Pacifisti contro… l’un l’altro armati…

Repubblica e Rete pace Disarmo attaccano referendum contro le armi e la staffetta per la pace di Santoro.

10 maggio 2023 – Due articoli online su Repubblica e solo per abbonati, entrambi firmati Mattia Pucciarelli il primo intervista Vignarca che critica i referendum sulle armi e spiega che non ha partecipato alla staffetta organizzata da Michele Santoro https://www.repubblica.it/politica/2023/05/10/news/intervista_vignarca_referendum_armi_rete_pace_disarmo_soluzioni_facili_chimera-399575346/ – Il secondo pubblicato dopo poco: I pacifisti criticano Santoro, servono iniziative più incisive.
I pacifisti menzionati, dalle prime e uniche righe leggibili dai non abbonati, sarebbero se ho ben capito solo le associazioni aderenti alla Rete pace Disarmo: https://www.repubblica.it/politica/2023/05/10/news/pace_ucraina_rete_contro_staffetta_santoro-399574059/

Purtroppo la discussione è sempre aperta… ma a senso unico… La rete Pace Disarmo critica gli altri, nessuno critica la rete Pace Disarmo, o perché amico o perché nemico e non la considera.
Ricordo anche un bruttissimo articolo su Vita che vede tra i sostenitori molto associazionismo:Acli, Arci, etc…

Con un Referendum per essere ” lasciati in pace” con foto di Alemanno,
https://www.vita.it/it/article/2023/05/01/un-referendum-per-essere-lasciati-in-pace/166574/
A Vita ha replicato su Pressenza Natale Salvo: https://www.pressenza.com/it/2023/05/referendum-vita-si-scopre-guerrafondaia-a-senso-unico/ e Giuseppe Bruzzone, storico obiettore di coscienza al servizio militare, che non ha ricevuto alcuna risposta.

Si, la discussione è a senso unico… temo che lo sarà ancora

Marco Palombo

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Integrazione dei Disarmisti esigenti:

La critica a RIPD si fa nei fatti, proponendo una visione, una strategia e degli obiettivi indipendenti rispetto al pacifismo burocratico e professionalizzato, che mira all’esclusività della rappresentanza del “popolo della pace”.

E’ quanto ad esempio facemmo il 5 novembre, al corteo vuoto di contenuti ufficiali, con lo striscione e il volantino dei Disarmisti esigenti.
L’invito ai manifestanti era a “riconvocarsi tutte le volte che governo e parlamento avessero preso decisioni per l’invio delle armi all’Ucraina”.
L’impegno lo abbiamo mantenuto (in pochi ma determinati) con i 5 presidi del “digiuno di coerenza ecopacifista”.
Già da allora indicavamo il percorso unitario vero: quello tra “popolo della pace” e “popolo”.

Questo cammino è stato iniziato in modo efficace con la staffetta della pace del 7 maggio.
Un modo per rinfonzarlo è adesso l’iniziativa dei referendum, pur con tutti i suoi limiti.
Qui – premesso che ho già aderito e firmato ai tavolino – le nostre perplessità stanno nel metodo con cui la si è lanciata e si è costituito il comitato promotore.

La gestione infatti non deve (non avrebbe dovuto) lasciare spazi a due appigli critici, se appunto si vuole l’unità che conta per fermare il coinvolgimento bellico (e quindi la guerra): quella appunto tra “popolo della pace” e “popolo” tout court.
1) La critica di filoputinismo. Che non riguarda certamente chi sta “dalla parte dell’Umanità e della Terra”.
Di chi comprende che lo statuto dell’ONU in sostanza “ripudia la guerra” allo stesso modo della Costituzione italiana.
Il principio base per il cessate il fuoco e i negoziati subito è la preminenza dei diritti umani rispetto alla sovranità statale.
E’ l’approccio del fronte Stati+società civile che ha portato al Trattato di proibizione delle armi nucleari.
2) La critica di novaxismo. Che non riguarda chi non avallato né avalla le teorie complottiste sulla “dittatura sanitaria”.

I disarmisti esigenti, membri WRI per il tramite della LOC, non aderiscono alla Rete italiana pace e disarmo. Così come la WILPF (ed in questo bisogna ringraziare la lucidità della scomparsa Antonia Sani).
Si può vivere e lavorare politicamente senza sottostare a questa adesione – alla RIPD – e ai suoi obblighi, conducenti alla subalternità rispetto al sistema dei partiti atlantisti.

Senza per questo sentirsi “antiunitari”.

Anzi l’invito per gli “unitari” a prescindere in servizio permanente effettivo è quello di chiedere conto e ragione a Vignarca, Valpiana e soci sul perché rompono di fatto l’unità di lotta su opposizione alla guerra (la mobilitazione contro l’invio delle armi etc.).
Gli “articoli” lasciano il tempo che trovano. Il loro peso politico è quasi nullo.

Occorrono lettere di comunicazione semplicissime.

“Cari coordinatori RIPD, vi spieghiamo ora perché non aderiamo e invitiamo a non aderire a RIPD”. Su questa lettera-comunicazione che è azione noi ci stiamo. Sugli articoli no, che valgono come i documenti che ogni gruppo ha portato in piazza il 5 novembre. Si finge di agire ma in realtà si tenta solo, non riuscendoci, di mettersi la coscienza in pace. Quindi massimo risultato con il minimo sforzo. Si è in grado di pronunciare il NO! semplice e chiaro delle persone libere? Quale medico ha ordinato che sia obbligatorio per l’”unità” mettersi sotto l’ombrello dei satelliti della CGIL?

Alfonso Navarra

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