi cominciò il momento della penna stilografica anche questa però perdeva inchiostro da vari punti (dal pennino e dalle giunture), giunse la bic, la biro, ma anche con questa bisognava stare attenti al defluire dell’ inchiostro dal fondo e dalla punta. Quando le penne iniziarono a scrivere senza perdere inchiostro avevo già finito di andare a scuola. Insomma pare che ogni epoca abbia avuto i suoi problemi… quella presente ha i virus telematici.  Mi chiedo, nel caso che, come farei a continuare questo diario che scrivo al computer, dovrei ricominciare con la penna? Divertente, ma non troppo se penso alle correzioni….

Il mio numero simbolico è il 9, l’ho scoperto a Roma nel 1950/51 in prima elementare allorché avendo imparato a memoria la lezione di religione, chiedevo di essere interrogato per prendere un bel 10, la cosa non funzionò giacché mi impappinai su una parola e presi 9. Ritornai al banco e ripassai la lezione bene bene, ripetei a mente tutto e chiesi ancora di essere interrogato. Che disdetta, ancora una volta mi impappinai e mi fu confermato il 9 di prima. Volli ancora riprovarci dopo aver ulteriormente ripassato il testo, sicuro stavolta di farcela, ma la maestra mi disse che non mi avrebbe più interrogato e mi lasciò il 9, con mio grande disappunto e frustrazione. Poi ancora sempre verso quegli anni venne a trovarci un giorno lo zio Fausto, che distribuì a ciascun bambino, le mie sorelle e cuginetti, 10 caramelle. Purtroppo quando venne il mio turno erano rimaste solo 9 caramelle e quelle ebbi da mio zio. le mie proteste servirono a poco egli mi disse “le caramelle rimaste son queste e queste ti toccano”.

Ricordo che quella volta ero proprio arrabbiato, scesi giù nel giardino condominiale e regalai tutte le caramelle (meno una che mangiai subito…) ai bambini che stavano lì, con loro grande gioia. Un’altra volta accadde qualcosa di simile quando andai per la prima volta in India, mi trovavo all’ashram di Muktananda, in uno stato di pieno zelo, in quei mesi sentivo la forte presenza della Grazia del Guru, stavo vivendo momenti di grande enfasi spirituale. Avevo messo ‘in naftalina’ ogni altro desiderio dedicando tutte le mie attenzioni alla pratica spirituale. Un giorno fui preso da un raptus di golosità ed acquistai al chaishop (negozietto del tè) 10 monete di menta bianca, ne misi in bocca subito una, con grande avidità, poi mi diressi verso la porta dell’asharam, appena entrato vidi Baba seduto lì all’ingresso ed improvvisamente mi ricordai della mia lotta per il 10. Una mentina era nella mia bocca, le altre 9 nella mia mano. Mi avvicinai al Guru pensando “fammi vedere tu che son 10″ e tesi la mano verso di lui, Baba aprì la sua e prese nel palmo le mentine, sorrideva, io mi girai di scatto ed entrai nell’ashram senza più voltarmi indietro.

Insomma pare proprio che il 9 sia il mio numero, tra l’altro è anche il numero d’ordine della scimmia che dice: “Io sono l’esperta viaggiatrice del labirinto, il genio dell’alacrità, la maga dell’impossibile. Il mio cuore è colmo di potenti magie e sa gettare cento incantesimi. Io esisto per il mio piacere. Io sono la scimmia”. Muktananda era nato scimmia di terra del 1908 ed io son nato scimmia di legno del 1944. Buon per noi.

Intanto ritornando al 1993 continuo a sfogliare pagine e pagine sulle iniziative del Circolo, come la festa del grande cocomero o l’ostello per animali erbivori o l’ampliamento del parco del Treja o l’istituzione dell’anagrafe canina o proposte sull’energia rinnovabile o gli scavi archeologici dell’agro falisco o l’alimentazione vegetariana o l’arte e la cultura locale ed internazionale o problemi d’inquinamento da traffico o stereotipi vacanzieri su Calcata o storie sulla montagna sacra del Soratte o sul come dipingere annusando o sulla salvaguardia degli antichi mestieri o sulla filosofia dell’uomo. Insomma su tutti quegli argomenti che sono riuscito a ri-trasmettere, con fantasia e caparbietà su quasi tutti i giornali, sulle agenzie di stampa, sulle reti televisive e radiofoniche. Forse sarà ancora quella caramella che deve essere digerita, chissà.

A questo punto dovrei ricominciare a trascrivere qualcuno di questi articoli. Se lo facessi potrebbe essere un’altra prova una dimostrazione, un tentativo postumo di sentirmi gratificato…  Mi sia concesso di non farlo. Mi sia concesso di essere creduto o non creduto, che tanto è lo stesso. Intanto lasciatemi parlare a ruota libera e siccome sento fortemente questa libertà di poter esprimere ogni cosa che penso, allora mi fermo, interrompo questo gioco descrittivo. Lasciando la mia memoria ferma all’evento di questo pomeriggio. Alle capre pelose, maschio e femmina, che son rimaste agli Orti di Cristo, nell’ex pollaio di Pio, non son volute uscire da lì. Togliendomi così da ogni impaccio nei confronti di Felix a cui avevo promesso di affidarle, e che aveva preparato un recintino al terreno dei Grotticelli, ma che non era nemmeno lui convinto e nemmeno io. Queste due capre, che sto nutrendo a pan secco e cicuta, sono in questo momento il simbolo di una volontà che non ha qualificazione, una volontà basata solo sull’immediato presente”.

Paolo D’Arpini

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