L’altro uomo del Monte dei Paschi di Siena: Giuseppe Mussari

Il caso MPS è la regola: colui che ha disponibilità dei soldi degli altri, tende naturalmente a prenderli per sé o per i soci, direttamente o attraverso teste di legno. Ciò avviene sia nel management delle banche, che delle altre imprese, che degli enti pubblici. Avviene anche nei governi. Avviene ai danni degli azionisti, dei risparmiatori, dei dipendenti, dei contribuenti, dei cittadini. E’ un modello estrattivo (ossia saccheggiatore) di gestione del potere, di governance, che si sta affermando universalmente. Pensiamo al caso di quei governi che tassano i loro cittadini per assicurare profitti speculativi a banchieri predoni stranieri.

La storia di Giuseppe Mussari con gli scandali Antonveneta, Santorini, Alexandria, Casaforte, Ampugnano, liar loans (cioè mutui concessi largamente a chi si sapeva che non li avrebbe rimborsati), è una tipica storia di bancarotta mediante una testa di legno: si mette una persona di fiducia a spolpare una società e a prendersi la colpa, mentre il malloppo va in tasca ad altri, meno il compenso per la testa di legno. Quindi è di primaria importanza andare a vedere a chi è andato il malloppo effettivamente.

Mussari non aveva una formazione finanziaria: era un avvocato penalista di origine calabrese, che si era distinto come fedele del PCI-PDS-DS-PD e come difensore di suoi amministratori locali senesi. E’ stato nominato nel 2006 a presidente del MPS dalla Fondazione MPS che, su 16 consiglieri, ne ha 13 nominati da Comune, Provincia, Regione da sempre in mano al PCI e succedanei. Fino al Maggio 2007 rimane però consigliere della Fondazione. Non appena nominato presidente di MPS, ha incominciato i noti affari. Nel corso della sua permanenza, ha donato di tasca propria quasi € 700.000 al PD, in ossequio alla regola che chi diviene dirigente attraverso il partito, poi deve essere riconoscente. Ha compiuto le sue operazioni di spolpamento con metodo, tenendo formalmente nascoste alcune carte, ma in un contesto in cui era palese che stava avvenendo qualcosa di occultato e di illecito.

Tutti, a cominciare dal collegio sindacale di MPS, presieduto da Tommaso di Tanno (ora indagato dal PM senese), vedevano l’anomalo gonfiaggio del prezzo di Antonveneta mediante una ben poco credibile tripla vendita in pochi mesi, prima a ABN-AMRO , poi a Banco di Santander, infine a MPS, con un’acquisizione tenuta segreta fino all’ultimo, annunciata dai tg, quindi tale da dover far subito scattare controlli e ispezioni, come pure il fatto che il pagamento avveniva per cassa, cioè subito, mentre di regola questi pagamenti si fanno a credito, nel tempo. Il fatto che si pagasse tutto subito suggeriva oggettivamente che era una compravendita fraudolenta.

Tutti sapevano che il prezzo era gonfiato. Tutti potevano sapere, con un minimo di diligenza, che Mussari non aveva fatto la due diligence su Antonveneta prima di pagarla circa 17 miliardi e si era basato su una stima fatta dalla ben poco attendibile e molto interessata Standard and Poors. Bankitalia, allora governata da Draghi, però lasciò fare, il che ben illustra l’incompatibilità inerente a Bankitalia, tra il suo compito di sorvegliare le banche e il fatto che le medesime banche sono le sue proprietarie, rectius partecipanti, nel suo ridicolo capitale sociale di € 156.000. E la Consob? Niente.

E il Ministero del Tesoro? Niente, nemmeno dopo. Forse i gestori di MPS se lo tenevano buono comprandogli ben 27 miliardi di titoli di debito grazie al finanziamento all’1% elargito dalla BCE.

La mole dello spolpamento è di molti miliardi. Già nel bilancio depositato nel 2012, 5 anni dopo l’acquisto di Antonveneta, quindi con un colpevole ritardo, il nuovo management di MPS esponeva una perdita di 4,7 miliardi di cui il 90% da minusvalenze di Antonveneta.

In realtà, Antonveneta, considerate anche le sue sofferenze non registrate in bilancio, valeva sui 2 miliardi, e se è stata pagata 10, allora i gestori retrostanti si sono spartiti 8. Però il presidente del collegio sindacale di MPS a dichiarato che vi furono altri pagamenti in sovrapprezzo, per diversi miliardi, pare 7. Si aggiungano 750 milioni per Alexandria, e alcuni miliardi per i mutui fasulli. Adesso si tratta di vedere a chi è finito il bottino, di arrestare le persone fisiche e di citare per danni le società che hanno concorso nel reato.

Sappiamo che il Banco di Santander ha incassato 7 miliardi; ma poi, che uso ne ha fatto? A chi li ha accreditati? Sono partite quote del bottino dal Santander a favore di altri soggetti?

Sappiamo che ulteriori 2,6 miliardi sono stati spediti a Londra nella disponibilità del medesimo Banco, e poi sono stati scudati e riportati in Italia. A chi sono poi stati girati? A chi sono finiti in tasca?

In quanto al derivato Alexandria, l’attuale management ci dichiara che ci sia stata una perdita di 220 milioni (ma un alto dirigente dice 740) dovuta a un’errata copertura di un rischio preesistente mediante un derivato. Questa spiegazione non è credibile, per due motivi.

Primo: se io mi copro mediante un derivato dal rischio che un mio asset o contratto in essere si deprezzi, la copertura ha un costo molto basso, assicurativo, rispetto al valore capitale dell’asset; sicché, se l’asset perde valore, la copertura mi rifonde dalla perdita; mentre se aumenta di valore, l’aumento assorbe il costo di copertura e lascia un margine di guadagno. In nessun caso io perdo in termini di capitale.

Per aver realizzato una perdita capitale a danno di MPS, chi ha agito coi soldi di MPS bisogna che abbia fatto un’operazione diversa, come una speculazione in proprio, decisa senza approvazione del CdA dai vertici gestionali, e che gli sia andata male, e che quindi ora egli o la banca stessa, per la propria immagine, stia creando una giustificazione posticcia.

Secondo: se fosse stata un’operazione di copertura legittima, ufficiale, e inerente a un asset o a un contratto della banca, sarebbe stata contabilizzata subito, e non tenuta sospesa e nascosta per anni! Il razionale sospetto è, quindi, che qualcuno abbia preso soldi della banca e li abbia usati per speculare su qualche titolo o derivato, fidando di realizzare un grosso guadagno, con cui restituire alla banca quanto preso, tenendo per sé la differenza. Poi, invece di guadagnare, ha perso, e la banca si ritrova con un buco.

Cose di questo genere mi risulta che siano avvenute e tuttora avvengano in grandi banche e società di gestione estere, dove chi ha il maneggio dei soldi della banca li usa per conto proprio, e lascia le operazioni in sospeso, cioè aperte a partitario, finché non si trova un modo di chiuderle fittiziamente. Se fossi il PM di Siena, verificherei questa ipotesi, sequestrando ed esaminando i partitari storici su cui si devono trovare i movimenti delle somme interessate, cioè ipoteticamente usate per l’operazione suddescritta.

Sequestrerei i partitari storici, perché chi fa queste cose non le fa una volta sola, ma le fa di prassi, quindi se ne troveranno molte, risalendo nel tempo. Dai partitari (che sono i registri di conti transitori, su cui si segnano le operazioni in attesa di imputarle alle voci del conto economico del bilancio) si desume se vi sono stati impieghi di denaro in quel senso.

Tornando al caso MPS, bisogna anche considerare che quando va a partitario un movimento di decine di milioni di euro, gli organi interni di controllo della banca li hanno sotto gli occhi. Quindi, se tutti i presidi, interni ed esterni, sono rimasti inerti, vuol dire che non è stata un’operazione di singoli gestori infedeli, né un’operazione organizzata da un solo partito politico, sia pur dominante rispetto alla banca: può essere stata solo un’operazione di Stato.

Quindi mi aspetto che, se mai verranno svelati i nomi degli effettivi percettori dei due miliardi di bottino scudato, e degli altri miliardi, si tratterà di nomi molto più esplosivi di quelli di un leader politico. Se hanno chiuso gli occhi l’ispettorato interno (audit) di MPS, i sindaci, Bankitalia, Consob, il Ministero; e se il percettore dei due miliardi si sentiva tanto sicuro da riportarli in Italia, allora i casi sono due: o il regista è un potere molto alto, i vertici dello Stato; oppure è stata un’operazione trasversale, bipartisan, tra maggioranza e opposizione, con benedizione vaticana (il Banco di Santander è in mano a certo Emilio Botin, descritto dalla stampa come uomo forte dell’Opus Dei). Questa ipotesi è rilevante per capire la minaccia di Bersani (del 26.01.13) di “sbranare” i rivali politici qualora insistano sullo scandalo MPS.

Ai contribuenti col cui denaro è stato salvato il Monte, ma anche ai suoi defraudati azionisti e ai suoi tartassati dipendenti, su cui l’attuale management scarica il danno (licenziamenti, tagli stipendiali, costrizione a collocare prodotti discutibili), è dovuta un’azione risarcitoria verso le persone fisiche e giuridiche colpevoli e beneficiarie delle malefatte che via via emergono. Ma forse anche il Comune e la Provincia di Siena e la stessa Fondazione dovrebbero rispondere, per culpa in eligendo et vigilando: colpa nello scegliere e nel mantenere, omettendo la dovuta vigilanza, nonostante i segnali di allarme, quel certo management.

Anche il PD potrebbe essere tenuto a risarcire, qualora si accertasse che la scelta di Mussari si debba a suoi organi centrali – cosa plausibile, dato che Mussari andava a compiere affari di dimensioni nazionali. Direi che sarebbe opportuno estendere, almeno per il futuro, mediante legge, la responsabilità per omessa vigilanza e omessa ispezione anche a Bankitalia e ai soggetti che la partecipano, solidalmente, così saranno motivati a tenere gli occhi doverosamente aperti anziché amichevolmente socchiusi. Non dovrebbe avvenire ciò che avviene in questi giorni, ossia che da un lato si svela quanto marcio e inaffidabile vi è nei conti di MPS, e dall’altra Banklitalia dichiara che i conti vanno bene e autorizza il prestito di 4 miliardi con denaro pubblico, senza poter valutare il rischio.

Ma come fa Visco ad affermare che i conti siano a posto, in questa situazione? Per verificare la corrispondenza dei bilanci alla realtà, ci vorrebbero mesi di due diligence, bisognerebbe controllare tutti i contratti in tutti gli armadi, anche i contratti segreti come quello con Nomura, e verificare anche tutti i bilanci delle singole filiali, cosa che Visco non ha fatto, quindi non può dire certe cose.

Ma Dagospia pubblica (http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-il-verbale-degli-ispettori-bankitalia-inchioda-draghi-tarantola-profumo-e-visco2-la-favola-49952.htm) documenti che sembrano inchiodare Draghi e Tarantola (allora responsabile dei controlli di vigilanza entro Bankitalia), smentendo Visco e Profumo, perché provano che i documenti segreti sui derivati scoperti solo ieri dall’onesto successore di Mussari, Fabrizio Viola, nei cassetti di MPS, in realtà erano in possesso di Bankitalia sin dall’ispezione da questa eseguita in MPS da Maggio ad Agosto del 2010, nei cui verbali si menziona esplicitamente gli inopportuni contratti derivati con Deutsche Bank e Nomura Bank. Draghi e Tarantola complici, insomma, secondo Dagospia.

Se potessi, se fossi nel PM di Siena, indagherei altre tre ipotesi:
-se e come il valore di Antonveneta sia stato gonfiato ad arte per giustificare da parte di MPS un esborso multiplo del suo valore; il gonfiaggio può essere operato con diversi strumenti: nascondimento delle sofferenze, erogazioni-cartolarizzazione di liar loans, contratti derivati truffaldini, dolo della società di rating incaricata della stima;
-chi, dal 2006, ha organizzato un sistema di erogazioni facili di mutui del medesimo tipo in MPS, che poi sono stati cartolarizzati a lunghissima scadenza e rifilati ai risparmiatori (vedi Casaforte); andrei a ricercare le correlazioni tra i mutui non regolarmente paganti (anche quelli sospesi e quelli non contabilizzati come tali, che sono molti), i funzionari che li hanno autorizzati, i collegamenti di questi funzionari coi dirigenti, gli intermediari finanziari e immobiliari dei mutui in questione, e gli azionisti importanti del periodo;
-se sia stato gonfiato a suo tempo anche il valore di Banca Agricola Mantovana, per farla pagare sensibilmente più di quanto valeva sempre a MPS; e se parte del prezzo pagato sia finito a terzi beneficiari, eventualmente anche a magistrati civili che respinsero i ricorsi contro la trasformazione di Banca Agricola Mantovana da cooperativa in spa – trasformazione necessaria per poterla vendere a MPS: qui a Mantova, infatti, circolavano al tempo voci sospette.

MPS, con l’assemblea del 25 Gennaio 2013, deliberando di non procedere alle azioni risarcitorie verso il precedente management e i suoi corresponsabili, ha dimostrato di non operare in discontinuità dal passato, di essere controllata da poteri retrostanti, di non voler scoprire i colpevoli e i beneficiari delle colpe, di voler scaricare i danni sui dipendenti, sui clienti (con le solite politiche sempre più aggressive), sullo Stato finanziatore… a proposito, i 4 miliardi prestati dal governo Monti, sono stati prestati sulla base di un bilancio inattendibile perché non tiene conto dei contratti derivati segreti (vedi Alexandria) e perché continua a non registrare sofferenze sui crediti, che vengono tenute a partitario.

Quindi è un prestito concesso illegittimamente, senza due diligence sul prestatario, basandosi un bilancio evidenziante perdite per 4,7 miliardi, oltre a quelle non dichiarate. Un’operazione molto “politica”, altro che governo tecnico, altro che professori! E Viola stesso, il nuovo presidente di MPS, ha detto che bisogna rettificare i bilanci passati!

Per inciso: i Monti-bonds sono un prestito senza vincoli di impiego per la banca, e per giunta convertibile in azioni qualora MPS abbia difficoltà a rimborsarlo (lo Stato perde il credito e diventa azionista), mentre i Tremonti-bonds erano un prestito con vincoli di impiego in favore delle pmi, dell’economia produttiva, non convertibile in azioni – e questa differenza specifica riflette la differente qualità umana ed etica tra un Monti e un Tremonti, al di là di tutto ciò che può essere rimproverato a quest’ultimo.

Il PM senese che indaga Mussari e altri per lo scandalo Antonveneta pare sappia i nomi dei beneficiari della quota di 2,6 miliardi, poi scudata, ma che li voglia rivelare solo dopo le elezioni, per non influenzarle – evidentemente, si tratta di soggetti della politica italiana, o ad essa legati, e/o legati al Vaticano e/o a capitali “calabresi”. Con le rivelazioni post-elettorali, però, il PM delegittimerà il nuovo parlamento, perché gli elettori voterebbero diversamente, se informati. Inoltre, immaginate come potrà essere la formazione di una nuova maggioranza, sotto la spada di Damocle di quelle rivelazioni incombenti. O forse si vuole usare quell’informazione proprio come strumento di minaccia per condizionare la politica? O Mario Draghi?

Monti afferma che MPS era dominato dal PCI-PD – affermazione ovvia. Aggiunge che l’Italia ha visto troppe commistioni tra banking e politica – affermazione grottesca, in bocca di uno che è stato imposto come premier dal mondo bancario, a meno che fosse diretta solo a banchieri e politici italiani, e che per contro riconoscesse il diritto dei banchieri stranieri a occuparsi di politica italiana, come appunto hanno fatto nominando lui.
Bersani e D’Alema, con angolazioni diverse, affermano che il PD ha fatto il PD e non la banca, quindi non è responsabile. Gli uomini del PD in Fondazione erano sì la maggioranza, ma nominati non dal PD, bensì dagli amministratori locali eletti dai senesi. E nel PD vi sono sicuramente militanti disposti a credere che i titolari del PD lascino che la direzione della terza banca nazionale, fonte di finanza su scala nazionale per il partito, sia scelta in tutta autonomia dagli elettori di una cittadina di 55.000 abitanti. E che sia puramente casuale tutto ciò che, poi, questi gestori della banca hanno fatto e dato per il Partito, e che ora viene alla luce dei mass media…

D’Alema, dal canto suo, si contraddice in modo buffo allorché, oltre a negare che il PD faccia banking, rivendica al PD l’iniziativa di sostituire Mussari e Vigni: se il PD ha questo potere, vuol dire che è il dominus di MPS!

Questa affermazione non è solo contraddittoria con la precedente (che il PD faccia il PD e non il banchiere), ma è anche oggettivamente falsa, nel senso che è falso che il sindaco di Siena o il PD abbia di sua iniziativa cacciato Mussari e Vigni subito dopo aver scoperto la loro mala gestio: infatti, erano anni che si sapeva del loro mismanagement, della porcata con l’Antonveneta, dei mutui fraudolenti. Mussari fu scaricato come si scaricano le teste di legno quando si bruciano e si è costretti a scaricarle. Fu scaricato dopo che io stesso ebbi pubblicato, il 29.06.11, nel mio sito www.marcodellaluna.info, l’articolo “Ora si salvi MPS” (http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=8537) in cui preannunciavo lo scandalo. E fu scaricato perché si sapeva che le carte compromettenti erano già in mano a Report e ad altri. E a Report non le aveva certamente portate il sindaco, né D’Alema, né Bersani! Probabilmente gliele aveva portate qualche consigliere della Fondazione disgustato o scontentato.

Però, anche a seguito del suo allontanamento, i banchieri italiani – comproprietari (“partecipanti”) di Bankitalia!- vollero e tennero Mussari come presidente dell’ABI dopo la sua uscita da MPS. Lo vollero e lo confermarono pur sapendo quanto sopra e pur sapendo dei procedimenti penali per l’affaire Antonveneta e per la turbativa d’asta circa l’appalto dell’aeroporto di Ampugnano. E’ dal 6 maggio 2012 che Report aveva dato notizia anche dell’affaire Alexandria. In quella puntata emerse che in MPS si operava extracontabilmente, con fondi neri esteri, con brokers occulti esteri, per beneficiari pure occulti, assumendo rischi altissimi e irregolari (http://www.report.rai.it/dl/docs/1336333767662monte_dei_fiaschi_report_pdf.pdf), e che questa era una prassi.

E già nel 2010 Bankitalia aveva rilevato serie “criticità” operative del Monte, ma non era affatto intervenuta. Ordunque, se l’ABI lo nominò suo presidente pur sapendo che cosa bolliva in pentola, delle due l’una: o far quelle cose è normale in quell’ambiente, oppure, più probabilmente, fu una o più forze esterne, politiche o istituzionali, a imporre la sua nomina. Forse, con lo scopo che blindasse o coprisse l’operazione, la quale non era finita con l’acquisto di Antonveneta e il pagamento di circa 15 miliardi di cresta su 17.

La seconda parte dell’operazione si capisce che doveva consistere nel togliere la maggioranza assoluta di MPS detenuta dalla Fondazione (cosa realizzata con 3 aumenti di capitale), nel confezionare MPS con una finzione di saldezza e redditività (cosa realizzata nel bilancio 2011 col ricorso a derivati e a una politica di budget molto aggressiva) per giustificare un suo acquisto a prezzo gonfiato da parte di altra banca (si parla di BNP), con relative creste. Infatti in Europa si è affermato questo tipo di business finanziario: svuotare un’impresa della sua ricchezza reale, farne un bidone indorato truccando bilanci e rating, metterle un nuovo amministratore pulito (Viola era pulito, però non era un abile risanatore, avendo fino al giorno prima gestito la Banca Popolare dell’Emilia Romagna con risultati pessimi), poscia rivenderla con sovrapprezzo ad altra impresa, la quale di conseguenza diverrà un bidone da cosmetizzare e sbolognare al medesimo modo (analogo business si inizia a praticare anche coi debiti pubblici dei paesi in difficoltà).

Qualcuno però, divulgando nel 2011 le informazioni sul reale stato di MPS, ha rotto le uova nel paniere proprio poco dopo che era stato depositato l’ingannevole bilancio dell’anno 2010, riportante una forte crescita dell’attivo, ovviamente al fine di far pagare MPS molto più di quanto valeva effettivamente.

Ormai, l’operazione di vendita di MPS con sovrapprezzo è abortita e bruciata. Però a questo punto i dipendenti dell’antica banca dovrebbero svegliarsi, valutare tecnicamente il. Nuovo management cosi come hanno imparato a valutare il cliente che chiede fiducia, e rendersi conto che a un salasso di 15 miliardi e passa non può rimediare lavorando qualche ora gratis, rinunciando al premio di produttività, abolendo i gadget, chiudendo sedi, scivolando i colleghi, e spremendo la clientela con polizze che danno alla banca un guadagno upfront del 4 o 5%, né coi prestiti SOV a 4 mesi rinnovabili, che daranno luogo a cause per usura.

Spremere la clientela non paga, affossa, analogamente a spremere la nazione con le tasse del Montismo, che servono a rendere apparentemente sano il btp, ma uccidono l’economia reale che lo dovrà rimborsare. Non è più tempo nemmeno di debustiani contratti For You. Si può rimediare solo unendosi e coordinandosi per dare al PM di Siena tutte le informazioni utili, e per promuovere un’azione giudiziaria per il risarcimento dei danni contro la Fondazione e i suoi consiglieri, contro i managers vecchi e nuovi, contro chi ha lucrato dalle operazioni scorrette.

Bersani, il 26 Gennaio 2013, minaccia: “Se Lega e PDL attaccheranno il PD su MPS, li sbraneremo”: con che denti? Coi democratici denti dei PM collaterali? Ma ci sono ancora? Oppure è una minaccia rivolta ai magistrati senesi? Oppure ancora è un preavviso di chiamata in correità di un sistema politico che, trasversalmente e sistemicamente, lucra abusando del suo controllo sulle banche, operato via fondazioni bancarie? Non credo che Bersani minacciasse di rievocare il dissesto delle due banchette della Lega, la Credieuronord e il Credito Cooperativo Fiorentino, perché si tratta di valori irrisori rispetto alla ventina di miliardi del buco MPS; ma soprattutto perché, in quei due casi, non vi fu un governo amico a turare con soldi del contribuente i buchi fatti dai politici, e perché, cosa ancor più importante, in quei casi le indagini giudiziarie sono state fatte e non sono state inibite dall’alto. E non dimentichiamo che i dirigenti della Lega hanno subito chiesto scusa e messo mano alle loro tasche per ripianare i buchi della loro banca: Bersani, D’Alema, Ceccuzzi e compagni seguiranno il loro esempio.

Marco Della Luna

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Commento di Fabrizio Belloni:

Sei un drago! “A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca” diceva il divo Giulio. In effetti è impensabile che operazioni di tal fatta non abbiano un coro di correi, a vario titolo, conniventi, distratti, gratificati, taciturni e mafiosi.
Una cattiveria belloniana: e se l’uscita del Cainano su Mussolini non fosse altro che un abile tentativo di distrazione dell’attenzione pubblica sulla becera dicotomia Fascismo-antifascismo? Non ho mai creduto alle coincidenze, in politica. Un abbraccio ammirato.

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