Archivio di ottobre 2010

Roma – L’ADP, presieduta da Vito De Russis, alla conferenza dei servizi per la mobilità, richiede piste ciclabili non promiscue…

Roma – Il  26 ottobre 2010, nel foyer del teatro Argentina in Roma Capitale,

l’Agenzia “Roma servizi per la mobilità” ha svolto una (affollata)

conferenza stampa sullo spostamento del capolinea del tram 8 da

piazza Argentina a piazza Venezia. (L’ADP − come qualche altra

associazione − era presente ma non era stata invitata.) Sostiene l’ADP che

tale operazione si concluderà alla vigilia delle prossime elezioni comunali

a Roma (primavera 2013). Lo spostamento del capolinea “cambierà il volto

di Largo di Torre Argentina” perché libererà “lo spazio attualmente occupato

dal capolinea bus e restituirlo ai pedoni realizzando un’ampia area pedonale”;

queste parole sono state supportate da una  foto (vedi sito:  www.agenziamobilita.roma.it , sezione: Sala stampa.) 

 

Nella foto abbiamo notato l’assenza di barriere atte ad impedire l’accesso ai veicoli.

Sappiamo che, a Roma Capitale, i 952 veicoli immatricolati per 1.000 abitanti

occupano il 56% della mobilità cittadina la quale, quotidianamente, consolida una

diffusa illegalità (parcheggio: sui marciapiedi; sulle aree delle fermate dei bus

del TPL; sugli attraversamenti pedonali; in doppia e tripla fila; ecc.) quasi

totalmente impunita.

 

Sappiamo dai dati statistici sull’incidentalità stradale che la sicurezza stradale a Roma

Capitale è un opzional (sito: www.assopedoni.it cliccando www.aci……. presente sulla home page).

 

Per questo l’ADP ha rivolto ai responsabili del progetto la seguente domanda:

 

“Alle vostre spalle si vede l’area pedonalizzata davanti al Teatro. Visto la

diffusa illegalità praticata sul suolo pubblico romano, secondo voi, dopo

quante ore scomparirà quella situazione? come pensate di impedire il degrado

e l’uso promiscuo pedoni e sosta veicoli?

“Cercheremo dei provvedimenti” è stata la risposta.

[Abbiamo anche chiesto il perché non viene riattivato il tram 3 (che funziona ancora

con i bus) ed abbiamo ripetuto il nostro NO alle piste ciclabili promiscue, cioè quelle

piste ciclabili realizzate attraverso il sequestro del marciapiede per trasformarlo in pista ciclabile.]

 

Vito De Russis

Presidente ADP

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Eugenio Odorifero di European Consumers e la fusione fredda ..”Eppur si fonde!

Non sono un fisico. Sono un’appassionato che sperimenta e sostiene la free
energy. Preferisco dirlo subito, in quanto in genere sono apprezzato
proprio dico le cose come stanno. Sui fatti sono rimasto aggiornato
all’anno scorso, comunque, in quanto l’ONNE quest’anno non ha
organizzato nulla in merito. Ma so che stanno andando avanti.
quindi non ho competenze per mettermi a discutere di certi temi con
scienziati di comprovata esperienza.

Noi, infatti no. Ma nel convegno “Eppur si Fonde” partecipavano anche
ricercatori del CNR, oltre a fisici e ingegneri. E sono assolutamente
favorevoli a questa possibilità.

Inoltre, delle motivazioni addotte da Vatinno non so nulla e perciò
mi astengo dal commentare l’accaduto.

Le motivazioni erano più o meno le tue che descrivi dopo. Ma la
differenza è l’accanimento per qualcosa che negava senza un maturo
beneficio del dubbio dei suoi colleghi.

Alla luce delle mie scarse cognizioni in materia posso però dire che
tra la presunta fusione fredda portata da Vittorio Marinelli alla Sapienza e
quella – peraltro solo teorica, finora – di cui da anni si discute
negli ambienti scientifici di tutto il mondo c’è una distanza
abissale.

In effetti quel “pazzo scatenato” di Renzo Mondaini non dà il massimo
della fiducia. Ma quel giorno mise in difficoltà perfino al preside
della facoltà d’ingegneria di Roma Tre.
Ma forse è meglio mettere i puntini sulle “i”. La differenza principale
è che Fleishmann e Pons e successori usavano acqua pesante, mentre da
Cirillo e Iorio in poi il percorso italiano si è sviluppato su un
modello semplificato, usando acqua distillata.

Da qui è derivata la teoria del professor Cardone che comunque ricercava
sulla sonofusione. Quest’ultimo l’ha chiamata fusione piezonucleare,
cioè derivante da elementi non radioattivi, con un modello che forse
discutibile, ma che intanto unifica la sonofusione alla f. fredda: la
differenza è l’uso della corrente attraverso impulsi in frequenza, nel
caso della sonofusione, o le cui scariche sono lasciato alla cella
stessa, in caso di quella fredda. In più accosta le formule alla teoria
nucleare classica.
La fusione comunque non mi risulta assolutamente teorica, in quanto le
celle sono state attivate ed emettono plasma. Il controllo è tale che,
per giunta, si può dimostrare in pubblico.

Anzi, per la verità mi risulta (ma potrei sbagliare) che non vi
siano certezza sulla reale possibilità di ottenere una fusione atomica
senza rilascio di energia (cioè fredda).

Il fatto, almeno per il percorso che ho visto in Italia, è che il
rilascio di energia sotto forma di calore c’è e come. Si chiama fredda
perché è “solo” di 3000°C: nulla rispetto alla fusione calda, il cui
modello è ricalcato dalle reazioni del sole, ma più che sufficiente per
produrre energia utilizzabile.

Di fatto sarebbe una contraddizione in termini, visto che il motivo
per cui si cerca di mettere a punto un processo di fusione atomica è
proprio quello di poter utilizzare l’energia (e quindi il calore) che
da tale processo dovrebbe essere liberata.

Il calore ci sta: si genera dal plasma elettrico.

Eugenio Odorifero

Lista European Consumers

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Olocausto, shoah.. verità? Oppure un fotogramma una storia un’opinione una visione…? – I dubbi di Angela Braghin

Paolo,

ti scrivo e non per dirti come sto, ma per qualcosa di ben più importante….

Un tarlo che mi rode dentro e che rischia di consumarmi, se non lo caccio fuori!

 

Ho letto il tuo articolo http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/10/19/olocausto-shoah-stabilito-per-legge-secondo-riccado-pacifici-e-pareri-altri/

circa la verità sull’Olocausto e la necessità di approfondire, con studi e ricerche, quella che oggi si definisce “verità storica” e complimentarmi con te per il contenuto del tuo scritto. Sei figlio della liberté, egalité et fraternité e non hai contribuito tu, in nessun “campo” di indagine, a coprire, né con menzogne né con interessi di parte, quella che è la “verità”…….

 

Io non mi convertii al cristianesimo; preferii morire da ebreo, perdendo tutto, a partire dai miei familiari. Credevo si potesse risolvere tutto col denaro, credevo si potessero comprare gli uomini e la loro coscienza, la libertà e in ultimo la sopravvivenza. Mi sbagliavo. E con la memoria di questa mia vita karmica, conclusasi tragicamente, ho ben pensato, nell’attuale, di confondermi nella massa, aderendo ad una fede che predomina nel “mondo” in quello governato dall’uomo e che tanto piace al Dio denaro. Debbo invero ammettere però che ci sono delle qualità, ovvero “perversioni” come “doti” (dipende se si sviluppano verso l’elevazione o degradano verso la bassezza gli accenti che compongono l’animo umano) che non solo non hanno limiti, ma non hanno prezzo, soprattutto.

 

E mi viene da chiederti e chiedermi se possa, in effetti, esser rintracciata in qualche modo questa “verità”!! Se si parte dal presupposto che ognuno ha la sua, come si può arrivare a stabilire un “comune sentire”? La Storia insegna, da gran maestra qual è, ma cosa insegna, a ciascuno resta di interpretare e comprendere per poi assimilare.

Come si può catalogare la Storia come “materia scientifica”? Bastano forse archivi e fatti che comprovano gli eventi a definire una “materia” che tratta di vicende umane e non solo, “scientifica”? Nel tuo articolo citi Galileo Galilei, e ne porti l’esempio e soprattutto ricordi quale posizione la Chiesa prese nei riguardi di quell’uomo che osò sfidare le conoscenze sino allora acquisite e considerate l’unica verità possibile. E sottolinei con cura l’odierno atteggiamento che il Vaticano ha assunto sulla “vicenda” dell’Olocausto e sulla necessità di evitare di fare una legge, che suonerebbe “censoria” nei confronti dei cosìdetti “negazionisti”….. A conferma che la Storia insegna, eccome se insegna! Ma solo a chi ha buona volontà d’apprendere e appropriarsi della “lezione ricevuta”….

 

Ho intenzione di sviscerare questo “fatto” o forse sarebbe più consono definirlo “accadimento” se si vuole restare in ambito “storico” e trovarne similitudini nel più complesso argomento legato alla Shoah che tanto ancora fa discutere ( e tanto ancora farà):

due persone si alleano per creare insieme un’opera, una strategia, un percorso, una magia oppure soltanto per potersi guardare serenamente negli occhi. Due nazioni si alleano per interesse reciproco, per difendersi da un colosso che le minaccia, per vicinanza di idee e intenti. Tutti gli altri certo non stanno solo a guardare ma interagiscono, a volte separatamente con uno solo dei membri che formano la “coppia alleata” a volte con la coppia stessa.

 

Come si può stabilire il concetto del “vero” e soprattutto del “giusto” se i fatti riportati sono frutto delle esperienze e delle esigenze “personali” o se si preferisce “individuali” e dunque mancano del tutto di “obiettività”?

 

Una volta dicesti che ciascuno di noi è il centro di se stesso e in base al proprio metro giudica e misura fatti e persone; (non usasti questi precisi termini ma il concetto che esprimesti ritengo sia sostanzialmente riportato correttamente) la conseguenza “logica” che ne deriva è che uno stesso fatto può esser vissuto, e quindi interpretato, in maniera affatto diversa, a volte addirittura in modo contrapposto, dai soggetti che ne sono coinvolti.

(… omissis…)

C’è da aggiungere che le circostanze alle quali è necessario adeguarsi non sono solo frutto di una combinazione esterna “casuale” ma anche della volontà degli altri soggetti coinvolti. Come si può, dunque, stabilire la “verità” se essa è appunto una risultante di tante componenti, tra cui la propria percezione?

 

Se non ci fosse stato l’Olocausto, non sarebbe esistito lo Stato di Israele; se non ci fosse tanta insicurezza, bisogno di attaccamento e conseguente invidia, non ci sarebbe neanche tanto dolore che conduce solo ad altro dolore…..

 

Gli ebrei non sono solo Israeliti; lo Stato di Israele non è identificabile (né dovrebbe esserlo) con gli ebrei, popolo errabondo, profondamente saggio e religioso, e che ha da sempre insegnato ai “gentili” cosa sia la razza, la radice, il “comune sentire” perché senza una terra, senza una patria e senza una “dignità” non si sono mai né persi né dispersi. Hanno qualcosa da insegnare anche a noi, compagnia sgangherata di ventura, che non ha saputo restare unita in tempi di grazia, figurarsi in tempi di dis-grazia!

 

La Storia la scrive chi la vince; “La Storia siamo noi” canta De Gregori; facciamola, cercando sempre d’esserne i protagonisti, senza cercare necessariamente di trarne “lezioni” che poi costringiamo ad apprendere a chi viene dopo, perché le uniche lezioni che siamo chiamati ad apprendere riguardano noi stessi e la nostra coscienza. Amen

 

Angela Braghin

 

 

Mia risposta

 

Cara Angelina, sei sempre in gamba con la penna… Questo non significa affatto che “scrivi con i piedi”… No di sicuro, anzi dimostri acume e buonsenso… Mi resta qualche dubbio sulle tue “memorie” karmiche.. anche perché -e già lo dissi altre volte- secondo me non esiste un “io individuale” che trascina con sé la memoria karmica.

 

E’ la memoria, sotto forma di samskaras o vasanas, che attira la coscienza e ne sorge un riflesso che noi chiamiamo “io”, o mente, ovvero un’immagine che assume la forma di agente e sperimentatore.

Comunque non voglio far dei sofismi con te.. non ne varrebbe la pena..  siamo altrettanto speculativi entrambi ed é inutile cimentarsi.

 

Sia fatta la volontà di Dio!

 

Ciao, Paolo D’Arpini

 

 

Ah.. “La verità non può essere né affermata né perseguita che altrimenti non sarebbe più vera, ma solo un’immagine (un fotogramma una storia un’opinione una visuale). La verità é sempre e non in un momento particolare od in una condizione spaziale” (Saul Arpino)

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Agricoltura contadina, OGM e bioregionalismo – Se ne parla a San Severino Marche

Il 30 e 31 ottobre 2010 all’incontro della Rete Bioregionale che si tiene a San Severino Marche viene rilanciata la campagna per l’agricoltura contadina, sulla quale é stata fatta una richiesta specifica, con presentazione di 6000 firme alla Camera. Occorre rilanciare questa proposta sia a livello istituzionale che nella sensibilizzazione dei soggetti interessati.

 

(Potete consultare gli articoli sul link su questo tema: http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=proposta+agricoltura+contadina )

 

Ma in previsione di una discussione sul tema debbo fare una premessa necessaria, sull’agricoltura cosidetta naturale e sul rischio rappresentato dall’immissione di coltivazioni OGM. Oggi, per ottenere il vantaggio di una (supposta) maggiore produzione agricola, si ricorre oltre che ai concimi chimici ed ai pesticidi anche al metodo di modificare il patrimonio genetico delle piante, allo scopo di: modificarne la struttura, renderle sterili (per obbligare gli agricoltori a comprare nuovi semi ogni anno), brevettarne la trasformazione indotta, rivendere in tutto il mondo il prodotto così ottenuto. In realtà non è mai stato dimostrato che le coltivazioni OGM producano maggiori quantità di prodotti, tutt’altro….

 

Per contrastare il rischio di una ulteriore “industrializzazione” ed inquinamento nella produzione agricola e per facilitare il “ritorno alla terra” dal 20 gennaio 2009 è partita ufficialmente una nuova campagna con raccolta di firme organizzata da Civiltà Contadina, Consorzio della Quarantina, CIR, Antica Terra Gentile e Rete Bioregionale Italiana per rendere possibile la rinascita della figura del contadino e della contadina. La decisione di promuovere questa campagna è stata presa a metà estate 2008 ed é operativa a tutti gli effetti. Si tratta ora di cominciare ad ottenere dei risultati concreti con la proposta di legge che rappresenta il primo passo di questa campagna popolare. Il passo successivo, se la legge venisse discussa ed approvata alle Camere, sarà quello di divulgarne al massimo le modalità e gli effetti, in modo che un sempre maggior numero di persone ritenga utile e conveniente ritornare al “lavoro dei campi” ed alla produzione e scambio di cibo in piccola scala e sul territorio della propria bioregione.

 

Resta comunque aperto il discorso sulla reale convenienza nel discorso dell’agricoltura biologica contadina della permanenza di grosse strutture dedicate all’allevamento di animali da macello.

 

La mia esperienza passata di custodia di animali erbivori mi ha insegnato che una piccola presenza di animali può essere utile alle coltivazioni, sia per la produzione di stabbio che per una moderata produzione di latte… Resta il problema dell’eccedenza saltuaria dei capi, soprattutto se maschi… ma la vita é cara a tutti gli altri esseri viventi senza che la loro esistenza debba corrispondere ad una “esigenza” umana, intendendo con ciò che anche gli animali hanno pari dignità e pur comprendendo il “discorso tecnico” sulla sostenibilità di allevamenti biologici, e sulla utilità dei prodotti di origine animale, non me la sento di sottoscrivere un discorso sull’allevamento prettamente funzionale e giustificato dalla compatibilità ecologica. Vorrei che questo tipo di ragionamenti si sciogliessero al sole di una consapevolezza più ampia, in una convivenza di uomo natura animale in cui non debba necessariamente esserci una scala gerarchica ed un uso. Anche se un allevamento è eco-compatibile, la parola stessa “allevamento” -sottintendendo l’utilizzazione degli animali allevati significa “sfruttamento”. Comunque il discorso é aperto e non serve chiudere gli occhi di fronte alla realtà dei fatti… In questo momento la maggior parte degli uomini si ciba ancora di carne e di derivati animali… per cui bisogna andare per gradi…

 

Ed a questo proposito mi piace riportare il commento del professor Giuseppe Altieri, agroecologo battagliero: “Sono perfettamente d’accordo sul ritorno all’agricoltura condadina, dobbiamo lasciar vivere gli animali sui pascoli liberi, ma la realtà deve essere cambiata un pò per volta a partire dai lagers zootecnici intensivi… che devono essere chiusi… informando i consumatori della utilità di diminuire drasticamente il consumo di carne… quando tutti saranno vegetariani gli animali saranno finalmente liberi di pascolare senza essere ammazzati, intanto facciamo massima propaganda sulla tossicità della carne e sulla distruzione del pianeta operata dagli “allevamenti intensivi”…. e soprattutto fermiamo gli ogm… altrimenti i geni animali ce li metteranno dentro i vegetali… e nessuno si potrà più salvare…”

 

Bene, vorrei comunque giungere ad una conclusione, in questa che é solo un’introduzione al discorso che ci attende a San Severino Marche. Secondo me è comprensibile che in un piccolo appezzamento agricolo vi siano anche animali a condividere il territorio sia per questioni di pulizia del fondo sia per la produzione di letame, etc., questi animali dovrebbero poter vivere dei soli erbaggi e rimasugli di cucina, in modo che la loro presenza sia realmente in sintonia con il contadino e con il luogo. Perciò nell’appezzamento coltivato naturalmente non dovrebbero essere ammessi allevamenti intensivi o semi-intensivi di animali nutriti a mangime, la qual cosa fuoriusciurebbe da una sistema ecologico di piccola agricoltura.

 

Alcune galline (od altri volatili) fanno le uova e va bene… può anche capitare che ogni tanto qualche galletto in più possa essere “sacrificato”, se vi sono degli armenti come pecore e capre occorre limitare il loro numero alle reali possibilità di loro sopravvivenza nutrendosi con i prodotti spontanei del campo, quindi non credo che vi sarebbero molti agnelli da macellare, forse al massimo uno o due all’anno giusto per Pasqua come si dice… Se si attuasse questa metodologia semplice e corretta dal punto di vista ecologico ed alimentare, il contadino di fatto ritornerebbe ad una dieta tradizionale mediterranea in cui la carne compare molto raramente sul piatto e questo lo accetto….. (anche se continuo a dichiarare che se ne può fare tranquillamente a meno e ve lo confermo essendo stato vegetariano ed in perfetta salute dal 1973).

 

Non aggiungo altro e chiudo qui il discorso, per quanto mi riguarda, inserendo questo pensiero di Rajendra Pachauri, presidente del Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc), che in un’intervista al settimanale britannico The Observer ha dichiarato che “dovremmo tutti osservare almeno un giorno vegetariano» alla settimana, se vogliamo contribuire con il nostro comportamento a diminuire le emissioni di gas «di serra» nell’atmosfera”.

 

Grazie per aver pazientemente letto sin qui.

Paolo D’Arpini

 

…….

 

Ed ora per una par condicio e completamento del discorso inserisco qui il parere della Dr.ssa Caterina Regazzi, medico veterinario.

 

Paolo, sai che non sono d’accordo con questo discorso, un minimo di “intensivizzazione” dell’agricoltura è necessario, non possiamo coltivarci ognuno il proprio grano e tanto meno il proprio riso e neanche i nostri fagioli. E’ necessario che ci sia una persona di buona volontà (possibilmente) che coltivi un sia pur piccolo appezzamento di terreno con i diversi cereali, legumi, frutta.

 

Non possiamo pensare di fare tutti gli agricoltori, ci vuole anche, per esempio, chi lavori nei trasporti, qualcuno che lavori in edilizia, qualcuno che faccia il medico, magari naturopata, qualcuno che faccia il dentista (ne hai avuto bisogno anche tu), il dentista a sua volta ha bisogno di attrezzi che qualche fabbrica li deve pur costruire, i vasi di vetro per conservare la passata di pomodoro, seppur fatta in casa e così pure quelli per le marmellate……. insomma ho letto tante cose e libri in cui si parla di tornare il più possibile all’autoproduzione, ma l’autoproduzione si può attuare per certe cose, ma non per altre, mi viene in mente la cucitura dei propri vestiti, se uno è capace di farlo meglio per lui, ma costui (o costei) ha comunque bisogno di aghi e fili, almeno, e stoffe e queste cose le producono le FABBRICHE o INDUSTRIE. Il settore industriale non si occupa solo dell’allevamento e della macellazione di animali, ma di tanti altri settori.

 

Possiamo fare a meno dell’automobile, è vero, della lavatrice, del cellulare, potremmo fare anche a meno del computer, ma facciamo a meno dei libri? dei treni? dei vestiti? della scuola? E dato che ci saranno delle persone che lavoreranno e lavorano in questi settori di cui secondo me NON POSSIAMO PIù FARE A MENO qualcun altro si dovrà occupare di produrre il cibo anche per loro.

 

Mettici pure di ricorrere al baratto invece che alla moneta (e quindi eliminare anche le banche e le assicurazioni) ma i campi per essere coltivati non solo per sé hanno bisogno di essere concimati. A cosa pensi che servisse prevalentemente quel piccolo allevamento di bovini (da 2 a 12 animali) che 100 anni fa e anche fino a 10 anni fa c’era in tutti i fondi? A produrre il letame!

 

Sai quanti piccoli allevatori si sono rammaricati di dover chiudere le stalle perché magari erano anziani e non ce la facevano più a stare dietro al bestiame e tenere gli animali per la produzione del latte era una rimessa dal punto di vista economico col latte a 30 centesimi al litro? Ma continuavano a coltivare la terra perché credo che chi nasce contadino difficilmente muore “non” contadino e cosa useranno quegli agricoltori per concimare i loro terreni? (Potremo chiederlo al prof. Benito Castorina… che viene all’incontro)

 

Insomma secondo me o torniamo a vivere nella foresta e a fare i “raccoglitori” e cacciatori (ma allora dobbiamo darci al nomadismo oppure vivere tutti all’equatore) oppure ci rassegniamo basare la nostra alimentazione e quindi la nostra sopravvivenza (leggi: vita) sull’agricoltura che per me non può essere disgiunta dall’allevamento. Mi spiace di non aver avuto tempo di farti leggere il libro che sto per finire: Il dilemma dell’onnivoro, certo non è una Bibbia, ma è, direi,un punto di vista molto realistico e documentato.

 

Caterina Regazzi

 

 

Introduzione al discorso sull’agricoltura contadina – Per l’incontro nazionale della Rete Bioregionale Italiana a San Severino Marche del 30 e 31 ottobre 2010

 

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26 Ottobre 2010: “150° anniversario dell’incontro fra Garibaldi e Vittorio Emanuele, che segnò il passaggio del Mezzogiorno nel Regno d’Italia…”

A Teano diamoci la Mano”

 

Il dono di Garibaldi al Re piemontese ebbe conseguenze nefaste per il futuro di questo paese. Fu un dono unilaterale, senza contropartite, che comportò un costo salato per le popolazioni meridionali e ne provocò la rivolta (leggi: brigantaggio), anche per via delle promesse non mantenute e delle aspettative che il movimento garibaldino aveva suscitato.

 

Lo Stato reagì violentemente, trattò il Sud come una colonia, e ne perse la legittimità anche presso i ceti intellettuali che avevano sostenuto il nostro Risorgimento. Iniziò un processo che portò molti intellettuali e politici meridionali a reclamare l’autonomia (federalismo) per il Mezzogiorno, mentre l’apparato produttivo meridionale subiva i contraccolpi dell’unificazione del mercato nazionale e di una politica che guardava prevalentemente alla nascente industria nel nord-ovest.

 

Oggi, a distanza di un secolo e mezzo, il Mezzogiorno è ritornato ad essere visto come una palla al piede dello sviluppo italiano.

 

Ma i termini politici della questione si sono invertiti. Non è più il Mezzogiorno che reclama autonomia ed indipendenza, bensì è il Nord che vuole uscire dall’Italia.

 

Il rischio di una secessione “dolce “ è rafforzato dalla pesante crisi economica in corso, dalla stessa messa in discussione della UE, da un processo generale di disgregazione sociale. Il pericolo che questo paese si spacchi in tanti statarelli è reale.

 

Tutte le recenti esperienze di secessione, anche pacifica, hanno fatto registrare un regresso per i lavoratori e portato ad esaltare nazionalismi e xenofobie.

 

Con tutte le sue contraddizioni noi riteniamo che l’Unità d’Italia sia un valore in sé.

 

Centocinquanta anni di storia hanno prodotto un profondo interscambio di culture, di storie nel nostro paese. Le popolazioni del sud, del centro e del nord si sono fuse attraverso milioni di matrimoni misti, e la lingua italiana è oggi largamente praticata dalla stragrande maggioranza della popolazione.

 

Le popolazioni del sud hanno dato un grande e prezioso contributo alla ricchezza economica e culturale di questo paese che deve essere riconosciuto.

 

Noi riteniamo che questa nostra Italia può ancora salvarsi se capisce che deve rifondare il suo patto sociale su altre basi valoriali e culturali.

 

A questo fine abbiamo costituito il Comitato pro Teano, per organizzare un evento che segni, non solo simbolicamente, la svolta culturale che auspichiamo.

 

MANIFESTO per TEANO, PROGRAMMA COMPLETO

 

Giuseppe De Marzo, portavoce di A Sud coordina e introduce una delle plenarie.

 

25 novembre h 16:30: L’Italia tra locale e globale

 

Sala dell’Annunziata

 

Sud Italia – Sud del mondo, i nuovi paradigmi per uscire dalla crisi ambientale e sociale

Verso Cancun : il buen vivir come nuovo paradigma globale “

 

Coordina ed introduce Giuseppe De Marzo – (Portavoce di A Sud , rapp. RIGAS)

 

Intervengono:

Pietro Barcellona – (Università di Catania)

Franco Cassano – (Università di Bari)

Guido D’Agostino – (Università Federico II di Napoli)

Lilia Ghanem (Rivista Bata, Università Parigi, Sorbona).

Luis Evelis Andrade – (Foro Mondiale Indigeno, ONU)

 

………

Info e contatti:

Marica Di Pierri

maricadipierri@asud.net

+39.348.6861204

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