Sanremo: l’ultima Thule…

Come tutti gli anni, in questo periodo si parla tanto di Sanremo, criticandolo perché sarebbe spettacolo espressione di cultura nazional-popolare, cioè di cultura ritenuta “bassa”.

Io sono di parere diametralmente opposto. Anzitutto, perché non mi sembra proprio che in Italia esista più alcuna cultura popolare, anzi secondo me non esiste più proprio il concetto di popolo, a partire dalla lingua italiana, che ormai si avvia a diventare una lingua morta sostituita da quella barbara accozzaglia di termini anglofoni che è il “globish”, per non parlare di usi, costumi e tradizioni che ormai, lungi dall’avere più qualunque collegamento con una storia di “popolo”, si sono ridotte a mere riproposizioni di ciò che offre il villaggio globale americanizzato, come Halloween e il Black Friday…

Stendiamo poi un velo pietoso sullo status di “nazione” che applicato all’Italia, espressione geografica nell’ambito di quel protettorato militare NATO che è l’”Unione Europea”, pare davvero improponibile. Quindi non si vede proprio come Sanremo potrebbe essere espressione di qualcosa che non esiste più da almeno cinquant’anni, e che già cinquant’anni fa era in via di dissoluzione.

Sanremo semmai è una rappresentazione efficace, persino iconica direi, dell’attuale cultura del nulla, dove ogni tentativo di espressione artistica è taroccatura, falsificazione, al massimo pantomima. Dove non esiste sentimento, ma solo smielato sentimentalismo, non esiste intellettualità ma solo intellettualismo e soprattutto non esiste arte e nemmeno artigianato, ma solo produzione commerciale di serie.
Sanremo non ha nulla di nazional popolare, e nell’ambito della cultura moderna, non è cultura “bassa”, ma anzi forse il meglio che la cultura italiana oggi propone, con qualche residuato bellico di ciò che era la musica italiana che si appresta a fare il proprio canto del cigno, e persino la riproposizione di quella lingua nella lingua che era il napoletano. Alla fine, in tutto il panorama televisivo attuale, forse solo a Sanremo questi anacronismi vengono permessi.

Direi quindi che in quel piatto deserto levigato dal Nullismo che è l’attuale cultura italiana, Sanremo può situarsi nella parte più alta, quella delle dune formate temporaneamente dal vento del passato, che però non hanno alcuna consistenza né speranza di durare.

Il bel canto italiano, l’estro dei cantautori, l’incanto della musica d’orchestra è ormai sostituito dal non canto del rep, dalle litanie su due note senza accordi, dalle parole svuotate di senso che diventano slogan, ruffianerie per acchiappare lacrimucce, mantra per non pensare e per sballarsi.

Ovviamente anche Sanremo rappresenta tutto questo squallore, e come potrebbe essere altrimenti per lo spettacolo capofila del palinsesto della nostra “tv pubblica”, e che ormai assomiglia identicamente al mitico “Indietro Tutta” di arboriana memoria, a partire dal “bravo presentatore” Amadeus?

Ma a Sanremo in fondo ancora è permesso di esibirsi a Fiorella Mannoia che interpreta con la consueta eleganza un bel testo con accenti poetici, ai Negramaro che qualche emozione vera la riescono a trasmettere.

Il Nullismo, vedete, è riuscito nella considerevole impresa di trasformare lo status di Sanremo, che un tempo era davvero nazional-popolare nel contesto di una nazione italiana che ancora c’era e di una cultura italiana che ancora sapeva parlare.

Trasformarlo nell’ultima Thule, un’isola ormai diventata leggendaria che un tempo si chiamava Italia o, almeno, pasolinianamente, Italietta.

Domenico Rosaci

Commento di Giorgio Vitali:”Ormai dovrebbe esser dato come acclarato che nei riti formali canzonatori del Festival di Sanremo -nel nome di un santo probabilmente mai esistito- da tempo sono state sostituite le cerimonie barocche accompagnate da “canti e suoni” (a volte nacchere e pernacchie). Altrimenti non si spiega come possano avere successo delle “apparenti canzoni” che si risolvono in battiti di tamburi e suoni gutturali più o meno acuti. Non occorre scomodarsi nella cosiddetta ”storia della Civiltà” per capire il regresso psico-sociale. Da notare che anche il Jazz, che può piacere o meno, che inizialmente (New Orleans) era costituito da suoni di ottoni accompagnato da rulli di tamburi,[ c'era anche il violino suonato da un italo-americano] si è evoluto in forme musicali raffinate (Dave Bruebeck, Modern Jazz Quartet, Jimmy Giuffre Trio, per citarne alcuni)… mentre invece il SanRemo partito con Grazie dei Fior & Vola Colomba, propone alla selezione degli ascoltatori urla e movimenti sconnessi. TUTTO ASSUME IL SENSO DEL RITO post-TRIBALE in assenza di vittime da sacrificare, o ,meglio, queste vittime ci sono già state, penso a Tenco in particolare, ma oggi il non aver partecipato al Sanremo è un discrimine che si paga. Tutto ciò per ribadire che qualsiasi supposizione su avvenimenti sanguinosi che hanno tenuto il nostro paese col fiato sospeso per anni è pienamente giustificata.” (G.V.)

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