Archivio di maggio 2008

“Il momento auspicioso del Ritorno a Casa”

Calcata: inizio del corso – 31 maggio 2008  h. 15.30 -

Stanzetta del Pastore, via Cavour, 24 – Calcata Centro Storico.

“Semplici attori, finché  separati,   poi, superata la dualità, non ha più
nessuna importanza…   Il fiore non ha più nome né forma è solo un fiore
unico ed irripetibile nel giardino della Coscienza”.

Tema trattato.
La conoscenza di sé attraverso gli archetipi e gli elementi cinesi ed il
sistema  indiano. Indagine sulle componenti psichiche energetiche e  come
armonizzarle nelle varie condizioni della vita.

Premessa.
La nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il
controllo ma,  come diceva Nisargadhatta,  noi siamo parte integrante della
manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera
possiamo esserne separati….  Di conseguenza, essendo coscienza nella
coscienza,  siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale
siamo immersi e  far sì che  il nostro pensiero e la nostra azione siano in
sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto. In questo  perenne
rimescolamento energetico, noi siamo come navigatori senza meta, o
guerrieri -se preferite- liberi di affrontare il contingente senza paure.
“Se temi la sofferenza -diceva un samurai- come fai a combattere?”

Vediamo ora    che dal tutto il tutto si dipana dinnanzi ai nostri occhi….
12 animali si presentano al Buddha morente ed ognuno ottiene di incarnare le
caratteristiche psichiche  che contraddistinguono i tre aspetti di anno,
mese e ora, in base  alle propensioni naturali, di ogni essere vivente.
Essi sono maschili e femminili e manifestano le loro caratteristiche tramite
le 5 componenti fondamentali: Terra (devozione), Metallo (giustizia), Acqua
(saggezza), Legno (etica), Fuoco (costumi).
Il funzionamento è più o meno quello del caleidoscopio. Alcuni elementi
colorati e tre specchietti interni. Girando il tubo si ottengono diverse
composizioni.  Malgrado l’esiguità delle componenti i risultati possono
essere infiniti.  Questo stesso concetto (traslato ai 5 elementi  ed ai tre
aspetti psichici incarnati) mostra la variegazione di tonalità di colore e
movimento attraverso la quale la  coscienza individuale si manifesta (la
forma ed il nome). La coscienza di sé, che noi  chiamiamo persona, è un
coordinatore interno, adattato all’individuazione, il quale si  appropria
delle funzioni messe in atto. Lo chiamiamo: io.
Questo ‘soggetto’ (o assuntore interno) è l’apparenza identificativa
individuale nella quale solitamente ci riconosciamo. Propriamente parlando
questo “io” è esso stesso la “conseguenza” delle energie messe in moto dai
vari elementi e dai tre archetipi incarnati, quindi è inerte (come un
programma), ed  è un oggetto nella coscienza.

I tre archetipi psico-emozionali, inscindibili nel loro miscuglio,
rappresentano:
Il senso dell’io, ego = anno di nascita; l’intelletto o intuizione = ora di
nascita; la memoria o predisposizione = mese di nascita.
Capire il senso dell’abbinamento archetipale  con le condizioni  dell’ora e
del mese di nascita, è facile da accettare giacché siamo abituati a pensare
che ogni momento della giornata ed ogni stagione ha i suoi modi, e tutte le
creature sono soggette a questi modi. Ma il primo aspetto dello zodiaco
cinese,  quello dell’anno, è  più duro a digerirsi per la nostra mentalità
razionalistica. Come è possibile che un dato anno possa essere
qualitativamente diverso dall’altro solo sulla base di un calendario
arbitrariamente deciso dall’uomo?

Impostosi nella cultura cinese e dell’estremo oriente e provenendo da una
tradizione pluri-millenaria (sicuramente di origine matristica)  il
calendario ciclico, di 13 lune e di 12 archetipi animali  (che rotano
abbinati agli elementi in turni di 60 anni),  è stato anno per anno vagliato
e corroborato dall’esperienza di milioni e milioni  di persone,  in  cui i
comportamenti corrispondevano ai modelli indicati in un raffronto oggettivo
e riscontrabile nei fatti.  Alcuni analisti vedono un significato  in un’
altra coincidenza, il  percorso dodecennale  che la terra compie attorno al
sole per fare un giro completo (una specie di viaggio in treno con 12
stazioni annuali). Si può anche fare  a meno di credere a questa “qualità
del tempo” ma stando ai risultati essa è confermata, aimè! Quegli archetipi
animali  esistono e sono riconoscibili nelle caratteristiche variegate degli
individui di tutto l’emisfero settentrionale (la nostra metà del mondo),
senza peraltro sapere cosa succede nell’emisfero meridionale (che
teoricamente dovrebbe avere valenze rovesciate).
Con tutti questi dubbi in testa, siamo un po’ come gli alchimisti che
sperimentano  onestamente e coraggiosamente con i loro tre elementi basici,
inserendo all’occorrenza nuove figure e varianti. Questo è il lavoro ingrato
e meraviglioso del “navigatore nel sé”.  L’Ulisse  in noi, disincantato e
schietto, che “vede” e  riesce ad orizzontarsi,  avverte l’odore delle cose
incombenti  per come si stanno manifestando. Non per opporvisi ma per
esprimersi al meglio e proseguire nel viaggio. Chiunque potrebbe farlo se
sta  attento ai segnali costanti e continui che la vita ci manda.

L’intelligenza intuitiva   evoca questa capacità di riconoscimento, essa
non è propriamente basata sulla percezione sensoriale o sul raziocinio ma
sulla abilità di orientarsi prima che la percezione sensoriale od il
pensiero abbiano modo di esprimersi. Quindi è una capacità
naturale -immediata- dell’intelligenza, che viene prima ancora dell’istinto.
Un sentire ed allo stesso tempo  una sintesi analogico-analitica. E’ l’
intuizione innata che ci dice tutto quello che è, come è,  senza analisi
risolutive, bisogno di prove o riscontri.
Si procede a naso -dicevo- ed infatti l’olfatto appartiene all’elemento
Terra, quello più solido. La matrice di ogni manifestazione concreta.   E’
la Terra stessa che fa nascere tutti gli esseri e li nutre in se stessa.
Mentre il Cielo energizza e vivifica con la coscienza tutte le forme. Ma
attendiamo un po’ prima di affrontare il discorso dello Yin e dello Yang e
degli elementi e torniamo ai  tre archetipi. Essi “sembrano” tre  in verità
son tre aspetti della stessa personalità. Ognuno di noi  manifesta  una
forma  esemplare a tre facce (designanti le nostre caratteristiche). Sul
come  sopravviene l’influenza  di una o l’altra di queste facce, sul perché
capiti  ad una piuttosto che un’altra,  diremo che è  destino!

Le tendenze innate che  si riflettono nello specchio, perennemente
cangianti, son le correnti in cui   l’io si muove.
Se  vogliamo osservare una cosa piccola  bisogna  ingrandirla attraverso il
microscopio, ma se vogliamo ampliare il campo di azione dobbiamo distaccarci
il più possibile dalle cose attorno a noi, in modo da percepire il senso d’
insieme. Questa corsa in tondo verso   l’auto-conoscenza è  un vagare
trasognato, un’attenzione senza risposta,  solitudine e silenzio,
osservazione e contemplazione,  fluire limpido nei mutamenti,  sorridere nel
rincorrere  il vuoto.    Ma allora di cosa continueremo a parlare?

La fase “intermedia”  dell’illuminazione, quella del santo (uomo integro),
rientra ancora nella sfera del mentale, delle cose che possono essere
discusse e trasmesse.  Flash di realizzazione,  esperienze al limite del
transpersonale,    che contemporaneamente ci consentono di riconoscerci in
sintonia elettiva, colori dello stesso arcobaleno,  e di ciò possiamo
ancora parlare,  attraverso evocazioni consapevoli.  La trasmissione, o
meglio il riconoscimento, avviene per  immagini  (come succede ai bambini
che riconoscono l’aggregazione concettuale, il senso, di parole
sconosciute); questa “trasmissione”  può essere fatta utilizzando  vari modi
comunicativi e sensoriali:  per empatia emozionale, a voce, con lo sguardo,
con il tatto, ed anche con lo scritto, se esso rispecchia fedelmente le
qualità necessarie  e si crea un’attenzione indisturbata  al tema trattato.
Per “cristallizzare”  l’immagine: “Il santo comprende l’intrigo del mondo ed
abbraccia l’universo senza sapere perché. Questo è il manifestarsi della sua
natura”.

Ed ora una storiella:
Alcuni suoi seguaci domandarono al bandito Che:”Anche per i ladri esiste una
strada (Tao)?” – “Eh,  certo che  sì..  – rispose Che- Santità è intuire
dove giace un tesoro nascosto, Eroismo è entrare per primo nella casa,
Giustizia è uscirne per ultimo, Saggezza è distinguere il colpo che si può
tentare, Umanità significa essere equanimi  nel dividere il bottino. Al
mondo non è mai esistito un gran ladro che non abbia manifestato queste
qualità”. (Chuang Tze)

Appendice.
Attraverso le capacità riflettenti dell’organo interno (antakharana) siamo
in grado di manifestare energie psicofisiche in rispondenza a quelle
percepite fuori di noi. Questa rispondenza è automatica ed inevitabile, è
una legge naturale. Pensare di sfuggirne il corso è assurdo come pensare di
cambiare il film mentre la pellicola viene proiettata. Ma l’atteggiamento
interno è importante!  Infatti l’accettazione del proprio destino scioglie l
‘attaccamento all’utile ed all’inutile che ci spinge nel ciclo delle
rinascite. Nell’ignoranza ci identifichiamo con i personaggi e ci
consideriamo autori e responsabili del gioco vissuto, con guadagno e
perdita, la verità è che il nostro io, la coscienza individuale, la persona
da noi incarnata, è solo un’immagine. Il risultato di un automatismo
distratto e di una identificazione illusoria. Questo dobbiamo comprendere
bene se non vogliamo che la mente ci imbrogli.    Non cadiamo nel delirio
dell’io separato,  anche se la coscienza che lo anima  è vera sin d’ora  e
siamo già dotati del capitale iniziale  per quella “conoscenza di sé” è
assurdo e ridicolo pensare di  “ottenerla” -strettamente parlando non è
possibile.  Essa è già integralmente manifesta qui ed ora  e quindi non
perseguibile come ottenimento altro. Presente sempre….. ma ne teniamo conto,
ne siamo consapevoli?
Se ci sentiamo attratti da questa “conoscenza” occorre  dire che non c’è
corso o spiegazione o esperimento che possa trasmetterla, può essere solo
riconosciuta (risvegliata) per simpatia nel momento della  maturazione.
Siccome non è un  “conseguimento” continuiamo ad  “andare avanti a fiuto”.

Il veggente Hòu – (alias il solito Paolo D’Arpini)
circolo.vegetariano@libero.it – Tel. 0761-587200

Energia dagli elementi naturali

 

Che serve a Montalto di Castro ed a  Civitavecchia?

Sono alquanto scocciato della diatriba ridicola sulla produzione energetica nel polo energetico  di  Montalto di Castro e Civitavecchia.

Non voglio fare tutta la cronistoria degli ultimi trenta o quaranta anni ma non posso nemmeno far finta di nulla in merito alle continue buffonate che leggo sui giornali e -fugacemente- ascolto sui notiziari televisivi in cui si prospettano nuove e nuove soluzioni alla carenza di produzione energetica. Sino alle  ultime proposte di riconversione al nucleare.

Come ottemperare ai bisogni di energia elettrica  è  un falso problema, legato alla volontà politica di concentrare la produzione energetica in grossi stabilimenti. Poi con la scusa del salvataggio di qualche centinaio di  posti di lavoro si nasconde la verità su come definitivamente risolvere il caso difficile. La concentrazione nella produzione energetica è una scelta  data dall’uso  di fonti combustibili artificiali o fossili od atomiche, causa d’inquinamento massiccio e causa di effetto serra e degrado urbano ed ambientale. Sono almeno vent’anni che continuo a suggerire -inascoltato- la rinuncia alle grosse centrali ed il ritorno alla produzione locale  con metodi naturali. Ogni comune od al massimo provincia può tranquillamente produrre energia senza ricorrere né al poli-combustibile, né al carbon fossile, né al nucleare. Basta utilizzare le fonti naturali presenti sul luogo: sole, vento,  geotermia,  biogas, corsi d’acqua,  etc.

E  faccio degli esempi concreti. Se invece di essere concentrata in grossi impianti industriali la produzione energetica fosse diffusa è vero che a Civitavecchia e Montalto scomparirebbe qualche inutile e dannoso  posto lavoro ma ne sorgerebbero a migliaia in altri contesti. Nella produzione e montaggio di pannelli solari ad esempio nel ripristino di chiuse idriche e ventole, nel recupero di materie organiche di scarto per il biogas, nell’utilizzo di fonti termali…. e  dai  che lo sapete anche voi in quanti modi si può produrre energia elettrica pulita…. Ed in quanti modi si può incentivare l’occupazione.  Il sovrappiù energetico che non servisse al comune od alla provincia potrà essere “venduto” all’Enel e ritrasmesso (eventualmente dagli impianti riadattati di Montalto e Civitavecchia) alle città come Roma che forse non ce la fanno ad auto-sostenersi. Dico “forse” ma son convinto che con un po’ d’inventiva ed intelligenza persino Roma potrebbe diventare autosufficiente, basterebbe cominciare ad utilizzare in toto l’organico che ora finisce al macero in discarica. Ed inoltre vediamo quanta dell’energia assorbita da Roma è veramente necessaria al suo funzionamento sociale, magari si scopre che tantissima energia va sprecata inutilmente…. Insomma non si può continuare a far finta di niente continuando a blaterare che “serve energia” quando siamo circondati da energia inutilizzata e pulita che non viene usata, smettiamola con l’ipocrisia politica scientifica economica e che sia finita qui….

Parlo e scrivo di ciò dal 1990 ed articoli in tal senso, diramati dalle agenzie AGI, ANSA, ADN Kronos etc. sono stati  pubblicati  su: Bullettin Calcata, Cuore, AAM Terra Nuova, Ambiente Prevenzione e Soccorso,  Corriere di Viterbo, Il Messaggero,  Paese Sera, Momento Sera, il Giornale d’Italia…. tanto per citarne alcuni….  mai  raccolti da nessuna forza politica malgrado l’evidente “ragionevolezza” delle proposte contenute.  Apparentemente l’intelligenza non paga, almeno per ora……  

Scusate l’ennesimo disturbo.

Paolo D’Arpini – dall’isola di Calcata

0761-587200

circolo.vegetariano@libero.it

Calcata: 14 e 15 giugno 2008 – aggiornamento sul programma.

“Sistemi riproduttivi e sessualità fra natura e cultura”

Sabato 14 giugno al Palazzo Baronale di Calcata:
h. 16.00 – Inaugurazione Mostra di opere in sintonia.
h. 17.00 – Tavola Rotonda su Sessualità fra natura e cultura
Proiezione diapositive a cura di Peter Boom ed interventi.
Partecipano i rappresentanti delle Istituzioni.

Domenica 15 giugno al Circolo Vegetariano in via del Fontanile.
h. 10.30 – Partenza per una passeggiata nel Parco Valle del Treja.
h. 13.00 – Picnic vegetariano al Circolo, ognuno porta qualcosa.

Al Palazzo Baronale di Calcata.
h. 16.00 – Sessione di Yoga per bambini ed adulti, portare tappetino.
h. 17.30 – Presentazione del progetto congiunto dell’Associazione APAI e
Circolo Vegetariano VV.TT. – con Laura Lucibello e Paolo D’Arpini.
Presentazione di libri e riviste in sintonia, intervengono gli autori.
h. 18.30 – Proiezione del documentario  ”Sotto il cielo di Bagdad”
A seguire rinfresco vegetariano, ognuno porta qualcosa, e saluti.

Arco di quiete - Carlo Monopoli, 2008
Info: circolo.vegetariano@libero.it
Tel. 0761-587200

Weller Simona a Calcata 1978 – 2008

A partire da sabato 31 maggio 2008 sarà possibile conoscere, nel suo studio laboratorio di Piazza Umberto I° di Calcata, l’artista Simona Weller.

La presenza di Simona a Calcata è ormai trentennale, da quando vi giunse negli anni ‘70 del secolo scorso, già internazionalmente riconosciuta ed affermata, e da qui ella non è più partita… In questi giorni è stato ultimato il restauro del suo nuovissimo atelier-galleria, a cura dell’arredatore Sandro Barbagallo, e così le opere dell’artista da me conosciuta per prima a Calcata (prima in tutti i sensi) saranno esposte in un laboratorio centrale e spazioso, dove sarà anche possibile assistere alla produzione in progress delle sue creazioni.
Per me che incontrai Simona nel 1978 (vedi su epopea del circolo) questa esibizione permanente in piazza, vicinissimo alla mia ex Galleria Depend’arp (dove ella mostrò pubblicamente i suoi lavori in prima assoluta a Calcata) è un segno di forte ripresa culturale. Infatti ritengo che le opere di Simona rappresentino fortemente il senso di sciamanesimo, magia, stregoneria delle immagini. La sua è poesia visiva pura. Le parole talvolta impresse nei suoi quadri sono in inglese, la lingua veicolare del momento, ma idealmente sono scritte in linguadoca, la lingua del Midì, del mare, dei viaggi mediterranei.

Ricordo in una non lontana estemporanea di poesia concettuale e grafica, il testo di Hobo Marussig: “Marinara: odo l’ode” – mentre Simona in un’opera del 2007 scrive “No wawe combs the sea (Nessun’onda agghinda il mare)”.. . Ed è proprio in questo porsi viaggiando, marittimo, che già era presente nella sua prima mostra da me organizzata a Calcata credo nel ‘79, che la peculiarità di Simona Weller si manifesta, ella è l’eterna viaggiatrice delle immagini, in sospensione grafica lirica, Elverio Maurizi definisce la sua creatività “dipingere con le parole”.

E’ una vera fortuna che artisti come Simona Weller abbiano resistito alle vicende tragicomiche del forzato sviluppo artistico culturale di Calcata dove -a volte- arte si intende persino paccottiglia e scarabocchi sui muri. Mi auguro che l’apertura di questa “nuova” galleria elevi il livello e serva da buon esempio…. Contemporaneamente anch’io “levo un’ode” benevola nei confronti degli artisti storici che meritano, fra cui: Costantino Morosin, Athon Veggi, Marijcke van der Maden ed Angela Marrone, mentre ad altri giovani o da poco arrivati volenterosi, come Lughia, Sofia Minkova, Enrico Abenavoli, Clara Magliocchetti e Laura Lucibello, va il mio sincero incoraggiamento a proseguire nel bene.

Il non critico d’arte, Paolo D’Arpini

21 maggio 64 di P.D’A. – Fra religione e spiritualità

Categorie di pensiero e categorie di esperienza: ateo – teista  / agnostico – gnostico

Il linguaggio non è solo semantica. Eppure c’è già all’interno della mente un “seme” che consente la comprensione di concetti sottili, che non hanno corrispondenza nel mondo materiale. Ad esempio quando un bambino apprende a parlare ed a scrivere, non segue solo esempi concreti: tavolo, cibo, cane, etc.  Vi sono pure i concetti e sentimenti che vengono “riconosciuti” intuitivamente, per una sorta di ammissione interna che va aldilà dell’esempio. In questo caso si presuppone che vi sia già una pre-conoscenza innata di tali concetti, il linguaggio insomma non è altro che descrizione di un qualcosa che abbiamo già dentro. La stessa cosa si può dire della  conoscenza  di vita.

La vita  nasce dall’inorganico ma se non fosse già presente nella materia in forma germinale come potrebbe sorgere e trasformarsi in intelligenza e coscienza? Da ciò se ne deduce che la coscienza e l’intelligenza sono come una “fragranza” della materia e quindi non vi è reale separazione. La differenza è solo nella fase….  La vita è un’espressione manifestativa della materia.  Partendo da questa considerazione generale osserviamo che la spinta evolutiva di questa intelligenza/vita si evolve attraverso stati diversi di consapevolezza. Nelle forme pensiero esistono gradi  descrittivi della maturità assunta da questa intelligenza. Tralasciamo per il momento gli aspetti più vicini all’animalità, all’istinto, e prendiamo in considerazione solo gli aspetti “filosofici” del pensiero umano.  Osserviamo che sia in occidente che in oriente vengono descritti gli aspetti separativi e unificativi del processo mentale (solve et coagula).

In Grecia come in India si è parlato di pensiero duale e pensiero non-duale. 

Nel pensiero duale (dvaita) viene inserita ogni forma cristallizzata separativa, come il teismo e l’ateismo. Queste due categorie infatti sono viste come sfaccettature della stessa   conformazione separativa. Il teista è colui che crede in un dio separato da sé, lo immagina in veste di essere superiore e dotato di immensi poteri e vede se stesso come creatura alla sua mercé . Il teista crede che la sua propria esistenza è consequenziale e secondaria al dio. L’ateo parimenti, crede di non credere, ovvero nega ogni sostanza all’ipotetico dio basando il suo credo sul relativismo materialista. Il teista e l’ateo sono arroganti affermativi della propria  “verità” (presunta od immaginata). Ovviamente entrambe queste fedi si basano sulla piccolezza e separatezza dell’io ed abbisognano di uno sforzo continuo e costante per affermare o negare, un tentativo frustrante che comunque non prende  in considerazione  l’agente primo, l’io, se non in forma passiva e marginale. Questo modo di pensare  duale è   lo stesso sia per il religioso che per l’ateo materialista che crede in causa-effetto o nella fortuità del caso.  E’ un percorso puramente speculativo, basato comunque sul credere, sul ritenersi piccoli elementi separati di un qualcosa che magari pian piano la scienza (o la religione) corroborerà. Ma sappiamo che l’orizzonte è sempre più avanti… mai raggiungibile, insomma siamo persi nel nulla…. Nel vuoto.

La fase successiva dell’auto-conoscenza si definisce non-duale (advaita), in questo caso si inizia a tener conto del soggetto, della coscienza attraverso la quale ogni percezione e sentimento sono possibili, si riconosce nella consapevolezza la matrice della propria esistenza. In questa categoria si pongono l’agnostico  e lo gnostico.

Alla base della ricerca dell’agnostico si pone l’esperienza diretta ed il superamento della concettualizzazione descrittiva. L’esperienza empirica viene portata alle sue estreme conseguenze con il riconoscimento della costante presenza dell’io nel processo implicato.  Viene superato così il modello del credere in verità precostituite  accettando la realtà intrinseca dello sperimentatore che esperimenta.

L’agnostico  sa che non può esserci altra certezza che quella dell’esperimentatore ma allo stesso tempo non vi è ancora realizzazione definitiva. La coscienza individuale  non si è fusa nella coscienza universale benché permanga l’intuizione dell’unità primigenia del tutto.  Stando così le cose egli non può  affermare,  egli  dice di non sapere, la sua è una saggezza in fieri, in maturazione.  L’agnostico non può più identificarsi con un nome forma specifico ed allo stesso tempo manca della pienezza  e quindi resta in silenzio, non afferma e non nega.  Ma il suo costante e continuo discernimento giunge infine ad una inaspettata e spontanea fioritura, e qui l’intelligenza individuale si scioglie, si ottiene la  conoscenza di sé, la gnosi (jnana). 

Lo gnostico non ha assolutamente bisogno di affermare alcunché, la sua realizzazione è totale e definitiva, la sua presenza non è limitata ad un nome forma, egli conosce se stesso come il tutto inscindibile dal quale ognuno di noi proviene e risiede. Lo gnostico né sente il bisogno né ha mezzi per esprimere la sua esperienza, giacché il linguaggio umano è  molto distante dall’esperienza diretta del sé. Infatti prima c’è la consapevolezza del sé, poi la coscienza dell’io individuale che assume una  forma nello specchio della mente, quindi la riflessione del pensiero ed infine la descrizione del linguaggio parlato o scritto.  Il saggio  non vede differenza alcuna, sa che  la  base è la stessa per ognuno (materia-spirito in continua trasformazione), egli “conosce” che la coscienza e l’esistenza sono inscindibili nell’assoluta unità  (uno senza  due)  e resta in silenzio.   Ma la sua esperienza  -che  è la comune natura di tutti-  può essere  riconosciuta e percepita  per spontanea simpatia  dallo spirito maturo.

In questo processo a quattro fasi, fra dualismo e non-dualismo, si manifesta tutto il gioco della vita e della coscienza.

Paolo D’Arpini