“Dalle lucumonie congiunte di Falisci, Etruschi e Sabini alla Bioregione Tuscia Sabina”

Comunicati Stampa ilaria 30 agosto 2008

Il bioregionalismo e l’ecologia profonda per unire le aree omogenee dell’alto Lazio.  In preparazione un convegno ad hoc dal titolo “Città, Regione, Bioregione”  da tenersi nella valle del Treja, fra Calcata, Faleria e Mazzano,  nell’ottobre del 2008. (vedi nota a piè di pagina)  ———— Introduzione. In seguito alla imminente formazione della nuova realtà regionale per Roma Capitale  intendo riproporre  la riaggregazione della Tuscia in chiave bioregionale, ovvero la combinazione e l’incontro di aree geomorfologicamente e culturalmente omogenee che sono attualmente suddivise fra la provincia di Roma, Viterbo e Rieti.  La proposta bioregionale prevede la formazione di una nuova Regione comprendente l’intero Agro Falisco, inclusa la parte attualmente in provincia di Roma, e cioè Campagnano, Sant’Oreste, Capena, Morlupo, Civitella, Trevignano, etc., nonché l’area della Maremma laziale,  Civitavecchia, Tolfa, Allumiere, etc., l’intera Sabina reatina e romana, fra cui Palombara, Moricone, etc.. 

  Questa ricomposizione andrebbe a bilanciare la costituzione dell’Area Metropolitana della nuova Regione per Roma Capitale,  che risulterebbe pertanto  inferiore per estensione all’attuale territorio provinciale, consentendo  un riequilibrio delle presenze umane e delle attività economiche e sociali  dell’alto Lazio, un’area che da sempre manifesta caratteristiche coerentemente affini.   La nuova realtà bioregionale che così sorgerebbe potrebbe denominarsi Tuscia od Etruria.  Ovviamente lo stesso processo  cumulativo sarebbe auspicabile per il basso Lazio, con le città di Latina, Frosinone, Formia e Cassino, che  tra l’altro hanno molte attinenze con il contiguo Molise. In tal modo il centro Italia verrebbe a ricomporsi sulla base di somiglianze caratteriali precedenti la  formazione del Lazio che, ricordiamolo fu pensato a tavolino dopo l’unità d’Italia e soprattutto durante il fascismo per gli interessi egemonici di una ipotetico ritorno della Roma imperiale mussoliniana.    Noi bioregionalisti della Tuscia abbiamo  sollecitato la realizzazione di questo loro progetto già da parecchi anni,  ricordo i convegni organizzati a Civitavecchia, Viterbo, Rieti ed anche a Roma, alcuni con presenze importanti come  ad esempio i docenti: Pietro Toesca, Aurelio Rizzacasa, Paolo Portoghesi  ed altri.   Son trascorsi ormai diversi anni che questo tema viene toccato e ritoccato ed ora mi pare che possa essere finalmente attuato. Giacché  diverse  forze politiche, e non solo la Lega,  sono oggi interessate al federalismo, ed il metodo bioregionale  ha ricevuto riconoscimenti, lodi ed approvazioni, per la sua chiara matrice ecologica e non politico-economica, sia nel centro destra che nel centro sinistra.  Piace insomma a tutti, o meglio “piacerebbe” a tutti se non ché  per attuare questo metodo è necessaria una rivoluzione di pensiero e di azione nei sistemi di gestione ed amministrazione del territorio. Un grande coraggio è richiesto per una grande idea!  Anzi meglio definirla  “pratica” ed in effetti questa pratica bioregionale è ottima per la ristrutturazione in chiave federale dell’intera penisola.   Mi appello quindi al Governo, al Comune di Roma ed a tutte le Istituzioni preposte affinché maturino la consapevolezza bioregionale e dimostrino saggezza e lungimiranza attraverso la sua attuazione.   Paolo D’Arpini——– 

Ed ora una testimonianza sul percorso bioregionale iniziato qui a Calcata negli anni ‘80 del secolo scorso.

“Un giorno ho fatto felice Paolo portandogli il primo numero di Bullettin (di cui non aveva più copie) che lui mi aveva regalato alla fine degli anni ottanta…

A quei tempi lavoravo a Roma Radio Proletaria (ora Radio Città Aperta) dove conducevo una trasmissione sulla natura, Terre Protette, che parlava in particolar modo di delle attività ecocompatibili nei parchi e nelle riserve naturali. Quindi era per me doveroso andare a Calcata nel Parco Regionale della Valle del Treja, a conoscere e intervistare Paolo D’Arpini, visitare il Circolo Vegetariano VV.TT. e avere notizie su tutte le molteplici attività che venivano già allora regolarmente proposte.
Quasi da subito con Paolo nacque una profonda amicizia basata su una reciproca stima  e una visione comune sul come è possibile vivere in un luogo in sintonia con il territorio e la natura. Come lui anch’io, se pur da meno tempo, avevo abbandonato la vita consumista di città per la campagna e, allora come adesso, non era facile trovare persone con cui condividere intelligentemente questa scelta di vita.
Quindi se pur vivendo un po’ lontano da Calcata, prima a Palombara Sabina e ora a Moricone (ambedue paesi situati alle falde dei Monti Lucretili a Nord Est di Roma), vi sono tornato spesso, tra l’altro, a presentare le mie attività artistiche e culturali come concerti di musica popolare e di musica ecologista (una volta anche uno spettacolo in una grotta!), presentazioni della newsletter Gaia e di libri di poesie e sui parchi e attualmente anche seminari e stage di ceramica sul periodo neolitico definito la Civiltà della Grande Dea, periodo che rappresenta le nostre più profonde radici di popoli europei. Insieme a tutto ciò negli ultimi anni con Paolo abbiamo condiviso un progetto ambizioso che è poi allo stesso tempo una filosofia e una pratica di vita. Si tratta del Bioregionalismo o semplicemente l’arte di vivere in un luogo in armonia con la natura. La nostra è stata una evoluzione culturale e spirituale del tutto naturale visto che ciascuno a casa sua queste cose le praticava già. Ma dietro il bioregionalismo si è aperta una rete di contatti con persone che in tutta Italia e addirittura in tutto il pianeta aderiscono a questa visione. Questa rete di contatti è in seguito divenuta la Rete Bioregionale Italiana e insieme a Paolo e altre persone della Rete abbiamo tra l’altro pubblicato il libro La Terra Racconta sul bioregionalismo e la realizzazione delle mappe locali come metodo per prendere coscienza del luogo dove ciascuno di noi vive. In quel libro era già presente la mappa della  Tuscia. Ed ecco la riscoperta della Tuscia come area omogenea dal punto di vista naturalistico, storico, culturale, economico, una vera e propria bioregione. Ecco allora i tanti incontri organizzati da Paolo condivisi localmente e non solo, da tantissime persone, per dare dignità a questa proposta anche politica in relazione ad un riordino amministrativo della regione Lazio e regioni limitrofe e allo svincolo dalla sudditanza economica e culturale dalla grande città di Roma. Le antiche tribù falische che tremila anni fa popolavano questi splendidi luoghi sapevano benissimo integrarsi con il loro territorio, le loro divinità erano benevoli e legate alla terra e alle acque, poi tanti secoli di dominio sugli uomini e sulla natura hanno quasi fatto dimenticare una certa evoluzione culturale e spirituale verso una società paritaria, democratica e ecologica ante litteram che però non è mai del tutto scomparsa e regolarmente riaffiora nel tempo e nei nostri sogni, miti e archetipi. Ma questa è un ancora un’altra riflessione che attualmente stiamo facendo con Paolo e altri amici del Circolo VV.TT.”  (Stefano Panzarasa, geologo)
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So, cari amici e lettori, che vi tempesto di notizie e documenti ma stavolta sarei lieto se voleste tenere questo articolo in dovuta considerazione. Riprendete il discorso, pubblicate questo testo e fatene  argomento di discussione. Ve ne prego per la causa! Grazie per la lettura sin qui accordata. Paolo D’Arpini 

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