Vivere con cura nello spirito dell’ecolo​gia sociale e casalinga – Resoconto di un viaggio da Treia con permanenza a Capracotta​, dal 31 agosto al 2 settembre 2012

Conobbi Antonio D’Andrea (o di Peppina e di Elena, come lui amerebbe essere chiamato) e Michele Meomartino a Treia alla Festa dei Precursori e mi avevano colpito per la intensità della loro partecipazione e della loro dedizione “alla causa” (ecologista, vegetariana, umanitaria, conviviale).

Avevo sentito parlare a lungo di Capracotta e dell’esperimento di vita associativa e conviviale che assieme stanno portando avanti da parecchi anni, della lunga amicizia fraterna e dalla condivisione di intenti tra Antonio e Paolo, che spesso si erano ritrovati a Calcata per i loro incontri al Circolo Vegetariano VV.TT sull’ecologia sociale e casalinga. Ero molto curiosa di incontrare questa realtà e così ho avuto il piacere e l’onore di accompagnare Paolo che da lungo tempo attendeva di visitare quel luogo.

Siamo stati invitati a partecipare alla giornata del primo settembre 2012, inserita nel programma delle attività di Vivere con Cura, la loro associazione, dedicata in particolare all’anniversario della nascita della zia di Antonio, Elena, una zia molto speciale, ma, secondo me, per quei tempi anche normale.

Zia Elena era una donna single, che amava la convivialità, era un’ottima donna di casa, cuciniera, ricamatrice provetta ed amava circondarsi di bambini, amici, parenti, semplici conoscenti. Donne così ne ho conosciute anch’io, ed una, che mi piace ricordare, era mia nonna Annetta, una donna burbera, bigotta, ma con un cuore d’oro ed una capacità di dare amore e dedizione che forse erano più comuni 50-60 anni fa, di quanto non lo siano oggi. Nell’occasione della giornata io e Paolo eravamo invitati a presentare il nostro libro “Vita senza Tempo”.

Partiti da Treia nella tarda mattinata, siamo arrivati a Capracotta venerdì verso le 16, dopo quattro ore di viaggio tranquillo. Il tratto finale, dalla Val di Sangro in su, é stato tutto una meraviglia. Nell’inerpicarsi sempre più in alto (Capracotta si trova 1427 metri), la temperatura, dai 34 gradi scendeva piano piano fino ai 24, il verde della vegetazione (qua pare che la siccità non sia arrivata) diventava sempre più intenso; pascoli, boschi, paesini inerpicati sulle rocce si affacciavano al nostro sguardo. Quella che soffriva di più, per il momento, era la dolce Magò, la mia cagnolina, che avevamo dovuto portare per forza, che per tutto il viaggio ha ansimato, affannata dal caldo e sofferente per le curve.

Antonio ci ha raggiunto all’arrivo e ci ha prospettato diverse possibilità di sistemazione: infatti, dato che avevamo la cagnetta e poichè gli animali non sono ammessi alla casa madre, dopo aver visto i vari altri locali disponibili, abbiamo immediatamente scelto di sistemarci in una stanza di una casa separata, di proprietà di una zia, al momento assente. Una casa che necessiterebbe una piccola-grande ristrutturazione, ma che così è stata comunque un nido accogliente, specialmente dopo la sistemazione e l’arredata che gli ha dato Paolo, che così h potuto fare esercizio di sopravvivenza, tirando fuori la sua attrezzatura dalla borsetta piccola ma piena di meraviglie che pare la borsa di Mary Poppins.

Comunque c’erano due reti due materassi, due cuscini, due coperte, cassette e cassetti vari come armadi e comò, candele per la sera (mancava in quella stanza la luce elettrica), stuoie come scendiletti e pedana per Magò, attaccapanni e persino un vasetto di vetro in cui, il giorno appresso, abbiamo messo un pezzetto di geranio rosso fiorito, trovato a terra, spezzato forse da un gatto, forse da un bimbo, forse da un passante.

Durante le due giornate trascorse a Capracotta, i momenti più belli, o meglio, quelli che io ho apprezzato di più, sono stati i pasti, consumati nella grande ma pienissima cucina della casa, attorno al doppio tavolo che occupava quasi tutto lo spazio, apparecchiato con semplicità ma con cura da tutti i presenti, io, Paolo, Antonio, Michele, Roberta, le due deliziose bambine Maria e Carolina, Anna, Maria Luisa, Marilena, Bruna, Claudio, Pierpaolo. Il cibo è stato preparato sempre da Michele, cuoco vegetariano provetto, aiutato a volte da qualche volontaria/o. In particolare, Maria Luisa e Marilena hanno impastato con lui la pasta, con farina ottenuta anche da grani locali, che sono in via di recupero da parte di aziende agricole della zona.

Per esempio, in un pranzo, quella pasta è stata accompagnata da un condimento a base di cicerchia e tarassaco, squisito. Altra specialità,che abbiamo tutti gustato, l’insalata alla “cafona” a base di patate, cipolla, olive ed erbette spontanee. Piatti prelibati, semplici, prodotti con materie prime genuine che conferivano sapori ogni volta diversi; un genere di cucina che mi ricorda molto quella del mio cuoco affezionato: Paolo.

E’ certo che l’amore, l’attenzione, in una parola, la “cura” sono anch’essi ingredienti indispensabili. I pasti erano sempre accompagnati dalle parole, ma non chiacchiere vuote e intralciantesi una all’altra come spesso succede nelle tavolate numerose: ogni volta c’era un giro di condivisione in cui a turno i commensali raccontavano la mattinata od il pomeriggio trascorsi e le impressioni, i pensieri, le riflessioni, comprese le piccole divergenze di opinione . Un sistema “democratico” e rispettoso che è da prendere ad esempio, che sarebbe da prendere da esempio anche a livello “governativo”.

La manifestazione per la ricorrenza di Zia Elena si è svolta nel bellissimo museo della Civiltà Contadina di Capracotta, all’interno del Comune: Anna, un’ostetrica di Viareggio che l’aveva conosciuta, ci ha letto un suo scritto sulla zia, molto toccante (sarebbe carino se Antonio ce ne facesse pervenire il testo). Antonio ha parlato anche lui della zia, raccontando alcuni spassosi ma significativi aneddoti e ha affermato la necessità della riscoperta dei valori della Riconoscenza, dell’Amore, della Convivialtà, della Semplicità, del rifuggere gli sprechi e del vivere con poco, grazie anche all’esempio di questi personaggi del passato, ma in alcuni casi anche del presente, cose che io condivido in pieno. Forse era sottinteso, ma l’unica nota carente, mi é parsa la mancanza di un riferimento diretto alle generazioni future, quasi come se fossimo noi i giovani in formazione…. malgrado la nostra età anagrafica.

Io e Paolo abbiamo letto alcune pagine del nostro libro. Il tutto è stato intervallato dalla musica dell’arpa e dalla voce di Roberta Pestalozzi, una musica delicata ma forte, con le sue ballate ispirate alla zia e alle vicende locali.

Che dire a conclusione? Complimenti sinceri ad Antonio e a Michele per il lavoro che stanno facendo ed un grazie per la possibilità che ci è stata data di condividere tutto ciò.
Forse i semi germogliano ed in quei giorni mi pare ne siano stati sparsi a volontà, anche in noi stessi!

Caterina Regazzi

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