Coalizione di forze affini o dittatura della minoranza (maggioranza relativa)? – Forse una legge elettorale che “garantisca” la governabilità non esiste…

Dopo avere impegnato il Paese nella gran zuffa che sappiamo per una revisione costituzionale rigettata dal popolo e per una legge elettorale cassata dalla Consulta, dopo avere giocato vittoriosamente una com­plessa partita tattica fatta di pseudo-dimissioni e iper-rotta­mazioni, riecco a voi Matteo Renzi, genio rinascimentale in formato tweet.

Detto fatto, i grillini hanno a loro volta iniziato a ‘cinguettare’ in vista di una riedizione dell’Italicum, riedizione che avrebbero per altro la forza d’im­por­re in Parlamento insieme al PD: “Si potrebbe, ad esempio”, ha proposto l’on. Di Maio (M5S), “prevedere una soglia più bassa dell’attuale 40 per cento, realisticamente irraggiungibile dai partiti attuali, portandola al 35″. Che Dio ce ne scampi.

Ne seguirebbe una partita a dadi tra PD e M5S in cui gli uni o gli al­tri avrebbero la quasi certezza di fare bingo: basterebbe un po’ di a­sten­sio­nismo o un po’ di “voto utile” per andare di qua o di là… e ag­giu­di­car­si un “premio” pari al 20% dei seggi nelle due Camere.

Ma, in questo modo, dati i passati pronunciamenti della Consulta in materia elettorale, approderemmo al terzo Parlamento consecutiva­mente “nominato” sulla base di una legge incostituzionale. Senza contare la roulette russa di un eventuale vittoria grillina in rapporto all’Europa. Se il popolo italiano deve scegliere tra Europa Sì ed Europa No, il “premio” maggioritario c’entra come i cavoli a merenda.

Di fronte a tutto ciò la sinistra a sinistra del PD, quella che passo dopo passo sta compiendo la sua lunga marcia verso l’evanescenza, amerebbe molto reintrodurre il “maggioritario di coalizione”, cioè il premio a un raggruppamento di liste (come nel Porcellum) anziché a una lista sola (come nell’Italicum). Quasi che un ritorno alla “Legge porcata” di Cal­deroli potesse riportare l’orologio della storia repubblicana ai bei tempi andati del centro-sinistra anni Novanta.

Matteo Renzi ha nettamente escluso di volersi alleare con gli “scis­sio­ni­sti” in una coalizione di liste. E perché mai dovrebbe farlo, potendo ora scegliere “fior da fiore” dentro una vasta platea di peones interessati e disponibili a farsi ricandidare come “indipendenti” nella lista del PD? Il perché, ribatte Giuliano Pisapia, sta nelle prossime elezioni regionali (Lazio e Lombardia, soprattutto), nelle quali Renzi rischia una plateale sconfitta se corre solo. Anche il socialista Nencini la pensa così: “Continuo a leggere dichiarazioni fantasiose di autorevoli dirigenti del PD. Sostengono che il PD, in perfetta solitu­di­ne, sia in grado di vincere le elezioni a mani basse. Suggerisco loro di chiedere ai candidati sindaci in lizza nelle amministrative di giugno”.


Competition is copetition: Matteo Renzi e Giuliano Pisapia

Può darsi che Piasapia e Nencini abbiano ragione. Resta, però, che a ridosso della fine legislatura non sarebbe né eticamente lecito né po­liticamente sostenibile un ennesimo stravolgimento della materia elet­torale a uso e consumo di tizio o di caio.

Si voterà a ottobre. O, al più tardi, nella primavera prossima. Dun­que, l’impianto all’interno del quale quale questo Parlamento di “nominati” può muoversi è il proporzionale che re­sta dopo i due pronunciamenti della Consulta. Se non s’intende uscire dal cerchio delle cose legittime ci si deve limitare a un’armo­niz­za­zione delle soglie d’accesso alla Camera e al Senato. Con buona pace dei vedovi in­con­solabili del Porcellum, i quali profetizzano incubi e sfra­celli se non verrà approvata “una legge che garantisca la governabilità”.

Ora, a parte che tutte queste lamentazioni sull’ingovernabilità astrale prossima ventura tendono, evidentemente, alla primazia di due o tre uo­mini soli al comando, nessunissimo vantaggio può nascere per l’Italia da ulteriori manipolazioni incostituzionali della volontà popolare, per quanto astutamente paludate.

Perché una legge elettorale che “ga­ran­tisca la governabilità” semplicemente non c’è né può esistere. È questo il lascito della Seconda Repubblica, spirata dopo che nel 2013 il po­polo elettore aveva scardinato financo il Porcellum, catapultando il M5S in cima alla classifica, con gran dispetto degli astrologi di sua mae­stà che fino a un’ora prima dei risultati profetizzavano tutt’altri numeri.

L’unica strada che la sinistra potrebbe an­cora im­boccare, nel legittimo interesse di non scomparire del tutto, è coa­liz­zarsi e combattere politicamente, sempre che si ricordi come si fa.

La sinistra (sia quella residua del PD che quella a sinistra del PD- ndr) deve entrare nel merito. E il popolo italiano, che stu­pido non è, potrà poi facilmente proporzionare un nuovo orientamento politico, se vorrà e come vorrà.

O abbiamo scordato che le elezioni, ormai comunque prossime, servirebbero proprio a questo?

Andrea Ermano – L’AVVENIRE DEI LAVORATORI – www.avvenirelavoratori.eu

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Commento Integrazione di Michele Prospero:

“….Dinanzi al ritorno renziano occorre perciò un lavoro su due fronti. Il primo obbliga a non interrompere le forme implacabili di una guerra di movimento che conducano ovunque alla sconfitta del Pd nelle prossime amministrative. Renzi non deve contare sul trampolino di lancio del voto nelle città per anticipare le consultazioni ad ottobre. E’ necessario che continui a leccarsi le ferite, come gli capita da diversi anni. Il secondo cantiere prevede la ricostruzione di una sinistra plurale, capace di coniugare specifici investimenti organizzativi e la condivisione di un progetto aperto. Come in Francia.
Le ceneri di Gramsci, a 80 anni dalla scomparsa, devono indicare il percorso alle forze che da una medesima storia provengono. Dai comunisti (purché cessino le caricaturali ovazioni a capi latino-americani: un “comunismo immaduro”), ad articolo 1, e a quanti non possono che dire addio al dominio renziano, è possibile aprire un confronto. In questo spazio tocca a Sinistra italiana agire come il principale motore di un impegnativo lavoro coalizionale, da allargare ai comitati del no, ai movimenti sociali contro il Jobs Act e i voucher. Le due fratture che hanno determinato l’inciampo del renzismo (la costituzione e il diritto del lavoro) aspettano una interpretazione politica credibile. Non c’è più molto tempo: è possibile creare un polo articolato per sostituire il Pd come rappresentante della sinistra.” (Michele Prospero)

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