Riccardo Paccosi: “Sull’essere conservatori”

Il concetto di “conservatorismo” è espressione di un grande abbaglio e di una profonda mistificazione ideologica. Qualunque cosa si opponga all’alienazione dell’uomo dalla natura e dalla biologia, è per forza di cose “conservatrice”. Ergo, può finire con l’essere considerato conservatore anche il fatto in sé di contestare il capitalismo e, difatti, c’è chi a sinistra è arrivato a teorizzare proprio questo.

Quindi, era conservatore anche Marx quando denunciava che il Capitale stesse tramutando la vita in merce. Anzi, diciamocela tutta: a tirare le fila di questa pseudo-logica che nasconde vuota retorica, si potrebbe arrivare a dire che l’opposizione politica è, in quanto tale, conservatrice.

Qualunque strategia i governanti mettano in atto, infatti, rappresenta l’avvento di un nuovo fattore strategico, dunque una “innovazione” nello scenario storico e sociale. L’atto di opporsi a questa strategia, secondo la visione distorta del progressismo, implica sempre e comunque l’invocare una conservazione dello scenario presistente.

Ma se io sono contro l’ibridazione uomo-macchina o contro la vita vissuta dentro un ambiente digitale, è evidente che mi sto opponendo a una “innovazione” che considero nefasta e negatrice dell’umano: non sto esprimendo nostalgia, ma una visione contrapposta del futuro.
Se sono contro gli uteri in affitto, i figli fabbricati in provetta e sottoposti a processi di bioediting, il Brain/Cloud Interface controllato da aziende private, le I.A. che divengono CEO di aziende e tutte le altre diavolerie di cui potete trovare facilmente riscontro in qualsiasi numero di Science o Lancet, dalla sinistra vengo considerato “conservatore”.

La falsa coscienza della posizione progressista, risalta altresì per il fatto ch’essa nega che i fattori di presunta innovazione siano strategie politiche rispondenti a specifici interessi. In ossequio alla sempiterna concezione deterministica del tempo, fenomeni come la globalizzazione e la digitalizzazione, anziché essere letti come strategie di una classe sociale materialmente visibile, sono considerati come processi impersonali e ineluttabili al pari delle maree o della rotazione dei pianeti.

E allora, è il caso di lasciare perdere i giochetti ideologici e andare al punto.

Chi governa, in genere, è nelle condizioni di aggredire e chi è governato spesso è costretto a rispondere re-attivamente. Lo scontro tra governanti e governati che discende da tutto questo, non divide i progressisti dai conservatori come pretende il pensiero di sinistra, bensì vede da una parte una visione del patto sociale assolutista, tecnocratica e liquidante il passato; dall’altra, a essa si contrappone una visione che attribuisce il principio di sovranità al popolo e che considera memoria collettiva, retaggi storici e sfera biologico-naturale elementi ineludibili di tale sovranità.

Tutto il resto è, davvero, fumo negli occhi. E a chi mi dà del conservatore, rispondo quindi con uno sbadiglio e passo oltre.

Riccardo Paccosi

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