Archivio di dicembre 2023

Il natale di un Gesù mai nato…

Il Natale. Storia e fede. Gesù, lo sanno tutti, è nato alla mezzanotte tra il 24 e il 25 di 2023 anni fa (secondo il calcolo cristiano). Appunto, lo sanno tutti. Ed è invece, storicamente parlando, indimostrabile: e comunque in parte sbagliato, in parte insicuro.
Per quanto ciò possa apparire strano e magari sconvolgente, magari scandaloso, mancano prove storiche sicure che Gesù sia davvero mai nato, che cioè sia un personaggio storico al pari di Mozart, o di Napoleone, o di Gino Bartali: insomma di un qualunque essere umano la vita e l’identità del quale siano supportate da una documentazione obiettiva e sicura. Le stesse prove storiche non “primarie” � vale a dire appoggiate a documenti certi � ma almeno “secondarie”, cioè sorrette da testimonianze narrative, sono tutte più recenti di almeno alcuni decenni rispetto alla sua morte. E i racconti che ne costituiscono le basi sono quelli evangelici: al di fuori id essi, ce ne mancano riscontri. Saggiamente, difatti, i Padri del Concilio di Nicea del 325 troncarono le discussioni che già da allora violentissime si addensavano sulla questione Cristo “storico” versus Cristo “mitico” e stabilirono nel loro Synbolon (perpetuato come preghiera del “Credo”) che la nascita, la passione, la morte e la resurrezione di Gesù, nato da Maria Vergine, fossero articolo di fede. Ciò sottrae il credente dalla necessità d’invilupparsi in complesse questioni storico-filologico-esegetiche. Il fatto che poi sia del tutto legittimo indagare sulla personalità del Cristo come problema storico va da sé. Nella storia, quella seria, non esistono tabù o argomenti trattando i quali si rischia di venir considerati “revisionisti”.
E’ quindi legittimo trattare i Vangeli anche come fonti storiche di carattere narrativo e studiarli sotto questo aspetto, con tutti i metodi e gli strumenti del caso.
Fondandosi quindi sulle narrazioni evangeliche, e segnatamente su Luca, 2, 1-26, è stato possibile risalire all’anno della Sua nascita, quello del censimento indetto da Ottaviano Augusto; e quindi a quello approssimativo della morte, avvenuta durante il governo proconsolare di Ponzio Pilato della provincia imperiale di Siria. Ma quanto alla nascita, il còmputo messo a punto nel VI secolo dal monaco siriano Dioniso detto “il Piccolo”, residente in Roma, sembra contenere un errore per difetto di circa 6-8 anni: Gesù sarebbe nato quindi non già nel 753-754 di Roma (ab Urbe condita), bensì prima, verso il 746 e il 750 circa ; e morto trenta-trentatreenne più o meno fra il 776 e il 782 (poiché morì sotto Tiberio, a sua volta appunto morto in quell’anno).
Già nel IV secolo, quando la fede cristiana divenne per volontà di Costantino e di Licinio nel 313 (ma sulla base di un editto di Galerio di due anni prima) religio licita, erano in molti a pensare � in analogia con i culti pagani: il che non stupirà, dal momento che la stragrande maggioranza dei cristiani era ormai costituita da ebrei convertiti � che il Cristo fosse in realtà una figura mitica: e quel suo morire e risorgere veniva posto in effetti in rapporto analogico con il mito dionisiaco o con il ciclo apparente del sole che ogni notte si nasconde e rinasce ogni mattino. Per questo appunto i Padri riuniti nel 325 nel Concilio di Nicea stabilirono nel loro documento conclusivo � il Synbolon – che l’indubitabile realtà della vita del Cristo costituiva verità di fede alla quale il cristiano era tenuto a credere, non un dato storico suscettibile di dimostrazione e bisognoso di prove.
Una volta stabilito d’altronde che l’anno preciso della nascita del redentore era ignoto, e ricavatolo sulla base di un opinabile còmputo, il giorno e il mese restavano avvolti nel mistero: il che era d’altronde paradossale in una cultura che tanto spazio dava all’importanza delle costellazioni e degli oroscopi. Il racconto evangelico forniva al riguardo una sia pur imprecisa e generica traccia: parlava della presenza vicino al luogo della nascita del Bambino di alcuni pastori che passavano la notte all’addiaccio. Dato il regime di transumanza dei pastori della Giudea e la posizione altimetrica di Betlemme, a circa 700 metri sul livello del mare, si doveva evidentemente essere in periodo primaverile-estivo, quando le greggi vengono trasferite in altura per scendere poi verso il mare con l’autunno (“Settembre: andiamo, è tempo di migrare”, canta l’abruzzese Gabriele D’Annunzio).
Viceversa, nella nostra sensibilità e nella nostra tradizione, il Natale è una festa d’inverno. Il presepe � una tradizione avviata a quel che pare nel 1223 da Francesco d’Assisi � associa inestricabilmente la nascita del Signore a un paesaggio montano innevato, per quanto il gusto orientalistico ottocentesco (incoraggiato dalla presenza di personaggi obbligatoriamente abbigliati “all’orientale”, i magi) lo abbia arricchito di palme e di fondali dove sono rappresentati oasi e deserti: a dire il vero, poco palestinesi. Nei paesi protestanti, una tradizione che si vuol far risalire a Martin Lutero ha imposto la variante invernale dell’albero scintillante di ornamenti e di neve ghiacciata. Ma in realtà le scelte di Francesco e di Lutero sono state tutt’altro che arbitrarie, per quel che attiene al radicamento della nascita di Gesù in inverno. Tale era già, ai loro rispettivi tempi, una tradizione radicata e irreversibile.
Tradizione e acculturazione. Prima, però, non era stato così. Per quanto è dato sapere, già fino dal tempo del primitivo sviluppo del cristianesimo venivano proposte diverse date per la nascita del Cristo: il 6 gennaio, il 28 marzo, il 19 aprile, il 29 maggio. Ma il cristianesimo orientale, in particolare egiziano, aveva imposto piuttosto presto la consuetudine di celebrare insieme, in una sola festa, la Natività e l’Epifania (cioè il riconoscimento della divinità e della regalità del Bambino): ciò avveniva il 6 gennaio, data in cui tuttora si celebra il natale nelle Chiese cristiane ortodosse e orientali. Tale giorno era stato scelto, secondo un tipico schema acculturativo, in quanto coincidente con una festa dedicata alla dea Iside durante la quale si adorava la sua divina maternità e si celebrava la consacrazione in suo onore delle acque. Difatti, da allora, la data del 6 gennaio venne strettamente legata, anche nel calendario liturgico cristiano, a due altre ricorrenze in cui all’elemento acqueo spettava un ruolo fondamentale: il battesimo del Cristo nel Giordano e il miracolo del mutamento dell’acqua in vino in Cana di Galilea.
Tale celebrazione non parve tuttavia adatta al mondo cristiano latino, per quanto il culto isiaco fosse, nel IV secolo, impiantato nell’intero bacino mediterraneo e anche a Roma: o forse proprio in quanto la festa isiaca delle acque vaniva certo celebrata anche lì, ma non aveva mai perduto quel tanto di esotico, di remoto rispetto alle tradizioni locali, che la faceva apparire estranea.
Nell’Urbe, c’era tuttavia un’altra festa molto popolare che si celebrava a sua volta all’inizio dell’inverno: in tale data gli imperatori usavano concedere al popolo romano generose elargizioni di grano e di vino. Si trattava del 25 dicembre, giorno centrale del periodo di due settimane durante il quale (dal 18 dicembre fino alle Calende di gennaio, giorno di apertura dell’anno nuovo secondo il calendario giuliano) in tutta Roma veniva celebrato il solstizio d’inverno, festa dedicata al dio d’origine indo-persiana Mithra.
La nascita di Mithra ha, nel mito che lo riguarda, singolari somiglianze con quella di Gesù nel racconto evangelico: vi figurano la grotta, la stella annunziante, gli animali sacri al dio che sono il toro e l’onagro, cioè l’asino selvatico: insomma, tutti gli elementi del presepio cristiano, secondo un’immagine che già figura in un’opera scultorea presente a Roma nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Nel Vicino Oriente vi erano altre divinità che avevano dato origine a culti misterici che si erano andati fondendo con il mithraismo: ad esempio quelle di Attis o di Adone (dal semitico Adonai: il Signore). Un luogo cultuale sacro a Adone si trovava difatti proprio a Betlemme, e probabilmente � come sembra di capire da una testimonianza di san Gerolamo � la grotta nella quale si disse nato Gesù, e sulla quale sorse in età costantiniana la basilica della Natività, era in precedenza consacrata a Adone.
Mithra, la divinità misterica adorata in Roma, si era affermata come dio parallelo a una divinità solare d’origine siriana che talvolta con lui addirittura s’identifica: il Sol Comes Invictus. Si trattava soprattutto di culti militari, e fra III e IV secolo gli imperatori avevano cercato di farne il centro di una sorta di monoteismo incentrato sulla sacralità della loro persona, che con il Sol Comes s’identificava. Un tempio al Sol Comes – adorato durante le feste del solstizio d’inverno, quando il corso del sole comincia a rafforzarsi e le giornate si allungano – sorgeva nell’Urbe sul luogo dove oggi esiste la basilica di San Silvestro, al quale difatti la Chiesa dedica la festa liturgica dell’ultimo giorno dell’anno, quando alla vigilia delle Calende di gennaio i festeggiamenti solstiziali avevano termine.
Nella tradizione romana, il periodo delle celebrazioni solstiziali s’intrecciava con il tempo sacro a una tradizione ancora più antica: quella delle celebri Libertates decembris, durante le quali si celebrava ritualmente il periodico ritorno del cosmo al caos dal quale avrebbe dovuto uscire rinnovato in un ordine garantito dal calendario dell’anno nuovo; e durante il quale pertanto le abituali regole civili venivano ritualmente violate e sconvolte, gli uomini portavano vesti muliebri, i padroni servivano a mensa gli schiavi e s’incoronava pubblicamente un bambino, o uno schiavo, o un miserabile, facendolo Rex unius diei, “Re per un Giorno”. Si trattava di una tradizione ben nota al livello antropologico, quella del “rovesciamento dell’ordine”, tendente non già a cancellarlo bensì a rinnovarlo rafforzandolo. Tali usi, per molti versi affini alle feste dionisiache come i baccanali e con essi in parte confusi, si sarebbero trasferite in età cristiana a un altro momento nel quale si celebrava la fine dell’anno vecchio, cioè al periodo terminale dell’inverno, con il Carnevale.
Queste Libertates a Roma coincidevano con la settimana dei Saturnalia, dal 17 al 23 dicembre, in ricordo dell’età d’oro che vi sarebbe stata ai tempi del dio Saturno, quando non esistevano né schiavi né padroni. In realtà, il significato della festa era più profondo. Saturno s’identificava con l’ellenico Chronos, il dio ellenico signore e ordinatore del tempo (funzione in Roma ereditata poi dal dio Giano, il “Signore della Porta” � Ianua � che presiedeva al chiudersi dell’anno vecchio e all’aprirsi dell’anno nuovo). Il “ritorno al caos” alla fine dell’anno era un rito mimetico del disordine imperante in ogni era al suo tramontare: e preludeva alla restaurazione dell’ordine. Era quindi logico che, al chiudersi dei disordini saturnali di dicembre, il sole fin lì indebolito riprendesse col solstizio d’inverno il suo corso più vigoroso: e si celebrasse la nascita del Sole Bambino e dell’Anno Bambino, entrambi riassunti nella divinità imperiale del Sol Comes�Mithra: che in quanto nuovo Sole era Kosmokrator, Signore del Cosmo, e in quanto nuovo Anno era Chronokrator, Signore del Tempo.
Celebrando il 25 dicembre la nascita del Cristo, Lo si associava all’imperatore che, convertito al cristianesimo, sarebbe stato suo vicario e sua figura in terra. In tal modo il Natale s’impiantò, nell’impero romano ormai guadagnato al cristianesimo, come festa romana, imperiale e solare.
Ma la lettura del Vangelo e il suo uso liturgico imponevano nella Chiesa latina un forte divario tra il Natale e l’Epifania. La data “solstiziale” del 25 dicembre era dotata di una sua forza cosmica e tradizionale irrinunziabile, che obliterava � ancora una volta secondo un procedimento obiettivamente acculturativa � la festa solare e imperiale conferendole al tempo stesso però una nuova, più forte legittimità cristica. D’altronde quella del 6 gennaio non faceva che spostare di alcuni giorni lo spazio sacrale delle due settimane già dedicate alle festività del solstizio e della fine dell’anno: tra 24 dicembre, la vigilia � nella tradizione liturgica cristiana, ispirata a quella ebraica, il giorno cominciava con i vespri � e il 6 gennaio v’erano appunto 14 giorni, calcolando quello d’inizio e quello di fine del còmputo. Ma più importanti dei 14 giorni erano le 13 notti comprese tra quella precedente il Dies Natalis � la notte appunto della Natività � e quella dell’Epifania, quella nella quale i magi venuti dall’Oriente guidati dalla stella avevano con la loro adorazione e la loro offerta dei doni riconosciuto esplicitamente il Bambino come Vero Dio (l’incenso), Vero Re (l’oro) e Vero Uomo (la mirra). Nella notte dell’Epifania, appunto, la Chiesa usa proclamare solennemente l’ordine dell’anno che si sta aprendo sancendo il calendario delle solennità liturgiche deputate a scandirlo. Il fatidico numero 13 rappresenta, per i cristiani, i dodici mesi dell’anno ma al tempo stesso anche le costellazioni dello zodiaco � che è lo “spazio ciclico” del tempo” � successivamente visitate dal sole secondo il sistema tolemaico (per quanto l’immagine del sole al centro del cerchio zodiacale già anticipasse simbolicamente, su una base a quel che sembra pitagorica, il sistema eliocentrico che si sarebbe affermato solo con Copernico). Ma il sole, signore del tempo (l’anno, le costellazioni) come dello spazio (la terra che esso percorre durante le 24 ore del giorno) è a sua volta figura del Cristo, Signore appunto dello spazio cosmico (Kosmokrator) e al tempo stesso del tempo (Kronokrator). Il sole e le costellazioni, unite, formano appunto il numero 13 (12+1).
La tradizione cristiana, appoggiata alla liturgia e alla consuetudine secondo al quale ogni giorno ha un suo patrono, ha conferito quindi alle dodici notti precedenti l’Epifania (la notte della pienezza del potere divino) un valore intenso e compendioso: in ognuna di esse noi attraversiamo sinteticamente un mese dell’anno e dal suo decorso possiamo trarne perfino i relativi auspici. Ogni regione cristiana ha al riguardo le sue credenze speciali, le sue consuetudini, magari anche i suoi colori e i suoi sapori
Il calendario e il folklore. Le “Tredici Notti”. La notte della vigilia, tra il 24 e il 25, è quella che rinvia al futuro mese di gennaio: è la notte di apertura, dell’inizio di tutto: notte santa, di digiuno e di preghiera, notte di astensione dalle pratiche sessuali e dal cibo carneo, notte di rovesciamento delle regole cosmiche in cui si dice che gli animali parlino nelle stalle (essi, i servitori, si appropriano saturnalisticamente dei poteri umani) e possano anche profetare; quella tra il 25 e il 26, la notte dedicata al protomartire Stefano, è la notte del febbraio, la notte del mese delle febbri e della fine dell’inverno in cui si accendono i roghi di purificazione degli animali minacciati dalle epidemie; quella tra il 26 e il 27 era la notte del marzo nel quale comincia la primavera, la notte sacra a Giovanni Evangelista, una delle due Ianuae del cerchio zodiacale divino in quanto patrono del solstizio d’inverno come Giovanni Battista lo era di quello d’estate (che all’alba del 24 giugno il disco solare rilucesse come un piatto d’oro sul quale era adagiata la testa del Battista fatto decapitare da Erodiade era tradizione diffusa: per l’Abruzzo la ricorda splendidamente il D’Annunzio nel primo atto de La figlia di Iorio); la notte successiva, quella dell’aprile tra 27 e 28, era quella degli Innocenti e veniva considerata preludente a un giorno di pietà (secondo una diffusa superstizione, il giorno della settimana nel quale è caduta la solennità degli Innocenti � che quest’anno, cadendo nell’ultima domenica dell’anno, sarà però consacrata alla Sacra Famiglia � è considerato dies nigro signanda lapillo, durante il quale è sconsigliabile avviare qualunque attività); segue la notte tra il 28 e il 29, la notte di maggio dedicata al profeta, re e poeta David; quella durante al quale si antivede il giugno è la notte del 29-30, sacra a san Savino; infine, il solare luglio � il mese della costellazione del Leone � coincide con la notte fra il 31 e il primo di gennaio, la notte di fine d’anno dedicata a san Silvestro papa, colui che secondo la tradizione battezzò Costantino avviando così una nuova era, quella della Cristianità; tra il primo e il 2 si pensa all’agosto, fra il 2 e il 3 a settembre, fra il 3 e il 4 a ottobre, fra il 4 e il 5 a novembre; tra il 6 e il 6 infine a dicembre. Ed è quella dell’Epifania, quella magica e mirabile in cui tutto può accadere, la notte dei regali ma anche delle creature arcane che solcano il cielo (le Bonae Res, la “Compagnia di Diana”, le presenze consacrate alla femminilità e alla vecchiaia � come le moire, le Parche, poi le streghe � che il folklore cristiano ha trasformato nella vecchia bonaria ma ambigua dal nome volgarizzato della festa stessa, la “Befana”, la quale torna tra Carnevale e Quaresima come Vecchia-Anno Trascorso-Albero Secco-Penuria di Cibo da ritualmente “segare” o, secondo altre tradizioni, “bruciare”).
Ricchezza, ambiguità, contraddizione, paradosso accompagnano sempre queste solennità che disegnano un universo mentale collettivo festoso eppure selvaggio, allegro e al tempo stesso demonico, divino eppure costantemente accompagnato e talora minacciato dall’ombra dell’infero. Peccato che di queste usanze quel che non si è salvato in quanto funzionalmente connesso al consumismo e all’industria del regalo e dello sfruttamento delle feste dedicate ai bambini sia quasi scomparso. Peccato che quel che sopravvive sia ancora una volta connesso con la società dei consumi e con una tradizione dimenticata e rivissuta in termini horror-kitch, la vecchia solennità celtica degli antenati che si celebrava in autunno, che i monaci cluniacensi tra X e XI secolo trasformarono in solennità dei Santi e dei defunti e che ci è ritornata, paganizzata e ridicolizzata dall’America degli agricoltori protestanti che avevano rinnegato i santi ma continuavano a temere diavoli, fantasmi e streghe, nella macabra inconsapevolezza esorcistica dello Halloween. E’ tutto quel che ci rimane, nell’ immiserito linguaggio simbolico della morente Modernità. E’ tutto quel che passeremo ai nostri figli, ai quali non siamo stati capaci di trasmettere né la religiosità né la tradizione, ai quali non abbiamo insegnato né la preghiera, né le fiabe. Buon Natale al colesterolo, buon Capodanno all’insegna delle violenze notturne. E’ tutto quel che ci resta e che ci meritiamo.
Tra senso tradizionale della festa e consumismo moderno: le usanze natalizie a tavola “Nun vedo l’ora che vène Natale � pe’ famme ‘ma magnata de torone; – pe’ famme na’ magnata de torone � pe’ famme ‘na bevuta dar boccale”. E’ uno stornello dei bulli di Trastevere del tempo della miseria, quello di Belli ma ancora di quello di Trilussa. Il Natale come occasione di mangiare finalmente a sazietà qualcosa di buono, per una bella bevuta in libertà. Alla quartina romanesca rispondeva, anni più tardi, una canzone di Renato Carosone e Gegè di Giacomo dedicata, in pieni Anni Cinquanta, a un’altra miseria: quella della Napoli di un dopoguerra non ancor del tutto trascorso, la Napoli ch’era ancora per tanti versi quella della Pelle di Malaparte: “mo’ vène Natale � nun tengo dinare: – me leggo o’ giornale � e me vad’a’ccuccà”. Alla tristezza un po’ spaccona del trasteverino costretto ad aspettar Natale per mangiare e per bere un po’ meglio del solito rispondeva la disperazione allegra del miserabile napoletano che, senza un soldo, nel giorno di festa poteva solo ingannare la fame andandosene a letto.
In entrambe le situazioni, la povertà e magari la fame si misurano con la coscienza del tempo festivo. Questi due esempi potrebbero sembrare privi di qualunque aggancio con il carattere spirituale della grande festa, ma non è così. Presupposto di entrambi è che per Natale bisogna far festa, e che se ciò non è possibile tanto vale non vivere nemmeno un giorno come quello, andarsene a dormire. In due occasioni, Francesco d’Assisi associa a sua volta il Natale alla necessità di far festa, e festa espressa anzitutto attraverso il cibo: quando dice che, se gli capiterà d’incontrare l’imperatore, gli chiederà un editto che ordini a tutti di spargere per Natale granaglie per strada in modo che gli uccelli dell’aria possano aver di che mangiare quel giorno in abbondanza; e quando dichiara che sia intenzione sarebbe, per Natale, di strofinare pezzi di carne sui muri affinché perfino pietre e mattoni potessero godere di quell’abbondanza.
Che la festa si celebri e si onori anzitutto per mezzo di banchetti, conviti e simposi è una realtà comune si può dire a qualunque civiltà tra le molte che il genere umano è stato capace nei millenni di concepire; non meno comune è, d’altra parte, il rapporto tra penitenza, dolore, e astensione dal cibo. La festa si onora con quella che gli antropologi definiscono l’”orgia”: che non ha nulla del significato che volgarmente in italiano le si attribuisce, ma che significa semplicemente occasione durante la quale il cibo e le bevande, di qualità e in abbondanza, vengono consumati oltre il bisogno, talvolta fino alla totale distruzione delle scorte. Il valore di ciò è essenzialmente rituale: si consuma oltre il bisogno in certe occasioni con lo stesso atteggiamento devozionale con il quale ci si astiene da certi cibi o da certe bevande oppure si digiuna totalmente in altre. Alla base di tale comportamento, nelle società tradizionali, c’è la coscienza di una profonda differenza tra giorni “festivi” e giorni “feriali”: la Modernità occidentale ha sistematicamente reagito ad essa sostituendole la distinzione tra giorni “di riposo” e giorni “di lavoro”, quindi azzerando il concetto sacrale e comunitario di festa per imporre al suo posto un diverso modello antropologico fondato sulla primarietà dell’uomo come produttore di ricchezza.
Da un malinteso apprezzamento di tale realtà dipende la reazione di chi vorrebbe eliminare quel che resta, magari al livello inconscio, di “senso della festa” nel Natale, appiattendo tutto il desiderio e il bisogno di mangiare, bere e vivere convivialmente meglio sulla misura del consumismo. Una sia pure graduale riconquista del senso del Sacro dovrebbe, al contrario, proprio partire da un’accentuazione conferita di nuovo alla festa, da un rinnovato e più profondo senso della sacralità che ai giorni festivi è propria e quindi da una distinzione profonda, anche esistenziale, rispetto alle consuetudine dei giorni feriali. Non è di domenica, o a Natale, che si dovrebbe mangiare “come tutti i giorni” per reagire al consumismo; è, al contrario, giorno per giorno che sarebbe opportuno limitare qualitativamente e quantitativamente i consumi per sottolineare quel che il cristianesimo, religione del pane e del vino, fondamentalmente ripete, cioè che anche il cibo e il vino sono di per sé suscettibili di essere investiti di sacralità.
Da qui gli usi natalizi incentrati non solo sul consumo, ma anche sulla preparazione comunitaria della tavola e del cibo della festa. L’avvento serve anche a questo: nella società tradizionale europea era il tempo nel quale si uccideva il porco e se ne destinava gran parte al consumo differito per mezzo di vari sistemi di conservazione; immediatamente prima, nelle ultime settimane del tempo liturgico ordinario (“per san Martino”), si procedeva alla svinatura; quindi ci si dava alle preparazioni che richiedevano un certo tempo, come la preparazione di conserve, marmellate e confetture.
Alla festa, non si arrivava senza la vigilia: almeno 24 ore di digiuno e/o d’astinenza. Sulla tavola della vigilia, necessariamente � e ritualmente: l’economia non c’entra � povera e spoglia, comparivano cibi frugali e non carnei: minestre o zuppe a base di cereali, di verdura (le cime di rapa stufate con i panzerotti della cucina pugliese) o di frutti “poveri” (la minestra di castagne secche bollite diffusa in tutto l’arco alpino e appenninico con molte variabili: talora in semplice acqua priva di sale cui si aggiungeva devozionalmente un cucchiaino di cenere); o naturalmente il pesce, guardato peraltro con qualche sospetto in quanto si trattava di un cibo spesso ricercato e costoso. Il principe della tavola natalizia della vigilia, che in qualche regione specie del su arriva fino al pranzo stesso di Natale, è il capitone: la grossa anguilla, consumata in ricordo della lotta e della vittoria contro “l’Antico Serpente”, e quindi immolata nella notte nella quale Gesù, nascendo, ha ucciso il Male; ma anche ricordo forse d’un’antica tradizione cristiana orientale, quella della celebrazione del Natale coincidente con l’Epifania, il 6 gennaio, antica festività di Iside signora delle acque cui i pesci erano graditi.
Se la vigilia è giorno “di magro”, nel Natale invece il grasso trionfa: ed è sovente – non necessariamente � grasso della carne di porco o di grossi bipedi da cortile, come il cappone (meno comune l’oca, che arrostita e ripiena di carne di maiale e di frutta troneggia oltralpe sulle tavole), ma comunque associato di solito, tra noi, alla cottura nell’acqua, la bollitura. Il Natale è la festa del bollito come la Pasqua è quella dell’arrosto: i due tipi di bollitura rinviano a due tipi diversi di socialità, quella contadina del focolare su cui si dispongono i recipienti per la cottura indiretta e quella pastorale del forno o dello spiedo o della griglia “sacrificatorii”, per la cottura diretta. Per devozione al bambino, che come tutti i bambini del mondo ha bisogno di cibi teneri e più facili da digerirsi, il Natale è la festa della pasta ripiena servita in minestra (i vari tortellini, ravioli, cappelletti in brodo).
I dolci sono un altro elemento tipico della mensa natalizia: e debbono richiamare il pane quotidiano arricchito di zucchero, canditi, frutta secca. E’ un pane speciale, la buccella dei romani (a Lucca si fa ancora il “buccellato”: ciambella di pane soffice e dolce condito con uvetta e semi di anice). I vari Christstollen tedeschi, il panettone milanese, il pandolce genovese, i “pani dei pescatori” veneziani, sono pani di farina di grano variamente arricchiti; e al pane si richiamano anche i dolci nei quali si fa ampio uso anche di conserva di frutta secca o, adesso di cioccolato, come il “panforte” senese e volterrano e il “panpepato” ferrarese (originariamente, entrambi dovrebbero contenere anche semi di pepe nel loro impasto). Talora ai pani si sostituiscono biscotti o ciambelle (come le “cartellate” pugliesi, frittelle al mosto cotto o al miele). Il torrone cremonese è a sua volta un pane speciale, nel quale alla farina si sostituisce integralmente lo zucchero condito miele, albume d’uovo, frutta secca.
Ma il Natale, che nella tradizione latina si è andato costruendo per acculturazione attorno alla festa pagane del solstizio d’inverno (divenuta festa della regalità sacra dell’imperatore) e alle libertates decembris, è in realtà una “festa lunga”. La tradizione cristiana delle “Tredici Notti” (quella rammentata da Shakespeare in La Notte dell’Epifania) attribuisce un significato speciale a ciascuno dei dodici giorni tra Natale ed Epifania). Il cenone di Capodanno è una specie di “secondo cenone di natale” in cui però trionfa il maiale bollito (zamponi, cotechini ecc,) accompagnato da legumi o seguito da frutta che debbono ricordare in qualche modo la forma del danaro (quello metallico, naturalmente), come auspicio di prosperità per l’anno nuovo: quindi lenticchie o chicchi d’uva).
Una volta, per ricordarsi che anche il cibo è preghiera, i Pater, le Ave e le poste del rosario servivano ottimamente come timer: mia nonna non usava mai l’orologio per cuocere i tortellini natalizi nel brodo, ma sapeva perfettamente quante Ave Maria erano necessarie per cuocere a puntino i vari tipi di pasta. Di recente, nell’Atlante marocchino, ho visto fare lo stesso: recitare alcune sure del Corano (che sono 114, di differente lunghezza) a seconda del punto di cottura della semola del cuscus che si voleva ottenere. “Tu usi le preghiere come scusa per far bollire le pentole”, rimproveravo mia nonna. “Nemmeno per idea � mi rispondeva lei -: faccio bollire le pentole come scusa per pregare”. Perché � commenterebbe un musulmano � se Dio non volesse, nemmeno le pentole bollirebbero. Il che è una bella variabile del nostro panem nostrum cotidianum da nobis hodie.

Franco Cardini
(Notizia inviata da Claudio Martinotti Doria)

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Le gioie della guerra di Zelensky… – USA. Lo Speaker della Camera, Mike Johnson, definisce “buono” l’incontro che ha avuto con Volodymyr Zelensky il 12 dicembre 2023 a Capitol Hill, ma ribadisce la richiesta di maggiore trasparenza sugli aiuti a Kiev e la necessità che gli Stati Uniti devono pensare prima a proteggere il proprio confine e poi agli aiuti ad altri Paesi… “Sin dall’inizio, ha detto Mike, abbiamo bisogno di chiarezza su quello che facciamo in Ucraina” – Ora il 14.12 si attende la riunione a Bruxelles sui negoziati per l’adesione di Kiev alla UE. Pesa l’incognita sul veto dell’Ungheria, il presidente ucraino e il premier Orban si sono parlati il 10.12 in Argentina, ma non si sa cosa si son detti… – Continua: https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2023/12/zelensky-condivide-le-gioie-della.html

Nota – “Gli Stati Uniti hanno raccomandato all’Ucraina di consolidare la sua posizione militare attuale entro un anno. Tutto sta andando verso il punto in cui Washington farà pressioni sulla UE e sposterà l’onere principale del sostegno al regime di Kiev sull’Europa”

Le bugie hanno le gambe corte… – Scrive Lorenzo Merlo: “Utilizzare le bugie nel discorso ordinario costituisce una garanzia al ripetersi del ciclo della menzogna e alla sua misera educazione. La bugia è un mattone con cui erigere la Torre di Babele…” – Continua: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2023/12/le-bugie-hanno-le-gambe-corte.html

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“Tu sei ciò che osserva l’andare e venire della Coscienza” (Nisargadatta Maharaj)

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Bioregionalismo ed ecologia profonda, notizie fresche dalla Russia, Jung: “Ma vie”, resoconto della Fierucola 2023, Santa Lucia la notte più lunga che ci sia, Gaza: fine d’anno, la coscienza individuale…

Il Giornaletto di Saul del 12 dicembre 2023 – Bioregionalismo ed ecologia profonda, notizie fresche dalla Russia, Jung: “Ma vie”, resoconto della Fierucola 2023, Santa Lucia la notte più lunga che ci sia, Gaza: fine d’anno, la coscienza individuale…

Care, cari, – la consapevolezza ecologica deve portarci a riprendere coscienza di essere solo una parte del complesso mondo naturale e riscoprire il lato selvatico della nostra mente. L’ecologia profonda non afferma nessuna novità ma parte dai saperi tradizionali popolari e dalle dimensioni spirituali dei popoli. Se l’ecologia profonda è la grande visione, la semplicità di cui parla Lao-tsu può essere quella definita la sua applicazione pratica, il bioregionalismo… (Stefano Panzarasa) – Continua: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2016/12/bioregionalismo-come-applicazione.html

Cagliari. Pro Assange – Scrive Pressenza: “Il 12 dicembre 2023 al Lazzaretto di Cagliari alle ore 20:00, è in programma la proiezione del film Ithaka, sulla storia di Julian Assange, simbolo del giornalismo d’inchiesta, detenuto tutt’oggi nel Regno Unito, per aver svelato al mondo i crimini di guerra USA…”

Notizie fresche dalla Russia – Scrive Mark Bernardini da Mosca: “Giovedì 14 dicembre 2023 si svolgerà la tradizionale conferenza annuale di Putin di fine anno. In realtà, in genere se ne facevano due: una per le domande della popolazione e l’altra per quelle dei giornalisti. Quest’anno sarà una sola per entrambi i formati. Sarà difficile per me rendicontare con una traduzione simultanea, tuttavia, qualcosa la settimana prossima vi racconterò…” – Continua: https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2023/12/italiani-di-russia-di-mark-bernardini.html

USAid contro la Russia – L’Occidente alimenta sentimenti russofobi nelle repubbliche post-sovietiche dell’Asia centrale. Si è tenuto ad Astana il Forum dei Think Tanks dell’Asia centrale, dove si è discusso dei “processi decoloniali in Asia centrale”. Gli organizzatori erano il centro Paperlab e CAPS Unlock (ex Fondazione Soros-Kazakistan). Il forum è stato sostenuto dall’Ambasciata degli Stati Uniti…”

“Ma vie” – Scrisse Jung: “Mentre lavoravo al mio albero genealogico, ho capito la strana comunanza di destino che mi lega ai miei antenati. Ho fortemente il sentimento di essere sotto l’influenza di cose o problemi che furono lasciati incompleti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, dai miei bisnonni e dai mei antenati…” – Continua: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2016/12/il-karma-genealogico-tra-jung-ed-hamer.html

Commento di P.B.B.: “Le epoche anteriori – e anche le attuali – hanno spesso lasciato in sospeso le ricerche sulle vere cause della maggior parte delle malattie, ivi comprese epidemie-pandemie. Si pensi ai 50 milioni di morti per la cosiddetta influenza “spagnola” e all’attuale problema dei vaccini…”

Resoconto della Fierucola delle eccellenze bioregionali 2023 – Anche l’8 dicembre di quest’anno a Treia si è tenuta la Fierucola delle Eccellenze Bioregionali, precisamente all’oratorio di Chiesanuova, dove già si era svolta in altre precedenti edizioni. L’organizzazione ha comportato ovviamente l’impegno ed il coinvolgimento da parte di tante persone, prima, durante e dopo… – Continua: https://auser-treia.blogspot.com/2023/12/resoconto-della-fierucola-delle.html

Nota – In ultima analisi, quello che si è cercato di promuovere con la Fierucola è stato il bene comune, la condivisione di qualche ora in buona compagnia, godendo anche della musica popolare con l’organetto, e la possibilità di conoscere gli artefici della cultura e coltura locale, contadini, artigiani, scrittori, artisti e le loro opere…

La notte più lunga che ci sia… – Scrive P.D’A.: “Durante il medioevo si riteneva che la notte di Santa Lucia, il 13 dicembre, fosse quella che precede il solstizio invernale, infatti c’è il detto “Santa Lucia la notte più lunga che ci sia..”, ma la verità è che la notte più lunga viene una settimana dopo, il 21 dicembre, comunque la simbologia legata alla santa è quella del ritorno della Luce, chiaramente una luce dell’Anima…“ – Continua: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2023/12/11/santa-lucia-la-notte-piu-lunga-che-ci-sia/

Nel Libro dei Mutamenti (I Ching) l’esagramma preposto a questa stagione è Kun – La Terra, la quale è definita “devota” perché tutti sostiene indifferentemente. Le altre qualità morali degli elementi che dalla Terra sorgono sono: Metallo = Giustizia – Acqua = Saggezza – Legno = Etica – Fuoco = Costumi. Quindi se non fossimo devoti come potremmo essere saggi, giusti, amorevoli e di buon costume?

Gaza. Fine d’anno – Scrive Elena Panina: “Dietro le quinte gli Stati Uniti sollecitano Israele a terminare l’operazione a Gaza prima di Capodanno ma Tel Aviv e Washington negano che ci sia una scadenza per l’operazione a Gaza ma diverse fonti dell’Economist hanno confermato la condizione di Blinken: finire tutto prima del nuovo anno.” Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2023/12/11/fine-danno-a-gaza/

Nota – Quindi, Israele dovrà designare un evento rituale che sarà considerato una vittoria: l’uccisione di uno dei principali funzionari di Hamas o l’accordo sul rilascio degli ostaggi. Dopodiché le parti torneranno ai loro angoli. Alla prossima volta…

La coscienza individuale e la spiritualità laica – La coscienza individuale è in costante movimento ed evoluzione, seguendo i diversi modi di sviluppo della società od i periodi storici nei quali si manifestano le vicende umane. Ogni transizione assomiglia al superamento di un livello d’apprendimento, un po’ come succede nella spirale del DNA. La coscienza, in questo caso meglio definirla mente, si muove dalle espressioni più semplici a quelle più complesse. – Continua con testo bilingue: https://bioregionalismo.blogspot.com/2019/12/short-essay-on-lay-spirituality-breve.html

Ciao, Paolo/Saul

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“Le lampade sono diverse la luce è la stessa.
Ci sono così tante luci abbaglianti
nel negozio di lampade
del cervello morente;
dimenticati di loro.
Concentrati nell’essenza,
concentrati nella luce.
La luce fluisce verso di te da tutte le cose,
tutte le persone, tutte le possibili combinazioni
del bene e del male, tutti i pensieri
e tutte le passioni.
Le lampade sono diverse ma la luce è la stessa.
Una sostanza, un’energia, una luce, una mente-luce,
che emette tutte le cose, senza fine.
Un diamante rotante e bruciante,
uno, uno, uno.
Spogliati davanti al silenzio avvolgente ed amorevole.
Resta lì,
finché non vedi la luce con i suoi stessi occhi eterni.”
(Jalaluddin Rumi)

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Fine d’anno a Gaza…

Lunario Paolo D'Arpini 11 dicembre 2023

Dietro le quinte gli Stati Uniti sollecitano Israele a terminare l’operazione a Gaza prima di Capodanno ma Tel Aviv e Washington negano che ci sia una scadenza per l’operazione a Gaza ma diverse fonti dell’Economist hanno confermato la condizione espressa da Blinken: finire tutto prima del nuovo anno.

Se tale condizione si verificasse davvero, i risultati dell’operazione a Gaza non soddisferebbero nessuno. L’IDF ha parlato di “mesi di operazioni minuziose” necessarie per distruggere Hamas. Finora gli israeliani sono riusciti a dimezzare al massimo la capacità del movimento palestinese.
Il gruppo tiene 130 ostaggi. I leader di Hamas non sono stati uccisi: il capo di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, e le figure chiave Muhammad Deif e Marwan Issa sono vivi. Anche la neutralizzazione della rete di tunnel di Hamas che attraversano Gaza è fallita, al punto che Israele ha preso in considerazione la possibilità di inondare i tunnel con acqua di mare.

Le ragioni per cui gli Stati Uniti sono determinati a ridurre il livello del conflitto sono state descritte più volte. Per gli Stati Uniti il Medio Oriente è molto più importante dell’Ucraina e la comunità musulmana negli Stati Uniti è abbastanza numerosa da influenzare le elezioni del 2024. E potrebbe radicalizzarsi.

Se gli Stati Uniti smettono di fornire armi a Israele, semplicemente non ci sarà più nulla con cui combattere. La scorsa settimana il Dipartimento di Stato è stato costretto ad approvare la consegna di 14.000 proiettili per carri armati da 120 mm, il tipo di munizioni chiave utilizzate dall’IDF nelle operazioni.

Inoltre, gli israeliani dovranno combattere in squadre d’assalto, il che comporterà un aumento delle perdite e uno stallo strategico. Perché è molto costoso occupare una Gaza distrutta senza sapere dove smaltire la popolazione. E non solo in termini di denaro ma anche di vite umane: i soldati israeliani saranno colpiti da ogni parte.

Quindi, Israele dovrà designare un evento rituale che sarà considerato una vittoria: l’uccisione di uno dei principali funzionari di Hamas o l’accordo sul rilascio degli ostaggi. Dopodiché le parti torneranno ai loro angoli. Alla prossima volta.

Elena Panina

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Quale rivoluzione?, riciclare è bello, USA: rampogne elettorali fra contendenti, bugie religiose per accaparrarsi il potere, lay spirituality in transcendence and immanence…

Il Giornaletto di Saul del 11 dicembre 2023 – Quale rivoluzione?, riciclare è bello, USA: rampogne elettorali fra contendenti, bugie religiose per accaparrarsi il potere, lay spirituality in transcendence and immanence…

Care, cari, nella comunità scientifica si fa sempre più chiaro come la crisi climatica rischi di raggiungere un punto di non ritorno (‘tipping point’). Putroppo, scienziati ed economisti legati a chi detiene le leve dell’economia, della politica e dei media egemonizzano la ricerca e diffondono visioni tecno-ottimiste. Non sarà però una nuova tecnologia miracolosa a scongiurare il disastro ecologico… (Sinistra in Rete) – Continua: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2023/12/qui-ci-vorrebbe-una-rivoluzione-ma-quale.html

Nota – Sono stati evidenziati almeno 9 sistemi climatologici che per effetto dei cambiamenti climatici potrebbero subire un cambiamento brusco ed irreversibile

Riciclare è bello – Scrive Rita De Angelis: “E’ vero, da un po’ di tempo siamo in crisi in svariati settori produttivi di beni magari considerati superflui. Ma una cosa agli italiani non bisogna certo toglierla, la voglia di festeggiare e di fare regali, per normali ricorrenze quali compleanni, matrimoni e anche onomastici o feste comandate…” – Continua: https://paolodarpini.blogspot.com/2023/12/feste-comandate-ora-e-tempo-di.html

Nostra considerazione – Che il riciclaggio sia utile soprattutto in tempi di crisi è una verità indiscutibile. Caterina ed io abbiamo già cominciato a predisporre i cadeaux, faremo dei bei pacchettini, regolarmente con carta da regalo riciclata, e quando andremo a trovare gli amici abbiamo già pronte, od in mente, una bella serie di sorprese colorate…

USA. Rampogne elettorali fra contendenti – I media occidentali “democratici” stanno cercando di convincere i nordamericani che la vittoria di Donald Trump porterà molte sconfitte e problemi negli Stati Uniti. A loro volta, i repubblicani stanno facendo di tutto per accelerare il processo di impeachment per corruzione di Joe Biden – Continua: https://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2023/12/usa-biden-trump-o-elon-musk-ultima-ratio.html

USA. Ultima ratio – Se riusciranno a trovare un candidato decente lo dirà il tempo. A meno che non convincano Elon Musk a entrare nel ring elettorale e ad eliminare tutti i candidati…

Le bugie religiose per accaparrarsi il potere – Scrive Roberto Cozzolino: “La Donazione di Costantino (Constitutum Constantini) fu utilizzata dalla Chiesa per legalizzare presunti diritti su possedimenti territoriali e soltanto nel 1440 il Valla dimostrò che tale documento era un falso, anche se bisognerà aspettare il 1517 perché le sue conclusioni vengano pubblicate, ma solo da ambienti non cattolici, essendo state inserite dalla Chiesa -guarda caso- nell’indice dei libri proibiti…” – Continua: https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2013/12/dalla-donazione-di-costantino-all11.html

Dialogo impossibile con un rabbino… – Diego Siragusa parla dell’attuale conflitto in Medioriente https://youtube.com/live/qIL2m4a9LL4?si=mAPGBlFq6ZYbsSaS e del suo ultimo saggio con Maddalena Celano, docente e saggista indipendente”

Lay spirituality in transcendence and immanence… – P.D’A. wrote: “The self is absolute in everyone. So spirituality is the conscious pursuit of one’s nature, one’s self. Lay spirituality is recognizing this process in whatever form it manifests itself…” – Continue: https://bioregionalismo.blogspot.com/2023/12/lay-spirituality-in-transcendence-and.html

Ciao, Paolo/Saul

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“I politici ed i preti hanno venduto speranza per migliaia d’anni. Ed è strano che dopo tanto tempo, stiano ancora facendo affari. L’uomo sembra essere addormentato, senza guardare all’intera strategia. I preti ed i politici devono sparire dalla terra. Solo allora il nuovo uomo – agiato, abile, creativo – può nascere.” (Osho)

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