Roma e lo “Spirito Laico”
Giovedì 3 aprile 2008 h. 17:00 – Piazza Asti, 5a – Metro A, fermata Re di Roma
Giovedì 3 aprile 2008 h. 17:00 – Piazza Asti, 5a – Metro A, fermata Re di Roma
Calcata, il 29 marzo 2008, alle h. 17. parte la Fiera Arti Creative e si inaugura la mostra sulla Memoria di Calcata, con foto e documenti di Paolo Portoghesi, Angelo Barbieri, Parco del Treja, Biblioteche di Viterbo ed altre collezioni di privati e associazioni. Saranno presenti all’inaugurazione gli organizzatori e i rappresentanti del Comune, assessore Gianni Ferrauti, del Parco del Treja, presidente Gianluca Medici, del Centro Diurno Polivalente, maestro Leonello Sestili e del Circolo Vegetariano, Paolo D’Arpini.
Partecipano il Coro Polifonico Calcata, diretto dal maestro Pasquale Brandimarte, è prevista la proiezione di documentari di Giovanni Carpentieri, uno in particolare sul trasporto dei Troni dello sculture Costantino Morosin istallati nella Piazza Umberto I°. Segue un dialogo per l’integrazione dell’identità culturale di Calcata ed il territorio circostante, per una vivibilità fantasiosa ma solidale che sia di sprone e humus per una sopravvivenza creativa ed ecologicamente consapevole.
Per la chiusura della Fiera, il 6 aprile 2008, alla presenza del sindaco Luciano Sestili, è invece prevista una grande festa all’aperto nella Piazza Risorgimento al Nuovo Centro di Calcata davanti alla erigenda nuova Chiesa di Paolo Portoghesi e Giovanna Massobrio. Fra le varie iniziative di quel giorno, organizzato da Anna Maria Capece Minutolo, c’è la collaborazione fra i bambini della scuola elementare di Calcata e Stefano Panzarasa che porterà alla Fiera delle Arti Creative una esposizione di ceramiche dedicate alla civiltà neolitica dei nativi europei ed uno spettacolo di canzoni eco-pacifiste tratte dalle poesie di Gianni Rodari e della Rete Bioregionale Italiana.
Quindi la Fiera delle Arti Creative, che si terrà dal 29 marzo al 6 aprile 2008, vedrà coinvolti i “due” luoghi di Calcata…
Al Centro Storico è prevista una grande mostra della Memoria di Calcata -foto oggetti note libri documenti- e si terranno dibattiti sul fenomeno Calcata ed i suoi aspetti variegati: ecologia, spiritualità laica, estetica, etc. Al Nuovo Centro, canti popolari, musica tradizionale, attrezzatura agricola autoprodotta, panetteria artigianale, arti e mestieri ed agricoltura naturale e suoi derivati. Ovvero ciò che è realmente necessario per autosostenersi e mantenere la conoscenza delle antiche arti contadine e falische. Questo è un modo di riconoscerci tutti nello stesso “spirito”, abbinando la creatività a qualsiasi forma di lavoro.
La Fiera delle Arti Creative viene realizzata in collaborazione fra il Comune ed il Centro Diurno Polivalente ed il Circolo VV.TT. di Calcata. Con il Patrocinio di Parco Valle del Treja e Provincia di Viterbo e Consorzio Biblioteche Viterbo.
Paolo D’Arpini
Coordinatore della Fiera delle Arti Creative di Calcata
Info: Tel. 0761-587200
Email: calcata2008@libero.it
www.circolovegetarianocalcata.it
www.comunecalcata.it
www.calcata.info
Sono molto legato a Calcata perché non riesco a non ricordarmi di quando, quindicenne, e quindi avendo adesso 42 anni la bellezza di 27 anni fa, misi per la prima volta piede all’interno del borgo. Che non era soltanto un paese ma un qualcosa di simbolico, un luogo dove determinare un’esperienza complessa e differente rispetto a quella romana.
Praticamente Calcata era “sentita” fra i giovani romani come un luogo dove si potevano trovare persone dotate di spiritualità, esperienze di vita, personalità, una sorta di India a poca strada da Roma ma ad enorme distanza da Roma nel senso di distacco dalla società corrente.Personalmente la mia esperienza fu oltremodo divertente e simpatica in quanto, insieme a mia sorella più piccola, facevamo le crepes all’interno della latteria del Gatto Nero, che era stata appena aperta ed era gestita o era di proprietà, il che è più verosimile, dal padre di un compagno di classe di mia sorella.Ricordo che poi scendevamo sotto al fiume e ci facevamo il bagno e andavamo poi di nuovo sopra in giro per il paese a conoscere tutte queste persone interessanti e affascinanti. Persone che magari trovarvi a Roma soltanto a Trastevere ma non nella concentrazione in cui le scoprivi a Calcata. Oggi le cose sono cambiate, in tutta la società, ed anche Calcata “purtroppo” è cambiata….Ora è l’apoteosi dell’immagine, il Trastevere che diventa luna park… ma il nocciolo umano, il Cuore ancora pulsa.
Nel tempo ho mantenuto una frequentazione con Calcata. Ricordo con piacere quando Paolo d’Arpini stava nella vecchia sede del circolo vegetariano proprio all’ingresso del paese. Quello che colpiva, delle attività del circolo, oltre alle varie petizioni, era il fatto che entravi, mangiavi e poi lasciarvi un’offerta libera e segreta. Per me, che ero studente universitario, era una manna. Inoltre, soprattutto, dentro il circolo, c’era la vera Calcata, quindi una sorta di contrazione che portava sempre più a ridurre gli spazi di libertà (in fondo).
Ho continuato ad amare Calcata e addirittura mi ci sarei voluto sposare, se non ci fossero state delle complicazioni burocratiche che mi hanno poi portato a optare per Roma. Dovendo però “confessare” che Calcata, l’ho sempre vissuta come fosse Roma. Come un pezzo di Trastevere inserito nella Tuscia. Ed a ben vedere c’è anche una certa sorta di coerenza storica (come Trastevere è anch’essa in terra etrusca…).
Nel tempo, sempre per coincidenze, ho avuto la possibilità di visitare posti in Siberia, in India, in Brasile, con viaggi sempre legati allo studio del mondo sciamanico e ho sempre avuto dentro di me l’idea che Calcata mi avesse in un certo senso “attivato” con un magnetismo particolare che potrebbe nascondere un significato per l’uomo moderno ormai, tranne poche eccezioni, non è più in grado di scorgere. In questo sono probabilmente stato indotto anche dall’etimologia del paese, che ha delle assonanze con Calcutta, ora addirittura più forti con il vecchio nome recuperato di Kalkata. Anche il fatto delle vicende storiche del paese, da ultimo con una sorta di deportazione di massa negli anni 60, caso più unico che raro in Italia, hanno in me indotto il fatto che probabilmente nel paese rivive una sorta di reminiscenza storica, e non solo, con la nostra matrice indo-ariana.
Poi ci sarebbe da approfondire il discorso sociologico dell’integrazione della nuova popolazione di Calcata con gli abitanti storici. Alquanto ben riuscita, a mio parere, ecco, ritengo che questo scambio tra elemento autoctono e “alieno” in questo caso sia stato oltremodo fecondo in quanto nutrito dall’humus rappresentato dall’amore comune per la gioia di vita.
Ritengo che Calcata rappresenti una sorta di polo culturale alternativo, antico ed allo stesso tempo moderno, in una fase post moderna, che ci porta a riflettere seriamente sulle modalità di vita sul pianeta. Modalità spesso frenetiche e cieche che riducono l’esperienza umana in un nulla, facendoci perdere la possibilità di relazionarsi con l’esistente. Qui a Calcata è possibile ancora riflettere, sulla vita, sulla natura e anche sulla morte. Calcata forse può rappresentare quel modello di “Morte e Rinascita”.
Penso che esista un modello “vivo” di Calcata e che sarebbe utile collegarlo ad altri nodi sperimentali (del nuovo rapportarsi “bioregionale”) che operano nel resto dell’Europa. Simili borghi o comunità aventi le stesse caratteristiche di apertura mentale ma con il rispetto delle tradizioni locali. Di esaltazione della libertà soprattutto nel momento in cui questa diviene non abuso nei confronti di altri esseri viventi ma armonizzazione con il resto del creato, per dirla alla San Francesco d’Assisi. E qui faccio riferimento alla tematica vegetariana che così fortemente caratterizza Calcata.
Vittorio Marinelli
Risposta:
Confermo di aver conosciuto l’avvocato Vittorio Marinelli quand’egli ancora adolescente sbarcava il lunario friggendo crepes al Gatto Nero di Calcata. Poi spesso se ne scendeva al fiume Treja a fare il bagno. Da allora di tempo ne è passato ed assieme abbiamo combattuto varie battaglie, che potete leggere su altri spazi del nostro sito. Ma tutto iniziò in quel 1980, anno della Scimmia del Metallo, un anno di estrema transizione per Calcata, si passava dallo spontaneismo alle forme organizzate. Il Metallo è l’elemento della Giustizia, ed infatti Vittorio poi divenne avvocato e prese a difendere i diritti dei cittadini e dei consumatori. Il suo incontro con Calcata può dirsi fortunato. La sua franchezza, onestà e libertà di percorso è stata riconosciuta anche da Antonio Di Pietro e dall’IDV che l’ha ora candidato al Comune di Roma. Questa è l’occasione propizia e nell’imminenza del rinnovo del Consiglio del Campidoglio invito a votare per lui tutti gli amici del Circolo Vegetariano che risiedono nella capitale.
Paolo D’Arpini
Eravamo 3 amici al bar… Anzi per dirla tutta in verità, in quell’occasione eravamo al ristorante e stavamo leggendo il menù della casa; io (che mi chiamo Elke), il mio compagno Marco e il nostro amico Maurizio. Mentre leggevamo tutte le pietanze elencate, alla voce abbacchio al forno con patate, il nostro amico si arrestò pensieroso e sospirando ci raccontò di aver visto degli agnellini nati da poche settimane presso un fattore che conosceva, descrivendoci la loro dolcezza, con il vello color bianco neve, i loro musetti rosa e gli occhietti neri e profondi che ispiravano tenerezza e bontà. Restammo in silenzio per alcuni secondi, immaginandoci gli agnellini barcollanti sulle loro incerte zampette, nel tentativo di sorreggerli affinché potessero andare a succhiare il buon latte della madre. Poi nello svanire di questa serena scena bucolica, il nostro sguardo tornò al menù, ma lo stato d’animo ormai era diverso. Ci era passata la fame, se non altro la voglia di carne ed in special modo dell’abbacchio!
”Peccato”, esclamò il nostro amico Maurizio, “che tra pochi giorni gli agnellini sarebbero stati portati tutti al macello in modo da essere poi venduti sui banconi delle macellerie, cucinati e infine divorati in nome della Santa Pasqua…”Deglutimmo per lo sgomento, guardandoci a vicenda. “Che c’entra tutto questo con la Santa Pasqua” chiesi, “Dio certo proverebbe più gioia nell’osservare gli agnellini felici che si divertono sui prati, saltellando pieni di felicità nel sentirsi vivi e rincorrendo delle svolazzanti farfalle variopinte!”
Questa sì che era una bella scena pasquale, non i pavimenti dei mattatoi sommersi da laghi di sangue e interiora sparse a destra e a manca, con carcasse di cadaveri di pecorelle che prima di essere uccise, urlavano per il terrore della morte imminente, chiedendosi il perché di tutta questa indifferenza e disprezzo per la loro vita. Pochi ormai affermano ancora che gli animali non pensano, non hanno anima, non soffrono o non si rendono conto di quello che sta accadendo loro, senza chiedersi nel contempo neanche il perché essi però urlino per la paura, rincorrano le farfalle e vadano a coccolarsi vicino alla madre in cerca di affetto e tepore… o forse questi sentimenti non esistono solo perché non vengono da loro espressi in parole umane a noi comprensibili?
Ha l’amore bisogno di essere decodificato?
Dopo queste riflessioni mi balenò in mente un’idea formidabile! Proposi agli altri di comperare un agnello vivo per salvarlo da morte certa e di portarlo in salvo in un posto sicuro! L’idea piacque subito anche ad ambedue gli uomini dimostrando, in barba al dire di alcune donne, grande sensibilità e spirito d’iniziativa!
Ordinammo squisite fettuccine ai funghi porcini che degustammo allegramente, mentre progettavamo minuziosamente il salvataggio dell’ignaro agnellino. Il giorno dopo ci demmo da fare per trovare un posto sicuro dove portare la giovane pecorella e con nostra grande felicità sentimmo nominare per la prima volta il Circolo Vegetariano di Calcata e il suo presidente Paolo D’Arpini, che si offriva di ospitare vita natural durante, i mammiferi profughi della Pasqua in cerca di asilo.
Andammo dunque dal fattore che ci diede in cambio di soldi una bella agnellina, porgendocela a testa in giù, belante di terrore e con una corda legata stretta alle 4 zampette. Il mio compagno Marco, valoroso taxista per mestiere e che ne aveva viste tante in 20 anni di duro lavoro (tranne questa), aiutò il fattore a metterla sul suo taxi, mentre io con grande emozione mi sbrigai a slegarle le zampe accarezzandola per tranquillizzarla. Smise di belare, mentre cominciai a farlo io, impaziente di lasciare quel posto per partire verso Calcata, verso la salvezza.
Non senza pensare però agli agnellini rimasti indietro, insieme agli altri milioni sparsi in giro per il mondo, in attesa della mattanza pasquale, solo per soddisfare una voglia alimentare sorretta falsamente da una presunta tradizione religiosa. Meno male che almeno il Papa nel 2007 affrontò l’argomento sfatando questa falsa credenza, come leggemmo poi con immensa soddisfazione su diversi articoli di giornale!
Durante il viaggio in direzione di Calcata, mi colpirono gli occhi innocenti dell’agnellina, il cui sguardo vagava impaurito e titubante in cerca di una risposta a tutto quel succedere. Era stata divisa dalla mamma, dai fratellini e… grazie a Dio anche dal fattore. “Perché”, sembrava chiedersi, “perché mi succede tutto questo?”Giunti finalmente a destinazione, il prode Marco portò in braccio la belante pecorella verso la sua nuova casa, dove ci stava aspettando Paolo. Egli ci offrì un buon bicchiere di vino e ci chiese di raccontargli tutta la storia. Volle sapere anche che nome avessimo scelto per la fortunata quadrupede e io gli risposi che con il nome di Perché, forse anche qualcun’altro oltre a noi nel vederla, si sarebbe potuto chiedere se era proprio necessario mangiarsela invece di lasciarla vivere, scegliendo così di rinunciare finalmente a un’usanza culinaria che certo nulla ha a che fare con la resurrezione e i peccati dell’uomo in terra. Chi di noi non si è sentito almeno una volta come un agnello al macello? Per esempio nell’atrio di qualche studio medico o vittime di una grave ingiustizia? Chi di noi non ha mai pregato per la salvezza di sé o i propri cari?
Come rimanere insensibili allora verso la vita in generale, verso il dolore non esclusivo del nostro corpo e della nostra anima? Anche chi non è vegetariano, come non lo eravamo neanche noi del resto, può capire che si può optare lo stesso per una piccola rinuncia, senza trovare la scusa di non poterlo fare per rimanere coerenti con il proprio regime alimentare consueto a base di carne.
Il nostro non è certo un voler colpevolizzare chi mangia la carne, ma piuttosto far percepire che una scelta diversa può far scaturire quella scintilla di consapevolezza nell’uomo che porta ad un’evoluzione certa dello spirito in nome dell’amore, della sensibilità e della pietà che sovente invochiamo solo per noi stessi. Così come neanche il mare si è formato in un giorno solo, anche la nostra consapevolezza si accresce a ogni nuova piccola fiammella di sentimento compassionevole.
Noi abbiamo dato solo un breve passaggio in taxi ad un essere indifeso e che tremava per la paura, ma in cambio abbiamo ricevuto moltissimo. Credo che Dio abbia capito il nostro sentire e ci abbia ricompensato sotto diversi punti di vista.Tanto per cominciare siamo diventati molto più consapevoli di quello che infilziamo sulla nostra forchetta e grazie a questa avventura abbiamo conosciuto nuovi amici e persone speciali che ci hanno insegnato molto, frequentando il circolo vegetariano di Calcata e partecipando alle tante belle attività che esso organizza. Abbiamo un’amica a quattro zampe da andare a trovare e gioia nel vederla viva quando rincorre ancora le farfalle sul prato o mentre si ferma ogni tanto ad osservare le nuvole e la luna proprio come lo facciamo anche noi bipedi. Inoltre i nostri familiari ed amici ai quali abbiamo raccontato la storia, continuano a chiederci di Perché e grazie a questa vicenda, anche loro adesso rinunciano con facilità all’abbacchio pasquale perché come noi hanno sentito nel cuore qualcosa muoversi in direzione di un sentimento di vera resurrezione spirituale.
Infine io e Marco ci sentiamo ancora più vicini al meraviglioso mondo animale e alla natura, oltre che a noi stessi e quando ogni anno arriverà di nuovo la Pasqua, torneremo sempre a chiederci: ” Ma PERCHÉ tutto ciò non ci era mai venuto in mente prima?”
Elke Colangelo
Risposta.
Cara Elke e caro Marco e caro Maurizio, leggendo questa storia capisco come la coscienza agisca attraverso tutte le forme, nel modo dovuto e nel momento opportuno. L’evoluzione passa attraverso l’etica ma possiamo dire che sia la meta ultima?
Staremo a vedere. Intanto mi son goduto questo bellissimo racconto impregnato di emozioni e di amore universale. La vostra esperienza mi arricchisce…
Paolo
There is the stamp of truth in all the utterances of Ramana Maharshi. Kaviakantha Ganapati Muni, one of his disciples, recorded his words in the “Ramana Gita” (the Epic of Ramana), in which he tells (among others) the beautiful teachings on “how to behave in society”.
In this tenth chapter we will add the conversation between Yoganatha Yati and Ramana Maharshi. Surely the hearts of the spiritual brethren will rejoice in it.
Yoganatha asked: “Oh Maharshi Ramana! What is the relationship between society and its members? Please enlighten us for our good!
Ramana Maharshi replied; “Society is an organism: its members are the arms and legs that carry out its functions. A member may prosper when he is loyal in his services to society just like a well-coordinated organ does for the organism. As he faithfully serves the community, in thought, words and deed, a member should support the cause when with other members of the community, making them conscious and encouraging them to be faithful to society as to contribute to its progress. ”
Yoganatha asked: “Some prefer to separate themselves in meditation, others seek for the power obtained by social commitment. Which of the two is more useful to society? ”
Ramana Maharshi replied: “Being in peace is the basis to purify the mind . To carry out a social commitment brings authority or power, which is useful for the improvement of society. If one promotes society’s interests with this authority then peace will be established as well. ”
Yoganatha asked: “Which is the highest ideal that can be reached on earth for all members of society?”
Bhagawan Ramana replied: “The highest end that can be reached is to promote a sense of being universal. With universal brotherhood there is universal peace, and the whole world will be like a single home.”
This speech took place on the 15th August 1917 in Arunachala.
In questo decimo capitolo noi aggiungiamo la conversazione fra Yoganatha Yati e Ramana Maharshi. Certamente i cuori dei fratelli spirituali gioiranno in essa.
Yoganatha chiese: “Oh Maharshi Ramana! Qual’è il rapporto tra la società ed i suoi membri costituenti? Per favore illuminaci per il bene collettivo.”
Ramana Maharshi rispose: “Una società è l’organismo; i suoi membri costituenti sono gli arti che svolgono le sue funzioni. Un membro prospera quando è leale nel servizio alla società come un organo ben coordinato funziona nell’organismo. Mentre sta fedelmente servendo la comunità, in pensieri, parole ed opere, un membro di essa dovrebbe promuoverne la causa presso gli altri membri della comunità, rendendoli coscienti ed inducendoli ad essere fedeli alla società, come forma di progresso per quest’ultima.
Yoganatha chiese: “Alcuni preferiscono il distacco e la meditazione altri il potere che deriva dall’impegno sociale. Quale atteggiamento è più utile in una società?”.
Ramana Maharshi rispose: “La condizione della pace è per purificare la mente mentre l’espletamento dell’impegno sociale porta ad un’autorità, o potere, e serve al perfezionamento della società. Avendo promosso gli interessi della società attraverso questa autorità dovrebbe esservi quindi stabilita la pace.”
Yoganatha chiese: ” Quel’è il più alto ideale, che può essere conseguito sulla Terra, per tutti i membri della società?”. Bhagawan Ramana rispose: “La promozione del senso di universalità e fratellanza è il più alto fine . Con la fratellanza universale regna la pace universale, ed il mondo intero assomiglia ad una singola casa.”
Questo discorso aveva luogo il 15 agosto del 1917 in Arunachala.
Based on the original italian translation by Pietro Fallica, done on May 1976 in Calcata. Revived and reorganised by Paolo D’Arpini, on 21 March 2008 in Calcata. Present english reddition by Ilaria Gaddini. Tratto da “Chi sono io?” - Ramana Maharshi – Ubaldini Editore Roma