Sion. I palestinesi vittime sacrificali per vivificare la progenie del Golem e di Frankenstein

“Israele continua ad espiantare organi di giovani palestinesi uccisi. La denuncia dell’ambasciatore palestinese alle Nazioni Unite”. Questi fatti non ci meravigliano. Chi ritiene di avere in mano il mondo ritiene anche di avere il diritto di vita e di morte sugli altri popoli. Ma non bastano i bombardamenti indiscriminati sulla popolazione palestinese, esposta ai peggiori massacri, all’uso costante di omicidi individuali by drones, diuturnamente messi in atto da apparecchi di morte. Allo sterminio costante della popolazione indifesa della Palestina si aggiungono gli espianti-trapianti di organi da corpi apparentemente morti (ovvero uccisi al fine dell’espianto poiché se fossero realmente MORTI gli organi non potrebbero essere utilizzati per il trapianto) che continuano, sotto gli occhi di coloro che si credono padroni del mondo, per vivificare i corpi disseccati e mummificati di vecchi rabbini e decrepiti usurai…

Giorgio Vitali

Articolo collegato di Paola di Lullo:

L’ambasciatore palestinese alle Nazioni Unite (ONU), Riyad Mansour, afferma che il regime di Tel Aviv sta espiantando, senza autorizzazione, organi di palestinesi uccisi in scontri con le forze israeliane nei territori occupati.

In una lettera scritta nello scorso ottobre al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, Riyad Mansour ha dichiarato che i corpi dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane sono “restituiti con cornee ed altri organi mancanti, ulteriore conferma dei report su espianti di organi da parte del potere occupante.”

E ancora: “Un esame medico condotto su corpi di palestinesi restituiti [nel mese di ottobre ] dopo essere stati uccisi dalla potenza occupante ha evidenziato che mancavano organi”, ha scritto Mansour nella lettera.

Issa Qaraqe, responsabile del Club dei Prigionieri e degli ex Prigionieri, ha dichiarato, nei primi giorni di gennaio, che ci sono segni di tortura e pestaggio selvaggio sui corpi di innumerevoli vittime palestinesi. In sostanza, i soldati dell’esercito più morale del Medio Oriente, picchiano le vittime, dopo averne constatato il decesso.

Qaraqe ha infatti affermato che anche i paesi più fascisti non torturerebbero le loro vittime, dopo averle uccise, né le loro famiglie, ponendo restrizioni alla loro sepoltura o ai loro funerali, ad eccezione di Israele.

Ha detto inoltre che trattenere i corpi dei palestinesi dopo averli uccisi è, da parte d’Israele, un segno vergognoso che sfida tutti i valori umani e religiosi. “Israele ha volontariamente ucciso civili e rifiuta di restituire i loro corpi alle famiglie. I corpi di queste vittime vengono violati come carcasse senza valore, e quando vengono restituiti, il killer [ Israele ] detta le proprie condizioni con un’arroganza senza precedenti che rende doppio il crimine”.

I corpi sono consegnati alle loro famiglie, a condizioni rigorose che includono il tempo, il luogo e il numero di persone nel funerale. Questa mossa serve per impedire di effettuare l’autopsia sulle vittime, da quando Israele è stato accusato di espiantare gli organi e di compiere altre violazioni sui cadaveri conservati in frigorifero.
La questione del furto di organi da parte di Israele è stata portata alla ribalta in un articolo di Donald Boström,”Rubano gli organi dei nostri figli”, pubblicato dal quotidiano svedese Aftonbladet nel 2009.

Anche il quotidiano americano The New York Times ha scritto, in un report dell’agosto 2014, che i mediatori di trapianti di organi in Israele hanno intascato ingenti somme di denaro. Secondo l’analisi del Times sui più importanti casi di vendita di organi a partire dal 2000, gli israeliani hanno avuto un ‘ruolo sproporzionato’ nel traffico di organi.

Sulla questione dell’espianto non autorizzato di organi, da parte d’Israele, ha investigato per 10 anni l’FBI, poiché non solo i palestinesi ne erano vittime. Si stima che, nel solo mese di ottobre, Israele abbia trattenuto i corpi di 28 palestinesi e 268 corpi di combattenti iracheni, giordani e marocchini.

Per quanto concerne i palestinesi, uno dei casi più eclatanti di espianto non autorizzato di organi riguarda Muhammad Shmasanah , 22 anni.

Il ragazzo, il 12 ottobre scorso, cercò di uccidere un soldato israeliano sul bus 185, dopo essersi seduto accanto a lui. Dopo averlo pugnalato con un coltello, avrebbe cercato di strappargli la pistola, ma sarebbe stato messo fuori gioco da un altro poliziotto e da due passeggeri civili.

Il suo corpo è stato restituito alla famiglia il 4 novembre 2015, senza le cornee. Il ministero della Sanità dell’AP ha emesso un comunicato ufficiale in cui si può leggere che la scoperta era stata fatta all’obitorio, dopo la restituzione del corpo.
I corpi delle vittime palestinesi vengono tenuti in custodia israeliana per lunghi periodi di tempo prima di essere restituiti ai parenti. Questa procedura è una tortura per le famiglie delle vittime. È consuetudine nell’Islam seppellire i morti entro 24 ore dal decesso. Il rituale prevede di lavare il corpo ed avvolgerlo in un panno, dire preghiere amorevoli per riscattare la sua anima ed agevolare la transizione da questo mondo. Il rituale della sepoltura è terapeutico, aiuta i parenti ad affrontare la realtà della morte di una persona cara.

In alcuni casi, le autorità israeliane hanno convocato le famiglie dei martiri per identificare i corpi dei loro figli o figlie. Gli ufficiali si sono premurati di dire loro che non li avrebbero rivisti più.

I corpi sono di solito spogliati degli abiti e messi in sacchi di plastica neri.

Ma bisogna tornare indietro al 1992. In quell’anno Ehud Olmert, allora ministro della sanità israeliana, lanciò una campagna con cui si cercava di affrontare la questione dell’insufficienza di organi, inserendo i donatori di organi in un registro apposito. Da allora, cominciarono a scomparire giovani palestinesi dai villaggi della Cisgiordania e di Gaza. I soldati israeliani li riportavano morti dopo cinque giorni, con i corpi squarciati. Giravano voci di un notevole aumento di scomparse di ragazzi giovani, e di conseguenti funerali notturni dei corpi sottoposti ad autopsia.

Bilal Achmed Ghanem, 19 anni, è stato uno dei 133 Palestinesi rimasti uccisi in vario modo quell’anno.

Secondo le statistiche palestinesi le cause dei decessi erano: colpito con arma da fuoco per strada, esplosione, gas lacrimogeno, investito intenzionalmente, impiccato in prigione, colpito con arma da fuoco a scuola, ucciso mentre era a casa, eccetera. Le 133 persone avevano da quattro mesi a 88 anni.

Le famiglie in Cisgiordania e a Gaza erano certe di sapere esattamente quello che stava succedendo: “i nostri figli vengono usati come donatori non volontari di organi”, affermavano i parenti di giovani scomparsi per un certo numero di giorni, e restituiti morti, dopo un’autopsia. Perché tenevano le salme fino a cinque giorni? Che succedeva ai corpi in quel lasso di tempo? Perché facevano autopsie contro la volontà della famiglia, quando la causa del decesso era ovvia? Perché restituivano le salme di notte? E con le scorte militari? Perché l’area veniva isolata durante il funerale? Perché toglievano l’elettricità? I parenti dei Palestinesi morti non nutrivano più alcun dubbio sul motivo delle uccisioni, ma il portavoce dell’esercito israeliano affermò che le accuse di furto di organi erano menzogne. Disse che tutte le vittime palestinesi venivano sottoposte ad autopsia di routine. Quando i corpi venivano finalmente restituiti alle famiglie, spesso la parte superiore del corpo era bendata; quando le bende venivano rimosse, si scopriva che la cassa toracica era stata riempita di garza, e che mancava il cuore, o altri organi.

Per vari anni, dal 2001, erano circolate accuse nei confronti del patologo di Stato israeliano, Yehuda Hiss, sospettato di furto di organi. Hiss era il direttore dell’Istituto Forense Abu Kabir di Tel Aviv. La rivelazione della presenza di organi umani conservati illegalmente all’Istituto Forense Abu Kabir spinse il membro della Knesset Anat Maor, presidente della Commissione Scientifica del Parlamento, a chiedere l’immediata sospensione del direttore, il Prof. Yehuda Hiss. Le autorità erano state messe in guardia sulla condotta illecita di Hiss già nel 1998, anche se per anni non fecero nulla. Nel 2001 un’indagine del Ministero della Sanità israeliano scoprì che Hiss era stato coinvolto per anni nel prelievo di organi come gambe, ovaie e testicoli, eseguito senza il consenso dei familiari, per poi vendere gli organi a scuole di medicina dove venivano usati per la ricerca e il tirocinio.

Era stato nominato capo patologo nel 1988. Hiss non fu mai incriminato, ma nel 2004 fu costretto a dimettersi dalla direzione dell’obitorio nazionale dopo anni di lagnanze. Ma, nonostante ciò, rimase capo patologo e, negli anni, tornò ad essere direttore dell’Istituto Forense, sebbene nel 2009 venne nuovamente accusato di essere stato operatore di espianti di organi da martiri che avevano svolto operazioni militari contro Israele, per venderli o darli agli ospedali israeliani. Il licenziamento definitivo fu voluto dal vice ministro della Salute Yaakov Litzman, il 15 ottobre 2012.

Nel solo mese di ottobre 2015, 28 corpi palestinesi sono stati trattenuti presso l’Istituto Forense Abu Kabir a Tel Aviv.

(Fonte: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=13944&pg=14213)

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