I vari modi della comunicazione e la comprensione del linguaggio umano attraverso l’identificazione con l’altro

Generalmente la comunicazione tra esseri umani si svolge attraverso i codici del linguaggio, orale e scritto: ogni termine impiegato è un simbolo, significante che significa un significato, e i termini sono correlati da numerose regole grammaticali, sintattiche, e culturali (ovvero riferimenti ad informazioni pregresse). si tratta di un codice comunicativo piuttosto complesso e articolato, che permette di sviluppare trasmissioni e feedback molto ampii.

Ma è evidente che tale modalità di comunicazione, per quanto ampia nelle sue possibilità, non basta non è sufficiente.

Questa evidenza non è difficile da mostrare, e se per caso qualcuno non ne fosse convinto sarà sufficiente osservare al grande quantità di incomprensione reciproca tra esseri umani concreti. ci sono moltissime idee e comprtamenti di tizio che caio non capisce, e ciò avviene ad ogni livello, sia nelle relazioni intime che in quelle ampiamente sociali.
gli esseri umani sono dotati di intelligenza sufficientemente ampia da fornire una grande differenziazione tra l’uno e l’altro. le necessità basilari sono eguali per tutti, ma i modi, le strategie e le abitudini che ognuno sviluppa nella sua vita per soddisfarli sono ad altissima differenziazione. diversi individui costruiscono e conservano diversità di obiettivi , visioni del mondo, e persino percezioni del medesimo pressochè illimitate.

Espressioni verbali elementari e chiarissime come “mi piacciono i gatti”, “sempronio è simpatico”, “mi sento stanco” possono suscitare in realtà le reazioni più diverse. quando si passi a comunicazioni più elaborate e complesse le differenze di interpretazione (cioè traduzione dai codici individuali di uno e dell’altro) possono diventare enormi.
tuttavia, la comunicazione non si svolge solo a livello verbale simbolico. vengono trasemessi una infinità di messaggi non verbali attraverso espressioni, posture, attività corporee di ugni genere e specie. e tutta questa massa di comunicazione intuitiva si innesta anch’essa, tanto quanto quella verbale, nella lunga storia concreta di ogni individuo.

E’ abbastanza evidente che dovunque ci siano problemi di comunicazione e comprensione reciproca il limitarsi al contenuto del linguaggio verbale risulterebbe insufficiente, e dico questo benchè io dia un grande valore al linguaggio verbale. ritengo che in teoria tutto dovrebbe essere espresso chiaramente in modo verbale, e che in pratica ad ognuno convenga fare tutto il possibile per rendere quanto più chiara e dettagliata la propria comunicazione verbale: non sono favorevole alle allusioni, al non detto, non credo che il messaggio “trasversale” dovrebbe superare quello diretto. ma sono parimenti convinto che quello “diretto” sia varie volte insufficiente alle necessità.

Un tipico atteggiamento utile nei problemi di comprensione è notoriamente il “pensarsi al posto dell’altro”. come mi sentirei, cosa penserei, come proverei ad agire, se mi trovassi al suo posto? questa è sempre una buona domanda alla quale cercare risposta, per una migliore comprensione.

Tuttavia, generalmente, anche in questo caso sembra che la maggior parte delle persone non riesca ad identificarsi davvero con l’altro quanto sarebbe necessario.

Una parte del problema deriva dalla tendenza a pensare l’altro osservandolo comunque “dal di fuori”.

Posso immaginare l’altra persona nella sua casa, nel suo ufficio, nella sua fabbrica, a contatto con le persone e le attività della sua vita. già questo, provare ad immaginare spezzoni di film della vita altrui, fornisce sensazioni e pensieri su quale possa essere la sua percezione del mondo, e il suo conseguente modo di pensare.

Ma in questi spezzoni di film l’altro viene pensato solitamente, come dicevo, “dal di fuori”. e questo costituisce un limite. Questo limite, tuttavia, non è intrinsecamente insuperabile, e può essere affrontato con una semplice tecnica: immaginare se stessi DENTRO il corpo di un’altra persona. provate ad immaginare spezzoni di film della vita dell’altro sentendo la vostra mente dentro la sua scatola cranica, la vostra vista attraverso i suoi occhi, dietro i quali c’è la vostra percezione, il vostro sesso dentro le sue mutande, le vostre viscere dentro la sua pancia, e così via.

Provare ad indentificarsi con il corpo di un’altra persona non mi sembra sia una pratica culturalmente diffusa nella nostra cultura, tuttavia trovo che sia utilissima.

Immergendosi immaginariamente non solo nelle situazioni vissute da un altro, ma anche nel suo corpo fisico, si è portati a fondere la propria pecezione con una enorme quantità di sensazioni altrimenti marginalizzate. una cosa è l’espressione del viso altrui vista dal di fuori, altra cosa è la medesima esperienza immaginata cone propria. immaginare di muoversi entro il corpo altrui fa progressivamente percepire come proprie le espressioni, le movenze, gli atteggiamenti, la sensazione dei muscoli, persino la visuale. Ciò che è visto da una persona bassa in statura è in qualche modo differente da ciò che è visto da una persona alta, e la stessa cosa vale immaginandosi nel corpo di un individuo che lavora in una posizione fisicamente dominante oppure dominata. come tutti, da ragazzo sono stato sui banchi di scuola. ora lavoro su un banco particolare, più grande e generalmente rialzato risptto agli altri: si chiama “Cattedra”.

Una banalità, d’accordo: ma se riepnso a me stesso sui banchi la visuale è significativamente diversa. questo non è poi un grande particolare, comunque influisce sulla formazione della percezione differente che si ha nelle due posizioni. figuriamoci quanto influisce la diversa percezione che si ottiene dentro due corpi differenti, immersi in attività differenti.

L’esercizio di visualizzare se stessi immersi dentro un corpo altrui, invece che nel proprio, è a parer mio un metodo molto utile per cercare di fondersi meglio con l’altrui pensiero, uno stimolo a capire meglio il contenuto delle sue percezioni e dei suoi messaggi.

Se, spiacevolmente, c’è stata una lite, uno scontro (fatto sgradevole, ma che a volte può accadere), siamo di solito inclini a ripensare la scena dal nostro punto di osservazione, rivedendo noi stessi di fronte all’altro.ma cosa succede se proviamo a rivedere la nostra coscienza immersa nel corpo dell’altro, noi stessi che pensiamo e diciamo le cose che ha pensato e detto l’altro, noi stessi che ci muoviamo e vediamo la scena da dietro ai suoi occhi ? per quanto possa valere la mia esperienza, scopriamo regolamnete molti particolari che prima non avevamo proprio notato, ed a volte si tratta di particolari sorprendenti.
possiamo ampliare in molti modi le applicazioni di questa tecnica.

Come ci sentiamo, che cosa proviamo, se cominciamo a percepire come se fosse nostra la stanchezza e la fatica muscolare di una persona molto più anziana di noi, in particolare se la conosciamo, il che ci rende accessibile immaginare che la nostra coscienza si trovi dentro il suo corpo, invece che nel nostro abituale? La visuale di percezione di un simile individuo è per molti versi parecchio diversa dalla nostra. può risulòtare che il suo modo di pensare, e il significato di ciò che dice appaia in una luce più intensa, e più ricca di particolari.

Che effetto fa immaginartsi dentro i muscoli e lo scheletro di un operaio che lavori quotidianamente alla catena di montaggio a ciclo continuo, ciò facendo da sempre, da quando iniziò, in gioventù, a lavorare ? personalmente, faccio parte di una categoria di lavoratori intellettuali, una condizione che può stancare ed anche esurire, a volte, il sistema nervoso, e non sono abituato alla sensazione di fatica muscolare continua. per non parlare, poi, del genere di sensazioni più ampio, inteso come alienazione della propria fatica (svolgere continuamente gli stessi movimenti anonimi, privi di creatitività, è frustrante, perlomeno come deriva dai racconti delle persone che lo hanno fatto).

Che sensazioni provo se mi immedesimo nel corpo stesso di una simile individuo ? sto parlando di quegli operai che non si vedono mai nella comunicazione dei mass media, ma che fanno strutturalmente parte del mondo in cui viviamo, in carne ed ossa, carne ed ossa vilipaesa e sfruttata dal capitalismo d’assalto che li usa come merce da spremere e gettare con disprezzo.

Possiamo anche notare varie differenze che insorgono visualizzandosi dentro un corpo dell’altro sesso. è apparentemente banale dire che siamo abituati a percepire l’esistenza attraverso il corpo di un sesso ben definito, il nostro, e che l’altro è diverso, ma in effetti ciò si riflette in una serie di piccole differenze continue che si finisce facilmente col dimenticare, visto che ci troviamo sempre a contatto con una faccia sola della medaglia, la nostra, appunto. può essere piuttosto istruttivo figurarsi periodicamente nei panni e nel corpo di una persona dell’altro sesso, come antidoto alla dimenticanza delle differenze che si riflettono nella vita quotidiana reale, giorno dopo giorno.

Che sensazioni ci sembra di provare ?

E se ci immaginiamo visualizzandoci dentro il corpo di un bambino piccolo? Da qualche tempo, è tornato a vivere a casa mia il piccolo andrei, nato il 12.12.11 (alle 12.35, per pochi minuti ha mancato l’en plein delle ore 12 del 12.12!). non ha anocra un anno e mezzo.

Sperimenta a getto continuo le prime parole e le prime camminate sicure, dopo quelle incerte e ballonzolanti del passato, tocca, tasta e sperimenta gli innumerevoli oggeti di un mondo sconosciuto, o meglio, conosciuto progressivamente nelle forme ma non ancora negli scopi, e si esprime con noi attraverso la sua serie di segnali specifici, entro cui il linguaggio formale è ancora elementare. come vedrei il mondo se mi trovassi dentro il suo corpo, con le sue modalità a disposizione al posto delle mie? Si tratta sempre di un esercizio assai interessante il provare a figurarselo.

Possiamo ampliare questa tecnica in modo illimitato, se lo vogliamo, estendendola a persone che non conosciamo direttamente, ma di cui sappiamo la certa esistenza, ricordando che comunque, in molti modi diversi, moltissimi individui che non abbiamo mai visto sono comunque in relazione di interdipendenza reale con noi.

Cosa vediamo e proviamo, se immaginimìamo di visualizzarci nei panni e nel corpo di un contadino afghano ? un individuo che trascorre la sua vita lavorando la terra con mezzi generalmente più rudimentali di quelli che abbiamo a disposizione qui, ma che in particolare da molti anni convive quotidianamente e senza scampo con una situazione nuova. i suoi campi, il suo villaggio, i suoi attrezzi e il suo corpo sono stati immersi in una situazione di pericolo oggettivo continuo che non ha modo di evitare, tutto è soggetto al rischio reale di morte e distruzione, in ogni istante di ogni giorno e di ogni notte i suoi averi e il suo corpo stesso potrebbero venire distrutti dai proiettili e dalle bombe trasportati nella sua terra da bande armate di sicari mercenari venuti da lontano, da altri continenti, devastatori invasori provenienti da eupropa e stati uniti, con schiere di macchine metalliche di morte che volano sopra la sua testa e viaggiano sulle sue montagne, dove hanno già ucciso uomini, donne e bambini, esseri come lui, a volte conosciuti personalmente, e distrutto case e coltivazioni come le sue.

Alla fatica fisica dobbiamo aggiungere la sensazione ineliminabile di vivere in mezzo al pericolo continuo, imprevedibile ed immotivato, ogni giorno, senza scampo. che sensazioni proviamo se ci visualizziamo dentro il corpo di quell’uomo, cioè dentro il veicolo che lui non può in alcun modo abbandonare, così come noi non possiamo abbandonare il nostro corpo?

Quella che per noi è una visualizzazione momentanea è invece, per lui, la inevitabile vita quotidiana, e questa percezione dobbiamo aggiungere senza dimenticarla.

Che sensazioni, percezioni, riflessioni e pensieri proviamo se ci immergiamo a fondo in una simile autorappresentazione ?e rientrando nella nostra condizione abituale, che sensazione proviamo al pensiero dei gangster che dagli scranni dei governi e parlamenti, nonchè attraverso i fogli fascicolati della propaganda goebblesiana di regime, ci prendono tutti macabramente in giro strillando “stiamo portando la pace” là dove continuano a portare l’omicidio di massa ? forse ci possono apparire come degli esseri psichicamente malati, bisognosi di cure che restituiscano loro la sanità mentale. autointrappolati nelle rete di menzogne così simile a quella dei paranoici conflittuali reami degli asura descritti dalla letteratura indobuddhista. in che luce ci appaiono, ora, le parole “civiltà”, “stato”, “nazione”, “Legge” ,”patria”, che di solito, nella vita ordinaria, possono sembrare così importanti ?
del resto, come ci vediamo nei panni e nel corpo di una giovane ragazza libica che a tripoli prima sente alla radio ed alla televisione l’annuncio dell’arrivo di missili esplosivi assassini eurostatunitensi, e poi li vede concretamente arrivare, di solito nottetempo, distruggendo le case della sua città ed uccidendo i suoi concittadini, senza poter far nulla ad evitarlo, visto che milioni di individui apparentemente come lei, a poche migliaia di kilometri di distanza, mantengono consapevolmente al potere, col proprio voto annuale, la banda di criminali che dà ordine ai sicari armati di devastare, squartare, uccidere ? quali riflessioni, sensazioni e pensieri possono albergare nella mente di una simile ragazza ?

Non c’è davvero limite all’impiego della tecnica di identificazione del proprio corpo con il corpo altrui, della propria coscienza percettiva e riflessiva con quella altrui.

Si tratta di un modus che, a mio parere, andrebbe insegnato a tutti fin dalla più tenera età: l’arte di identificarsi concretamente col prossimo. la si dovrebbe insegnare fin dall’asilo infantile e le scuole elementari, così come si insegna a leggere, scrivere e far di conto.

Aiuterebbe gli esseri umani a capire meglio reciprocamente la propria condizione effettiva e la natura del a rete delle proprie interazioni con gli altri.

Sono estremamente grato alle persone che tanti anni fa mi introdussero a questo modo di esplorare la vita.

Principalmente, a quei lama tibetani che nelle loro meditazioni tantriche ci esercitarono a fondere la propria immagine con quella di altri esseri senzienti, di ogni genere. come immaginate di potervi sentire, identificandovi con il corpo di luce di una divinità del dharma?

Penso che sia una esperienza che tutti dovrebbero provare, per un qualche periodo della propria vita.

E sono grato anche a quegli psicologi occidentali che a modo loro cercarono anch’essi di sviluppare queste modalità di esperienza e conoscienza.abbiamo bisogno di strumenti che ci permettano di ampliare la nostra percezione e conoscenza della condizione di esseri senzienti in forma umana in relazione con altri esseri senzienti.

Tayata om gate gate paragate parasamgate bodhi soha! hare krishna, hare rama, sarva mangalam, shanti om.

Vincenzo Zamboni

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Commento di Rosario Borrelli:

Anche per me questa materia è particolarmente affascinante, e l’articolo ci offre interessanti imput. Mi piacerebbe indagare anche perchè il linguaggio verbale è insufficiente, e se davvero esso si possa considerare come un vettore primario… della comunicazione tra individui e gruppi. Sarebbe stimolante anche esaminare il ruolo di s/comunicazione svolto dall’ab/uso degli stereotipi ( parole , frasi, tecniche di linguaggio specialmente ma non solo verbale) che tendono a validare determinati concetti o interpretazioni spesso preconfezionate. Si usano abbondantemente anche in pubblicità; per vendere un prodotto le tecniche sono sempre piu’ sofisticate e si avvalgono di studi e ricerche. Ma una delle tecniche – tipo, ad esempio, si chiama stereotipo vincente: si associa ad un prodotto un logo di successo e, stante ovviamente l’imperativo culturale dominante che è l’arrivismo, la competizione, il potere, si è abbastanza sicuri di far breccia su un notevole numero di clienti.

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