Archivio della Categoria 'Testimonianze sul Circolo'

Era l’inizio della stagione del Topo. Una Scimmia, due Cinghialetti e una Cavalla si incamminarono in tarda mattinata verso la collina di Narce, anticamente chiamata Fescennium, ove sorse la gloriosa ed antichissima civiltà dei Falisci….

Quella che segue è la memoria redatta a più mani  dell’incontro fra 4 animali che liberano le proprie energie nella natura… durante la passeggiata del 22 novembre 2009,  a Narce, per festeggiare l’inizio della stagione del Topo  o Sagittario: ( Il programma era: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/11/12/verso-la-notte-scura-scura-22-novembre-2009-inizio-del-periodo-piu-tenebroso-dellanno-ed-entrata-nel-segno-del-sagittario-o-del-topo/ 

Godetevi queste descrizioni da fiaba  e sappiate che è tutto vero!

Paolo D’Arpini

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Quattro animali a Narce

Una scimmia, due cinghialetti  e una cavalla si sono incamminati a tarda mattinata verso la collina di Narce (anticamente chiamata Fescennium) ove sorse la gloriosa ed antichissima civiltà dei Falisci….

La scimmia gioca in casa, parla parla e trascina gli altri dietro a se, la cavalla galoppa (con la fantasia) e i due cinghialetti seguono interessati e attenti, ogni tanto intervengono con acutezza di pensiero e sentimenti. Un leggero intoppo si delinea nell’attraversare il fiumicello Rio, bisogna camminare su un tronco stretto e un po’ scivoloso, l’acqua sotto non è fonda ma la cinghialetta si blocca, solo un attimo e l’allegra brigata è già dall’altra parte.

Se non fosse per i rombi delle moto che arrivano fin lassù, sarebbe un posto idilliaco: il bosco veste il suo manto con toni che vanno dal marrone dei tronchi al giallo aranciato delle foglie, ciclamini, bacche rosse, funghi e menta fanno capolino. Una farfalla (la “Vanessa del cardo” proveniente dal Nord Africa) prende il sole su un masso.

Animali e vegetazione non si infastidiscono l’un l’altro, anzi godono delle reciproche bellezze e della compagnia armoniosa.

Calcata si intravede tra i rami intrecciati, e nella particolare luminosità odierna appare quasi eterea, silenziosa e solitaria. Anche il tufo, materiale portante di tutta la sua struttura non è più così grigio ma si è dipinto di un tenue rosa antico.

In Cina questa è la stagione del Topo (dice la scimmia) che, trovando riparo nelle viscere della Terra, afferma: “Io miro ad abbracciare le vette ed a colpire il bersaglio con sicura fermezza..”.

In effetti ci si ritrova in vetta attorniati dalle altre colline, Monte Li Santi e Pizzopiede. Qui sono presenti delle cavità (antiche tombe) e la scimmia a mo’ del Topo si infila in quella piccola viscera dove viene immortalata con una bella foto.

E, poiché la scimmia parla sempre con allegria della morte (degli altri) viene presa un po’ in giro dalla cavalla  – supportata dal cinghialetto – con inquietanti racconti di pre-morte, la cinghialetta è un po’ perplessa “ma io sono ancora così giovane per trovare la morte allegra..” si emoziona, incespica e cade a terra. Una gran risata e si riparte verso la discesa.

Il cinghialetto  avvista le bacche di rosa canina e dice “ma queste si mangiano! le prendiamo?”, e la scimmia sorniona “si, si, se vuoi! ma qui le chiamano tappaculi”. Il cinghialetto molla immediatamente “l’osso”.

Tocca riattraversare il fiume. La scimmia propone di guadare dove il livello è più basso per compiere così anche il rito dell’acqua, la cavalla non si ritrae, i cinghialetti hanno preso gusto a fare gli equilibristi sul tronco e vanno in quella direzione. La scimmia e la cavalla si lasciano scivolare nell’acqua, un po’ gelidina per la verità, mentre sull’altra sponda 4 giovani fotografi osservano perplessi e incuriositi. La cavalla sembra leggere i loro pensieri e dice “su coraggio ditelo forte e chiaro: ma chi sono questi due matti?” Si stende un bel sorriso e loro son di là pronti a tendere la mano e  far   uscire così i due animali indenni, avendoli prima però immortalati per benino sulla pellicola, a memoria dell’evento quasi unico che gli è capitato di vedere (altrimenti come potranno credergli gli amici quando torneranno a casa e racconteranno della loro giornata a Calcata?).

E’ ormai tardi e i 4 animali hanno un certo appetito. Verdure, pane, frutta e dolci li attendono. Quale miglior fine dopo un’allegra avventura nel bosco?

Laura Lucibello

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Caro Paolo.  Rivederti è stato… E’ stato. E basta.
Ogni abbraccio scambiato nel fresco tepore mattutino di domenica è rimasto nelle foglie gialle, nell’odore di terra umida e nei funghi nascosti. E loro sanno conservare bene i segreti.
Io ricordo la Foresta di Licheni, nel nostro viaggio verso Narce. Ricordo quegli alberi bianchi e ritorti, chiazzati di muschio tentacolare verde acqua, che parevano anime immobili, congelate in un Giardino d’Inverno. Mi ricordo l’ardua traversata del rigagnolo, che se non avessimo avuto così tanta paura della fanghiglia avremmo attraversato d’un balzo… E invece no, abbiamo affrontato il Ponte Sospeso, quel tronco biforcuto addobbato di felci, scivoloso come la Morte che starnutisce. Però, che soddisfazione… (forse Laura ha ancora la foto di Ilaria che lo attraversa a quattro zampe) Momenti epici son questi…
Vero, Ilaria? Ora lo sappiamo bene: “A quattro zampe, si supera tutto…”. Basta mettercisi. Ma tra le perle di saggezza e le divagazioni storiche, che ci hanno rivelato l’inesistenza etnica del popolo romano (ah! Dannata storia fatta dai vincitori! Dannati Poemi Epici su commissione, giustificatori di false etnie!), io ho perso il filo, e mi sono ritrovato sulla cima della collina dove c’erano i resti di un’antica tomba. E la sensazione di disagio, quando poi tu ti ci sei infilato dentro, a sedere beato, che quasi mi è parso vederti sparire dietro un velo fosco.
E non mi scordo degli  stoppa-culi. Nossignore. Qualcuno doveva pur parlarne, come hai detto tu: “Ricordare è importante”. Non guarderò più una bacca di rosa canina con gli stessi occhi.
Ricordo anche la via del ritorno, così rapida -e meno ripida!- dell’andata, neanche avessimo imboccato un altro sentiero, non so se per l’esperienza o per la fame che ci ha messo le ali ai piedi…

E ricordo il cachi che ho assaggiato dal tuo albero, che sapeva di amicizia. E le verdure matte speziate, che sapevano di Mondo, mentre Laura parlava dell’avvento del Sesto Continente e del Nuovo Messia.
Io non so se ci sarà un sesto continente, o un nuovo messia. Ma se guardo il sole, penso che qualcosa di bello deve di certo arrivare. E forse, dopo che l’Uno ha tanto importato, dico forse, è giunto il momento in cui saranno i Tanti a fare la differenza…
 
…E allora dico: ”Tanti” cari salutiA Calcata, m’inchino…
 
Matteo Micci

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Presagi D’Arpini: “Quando non ci saranno più olivi e l’Italia sarà morta…” – Si avvicina la fine di un mondo!?

Quanti millenni ci son voluti per passare dall’olivastro, la pianta selvatica originaria,  e giungere sino all’olivo, ricco di baccelli  neri e gonfi di liquido benefico?  Forse se l’Italia  non fosse stata ricca di olio, vino e farro non sarebbe mai sorta la civiltà  latina e Roma non avrebbe mai illuminato il resto del Mediterraneo con la sua luce di giustizia e civiltà. Noi siamo tutti debitori alla cultura/coltura  dell’olivo,  simbolo di ogni bene.  Basti pensare alle parabole di Cristo e prima di lui ai riti dell’antica mitologia pagana in cui l’olio e l’unzione  erano il  simbolo di guarigione spirituale e di consacrazione  regale. “Unto” era un titolo ambito  e denotante nobiltà in tutti i sensi…. Non come oggi che si pensa subito all’unto, sporco e sgradevole, appiccicatosi  sugli abiti  e da lavare al più presto con il detersivo chimico… dal profumo di varechina, non certo con   il sapone naturale  poiché il sapone “vero”  è fatto appunto con l’olio d’oliva!

Ma andiamo per ordine…

Stamattina come al solito in fase di  salita a Canossa ecco che per la strada incontro una auto che mi si avvicina, riconosco il conducente è Amilcare (nome di fantasia) che è venuto a consegnarmi  la bombola del gas che  aspettavo da un paio di giorni. “Scusa… ho fatto tardi… ma sai questi giorni sto raccogliendo le olive…” – “Non ti preoccupare tanto non avevo molta urgenza, ma ora che fai torni su al paese nuovo?” – “Certo, scarico la bombola e ti accompagno…” 

Così mi sono risparmiato la salita a piedi ed ho potuto chiacchierare sull’argomento che ancora interessa alcuni degli abitanti originari di Calcata: la raccolta delle olive.

Fino a qualche anno fa era  evidente che queste raccolte stagionali avessero un valore enorme per la comunità,  e mica solo  le olive… anche l’uva, le nocciole, etc. A Calcata  vecchia c’era ancora un frantoio quando venni qui ad abitare, era stato dimesso da poco, ed a Calcata nuova i frantoi in funzione erano un paio. Ricordo la fila dei carri carichi di olive che stazionavano davanti alle mole, aspettando il turno, e  poi la festa dell’olio nuovo in cui tutti decantavano il proprio prodotto come il migliore… facendolo assaggiare sul pane, annaffiato dai primi vinelli di torchiatura, quelli che si facevano mescolando il vino vecchio con il mosto e che perciò maturavano prima… 

A partire da settembre sino a dicembre era tutto un andirivieni di carri, trattori ed ancora radi asini con le gerle addosso… prima le nocciole, poi l’uva ed infine il Re olio,  che garantiva la sopravvivenza familiare  per tutto l’anno.      I  noccioli sono stati una coltivazione sostitutiva del grano o del farro, vennero immessi nella valle del Treja attorno agli anni  ’60 del secolo scorso, non che prima non esistessero, anzi c’erano eccome ma  erano della qualità  lunga  e  coltivati a piante rade, come i meli, i peri, i pruni.. etc. Poi vennero messi in modo intensivo  sostituendo  quasi completamente  gli alberi da frutto tradizionali e  le altre coltivazioni estensive.  Ma erano ancora  i vigneti che venivano curati e corteggiati e soprattutto gli oliveti, le vere sedi della ricchezza e della sicurezza alimentare. 

Quante ore e quanti giorni trascorsi a bere vino nelle varie cantine, per assaggiare il miglior nettare… quanti assaggi di olio… da sorbire con il cucchiaio prima di bere il vino, in modo da creare una patina oleosa nello stomaco e non ubriacarsi ai primi bicchieri… e quante nocciole sgranocchiate coi denti per aumentare la sete…. Quelle erano le giornate più belle dell’anno… ed anch’io ebbi la fortuna di viverle e gioirne, prima che Calcata nuova diventasse Canossa e Calcata Vecchia sodomia e Gomorra. A quel tempo il confine fra i due centri non era reale, era solo ipotetico. Calcata vecchia non era ancora diventata il teatrino della domenica e Calcata nuova era ancora la sede della tradizione contadina. Bei tempi!

Ma oggi disceso dalla macchina di Amilcare mi accorgo come tutta l’atmosfera sia cambiata.. improvvisamente mi rendo conto di non aver sentito in giro odore di mosto, quasi tutte le cantine vuote e silenti,  appena appena  una o due cumuli di vinacce fresche e solo qualche trattore con sacchi di olive, certo ancora qualcuno che raccoglie le olive e fa l’olio  ed il vino c’é… ma solo anziani, e pian piano con la vecchiaia incipiente sempre più sento dire “Oh quest’anno le olive sono poche e brutte e malate, non le ho nemmeno raccolte…” – “Oh,  la vigna l’ho tagliata, non c’era più nessuno che se ne  prendesse cura…”… Persino  gli alveari che sino a vent’anni fa erano il modo più facile per ricavare un dolce frutto, senza molta fatica,  sono stati  dimessi..

Quanti anni ancora ci restano prima della definitiva  fine di questo mondo? E Poi?

Beh, non voglio terminare questa profezia D’Arpina senza una nota di speranza… Dovete sapere che in un grosso vaso, un  vecchio contenitore dell’acqua che ho qui nel giardinetto del Circolo Vegetariano, che funge da vivaio di menta romana,  qualche anno fa capitò che vi gettassi “per far concime” un nocciolo di oliva in salamoia di Peppino.   Ricordo che quelle olive non erano ancora mature, molto verdi ed amare, eppure me le mangiai tutte egualmente…  Miracolo! Un giovane olivo è nato da sé, un caso rarissimo che una pianta di olivo nasca da un seme ed ancora più raro che nasca da un seme  di oliva in salamoia… Eppure  la piantina sta lì… a testimoniare una voglia di esistenza contro ogni logica, ormai è già alta 30 o quaranta centimetri  e promette di giungere a maturazione….

Paolo D’Arpini

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Cronache, commenti, testimonianze ufficiali, memorie sul Circolo vegetariano VV.TT. di Calcata – “Il mangiar sano…”

Nella raccolta di memorie sull’epopea del Circolo VV.TT. ho ritrovato alcune pagine  di  vari libri sui  luoghi dell’Italia Naturale. Siccome il Circolo fu uno dei primi posti in cui si professava una “dottrina” vegetariana spirituale laica ed ecologista (termini quasi sconosciuti negli anni’80 quando sorse l’associazione) molti furono i riferimenti all’esperimento “anomalo” in corso  a Calcata.   

Anche la Guida Mondadori “Il mangiar sano” si è  interessata  di noi e  pubblicò una divertente pagina sul Circolo. (P.D’A)

Lazio. Calcata (Vt) – Circolo vegetariano VV.TT.
Ormai un po’ da per tutto si possono trovare stages per manager, per imprenditori, per venditori d’assalto e per tutta la bella compagnia; qui in provincia di Viterbo ci sono persino gli stages naturisti: diventa vegetariano in 48 ore.
“Questo non è un ristorante -ci dice il presidente del Circolo, Paolo D’Arpini- noi amiamo chiamarlo ‘punto d’incontro vegetariano’ in cui si può anche mangiare, come in un convento”.

E’ vero perché questo posto è proprio tutto meno che un ristorante. Insediatosi a Calcata, nella splendida valle del Treja, il Circolo VV.TT. (che sta per vege vege – tariano tariano) è una occasione originale per entrare in contatto diretto con la natura. Tra l’indiano e il francescano. I soci cucinano e servono in sala a turni stabiliti, come in un monastero indiano. Se partecipate ad una loro scampagnata i cibi che mangerete saranno quelli che siete riusciti a
reperire durante il giorno. Se vi fermate solo a mangiare aspettatevi frutta, verdura, legumi, tutto coltivato in zona o nell’orto. Anche il vino è del luogo: quello che c’è c’è, buono o cattivo secondo l’annata. L’acqua è quella di sorgente.

Tutto ciò può spaventare, è vero, ma può anche stimolare curiosità che la vita cittadina ci costringe a sopire. Semplice e candida povertà, si cucina, si serve e si mangia quello che c’è, in una sorta di fraterna condivisione. Dal pane integrale alle verdure stagionali. Gli animali sono sacri, quindi scordatevi la carne. I condimenti son fatti con le erbe raccolte personalmente nella valle e con qualche olio locale, naturalmente d’oliva.

Giudizio: MM VRPAFR – Commento: il Circolo esce troppo dagli schemi più classici di giudizio per poter rendere serena la votazione. Voto di mezzo quindi per salvare capra e cavoli. Con una avvertenza: non venite fin quaggiù per mangiare. Venite per ritrovare antichi ritmi. Spesso le sostanze più necessarie alla vita sono anche le più impalpabili.
Edizione 1991 – Guida Mondadori – Il Mangiar Sano

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Ottobrata a Gabii, XIV edizione, con Edoardo Torricella ed il suo Gruppo teatrale – Narrazione di un evento spirituale vissuto…. con emozione e gioia

Prime sensazioni a caldo

…ci vorresti tu per descrivere la poesia e le sensazioni vissute.. in modi così intensi ed inusitati… sentendo  l’ambiente, la temperatura, la presenza di uomini donne  bambini, i monumenti, le montagne in lontananza, la vista del lago prosciugato di San Primizio, la vecchia chiesetta dedicata allo stesso santo martirizzato nel IV secolo, il tempio di Giunone Gabina in tufo gabino dalle sembianze greche per maestosità malgrado l’architettura diruta, le recite in vari angoli del parco archeologico, di Marziale: “…mi chiedi perché non ti faccio omaggio dei miei libelli? Ma è ovvio perché non voglio che mi ricambi con i tuoi…!”,  il Miles Gloriosus di Plauto, storie di angeli e santi, musica arcaica con  legni battuti…

Dormo o son desto nello scorrere del tempo scandito da passi lunghi per chilometri di percorso in piano, nel verde quasi primaverile di questo ottobre romano, malva ed erba medica, qui e lì querce dalle grosse ghiande “tieni mangia” sembrava volessero dire… ad un figliol prodigo ramingo.
Meravigliato mi sono chiesto se fosse estate  od inverno, paradiso od inferno. Sdraiato prima su una roccia calda di sole poi sull’erba umida, una coperta sulle spalle svolazzante nel vento forte del pomeriggio, i rumori delle auto sulla via Prenestina, ma lontane quasi rombi di tuono a ciel sereno… ed infine al lume di torce accese nella notte il pianto di Medea, la morte… la mia morte e quella del mondo intero e la rinascita negli occhi di chi mi guardava.. 

In questo crepuscolo degli Dei… sono ancora a Gabii… a Roma…?

E poi…

Sono stato invitato  a partecipare all’Ottobrata a Gabii, lo spettacolo culturale organizzato da Edoardo Torricella, sin da 14 anni fa… eppure solo quest’anno mi è stato possibile intervenire.

Non so se ebbi fortuna o se la mia buona sorte  é maturata abbastanza.  nel frattempo,  ma la giornata vissuta nel parco in mezzo al verde dell’Agro Romano è stata particolarmente bella.

Il cielo appena coperto di nubi,  tanto per dare colore al tramonto,  pitturate dai riverberi di un sole che aveva scaldato abbondantemente nel primo pomeriggio le mie ossa reumatizzate da 33 anni a Calcata.

Perché non sono nato a Gabii, perché non sono vissuto a Gabii, perché ho avuto la fortuna di rivedere Gabii solo ora? La sensazione era infatti quella di aver trascorso diverse esistenze in quel luogo, forse le varie scene teatrali,  in ognuna delle quali si evocava una vita, forse il desiderio di tornare indietro nel tempo.. con le esclamazioni latine nelle orecchie, oppure un andare avanti per  rinascere in un futuribile mondo in cui la convivenza e l’amicizia fra  natura e uomo trovano armonia e gioia di convivenza e partecipazione….

Edoardo Torricella è un alchimista  dell’immagine e della spiritualità laica,  l’ho scoperto  il 24 ottobre 2009, dopo così tanti anni che lo frequento… Quante volte è venuto a Calcata, recitando con il suo Gruppo? Almeno  tante volte quanti sono gli anni trascorsi da qual primo invito del 1995… ma forse anche di più!

A Calcata, al Circolo Vegetariano oppure nella piazza o nelle grotte falische o nelle spiaggette in riva al fiume Treja, abbiamo vissuto sempre momenti magici -assieme al Gruppo di Edoardo- eppure debbo dire che tutta questa magia è stata surclassata o concentrata in una sola giornata a Gabii….

Ritengo una vera offesa alla cultura che tali manifestazioni debbano essere fatte alla chetichella, quasi di straforo, senza opportuni supporti e collaborazioni e finanziamenti da parte delle Istituzioni.  Noto che  (mentre vengono sponsorizzati dubbi spettacoli di volgare matrice pseudoartistica) a Roma manca il rispetto e la dignità della MEMORIA delle proprie origini, che invece il Gruppo di Edoardo Torricella ha saputo modestamente  rimettere in luce.

Mi auguro che questa lettera venga letta dalle Autorità che potrebbero e dovrebbero sostenere la cultura in Italia e nella Capitale. Portando a compimento quanto necessario….  

Paolo D’Arpini

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Memoria storica di come re-iniziò il festeggiamento del Ciclo della Vita, Vigilia di Ognissanti, Samhain, Halloween… in Italia ed a Calcata (quest’anno dal 31 ottobre all’8 novembre 2009) – E descrizione dell’Arcano XIII dei tarocchi

“Noi dovremmo occupaci solo di compiere azioni consone e giuste senza considerare l’uso buono o cattivo che ne deriva.. “ (Saul Arpino) .

 Conservo ancora i trafiletti di giornale (Il Messaggero, La Repubblica ed altri) in cui si annunciava: “Calcata 31 ottobre,  il  Circolo Vegetariano organizza una festa denominata  Halloween…”.  Correva l’anno 1994  ed era la prima edizione della manifestazione che intendeva riportare l’attenzione su un particolare momento magico dell’anno, quello a cavallo fra la vigilia di Ognissanti ed il giorno dei morti.

L’evento si rifaceva ad una antica tradizione pagana in cui è detto che in questo periodo “si apre  una finestra fra la vita e la morte, fra la morte e la rinascita”. L’evento era conosciuto nell’antichità remota ed anche nel medio evo, ed infatti come spesso è successo con tante feste pagane  Ognissanti e la ricorrenza dei defunti cade proprio in questo periodo.  A Calcata c’era la tradizione contadina di festeggiare un sabbat la notte del 31 ottobre (che fu oggetto di una mostra di Luca Nemiz tenuta al Circolo)  si dice che le streghe da tutta Europa si dessero appuntamento su Narce è lì compissero i loro riti magici per agevolare la fecondazione e la conservazione dei semi nella terra.  Persino in America, paese un po’ naive, si era conservata questa data   che era stata però trasformata in una festa per bambini, in cui si scavano zucche per farne lanterne e ci si veste da streghe e spettri. Questa festicciola venne chiamata Halloween, che è una storpiatura di All Saints Eve (la festa celtica si chiamava Samahin).

Siccome la tradizione in Italia ed a Calcata era scomparsa completamente qui al Circolo pensammo di rinverdirla approfittando di questa allora sconosciuta festa americana e lanciammo l’idea di riprenderla, coinvolgendo i bambini delle elementari di Calcata ed un mago chiamato appositamente per creare l’atmosfera (la cosa fu organizzata con l’ausilio di Luciano Poggialini). Ricordo ancora,  in uno di quei primi rifacimenti “orgiastici”, la coralità della partecipazione popolare, pur in una decenza e poesia… e purtroppo debbo constatare che la festa non è rimasta così poetica.. diventando pian piano, e non solo a Calcata, un inno consumista e ridanciano con musicacce, plastica, birra e quant’altro… Pazienza… occorre rileggersi il pensiero di Saul Arpino in proposito (vedi al capo pagina).

L’evento denominato Il Ciclo della Vita, che sta a significare la stessa cosa qui sopra descritta, e che   anche quest’anno si tiene a cura del Circolo in collaborazione con APAI,  prevede, oltre ad una collettiva  sul tema, anche una mostra ad memoriam di un giovane artista deceduto lo scorso anno in questo stesso periodo, si chiama Luciano Laffi. La mostra delle sue opere, sino a poco tempo fa completamente ignorate persino dai suoi genitori,  si tiene nel Centro Visite del Parco del Treja di Calcata, con inaugurazione il 31 ottobre e durata sino all’8 novembre 2009. Durante questi giorni vi saranno vari avvenimenti di carattere psicologico, esoterico, artistico e culturale.

Paolo D’Arpini

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Programma degli eventi più significativi:

31 Ottobre 2009 – h. 17.00 -  Centro Visite del Parco del Treja. Inaugurazione della mostra su “Ciclo della Vita – Morte e Rinascita”  e discorso interattivo su “Distacco ed Estasi”  e “Suggestioni in trasformazione” – Interventi, proiezioni e musica in tema con poesie. Partecipano: Daniela Strubel, Mette Kirkegaard, Alex Raccis, Rosalia Scorpiniti, Giorgio Vitali, Lama Dam Chhoi, Paolo Guerra.  Presenzia: Gianni Di Giovanni, presidente del Parco Valle del Treja  Presentano: Paolo D’Arpini e Laura Lucibello

8 Novembre 2009 – h. 10.30 -  Partenza dal Circolo Vegetariano VV.TT.   Passeggiata a Santa Maria di Calcata, ove si terrà una breve cerimonia. Portare cibo vegetariano da condividere fra i presenti.   Alle  h. 16.00 – Centro Visite del Parco del Treja – Centro Storico. Incontro su   “Neuropsicofisiologia” -  Presentazione  del dr. Ciro Aurigemma,  psicologo. Segue relazione del prof. Michele Trimarchi su: “Neuropsicofisiologia, scienze integrate per conoscere la natura e la vita”. L’incontro termina con gli interventi e le domande del pubblico ed un piccolo rinfresco vegetariano.

Patrocinio morale di: Comune di Calcata, Parco Valle del Treja, Provincia di Viterbo. Si ringrazia il Parco Valle del Treja per l’uso gratuito del Centro Visite di Calcata

Info. circolo.vegetariano@libero.it  – info.apai@virgilio.it –  

Tel. 0761/587200 – Tel. 333.5994451
www.circolovegetarianocalcata.it

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Ed ora  leggete l’interpretazione dell’Arcano XIII, collegato a questo periodo, fatta da Angela Braghin: 

Il XIII Arcano dei Tarocchi non ha nome. Raffigura uno scheletro che stringe in mano una falce; per questo la tradizione ha inopportunamente chiamato questa carta “Morte”.
Il suo numero può essere benevolo e malevolo. Infatti il numero XIII è considerato nefasto e sublime, chiude un ciclo e un altro ne apre.
 La morte distrugge la vita, ma nel distruggere tutto, elimina anche la sofferenza e il dolore. Il suo numero rappresenta dunque la sua vera essenza e l’assenza di un nome ricollega questo Arcano a quello del Matto, che ha un nome ma non ha un numero.

L’energia distruttrice dell’Arcano è al tempo stesso rigenerante e rivitalizzante. Solo morendo si può rinascere a nuova vita.  Scelta compiuta con la consapevolezza dell’intelletto (il manico della falce è giallo, colore dell’intelligenza) e con la forza ( la lama è in parte rossa, forza vitale,in parte azzurra, forza spirituale). Tutto ciò che è stato meditato nel profondo, ora viene alla luce. L’Arcano lavora nella natura, nella sua natura più profonda e intima.
Con la stessa forza vitale dell’Arcano III cui corrisponde (Imperatrice), vuole ri-appropriarsi della libertà primordiale ( il Matto) che è stata soffocata dallo strato ormai inutile di regole, credenze, convinzioni che non sono più valide ma solo limitanti.

Il terreno sul quale lavora è nero.
Il nero è un colore alchemico ma anche simbolo dell’inconscio più profondo,colore che ricorda il fango dal quale spunta il loto nella tradizione buddista.

L’ego è domato dal processo di elaborazione in atto.
Sullo sfondo due teste incoronate,una maschile e l’altra femminile, regali in quanto purificate. Appoggiandosi a queste lo scheletro procede falciando nel terreno, dal quale emergono alcune mani e piedi (alcuni imperfetti, altri perfetti): il seme germoglia, la purificazione sta portando nuovi frutti, nuova vita. Le quattro lettere ebraiche che compongono il nome divino si scorgono nella parte posteriore del cranio: Yod, He, Vav, He, la cui somma è 26, il numero della divinità di cui l’esatta metà è 13.

La corrispondenza astrologica dell’Arcano XIII è con il pianeta Plutone, Signore dell’Ade, e al segno zodiacale occidentale dello Scorpione ( morte e rinascita).
Nella simbologia astrale, è la Luna a rappresentare la morte e la rinascita, comparendo e scomparendo dalla vista 13 volte l’anno.
12 erano gli apostoli,Cristo era il 13; Ulisse era il 13 membro del suo gruppo e l’unico a non essere stato divorato dal Ciclope.

La discesa nel regno dei morti la si ritrova in tutte le opere d’arte a carattere iniziatico, come la Divina Commedia, nei riti di iniziazione è prevista una morte simbolica.
Le profondità abissali della propria natura, chiamate da Jung “caverna degli assassini” consentono all’uomo di guardarsi dentro e per poterlo fare è richiesta una totale e metaforica discesa nell’oscurità.

Nella Kabbala ebraica, il XIII Arcano corrisponde alla lettera Mem: l’entrata nell’assoluto.  Simboleggia l’amore posto al centro del cuore. La sua voce è l’identità dell’Abisso dove giacciono i mondi primordiali.

Angela Braghin

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