Archivio di dicembre 2008

Eccomi, di fronte a Swami Muktananda, il Guru…

Come potrei raccontare l’incontro avuto con me stesso, come potrei descrivere l’io dinnanzi all’Io? Questo riconoscimento del Sé avviene come stabilito dal destino. Per me accadde allorché mi trovai dinnanzi al mio Guru Muktananda. Ma definire un “qualcuno” Guru è un’offesa alla verità, poiché Guru non è mai una persona è semplicemente la Coscienza che anima e manifesta ogni persona. Quella Coscienza io sono. Ma prima di giungere a questa “esperienza” dovrei fare molta strada indietro nel tempo, nel raccontare spezzoni e spezzoni del mio sogno, della mia identificazione con lo spurio “io” che ho creduto di essere per tanto tempo. Questo discorso metafisico è alquanto strano, non c’è altri che “Io” eppure quando si parla di “io” automaticamente la mente produce un soggetto che si prefigura come usufruitore di ogni esperienza vissuta, è un’identità riflessa nello specchio della coscienza, è un’immagine speculare che non potrà mai essere il vero “Io” eppure ne rappresenta le caratteristiche… come ogni immagine speculare…

Lascio da parte ogni tentativo goffo di descrivere l’indescrivibile e mi soffermo sull’aspetto riferibile di quell’incontro con il Sé, quel momento di realizzazione e di assoluta libertà e presenza che avvenne… presente ora come allora e come sempre sarà….. Ma quella meravigliosa “ri-unione” non poteva avvenire che nel momento stabilito dal fato, non poteva succedere ad esempio nel 1970 allorché Swami Muktananda visitò Roma e soggiornò in una semplice casa di Via Trionfale presso una semplice famiglia di italiani qualsiasi, la famiglia di Giacomo e Giovanna Pozzi. In quel tempo stavo ancora godendo dell’assoluta creatività del mio piccolo io, l’immaginario Max Paolo D’Arpini. Dovevo spogliarmi di quelle vesti per mezzo di un viaggio a ritroso, nell’abbandono dell’identificazione, un viaggio che fisicamente mi portò ad attraversare tutta l’Africa, sino a perdere ogni voglia di essere qualcuno o qualcosa ed infine mi consegnò davanti a me stesso, ed allo stesso identico momento di fronte al Guru Swami Muktananda. Accadde –ma come può accadere una cosa che sempre è e sempre sarà?- nel giugno del 1973. E qui di seguito brevemente vi riferisco il primo approccio di questo incontro, un incontro che è meglio definire “fusione” o “scioglimento”…..

In viaggio verso il Sé.

Ce l’ho fatta, ho giusto i cento dollari per il passaggio (o poco più) ma sono sulla nave che mi porta in India, dopo aver attraversato l’Africa equatoriale in un viaggio epico e misterioso, con mezzi di fortuna e facendo la manche per il sostentamento spiccio. Mi sono spacciato per “scrittore in esilio” ho chiesto soldi a tutti senza vergogna e i soldi mi sono stati dati, in Costa d’Avorio, Alto Volta, Togo, Dahomey, Camerun, Congo Brazzà, Congo Belga, Impero Centrafricano, Ruanda, Tanzania, Kenia… Eccomi, dopo esser rimasto sotto il sole nella spiaggia di Malindi, per un mese buono, ospite di un’amica, Walda, in un bellissimo cottage sul mare con l’unico compito di fumare il narghilè e giocare con la sabbia, infine mi sono stufato e con gli ultimi risparmi mi compro un biglietto di terza classe sul cargo che collega Mombasa a Bombay. Insomma il viaggio continua e, senza volerlo, non avendo altro posto dove andare, vado in India la terra dei Guru….

E’ l’estate del 1973, dopo dieci giorni di mal di mare sbarco a Bombay il 23 giugno. Lo ricordo bene perché era quello il giorno del mio 29° compleanno. Dopo l’Africa mi sembrava di non voler conoscere più altro, cosa andavo a fare in India con tutti quei guru che vivevano di storie raccontate? Molto scettico, quasi ostile, verso tutto quell’interesse paraspirituale che era sorto in Europa dopo il ’68….. Ed io il ’68 l’avevo fatto, ed anche il ’69, il ’70 e tutti gli anni a seguire, insomma avevo vissuto nel vortice, ero un intellettuale, un illuminato, che ci andavo a fare in mezzi ai guru?

Già, immaginavo che ci fossero guru ad ogni angolo di strada pronti ad imbambolare la gente con le loro litanie. Niente paura, io son laico di natura, li smaschererò tutti, mi dicevo, e così pensando appena fuori del porto mi ritrovo su un calesse che corre a velocità stratosferica verso l’area centrale di Bombay, dove sta il grand-hotel Taj Mahal e gli alberghetti per occidentali.

Una fortuna pazzesca, non c’è posto in nessun albergo a poco costo e vado a bazzicare nella hall del Rex Hotel (a quel tempo abbastanza quotato), lì incontro subito due ragazze, una è italiana e si chiama Pupa l’altra italo-americana e si chiama Francis. Attacco bottone, sono specialista in questo, e trovo posto a gratis nel letto di Pupa e mi tengo buona Francis per un dopo. Potete immaginare la mia meraviglia allorché scopro che le due donzelle vengono proprio dall’ashram di un “famoso” guru, che dicono chiamarsi Muktananda, ma io non l’ho mai sentito nominare. Indago astutamente su di lui e siccome le ragazze mi invitano ad andarlo a conoscere accetto pensando che finalmente potrò confrontarmi con un guru. Immaginatevi uno che si è fatto tutta l’Africa, in mezzo a mille pericoli, sommosse, aggressioni, baruffe, fame, sete, paura, sonno, malaria, erba, insomma tutto quanto possa forgiare un uomo, renderlo sicuro di sé –entro un certo limite s’intende- uno che ha viaggiato e sa, conosce le situazioni ed i pensieri della gente, un sopravvissuto a se stesso, quell’uomo, io, si trova a doversi togliere gli stivali per entrare dentro il tempio del guru. Sì, togliere gli stivali, praticamente spogliarsi impedirsi una via di fuga, umiliarsi….

Non c’è nulla da fare o ti togli gli stivali o non entri, questa è la regola. Me li sono tolti, perché son più forte persino degli stivali, non ne ho bisogno.. ed entro nel tempio. Stanno cantando un canto dolce, dicono che durerà una settimana di seguito, si chiama un Saptha, il “mantra” lo conosco l’avevo già sentito sulla nave che mi portava in India cantato sulla tolda da gruppi estatici di indiani accompagnati dall’harmonium a soffietto. Qui è la stessa cosa, ma c’è più sintonia, la melodia è trascinante, ed a me piace cantare, mi metto a cantare anch’io… E mentre canto, e passa il tempo, insondabilmente mi ritrovo presente a me stesso. Ma star seduto per terra sul pavimento così a lungo mi fa venire una voglia incredibile di andare a pisciare, sto per alzarmi ma una voce interna a quel punto mi ordina “puoi andare a pisciare solo dopo esserti inchinato”. Come, inchinarmi io? Cos’è questa nuova barzelletta che mi frulla in testa? Resto bloccato non posso muovermi son controllato da una forza sconosciuta, anzi ri-conosciuta, passa altro tempo ed alla fine debbo cedere non ce la faccio più, mi inchino, come ho visto fare qualche altro, di fronte ad una statua nera, sopra c’è scritto “Om Namah Shivaya”. Stranamente non resto impressionato dall’esperienza, mi pare che non abbia importanza è stato solo un momento di debolezza.

Ed ora l’incontro con il guru. E’ scesa la sera, abbiamo già cenato, Muktananda sta seduto sui gradini della sua dimora in un cortile interno dell’ashram. Vedo delle persone che passano in fila davanti a lui e chiedo a qualcuno “Di che si tratta? Che succede?” – “Oh, il maestro sta distribuendo il prasad” Curioso mi metto anch’io in fila pensando, finalmente potrò vedere in faccia questo guru, ma la notte è buia non vi sono luci se non qualche lumino qua e là, all’improvviso mi trovo di fronte al guru, non vedo nemmeno la sua forma solo un’ombra nell’ombra, un’intuizione mi si staglia però nitida nella mente, inequivocabile ed inconfondibile “Ecco, mi ha riconosciuto!” Ma subito dopo “com’è possibile non l’ho neanche mai visto..” . Abbacinato ed imbambolato, resto fermo lì davanti mentre Muktananda mi spinge un qualcosa sulla mano, resto immobile, pietrificato, finché qualcuno da dietro la fila mi spintona per farmi procedere. Nella mano ritrovo un pezzo di dolce al latte. Che farne? Indovino che la cosa migliore sia di mangiarmelo. Com’è buono!

Vorrei aggiungere qualcosa, oggi 22 dicembre 2008, le avventure della coscienza nella Coscienza possono essere raccontate e mi verrebbe voglia di continuare a narrarle, quando sarà maturo il tempo forse lo farò…. Alcune sono proprio divertenti ma per il momento mi fermo alla “prima impressione” al primo attimo…..!

Paolo D’Arpini

Sali, oligo-elementi, catalizzatori, forma, colore, sapore delle piante e loro caratteristiche integrative psicosomatiche… Ovvero come nell’ecologia profonda tutto rientra in un sistema olistico

In natura tutto segue uno schema di corrispondenze. Potremmo affermare che  ogni forma vivente assume aspetti psicosomatici che corrispondono alle qualità incarnate. Questo fatto era noto sin dalla più remota antichità, all’uomo ed agli animali. Infatti confidando nella innata comprensione essi si curavano sentendo attrazione o repulsione per certe specifiche piante o alimenti. Questa naturale pre-conoscenza è stata alquanto offuscata dal momento che l’uomo ha preferito  seguire un metodo limitatamente  scientifico che, essendo imperfetto data la natura stessa dei mezzi utilizzati, nel corso del tempo ha impedito la continuità di questa innata pre-conoscenza. Pian piano l’uomo scientifico, per mezzo della sperimentazione empirica, ha tentato di ricostruire un sistema di conoscenza che però –tutto ritorna infine-  oggi si scopre sempre più affine alla pre-conoscenza connaturata degli antichi. Il viaggio a ritroso verso la riscoperta di ciò che era ovvio inizia proprio contemporaneamente alla ricerca scientifico-medica. Una pietra miliare di questa riscoperta  è la individuazione degli oligo-elementi  le cui tracce sono presenti ovunque nel regno vegetale ed animale.  Un’importante parte in questo processo di identificazione fu compiuto dal bolognese Meneghini che nel 1745, in pieno secolo dei Lumi, scoprì la presenza di ferro nel sangue umano. Poi nel 1775 Schelle individuò il manganese nelle ceneri vegetali e da allora la lista degli oligo-elementi non ha fatto altro che crescere. Nell’uomo ne sono stati individuati una ventina, essi risultano indispensabili all’equilibrio fisiologico ed ogni carenza in uno di questi comporta manifestazioni patologiche più o meno gravi.

 “L’organismo appare come un tipo di oligarchia  in cui un’enorme massa di elementi passivi è dominata da un piccolo numero di elementi catalizzatori” (Gabriel Bertrand)  Gli oligo-elementi infatti presiedono agli indispensabili processi catalitici degli scambi di cui il nostro organismo è la sede permanente.  Da ciò si può intuire l’importanza degli oligo-elementi  nei fenomeni biologici avvalorata dalle funzioni vitaminiche ad essi collegati. Ma torniamo alla pre-conoscenza  che ha consentito agli esseri viventi  il mantenimento della struttura psicofisica in euritmia.

 E qui dobbiamo iniziare un discorso che avrebbe dell’eretico se volessimo ragionare solo in termini di analisi empirico-scientifica. Nell’antichità –sotto forma di proverbi e detti popolari- sono stati tramandati alcuni “segreti” sulle qualità delle piante, Purtroppo in Europa in seguita alla grande persecuzione legata all’oscurantismo religioso molti di questi segreti e parecchi liberi pensatori finirono in cenere… Perciò molti “saperi” scomparvero o vennero travisati e contorti. Ciononostante in varie parti del mondo restò la preveggenza, sia a livello istintuale sciamanico (come nel caso delle tribù primitive dell’Amazzonia che conoscono tutte le qualità delle loro piante) sia a livello di tradizioni popolari più o meno  valide. In questo contesto si inserisce la  classificazione delle piante e delle loro qualità sulla base del colore, del sapore e della forma…  Questa descrizione psicosomatica –ad esempio- è tutt’ora  eseguita nel sistema integrato cinese in cui psiche e natura sono considerate strettamente interconnesse.  Questi stessi aspetti  sono per altro utilissimi nell’individuazione delle carenze di oligo-elementi.   Altrettanto valida è anche la macrobiotica giapponese  ma tali conoscenze non scarseggiano nemmeno nella tradizione erboristica nostrana. Secondo la tradizione popolare, da me appresa nella valle del Treja, la forma il colore ed anche il sapore delle piante che spontaneamente qui crescono sono correlati ed interagiscono con gli organi cui esse corrispondono. Ad esempio la noce, che assomiglia al cervello umano, è correlata ed influisce positivamente con questo organo. Oppure la coda cavallina (che ricorda la coda dell’equino) è raccomandata per le carenze di minerali (e sappiamo che agli anemici la medicina corrente consiglia una dieta a base di carne equina). Poi scopriamo che le foglie della polmonaria (somiglianti visivamente a questi organi)  vengono raccomandate dai contadini come antiasmatico, oppure lo stramonio (una pianta psicotropa detta anche erba del diavolo) con i suoi fiori osceni e cavernosi è abbinato ai mali della psiche… Insomma tutto corrisponde al tutto e per essere in buona salute gli organi del corpo umano debbono mantenere un equilibrio funzionale interno e rapportarsi armonicamente gli uni con gli altri e perciò si dice che la forma, il colore ed il sapore delle piante  rimandano all’organo sul quale agiscono.

 Nella tradizione cinese si fa un preciso  riferimento ai colori ed agli organi. I cibi di colore  verde sono collegati  al fegato (legno), quelli di colore rosso agiscono sul cuore e sulla vista (fuoco),  i gialli (terra) su stomaco, milza e pancreas,  i bianchi (metallo) sui polmoni ed infine quelli blu scuro o nero (acqua) espletano un’azione sui reni. Ed anche i sapori hanno  una forte influenza sulle funzioni fisiologiche. Il sapore acido è astringente quindi in grado di sciogliere i blocchi che ostruiscono la circolazione dei liquidi interni. Il dolce rilassa, armonizza e porta energia. Il piccante mobilizza l’energia, esteriorizza i liquidi ed è considerato ottimo contro le malattie da raffreddamento. Il salato è emolliente, scioglie noduli e masse.

 Mica penserete davvero che mi sia messo a scrivere un trattato medico…? Questo è solo un piccolo input per approfondire la memoria spontanea di ciò che è sempre stato e sempre sarà. Quella conoscenza –o pre-conoscenza- che consente spontaneamente alla vita di procedere per il suo giusto verso.  Termino  con una definizione  linguistica sul significato di “catalizzatore”. Secondo Polonovsky “i catalizzatori sono sostanze che con la loro semplice presenza, senza alcuna partecipazione attiva,  causano reazione che senza di loro non si sarebbero prodotte..”

 Paolo D’Arpini

Africa

Poems and Reflections ilaria 20 dicembre 2008

Mi sento come allora, quando stavo in Africa, niente davanti niente dietro, nessun luogo per andare, nessun luogo per tornare, nessun luogo per restare. Vagare trasognato, viaggiare solo perchè lo spostarsi era l’unico modo di sopravvivere a me stesso. Ringraziando la fame, la sete, la fatica, la paura, la meraviglia che mi teneva in piedi, mi dava la forza e lo stimolo di andare… ma dove?  Senza meta, pian piano, attaccato al respiro che mi accompagnava e mi consolava nella mia solitudine estrema.  A volte amante della terra, sdraiato sui bordi di qualche sentiero nella foresta, nella bruce, la febbre alta per la malaria, senza vedere nessuno attorno senza preoccuparmi se ci fosse o non ci fosse qualcuno attorno. L’importante era  respirare, respirare e guardare il cielo… freddo caldo.. chi li ha conosciuti in quel limbo materno che è l’Africa? Il freddo ed il caldo erano solo notte e giorno, alternarsi di pensieri, nuvole di passaggio, pioggia, sole, sole, pioggia. Africa, il cuore  si strugge e lo spirito  ride!
 

Africa

I feel like I felt then, when I was in Africa, nothing before me and nothing behind me, nowhere to go, nowhere to go back to, no place to stay. Day dreaming, travelling just for the sake of moving, the only way to survive myself. Thankful for being hungry, thirsty, tired, fearful, the awe that kept me standing gave me strength and encouraged me to go….. but where? Without a goal, slowly, holding on to my breath that kept me company and comforted me in my deep loneliness.  Sometimes lover of the earth, laying down on the sidewalk of a path in the forest, in the “bruce“, with malaria and  high fever, no one around to be seen and without worrying whether there was or there wasn’t someone by me. As long as I could breathe, breathe and look at the sky… cold hot… who has ever met them in that maternal limbo called Africa? Cold and hot were just night and day,  alternate thoughts, clouds passing by, rain, sun, sun, rain. Africa the heart sighs and the spirit laughs!

Paolo D’Arpini

Translated by Ilaria Gaddini

Il cibo è la cosa più sacra – Natale Capodanno e Befana senza massacri di carne! “La compassione inizia dalla nostra tavola”

Eventi ilaria 19 dicembre 2008

Cari amici sono avvilito per la crudeltà mostrata impunemente e giornalmente nel mondo, ma debbo dire che  spesso anche noi perpetriamo un continuo “massacro”. Un affronto che viene fatto alla natura ed alla vita.  Ogni giorno tonnellate di cibo vengono gettate nei cassonetti dell’immondizia mentre c’è gente ed animali che soffrono la fame. 

Vorrei portare la vostra attenzione su ciò che è possibile fare per evitare questo obbrobrio e per concretizzare la sacralità del cibo abbiamo pensato a tre eventi gratuiti su questo argomento  ai quali siete invitati….

Quando durante le feste di Natale ci rimpinziamo all’inverosimile non ricordiamo più la sacralità della comunione primordiale. L’uomo un tempo  considerava la Terra come una madre ed i suoi frutti (ovvero il cibo)  i doni per la continuazione della vita. Il cibo stesso era sacro, era il simbolo dell’amore materno. In India ognuno è sacerdote davanti alla divinità, anche i membri delle caste più basse, che infatti compiono le loro adorazioni casalinghe offrendo cibo crudo alla Divinità. Ma solo i brahmini possono offrire cibo cotto, giacché si dice che il cibo  acquisti le qualità di chi lo cucina ed i bramini sono considerati -almeno si presuppone- i più dotati dell’energia “satva” cioè l’energia spirituale.

Quest’anno al Circolo  ognuno è invitato a contribuire alla comunione solidale del nostro “natale, capodanno e befana” riconoscendoci in un’unica grande  famiglia spirituale portando del cibo  vegetariano da noi stessi cotto, caricato di energia  positiva. Siamo tutti brahmini e solidali.

Grazie per l’attenzione, Paolo D’Arpini.

Programma degli eventi al Circolo Vegetariano di Calcata:

Calcata. 24 DICEMBRE 2008:  “Natale per i senza famiglia” – Alcuni amici ed alcuni viandanti si incontrano per riconoscere nell’umano lo Spirito di Natale. h.16  Andiamo incontro all’uomo nella sede del Circolo preparazione comune del desco, fraternizzazione al lume di candela. h. 18 Canto del Gayatri Mantra. h. 20 Condivisione del cibo da ognuno portato.

Calcata, 31 DICEMBRE 2008: “La notte senza tempo” – In questa celebrazione della vita poniamoci un test di coraggio contro l’inveterata pigrizia. Passeggiata notturna in qualsiasi condizione atmosferica.  h. 19 al Circolo condivisione del cibo da ognuno portato. h. 22  Partenza nella notte buia. h. 24 Rito davanti al fuoco, in grotta.

Calcata.  6 gennaio 2009 – “La Befana degli animali”  Esausti di cibo e pieni di scorte? Niente paura compite una buona azione portando i residui per gli animali. h. 11 Visita agli animali del Circolo ed elargizione dei doni. h. 14 Passeggiata per depositare piccole offerte alimentari agli spiriti ed agli animali selvatici della valle.

Infoline: 0761-587200  – circolo.vegetariano@libero.it

I Ching Mensile – Esagramma Fu – Il Ritorno (La Svolta) – Dal 22 dicembre al 20 gennaio

Lunario ilaria 19 dicembre 2008

Premessa.

Nel Libro dei Mutamenti – I Ching – sono menzionati 12 esagrammi che vengono collegati ai 12 mesi dell’anno, descrivendone così le qualità. Questo abbinamento è ovviamente legato alla periodicità della lunghezza del giorno e della notte. La figura dello schema annuale viene così suddivisa in due metà, una descrivente le diverse fasi in cui la luce del giorno tende ad aumentare, che inizia dal solstizio invernale sino a quello estivo,  e  l’altra metà che al contrario segna il calare della durata del giorno, dal solstizio estivo a quello invernale successivo. Così viene descritto un ciclo completo di Yin e Yang, una mutazione che sempre si ripete, anno dopo anno.

In questo nuovo capitolo   del  Lunario  descriverò di volta in volta ed in successione gli esagrammi che sanciscono il percorso dell’avanzata e della ritirata della luce. Questo percorso ha  non solo caratteristiche ambientali e temporali bensì serve  a descrivere qualità morali e umorali che accompagnano le varie fasi…

Esagramma Fu – Il Ritorno (La Svolta) – Dal 22 dicembre al 20 gennaio.

Una linea chiara (intera) sorge dal basso e spinge da sotto le 5 linee oscure (spezzate).

L’idea della svolta è data dal fatto che quando ormai le linee scure hanno spinto fuori tutte le chiare (Kunn l’esagramma antecedente il solstizio) ecco che una linea chiara entra nel segno il tempo dell’avanzata tenebrosa è finito.  

La Sentenza: “Il Ritorno, riuscita. Uscita ed entrata senza errore. Amici vengono senza macchia. Serpeggiante è la via. Al settimo giorno giunge il Ritorno. E’ propizio avere ove recarsi.

Significato: Dopo un tempo di decadenza viene la svolta, riappare la luce che prima era stata cacciata. Vi è movimento, questo movimento però non è forzato è naturale, generato spontaneamente (rientra nell’ordine delle cose). In questo momento trasformare il passato è facile, cose vecchie vengono eliminate, cose nuove introdotte e tutto corrisponde al tempo e perciò non reca alcun danno. Si formano associazioni di persone con idee affini e questo aggregarsi avviene pubblicamente ed ogni aspirazione particolaristica risulta esclusa. Non c’è quindi bisogno di precipitare le cose con artifici, tutto viene da sé quando il tempo è maturo. Questo è il Tao di Cielo e Terra. 

L’Immagine: Il tuono dentro la terra: l’immagine della svolta. Così gli antichi re al tempo del solstizio chiudevano i valichi. Mercanti e stranieri  non viaggiavano ed il sovrano non visitava le contrade.

Significato: Sin dai tempi più antichi il solstizio  era festeggiato in Cina quale periodo di riposo invernale, un uso che si mantiene ancor oggi con le ferie dell’anno nuovo. D’inverno la forza dell’Eccitante (il Tuono) sta ancora sotto terra  il suo movimento è appena agli inizi, perciò bisogna rinvigorirlo con il riposo affinché non inaridisco consumandosi anzitempo. Questa condizione è come la salute che ritorna dopo la malattia, la concordia che ritorna dopo un dissidio. Tutto in questo momento deve essere trattato con delicatezza e con riguardo, affinché il ritorno conduca a fioritura.