Violenza sulle donne… legale nei fatti!

Lo stupro in India è stato descritto come uno dei crimini più comuni contro le donne; un rapporto delle Nazioni Unite lo definisce esser un problema nazionale, ricordo che la violenza sessuale sulle donne (spesso seguita da uccisione della vittima) è una pratica repressiva non infrequente da parte delle “forze di sicurezza” che agiscono nelle zone sottoposte ad “emergenza”. Una pratica impunita grazie a una legge, per l’appunto emergenziale, cioè la “Armed Forces Special Powers Act” (o AFSPA).

In India le leggi anti-stupro sono state molto inasprite contemplando in alcuni casi anche la pena di morte. La pena capitale in India viene molto raramente comminata e ancor più raramente eseguita cosa che però è avvenuta l’anno scorso per i quattro stupratori/torturatori autori del gravissimo episodio del 2012 che portò all’atroce morte di una studentessa a Delhi.

In India la violenza di genere avviene a vari livelli, dall’uccisione dei feti femminili, pratica talmente in uso che ha fatto pensare al governo di proibire la determinazione del sesso prima della nascita (non so se la legge è passata), alla discriminazione nella nutrizione e nelle cure mediche, alla violenza sessuale intrafamigliare ed extrafamigliare.

Sulla violenza di genere in India scrissi un articolo per Megachip nel 2014, dalla mia ricerca saltò comunque fuori che in termini percentuali sulla popolazione il triste record mondiale di stupri è appannaggio probabilmente degli USA. Gli ultimi dati dicono che in Europa i primatisti nella violenza sessuale (non nei femminicidi) sono Svezia, UK, Belgio e altri Paesi del Nord. L’Italia in questa classifica, grazie al cielo, è molto indietro. Tuttavia anche da noi è in aumento il numero dei “femminicidi”, cioè degli assassinii di donne legati a motivi di rapporto tra generi (tipicamente quelli eseguiti da partner, ex partner, famigliari). Un aumento ancor più percepibile se messo in relazione alla drastica riduzione degli omicidi in generale nel nostro Paese.

Ma al di là dei dati e delle statistiche, è la possibilità stessa che una donna (anche una sola) possa essere uccisa nell’ambito, come si dice in modo assolutamente improprio, di “relazioni affettive”, che non può essere tollerata.

Piero Pagliani

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Il 25 novembre 2021 è stata la giornata dedicata al dramma della violenza di stampo maschilista sulle donne considerate come oggetti da possedere. Ѐ stato sottolineato soprattutto l’impressionante aumento dei cosiddetti “femminicidi” attuati in genere da mariti, fidanzati e molestatori respinti. Se però è facile condannare e punire un omicidio quando il fatto è già stato acclarato ed avvenuto, il sistema mostra tutte le sue falle nei momenti precedenti all’episodio più grave. Innumerevoli sono i casi in cui le violenze premonitrici sono ignorate e non ostacolate. A volte ciò avviene anche per la fragilità psicologica di alcune mogli o fidanzate che esitano a denunciare i maltrattamenti subiti, ma molte volte anche gli abusi denunciati non trovano un’adeguata reazione da parte degli organi dello stato e della magistratura. Cito per tutti un caso molto noto di una donna che aveva per ben dodici volte denunciato le violenze del marito senza ottenere protezione, fino a giungere all’omicidio finale. I familiari della vittima fecero causa allo stato chiedendo un risarcimento, ma i giudici hanno dato loro torto condannandoli anche al pagamento delle spese processuali.

Ancora più frequenti sono i casi in cui donne che hanno avuto il coraggio di denunciare uno stupro, spesso di gruppo, invece di essere sostenute da organi dello stato e magistratura, sono sottoposte ad umilianti interrogatori quasi fossero loro le colpevoli; e spesso le denunce finiscono nel nulla. Senza fare nomi, ricordo un caso abbastanza noto e recente di due ragazze che denunciarono uno stupro collettivo e furono sottoposte da una procuratrice della Repubblica (purtroppo una donna lei stessa!) ad ore di interrogatorio con domande del tipo: “ma mentre ti penetravano eri arrabbiata con loro o con te stessa?” Dove è evidente che le ragazze non sono state credute; ed infatti i presunti stupratori – a carico dei quali esistevano, oltre alla denuncia, anche pesanti indizi – sono stati prosciolti in istruttoria. In un altro noto processo, recentemente ricordato anche in un libro, un giudice chiedeva ad una ragazza stuprata: “ma perché hai allargato le cosce?”. In un altro noto processo un avvocato della difesa chiedeva come mai una donna costretta ad un rapporto orale non avesse morso il pene dello stupratore.

Ma anche in caso di condanna – spesso dopo inchieste macchinose portate per le lunghe per anni – di solito le pene per gli stupratori riconosciuti sono irrisorie. Ricordo, come esempio, il caso di un branco di minorenni che stuprò una coetanea a Napoli. Il giudice li condanno a due o tre mesi di servizi sociali consistenti nel seguire un corso professionale per pizzaioli. Penso che questi giovincelli abbiano pensato di non aver fatto nulla di grave e si siano preparati a reiterare il reato.

Infine si può ricordare il caso di una ragazza a Firenze stuprata da un branco numeroso. Furono tutti prosciolti perché la ragazza era ubriaca ed aveva tenuto un atteggiamento “provocatorio”. Come se profittare di una persona che in quel momento è fuori di sé ed incapace di ragionare con lucidità non sia automaticamente uno stupro. Analogo il caso di una ragazza a Napoli stuprata dal branco, ma che non aveva detto di no in quanto parzialmente psicolabile. Tutti prosciolti.

Di fronte a queste manifestazioni spesso si sente parlare della necessità di campagne di rieducazione culturale. A questo proposito ho spesso ricordato con piacere le aperture culturali di grandi intellettuali, a partire dai grandi drammaturghi del teatro greco classico. Euripide parla della violenza o della subordinazione della donna in drammi come “Le Troiane”, “Ecuba”, “Medea”, “Alcesti”. Anche Eschilo ne parla nelle “Supplici” e nelle “Eumenidi”. Il grande commediografo Aristofane parlava invece di un’immaginaria riscossa femminile in opere immortali come “Lisistrata” e “Le donne a parlamento”. Nell’800 il grande drammaturgo Ibsen illustrò la ribellione di una donna al paternalismo maschilista, prima del padre e poi del marito, nel celebre dramma “Casa di bambola”, giustamente riproposto anche da RAI 5 nella giornata del 25 novembre. Oggi la situazione in molti paesi ricchi dell’Occidente è migliorata – a differenza di molti altri paesi come l’India o i paesi a maggioranza musulmana – ma certamente permangono ampie sacche di discriminazione antifemminista.

Di fronte a questa situazione la rieducazione culturale dal basso non basta se non viene integrata, dall’alto, da leggi e procedure più celeri e severe e da una specifica campagna di rieducazione innanzitutto per giudici e tutori dell’ordine. Ad esempio, perché è previsto il fermo giudiziario solo per presunti assassini, quando il danno già è stato fatto, e non per presunti stupratori che possono reiterare il reato, o nel caso di maltrattamenti gravi e ripetuti? Ѐ necessario superare in questo campo un certo lassismo ed una colpevole tolleranza.

Vincenzo Brandi

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