Archivio di settembre 2010

“Benessere animale e produzione avicola: Cominciamo a parlare delle uova e delle galline..” – Discorso di Caterina Regazzi per l’Equinozio di Autunno 2010

Premessa

Dato che io sono una persona che ha sempre il timore di urtare o peggio ancora di offendere qualcuno, faccio questa premessa:

cerco di essere sempre obiettiva nelle mie affermazioni, almeno da qualche anno a questa parte, quindi mi piace descrivere le cose come si presentano e senza farmi condizionare da dei preconcetti. E’ ovvio che i miei “occhi” e la mia vista possono a volte essere oltre che un po’ “cecati” anche un po’ distorti.

 

Mi considero una specie di San Tommaso, ma non nel senso che non credo a quello che non vedo, ma che credo solo a quello che vedo. Non intendo per vedere solo il senso della vista ovviamente, ma anche tutti gli altri sensi sono coinvolti, ed anche il “sentire”, i sensi però sono sempre influenzati dalla mia propria sensibilità.

Cioè, in fondo, quello che ho scritto e che fra poco vi leggerò, voleva essere un discorso obiettivo, ma mi rendo conto da sola che la mia visione deriva dalla mia propria sensibilità.

 

Ognuno ha la sua, quindi voi recepirete il mio discorso secondo la vostra, quindi potrete essere d’accordo o meno. L’importante, per me, è lasciare la mente e il cuore aperti.

 

In vista dell’incontro del 23 settembre 2010 (vedi http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/09/01/tradizione-contadina-in-emilia-il-23-e-24-settembre-2010-%e2%80%9dequinozio-di-autunno-e-luna-piena-tavole-rotonde-e-mostra-darte-su-cultura-contadina-ed-archetipi-animali%e2%80%9d-la-celebr/) , in cui si parlerà di agricoltura e animali, ed in particolare galline e cani ed essendo auspicabile, anche se non obbligatorio, un mio intervento, mi sono apprestata ad effettuare un sopralluogo nell’unico allevamento di galline ovaiole del territorio della mia USL.

 

Già in precedenza mi ero documentata sulla normativa sul benessere delle galline ovaiole, almeno la più recente, andando anche ad informarmi (benedetto internet, come al solito), capitandoci per caso, sul sito della LAV (Lega Anti Vivisezione).

Premetto che ritengo di essere un’amante degli animali e della natura in genere, ma non un’animalista sfegatata.

 

Non sono stata mai molto amante di questa organizzazione che mi pareva si interessasse tanto degli animali e per niente degli esseri umani. Dato però che una cosa non esclude l’altra ed ognuno dovrebbe (?) seguire la sua natura e quindi le sue propensioni, ho cercato di non farmi condizionare dai miei preconcetti, anzi, di lasciarli nel cassetto.

 

Questo riferimento alla LAV lo faccio, non per copiare quelle che sono le cognizioni e le interpretazioni della situazione da parte loro, mi interessa solo il punto di vista di un’organizzazione che in buona sostanza rispecchia quello che una certa opinione pubblica pensa, e sta appunto diventando sempre più “animalista” nel senso un po’ dispregiativo che io do a questo termine,

 

E’ quell’animalismo POCO sano (per me) che fa si che ad un Servizio veterinario neanche di città come il mio pare che arrivino quotidianamente denunce di maltrattamento di animali (per lo più d’affezione, tipo cani e gatti) per delle inezie, per esempio perché il gattino del vicino di fronte è stato lasciato per qualche ora chiuso in balcone o perchè il cane dell’altro vicino sta sempre chiuso nel recinto o perché l’altro cane presenta qualche crosta qua e là sul corpo (magari ha la leishmaniosi) oppure è troppo magro (magari è un levriero), ma della vecchietta che vive da sola, con difficoltà di tutti i tipi, nessuno se ne interessa (per non usare un’altra parola).

 

Molte persone dicono: “Chi non ama gli animali non ama neanche le persone”, questo a volte può anche essere vero, ma può essere vero anche il contrario “Chi ama gli animali lo fa perché non ama le persone o meglio, non si sente amato dalle persone” e così via.

 

Secondo me bisognerebbe considerare tutti gli esseri viventi alla stessa stregua, gli animali non sono migliori degli esseri umani e gli esseri umani non sono migliori degli altri animali.

 

Ogni essere ha il suo posto nel gioco della vita (e della morte, che fa parte della vita).

Poi ognuno è libero di pensarla come vuole.

 

Quindi, scorrendo il sito della LAV, ho voluto “prendere visione” del parere di questa parte dell’opinione pubblica. Ovviamente è solo un punto di vista, per quanto difficile da confutare, se non con un “Ma le cose sono sempre andate così!” o, meglio “Ormai sono così da tanto tempo!”

 

Non so di preciso da quanto tempo sono sorti gli allevamenti di galline ovaiole in batteria, ho guardato un po’ sempre su Internet e per gli allevamenti intensivi in genere si parla del secondo dopoguerra, ma io credo che il tutto almeno qui in Italia e specialmente in certe regioni, sia ancora più recente.

Per molte persone poi l’allevamento intensivo in genere e quindi la possibilità di reperire facilmente sul mercato prodotti di origine animale A BASSO COSTO è un fattore indice di progresso. Ne siamo sicuri?

 

E’ giusto che per comprare un paio di jeans siamo disposti a spendere più di 100 euro e per comprare una confezione di 6 uova 2 euro ci sembrano troppe?

 

L’allevamento che ho visitato il 2 settembre u.s. è un allevamento da 15000 galline ovaiole in batteria, con gabbie tradizionali. Secondo la normativa vigente, in queste gabbie, ogni gallina deve disporre almeno di uno spazio di 550 cm quadrati (poco più di 25 per 25, si dice comunemente “un foglio A4″), di uno spazio mangiatoia di 10 cm, di un abbeveratoio della stessa lunghezza o, se è raccordo 2 per gabbia; la gabbia deve essere alta almeno 40 cm per il 65% di superficie, e non inferiore, in ogni punto, a 35 cm. Queste gabbie, che vengono definite dalla normativa “non modificate” saranno vietate dal 1 gennaio 2012.

 

Le uova prodotte in questo allevamento vengono inviate all’industria, tranne una piccola parte che viene venduta presso l’azienda stessa ai privati. Cosa vuol dire? Queste uova vengono sgusciate, vengono separati il tuorlo dall’albume, e poi, entrambe le parti vengono pastorizzate per essere impiegate prevalentemente nei pastifici e nell’industria dolciaria.

 

Queste uova vengono vendute a peso e sapete quanto percepisce l’allevatore? In un chilo di uova ci sono circa 15 uova. Quanto costano secondo voi, dal produttore 15 uova? 0,70 euro cioè ogni uovo costa 0,05 euro che se non sbaglio fa poco meno delle vecchie 100 lire.

 

Mi piacerebbe sapere quanto la grande distribuzione, per non far nomi, paga le uova da vendere fresche (o extra fresche) al produttore.

 

E noi, in ultima analisi, questo benedetto uovo non potremmo pagarlo anche 50 centesimi, considerando che due uova sono un secondo più che sufficiente?

I titolari dell’allevamento da me visitato sono due coniugi di età avanzata (oltre la pensione da un bel po’) che non hanno ancora deciso cosa fare quando il primo gennaio 2012 le gabbie tradizionali saranno vietate per legge. Rinnovare l’impianto ha dei costi esorbitanti e mancando una figliolanza che segua l’attività…….. Ho chiesto loro gli inconvenienti di modificare l’impianto secondo le normative, dal punto di vista pratico, a parte quello economico: uova rotte, uova sporche, maggior impegno per la raccolta (quindi maggiore manodopera e più scarti). Ho chiesto anche: “Ma se un uovo, invece che a quei prezzi, vi venisse pagato anche solo il doppio, potrebbe valerne la pena?”

 

Ai posteri l’ardua sentenza, vedremo, se dopo il 1 gennaio del 2012 i prezzi delle uova saliranno, se ci sarà la crisi delle uova. Sicuramente l’industria, che, col libero mercato, si può approvvigionare all’estero di prodotti pastorizzati si rivolgerà altrove. Sarà una perdita ulteriore di posti di lavoro (ma tanto ormai in agricoltura nessuno ci vuole più lavorare e noi siamo qui oggi per contrastare questa tendenza cercando di riscoprirne gli aspetti positivi).

 

La visita all’allevamento.

Ho voluto approfittare di questa visita per il controllo della produzione del mangime, anche per dare un’occhiata e valutare il benessere.

Non si trattava di misurare ampiezza delle gabbie e lunghezza delle mangiatoie, ma osservare l’atteggiamento degli animali e farmi un’idea (molto parziale, ne convengo) sul fatto se fossero o meno felici. Ma cos’è poi la felicità per una gallina?

Entrando nell’allevamento per prima cosa ho percepito il rumore di fondo, ancora prima di vedere gli animali. Avete presente quel “coooo!” che fa la gallina che ha fatto l’uovo? Beh, lì c’era una musica di tante di quelle voci che si sovrapponevano, senza alcuno starnazzare o strillare. Buon segno. Ho cominciato ad avvicinarmi alle gabbie e guardandole di profilo si vedeva una marea di colli e testa che spuntavano fuori e becchettavano nelle mangiatoie. Mi sono avvicinata ancora e, accidenti, l’ho fatto un po’ troppo bruscamente e sono andata troppo vicino. Le galline della gabbia a cui mi sono avvicinata di più di sono evidentemente spaventate, mi hanno girato il culo starnazzando e si vedeva poverine che cercavano di scappare da me, la sconosciuta importuna, ma purtroppo la gabbia le teneva bloccate lì (erano 3).

 

Ho visto l’allevatore seriamente preoccupato e con la sua voce, cercava di calmarle. 2-3 minuti e tutto è passato. Gli animali hanno ripreso a becchettare oserei dire “beate”. Non ho visto segni di lotta fra gli animali e neanche lesioni su alcune parti del corpo. Le galline erano si debeccate ma in maniera impercettibile, quasi quasi non si vedeva neanche. Non c’erano odori sgradevoli, né accumulo di ammoniaca o aria viziata. Il piumaggio era quello delle ovaiole che producono molto, un po’ spennacchiate, si, lo erano.

 

La gallina di Paolo a Calcata che faceva ……… ogni quanto faceva l’uovo, Paolo?, aveva decisamente un piumaggio migliore.

 

Quando ho fatto l’Università io in zootecnia ci insegnavano che se un animale sta male non produce. Secondo questo concetto l’allevatore mi ha detto: Se stessero male non farebbero tutte queste uova.

 

Ho replicato che una donna per avere la sospensione delle mestruazioni, deve stare non male, ma malissimo: deve essere tossicodipendente, fortemente denutrita, fortissimamente stressata. L’attività riproduttiva non è neanche un istinto, ma una necessità biologica, il nostro corpo ci dedica tutte le risorse possibili,(ma noi non lo ascoltiamo); in alcuni selvatici in cattività si che c’è la sospensione della riproduzione, ma per un selvatico (e non per tutti) la cattività è uno stress evidentemente eccessivo.

 

In conclusione: quelle galline erano felici o no?

 

Noi esseri umani che spesso invece di starcene all’aria aperta viviamo la maggior parte delle nostre giornate in un ufficio, un ambulatorio, una fabbrica, un cinema, un teatro, una scuola o bene che vada, a casa nostra, non siamo un po’ dei polli d’allevamento come diceva Giorgio Gaber?

 

Caterina Regazzi

Medico veterinario

 

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Velina D’Arpina Politichina: “Miracolo a Mirabello…!”

5 settembre 2010, marcate questa data… é il giorno del miracolo di Mirabello!” (Saul Arpino)

 

Da quando ho lasciato Calcata e Roma e mi sono trasferito nella costa adriatica, fra l’Emilia Romagna e le Marche, ecco che anche il centro di aggregazione e fulcro degli avvenimenti si é spostato.

 

Ora i grandi eventi succedono solo da queste parti e non mi riferisco solo agli incontri del Circolo vegetariano… Sia pur che -ad esempio- lo scorso anno la celebrazione per San Francesco si era svolta in pompa magna all’Arancera di San Sisto a Roma e quest’anno sarà nella cripta della cattedrale di Treia, e l’incontro della Rete Bioregionale di fine ottobre, che doveva svolgersi quest’anno nella riserva di Monte Rufeno ad Acquapendente si terrà invece a San Severino Marche…

Ma anche gli eventi nazionali hanno cambiato quartiere, infatti si respira aria di grande attesa per la convention odierna di Generazione Italia a Mirabello, Ferrara, dove Gianfranco Fini sta attirando i riflettori della politica sulle sue scelte..

 

Il Governo é appeso ad un filo…? Tutti si muovono verso Gianfranco Fini, lo fanno Rutelli, Casini, D’Alema, Bindi, etc. e pare che Fini sia il liberatore della patria dal dominio berlusconico, un santo eroe (o martire come il suo conterraneo Italo Balbo) che compie il miracolo  tanto atteso: liberare l’Italia dal giogo di Arcore….

 

Tutti a Mirabello dunque.. e ricordiamoci del vecchio detto:

Chi non piscia in compagnia é un ladro od é una spia.. e chi non va a Mirabello  é un “berlusca” oppure un bidello..“.

 

E però c’é da dire che le speranze per un cambiamento democratico son veramente poche, gli attori son sempre quelli, e se Fini si defila dal carro berlusconico é solo perché ha capito che lì non poteva avanzare di un passo verso la presidenza del consiglio a cui aspira da anni. A proposito di presidenti del consiglio e di mancanza di credibilità politica ho ricevuto alcuni detti sul “valore del Parlamento”, inviatemi dal ravennate GiorgioVitali:

 

“Piero Operti: A Roma, una sera del 1921, all’Aragno (noto caffè del Centro, frequentato da parlamentari fino agli anni 50), in un gruppo di amici, uomini politici, scrittori, tra i quali si trovava Giolitti, allora Presidente del Consiglio, uno uscì nella domanda: Ma cosa ci vanno a fare alla Camera i deputati? E Giolitti rispose: Quando ero ragazzo, mi mandarono una volta per una commissione dal parroco. La perpetua mi fece aspettare, dicendo che il parroco era in “conferenza”. Io sentivo nella stanza accanto tonfi di pugni sul tavolo e gridare numeri e figure di carte, e mi chiedevo: ma che razza di conferenza è questa? Quando i sacerdoti suoi amici se ne furono andati, il parroco mi domandò: Cosa ne pensi, Giovannino, della nostra conferenza? Io non risposi ed il parroco spiegò: Il Vescovo ha ordinato che tutti i parroci della zona si riuniscano una volta alla settimana per accordarsi sulla loro opera evangelizzante, ma siccome in questi posti i fedeli sono tutti brava gente che non hanno bisogno di essere evangelizzati, noi ci riuniamo, sì! Come ha detto il Vescovo, ma giochiamo a carte. Questa è la stima in cui era tenuta la Camera dal nostro più grande parlamentare e maggior difensore della democrazia in Italia.”

 

E con ciò vi saluto affettuosamente, vostro Paolo D’Arpini

 

Altre edizioni della Velina D’Arpina:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=velina+d%27arpina

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Erwin J. Haeberle: “Parafilia, un concetto prescientifico” – Ed alcuni commenti ad un dibattito corrente in sessuologia..

Quando feci il professore universitario dicevo spesso ai miei studenti che la storia della sessuologia in gran parte consiste di una storia di idee e in molti casi di una storia di idee pazze.

 

Questo si può dimostrare, per esempio, prendendo sotto la lente i termini “scientifici” e professionali usati nei diversi periodi per definire i vari comportamenti sessuali. Ovviamente se ne deduce che una parte della terminologia introdotta dai nostri pionieri in sessuologia oggigiorno può essere considerata largamente obsoleta. Quando cerchiamo di comprendere per quali motivi questo cambiamento è occorso, ci accorgiamo che non è solo e semplicemente a causa del progresso scientifico. Scopriamo anche e dobbiamo comprendere una ragione nascosta e raramente discussa di storia culturale: Gli sforzi scientifici possono essere, e spesso sono, soggetti ad influenze non-scientifiche – religione, tabù sociali, leggi civili e criminali, politiche partigiane, manie e mode intellettuali, pressioni di gruppi potenti (lobby), opportunità di finanziamento di ricerche, politiche di assicurazioni sulla salute, la stampa, cinema e televisione, internet e molto, molto altro.

 

Guardando indietro nella storia, si può fare un’osservazione generale preliminare: Nelle nostre società occidentali le influenze non-scientifiche hanno, in un modo o l’altro, rafforzato due importanti tendenze culturali – la criminalizzazione e la cura medica del comportamento sessuale umano. Ambedue queste tendenze posseggono le loro proprie storie affascinanti, ma non è il caso di approfondirle qui. Può bastare di osservare che, attraverso gli anni, sono sorte anche contro-tendenze corrispondenti, cioè degli sforzi per decriminalizzare e per non curare. Per ciò che riguarda la non-cura medica, gli psichiatri si sono stati trovati su sponde diverse: Qualche volta sono stati veri “missionari della medicalizzazione”, ingrandendo i loro manuali aggiungendo nuove diagnosi, altre volte invece erano favorevoli alla tendenza contraria riducendo il numero dei comportamenti sessuali da curare. Tutto sommato però la tendenza verteva verso la riduzione: Oggigiorno le diagnosi sono diminuite e diventate più scientifiche e precise. In ogni caso tutte queste battaglie ideologiche, le lotte professionali di potere, i movimenti di liberazione delle minoranze, le innovazioni tecnologiche, l’odierna rivoluzione tecnologica insieme ad altre influenze non-scientifiche hanno giocato un ruolo forgiando le nostre idee in relazione alla sessualità umana, lasciando inoltre le loro tracce nella nostra terminologia professionale. Direttamente o indirettamente, per il bene o per il male.

 

Recentemente, nella preparazione della nuova edizione del Manuale Diagnostico e Statistico (DSM V) dell’APA (American Psychiatric Association), il vecchio termine “parafilia” è stato oggetto (abbastanza in ritardo) di esami critici ed un acceso dibattito:

 

Attualmente, questo termine è sempre apparso agli occhi di osservatori critici con un bagaglio filologico e filosofico, moralistico e perciò prescientifico. In poche parole, per studiosi non appartenenti al campo della sessuologia, è stato sempre difficilmente comprensibile per quale ragione il termine “parafilia” non è stato eliminato anni fa insieme con altri termini ideologici, imprecisi o fuorvianti come “perversione”, “deviazione”, “eiaculazione prematura”,”coitus interruptus”, “surrogato sessuale”, “controllo delle nascite”, “sesso opposto” e simili. (Per dettagli pregasi di vedere “click here” sul sito del professor Haeberle – http://www2.hu-berlin.de/sexology/GESUND/ARCHIV/GLOSS.HTM

 

Bisogna constatare, a parte alcune eccezioni, che i sessuologi, soprattutto coloro che sono medici e psichiatri non sono mai stati molto sensibili ad interpretazioni linguistiche o alle origini ed il preciso significato dei termini. La maggior parte di loro, come molti altri specialisti, hanno poco interesse nell’etimologia e nella semantica. Una volta che un’espressione professionale viene ufficialmente riconosciuta, essi l’abbracciano in pieno e non importa quante volte è stato provata poco pratica, illogica, senza senso, o completamente sbagliata. Al riguardo, addirittura certi sessuologi radicali sono stranamente conservativi.

 

Tornando al tema:

Tradizionalmente, gli psichiatri hanno definito “parafilia” semplicemente come “disordine sessuale”, aggiungendo che implica un comportamento “deviante” e “anormale”. Nel frattempo però alcuni colleghi si sono sentiti dubbiosi di fronte a queste tanto vaghe e poco chiare definizioni. E’ per questa ragione che anch’essi criticano il presente Manuale Diagnostico e Statistico (DSM) dell’APA (American Psychiatric Association). Per le future edizioni i suddetti colleghi tentano di introdurre alcune distinzioni e chiarificazioni nella  speranza di rendere i termini più accettabili ed utili. Un esempio tipico, favorevole al “progresso” ed “illuminato” si può trovare in una recente opera:

 

Una parafilia e’ un “forte e persistente interesse sessuale, diverso da un comportamento copulatorio o precopulatorio, con partner fenotipicamente normaili e consenuali adulti umani” (1)

 

Secondo il mio parere questa definizione solleva una quantità di interrogativi: Quanto forte è forte? Quanto persistente dev’essere la persistenza per rientrare nei parametri? E quale tipo di copulazione si suppone che dovrebbe seguire al “comportamento precopulatorio”? Solo il coito? Come stanno le cose con il rapporto anale? Ci rientrano anche i rapporti orali e manuali ( masturbazione mutua)? Apparentemente no, perché è stato detto che “carezze preparatorie” sono OK se portano al coito ed al rapporto anale, ma diventano parafiliaci se portano a rapporti orali e mutua masturbazione? La logica di questo ragionamento non mi è chiaro.

 

E perché la enfasi sulla copulazione come scopo ultimo dell’attività sessuale e sulla sua sola valida giustificazione?

Dopotutto, sappiamo bene che i terapisti sessuali spesso consigliano alle coppie anziane di “ esplorare forme non-coitali per fare l’amore” quando erezione e problemi di lubrificazione vaginale rendono difficile il rapporto. Forse che questi terapisti vogliono incoraggare un comportamento parafiliaco? Stanno forse deviando i loro clienti su carreggiate oscure allontanandoli dall’unica e splendida strada dell’appagamento erotico? Le pasticche per accrescere la potenza ed i lubrificanti artificiali sono veramente indispensabili a questi clienti per farli copulare e ritrovare un “vero amore” come auspicato dagli psichiatri?

 

Su un livello più mondano: la definizione del testo sopra menzionato include tra le parafilie anche l’esibizionismo consensuale del tipo che sta diventando sempre più popolare ai giorni nostri: il reciproco guardarsi durante una masturbazione attraverso il cam di un PC. In questo modo “voyeur ed esibizionisti” possono piacersi, sia come risultato di una loro propria e diretta iniziativa oppure attraverso più grandi website amatoriali. Infatti, ci si può chiedere se, con i nuovi mezzi di comunicazione, i vecchi stereotipi di “guardoni”avranno ancora un futuro. Anzi, è più probabile che sempre più gente “normale” si serva di internet dove può mostrarsi e vedere altri con poco sforzo, senza il rischio di un arresto e praticamente ad un costo nullo. Uno stimolo che sembra essere più comune di quanto si potesse sospettare in un primo tempo a causa di un crescente numero di questi video online, che ci fanno pensare che domanda e offerta sono considerevoli ed ancora in crescita.

 

Attualmente, a molte persone che si servono di internet non serve nemmeno di eccitarsi con l’aiuto dell’interazione, ma si accontentano guardando i tanti video porno liberamente accessibili come aiuto ad una masturbazione solitaria.

Sembra che questo sia sempre più comune tra i teenager maschili, ma anche tra uomini più maturi, singoli o sposati. Qualcuno vorrebbe seriamente sostenere che tutte queste persone siano parafiliache? Alcuni psichiatri potrebbero rispondere che, no, questa attività non è parafiliaca finché non va esercitata in modo esclusivo e rimane un semplice sostituto per una copulazione desiderata, ma temporaneamente impossibile. Non mi convincono queste argomentazioni pignole. Chi sarà qui l’ultimo ad arbitrare? Chi può decidere cosa sostituisce cosa e che cosa è temporaneo, esclusivo e perché? A me, ogni rivendicazione di certezza al riguardo sembra un’arroganza professionale ed una cecità deliberata – un rifiuto di vedere lo spettro totale delle realtà sessuale ai giorni nostri.

 

E ciò che riguarda la prostituzione su internet? Qui i partecipanti possono vedere e forse anche ascoltare ma senza mai toccarsi. In altre parole: Non c’è la possibilità per alcuna forma di una vera copula. Ed è per questa ragione che si è sostenuto che la prostituzione su internet sia parafiliaca. Questo per me non ha senso, perché è solo una nuova versione di un affare antichissimo. Tanto per chiedere, il concetto di parafilia in questo caso è applicabile alla sola prostituta o anche al cliente? (Per dettagli pregasi di vedere “click here” sul sito del professor Haeberle – http://www2.hu-berlin.de/sexology/ECE6/html/internet_prostitution.html e http://www2.hu-berlin.de/sexology/ECE6/html/electronic1.html

 

Inoltre:

Il testo nella sua definizione parla di copulazione con “un adulto fenotipicamente normale”. Questo solleva due quesiti:

 

* Cosa significa fenotipicamente normale? Qualcuno sarebbe parafiliaco perché si innamora di (ossia sente un intenso e persistente interesse sessuale verso) qualcuno che presenta tutti i sintomi della sindrome di Turner o Klinefelter? O sono fenotipicamente normali questi partner desiderati? Se lo sono, allora cosa si dice nei casi di PAIS o CAIS? Dove passa esattamente la linea di confine? La moglie del filosofo Moses Mendelssohn era parafiliaca perché si era innamorata di un gobbo?

 

* Cosa si intende esattamente con la parola adulto?, Qualcuno a 18 anni compiuti? O oltre 21? Dopotutto, l’età adulta legale è fissata differentemente nei diversi paesi. Qualcuno forse vuole stabilire una speciale età psichiatrica per diventare adulto che si applica in tutto il mondo e per ogni persona per sempre? Se sì, quale età bisogna scegliere?

 

Era parafiliaco l’imperatore romano Adriano, perché sentiva un intenso e persistente interesse nel sedicenne Antinoo il quale, come può succedere, morì a 20 anni e quindi mai raggiunse l’età adulta? O forse sì? L’età adulta nella Roma imperiale iniziò già all’età di sedici anni? O forse anche prima? In tal caso l’infatuazione di Adriano non sarebbe mai stata parafiliaca? O sarebbe doveroso di ipotizzare retro attivamente una differenza tra età adulta legale e bio-psicologica anche per i tempi antichi? Se sì, allora Adriano era forse un  parafiliaco per i primi due anni della loro relazione, ma non per gli ultimi due anni? Quale rilevanza ha tutto questo e per chi? Per chi potrebbe avere importanza? Per quale ragione avremmo bisogno di dare una etichetta psichiatrica ad una delle più grandi storie d’amore di tutti i tempi?

Ed a proposito di Romeo e Giulietta che sentirono un interesse sessuale reciproco, intenso e persistente e mai raggiunsero l’età adulta? (OK, presumo che questo caso non conti, perché ambedue erano presumibilmente all’incirca della stessa età). Ma prendiamo sotto la lente un’altra coppia di adolescenti – Romulo (18) e Jeanette 13. Romulo potrebbe naturalmente andare incontro ad accuse da codice penale (“corruzione di minorenni”). Nel contesto presente però qualcos’altro è ancora più rilevante: siccome lui ha cinque anni più di lei e, secondo molti, un ragazzo adulto, alcuni considerebbero i suoi sentimenti parafiliaci e potrebbero chiamarlo ebefilo (dal greco ebe= giovane). Questo è un curioso nuovo termine per gente (di solito uomini) che si sentono attratti dai giovani intorno all’età della pubertà o poco dopo (13 – 16 anni). Secondo molti scrittori, gli oggetti di questo desiderio adulto possono essere adolescenti di ambedue i sessi, ma altri limitano questo termine al desiderio per giovani maschi. In quest’ultimo caso possono anche chiamarlo “efebofilia” (dal greco efebos: adolescente), ma qualche volta ambedue i termini sono intercambiabili e possiedono ancora altri significati. Significati che a tutt’oggi non sono fissati precisamente. Per un commento saltiamo sull’ovvio e ben stantio esempio della “pederastia” nell’antica Grecia, semplicemente asserendo che nessun testo classico, neanche la Bibbia, ha mai considerato l’attrazione di adulti verso giovani in fase di maturazione o già maturi strano, raro, o straordinario in alcun modo. A quell’età, la maggioranza dei giovani è già passata attraverso i riti d’iniziazione e sono stati accettati pienamente come membri delle loro comunità (per esempio: Bar e Bat Mitzvah). Infatti, attraverso la maggior parte della storia umana, milioni di uomini adulti hanno sposato spose adolescenti. Quindi tutti ebefili- e perciò parafiliaci?

 

E allora che dire dell’opera Don Giovanni di Mozart? Lui è a caccia di ogni gonna che vede, ma, secondo il suo servo Leporello, il quale tiene una lista delle imprese del suo padrone  sua passion predominante è la giovin principiante”. Per gli amanti d’opera del diciottesimo secolo questa rivelazione non causava uno shock o un minimo di sorpresa. Anzi, al contrario. Per loro, era la conferma che il comportamento del Don, anche se aggressivo, eccessivo e forse compulsivo, era “normale” almeno per una ragione – la scelta delle sue vittime erotiche. Malgrado le sue molte caratteristiche antipatiche, questo era qualcosa con la quale i maschi spettatori dell’opera si potevano sempre identificare. In ogni caso, a parte di questo “tipico” orientamento sessuale maschile, Mozart e da Ponte hanno qui creato un personaggio di scena enigmatico e complesso. Alternativamente incantevole e senza scrupoli, un egotista con le buone maniere ed un coraggioso nichilista, Don Giovanni ha, durante due secoli, dato ispirazione a molte e differenti interpretazioni. Ma comprendiamo veramente meglio il suo carattere (e dunque l’opera tutta) se ora lo chiamiamo un ebefilo?

 

Oggi molti psichiatri sostengono di non usare il termine “ebefilo” per Don Giovanni e per tutti quei milioni di uomini che, nel passato, si sono sposati con ragazze adolescenti. Dopotutto essi abitualmente continuarono le loro relazioni sessuali anche quando le spose diventavano maggiorenni e raggiungevano la mezza età. Molti uomini copulavano anche con donne mature (Don Giovanni portò a letto molte centinaia di femmine in molti paesi: “In Italia seicento e quaranta, in Alemagna duecento e trentuna, cento in Francia, in Turchia novantuna, ma in Spagna son già mille e tre!” E’ chiaro che la maggioranza di esse erano adulte). Per questa ragione, gli psichiatri potrebbero dire che non si possa concludere che la maggioranza di questi uomini aveva una predominante preferenza per ragazze adolescenti. Alcuni probabilmente avevano tale preferenza, ma non si può essere sicuri di questo. In ogni caso, non c’era modo, neanche in quei tempi, di distinguere un “ebefilo” da tutti gli altri, proprio perché “tutti lo facevano” e la maggior parte degli uomini non lo fecero a causa di una parafilia, ma semplicemente perché era una abitudine tradizionale.

 

Un argomento interessante che fa sorgere numerosi quesiti nuovi: Quando un’intera società osserva l’abitudine di uomini adulti che si sposano con ragazze adolescenti, che senso ha allora di parlare di ebefilia ed ebefili? Quale criterio ci tocca impiegare per distinguerli dagli altri uomini? E per quale ragione importante lo si dovrebbe fare? A quale scopo pratico potrebbe servire?

 

Qui può essere istruttivo l’esempio di un’altra parafilia – il feticismo per i piedi. Come sappiamo, nella Cina imperiale era per oltre mille anni tradizione di storpiare i piedi femminili. Si dice che il legare i piedi abbia avuto una componente erotica: Piedi piccoli facevano la donna sessualmente più desiderabile. Infatti, i loro “piedi di loto”, si supponeva, erano provocanti ed alzavano l’eccitamento maschile. Se ciò era vero o no, per quanti uomini poteva essere valida questa ipotesi? Una cosa è certa: Nel caso della Cina imperiale non ha senso di parlare di “feticismo del piede” come parafilia e bisogna distinguere “ i feticisti di piedi” come un gruppo diverso dal resto della popolazione. Il credere nell’attrazione di piccoli piedi artificialmente ottenuti era così profondamente penetrato nella cultura cinese, che tale distinzione non solo sarebbe stata considerata senza significato ma addirittura assurda.

 

(Per dettagli pregasi di vedere “click here” sul sito del professor Haeberle –

http://www2.hu-berlin.de/sexology/ECE6/html/foot_binding.html)

 

Brevemente: Con fattori culturali che giocano un ruolo così importante bisogna stare molto attenti quando si tenta di stabilire criteri diagnostici “obiettivi” per ordine o disordine nel comportamento sessuale umano. Ciò non significa che gli psichiatri non possano e non debbano intervenire in certe situazioni concrete. Ma essi saranno più in grado di farlo effettivamente se rinunciano a dubbie affermazioni e pronunciamenti assoluti basati su convinzioni morali non riconosciute.

 

Con ciò arriviamo ora ai termini “parafilia” e “disordine”: Posso solo ripeterlo: Sono termini prescientifici e tali rimarranno per sempre. Naturalmente, quando F.S. Kraus creò più di cento anni fa il termine “parafilia”, aveva le migliori intenzioni.

 

Ma, come io sostengo, non si può continuare così. “Parafilia” e “disordine” sono giudizi di valore negativo e non la descrizione obiettiva dei fatti. Gli psichiatri non fanno alcun favore a loro stessi continuando ad adottare questi termini moralistici. Se desiderano rispetto nel futuro farebbero bene a cercare espressioni nuove e più neutrali. Non voglio essere pignolo o negativo. Ritengo soltanto che i miei stimati colleghi, accurati e seri come sono e guidati dalle più nobili motivazioni, stiano lottando per una causa persa.

 

Ritengo che il vero problema qui è nel concetto stesso di parafilia. Non c’è scampo: E’ e rimarrà sempre un termine essenzialmente ideologico. Non è una descrizione neutrale di qualcosa, ma un giudizio morale negativo. Non serve di separarlo in parafilia e disordine parafiliaco! Per questo si può consultare il mio dizionario critico (Critical dictionary sul mio sito: http://www2.hu-berlin.de/sexology/GESUND/ARCHIV/CDS.HTM)

 

PARAFILIA. (greco “accanto a” & “amore”, in altre parole “amore di seconda classe”)… un termine ora preferito invece di quelli più vecchi come “perversione”, “aberrazione” e “deviazione” che sono caduti in disuso perché troppo rigidi ed ideologici. Ma anche il nuovo termine non rappresenta veramente alcun progresso intellettuale, in quanto anch’esso assume ed implica l’esistenza di un amore (filia) “reale”, “vero”, “naturale” e “corretto”, che ha parenti di rango minore, che si trovano accanto, dietro o sotto, esattamente come il personale paramedico sta dietro o sotto il “vero” dottore. Parlando scientificamente, questo è un’assunzione senza garanzie di fondatezza. Professionisti in ogni campo dovrebbero chiaramente ed apertamente formulare la loro disapprovazione ogni volta che questi termini vengono pronunciati. Termini che potrebbero essere convincenti in alcuni casi, ma che in altri casi non sarebbero altro che pregiudizi.

 

In altre parole: Tutte le persone che usano il termine “parafilia”, con questo pretendono indirettamente di sapere che cosa è giusto o sbagliato nel comportamento sessuale umano. La stessa cosa vale per la parola “disordine”. Ripeto, chi pronuncia queste parole pretende di essere a conoscenza dell’ordine unico e corretto. Una tale pretesa può avere un qualche senso quando si parla a proposito del corpo umano e le sue funzioni, anche se, come ci ricordano casi di sesso fisico indeterminato che anche lì il termine può risultare controverso. Per esempio, alcuni medici bene intenzionati, in relazione all’intersessualità, avevano introdotto il termine “Disordine dello Sviluppo Sessuale” (Disorders of Sex Development DSD). Non era una sorpresa che questo non stava bene agli intersessuali che si sentirono denigrati da una caratterizzazione così peggiorativa. Per questa ragione coloro, in risposta,  hanno suggerito l’espressione meno giudicatoria “Differenze di Sviluppo Sessuale” (termine accorciato in lingua inglese DSD).

 

Inoltre:

Molta gente si ricorda dei tempi in cui gli psichiatri consideravano la masturbazione solitaria ed il comportamento omosessuale come sintomi di psicopatologia, in altre parole come disordini sessuali. Infatti, la Chiesa Cattolica sta ancora mantenendo parte di questa tradizione, dichiarando tuttora nel catechismo che “gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati”. Per supportare questa opinione gli autori citano la dottrina della Legge Naturale.

 

Per una discussione su questa dottrina si può cliccare qui. (Per dettagli pregasi di vedere “click here” sul sito del professor Haeberle – http://www2.huberlin.de/sexology/ATLAS_EN/html/natural_law_and_the_laws_of_na.html

 

Per noi sessuologi moderni dovrebbe essere più che chiaro che la dottrina della Legge Naturale non può trovare posto nella scienza. Per questa ragione dovrebbe essere ugualmente chiaro che il termine “disordine” non è più accettabile quando ha a che fare con qualcosa di così complesso come il comportamento sessuale umano. Gli scienziati dovrebbero lasciare questa certezza morale (o meglio: dogmatismo) alle autorità religiose.

 

In conclusione: Noi nel mondo sessuologico dovremmo, una volta per tutte, eliminare i termini moralistici e prescientifici “parafilia” e “disordine”. Dovremmo invece preoccuparci dei comportamenti che causano angoscia o danni alle persone implicate e/o causano danni ad altri. Ed è qui che dovremmo cercare (e sono sicuro che li troveremo) termini moralmente neutrali e puramente descrittivi, i quali, alla fine, dovrebbero rafforzare e non indebolire l’autorità degli psichiatri ed altri ai quali potrebbero venir richiesti degli interventi.

 

Forse qualcosa come “ interessi erotici che possano avvantaggiarsi da una terapia o richiedere una particolare attenzione”. Non sono un classicista, ma uno dei nostri colleghi che conosce a fondo il greco ed il latino potrebbe probabilmente trovare termini nuovi e gradevoli greci o latini che non pregiudichino i risultati già prima di cominciare! Se un tale nuovo termine suona abbastanza bene verrà senz’altro accettato dalla professione psichiatrica. Allora tutti saranno felici ed il presente dibattito inutile, senza fine e spesso acrimonioso arriverà ad una fine armoniosa.

Erwin J. Haeberle 

 

(1) Cantor, J. M., Blanchard, R., & Barbaree, H. E. Sexual disorders in P. H. Blaney & T. Millon (Eds.), Oxford textbook of psychopathology (2nd ed.). New York: Oxford University Press 2009 (pp. 527–548).

 

Berlino, luglio 2010 – Tradotto in italiano da Peter Boom

http://www2.hu-berlin.de/sexology http://www.pansexuality.it

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Stephen William Hawking… e l’intuizione della Spiritualità Laica: “L’universo é spontaneamente autocreato…”

Proprio in corrispondenza della prossima visita del papa cattolico Ratzinger in Inghilterra, entro la prima metà di settembre di quest’anno, viene presentato al pubblico il nuovo libro del fisico britannico Stephen William Hawking, definito “il genio del presente millennio”.

 

Le conclusioni a cui giunge il fisico quantistico vanno nella direzione di una sostanziale negazione del creazionismo.

 

In seguito al Big Bang ed alla forza di gravità ed alla natura intrinseca delle particelle quantiche la materia universale che noi conosciamo si é autogenerata… dal vuoto, senza alcun bisogno di intervento divino”. Come dire che Dio non esiste e che la materia e la vita sono la risultanza di un processo naturale. Queste ipotesi del Tutto che genera il Tutto seguono la teoria di Albert Einstein della relatività dello Spazio – Tempo, che funge anch’essa da sostegno all’anti-creazionismo.

 

Le tesi del ricercatore britannico sono molto affini alle intuizioni della “spiritualità laica o atea” ampiamente espresse dal sottoscritto in diverse occasioni. Quindi la corroborazione scientifica, fornita da Hawking, sulla non esistenza di un Creatore (come solitamente viene inteso Dio) mi trova perfettamente in sintonia.

 

La verità é che la negazione della creazione, in quanto opera di un Dio personale, é ben più antica delle “scoperte scientifiche” del fisico inglese o delle “intuizioni spirituali laiche”. Addirittura essa risale a migliaia di anni prima della nostra era. Il concetto era già presente nella filosofia “Non-duale” dell’India e nel Taoismo Cinese, ed ebbe una sponda anche nella teoria buddista del “Vuoto” (o Sunya).

 

E cosa dicono queste filosofie?

 

La manifestazione appare nell’Assoluto attraverso uno spontaneo movimento o “Potere” (Shakti) in esso intrinseco. L’Assoluto non crea egli semplicemente é. Non ha volontà né desiderio.

 

Tutto l’esistente é nell’Advaita (Non-dualismo) una naturale espressione dell’energia propria dell’Essere, non c’é compimento deliberato o finalità nella manifestazione. Dal punto di vista “empirico” la spiegazione che viene data dell’evento “creativo” é quella del movimento energetico, un “gradiente” che viene a formarsi in seguito all’apparizione nello specchio riflettente della mente cosmica del concetto di spazio e di tempo. Una sorta di condizionamento o capacità della mente di proiettarsi in quel “continuum” attraverso la formazione di una serie incessante di “fotogrammi”, definiti “momenti” e “luoghi”. Potremmo dire che tale “continuum” corrisponde, ab initium, al cosiddetto Big Bang, Ed in effetti lo spazio ed il tempo sorgono contemporaneamente da quella ipotetica espansione primordiale. Ma anche affermare che la manifestazione é iniziata in un certo tempo e che si protrae nello spazio é una concessione all’esperienza vissuta dagli “esseri” che si muovono all’interno dello spazio/tempo. In verità tali “esseri” sono anch’essi concettuali e relativi tanto quanto l’esistenza del trascorrere del tempo e dell’espandersi nello spazio. Il Vuoto, o l’Assoluto, insomma prevale sempre, tutto contiene e tutto trascende.

 

Nel Taoismo quel che viene definito spazio é detto “Yin” e quel che é chiamato tempo viene detto “Yang”. L’incontro, o frizione, fra queste due forze insite nel Tao (Assoluto), produce tutti gli effetti visibili (ovvero la nascita delle cosiddette “diecimila creature”). Nel Tao non v’é intento, l’interezza del manifesto é il risultato di uno spontaneo alternarsi o rincorrersi delle energie Yin e Yang lungo una spirale infinita.

 

Nel Buddismo l’unica concessione che viene fatta all’esistenza di un “Dio” é nella forma di un potere di compensazione insito nella legge di causa-effetto. Egli viene perciò descritto come il dispensatore della retribuzione karmica. Ma mai assume una forma specifica come nelle religioni cristiane o musulmane o comunque adoranti un “Dio personale”.

 

Come sorge allora nelle fedi monoteiste o politeiste l’idea di un Dio “creatore e signore del cielo e della terra”? E’ evidente che tale pensiero viene strutturato nella mente individuale dell’uomo come un tentativo di dare una risposta ed un senso alla sua identificazione con la forma e con il suo ritenere “vero e reale” il manifestarsi degli avvenimenti osservati nello spazio tempo. Pertanto si suppone l’esistenza di un’entità superiore che “sovrintende” alle attività dell’universo. Questa credenza é sia una consolazione alla propria ipotetica inferiorità rispetto al nostro percepirci come presenti nel mondo sia un pensiero speculativo funzionale all’illusione separativa. In verità l’Universo é un tutto inscindibile e come in un ologramma ogni singola particella contiene quel Tutto in modo integrale. Questo é vero anche in senso logico poiché il Tutto non può essere mai scisso, pur manifestandosi nelle differenze apparenti.

 

Invero anche quando riteniamo di essere una parte e separati dal Tutto non possiamo fare a meno di affermarlo attraverso la coscienza che é la radice del nostro sentire e l’unica prova del nostro esistere. Tale coscienza é caratteristica comune di ogni forma vivente ed é connaturata nella natura stessa. In fieri, o in latenza, nella materia cosiddetta inorganica ed in evidenza nelle forme organiche, che della materia sono una trasformazione biochimica. Ed é appunto in questa “coscienza” -meglio definirla “consapevolezza”- che la manifestazione prende forma e diventa esperienza sensoriale. E tale coscienza, in quanto naturale espressione dell’Assoluto, é unica ed indivisibile, essa rappresenta la vera realtà di ogni essere. Sia esso un ipotetico Dio od un’ameba od un germe od una pietra… e di questo la fisica quantistica può darne una dimostrazione.

 

Auguro perciò al ricercatore Stephen William Hawking un successo nello scardinare almeno l’ignoranza più grossolana sulla vera natura dell’Essere e dell’Esistere.

 

Paolo D’Arpini

 

Altri articoli sulla Spiritualità Laica:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=spiritualit%C3%A0+laica

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Nicola Calipari, martire di una guerra continua… – Storia di un mediatore di pace caduto e dimenticato

Ante scriptum

non si fa altro che parlare di vari scenari di guerra nel mondo.. così l’attenzione é sempre rivolta al conflitto fra esseri umani e non si tiene conto dell’opera mediatrice e pacificatrice di alcuni uomini che sono stati sacrificati per ragioni di stato e di convenienza politica… Accadde con Aldo Moro… e più recentemente é accaduto con Nicola Calipari, il funzionario dimenticato… Il suo martirio è avvenuto in un giorno freddo dei primi di marzo, quanti anni sono passati..? In questi tempi velocissimi si fa presto a dimenticare sembra quasi di un secolo.. ma era il 4 Marzo 2005…

Paolo D’Arpini

 

Nicola Calipari, esempio di dignità umana

 

Vorrei qui ricordare la morte di Nicola Calipari il funzionario ed uomo che ha salvato e sacrificato la sua vita per riportare in patria la giornalista Giuliana Sgrena.

Sono trascorsi soltanto cinque anni dal giorno in cui a seguito della guerra in Iraq, e dall’occupazione del territorio da parte delle truppe americane ed italiane fu rapita la giornalista in questione, e proprio per riportarla sana e salva in Italia, un nostro funzionario, Nicola Calipari, ha pagato con la sua vita un errore commesso ad un posto di blocco dalle truppe americane, e passato ad i nostri occhi dai giornali come un “eroe di guerra”.

 

La retorica applicata per la sua scomparsa e l’ipocrisia dei “potenti” paragonata come le scuse per aver urtato e rotto un bicchiere d’acqua su una tavola imbandita e nulla di più . Oggi non è tempo di ipocrisie sia per la famiglia Calipari, né per tutti, padri, madri, figli, figlie e famiglie irachene che hanno perso i loro cari a causa della violenza di una guerra che in apparenza doveva soltanto rintracciare da parte degli italiani bombe atomiche, trovare un dittatore, e che invece si è trasformata in odio per l’Italia una nazione sempre amica di tutti i popoli, che è passata da popolo “amico” a popolo “nemico”.

 

Non sono sufficienti le scuse da parte di chi governa, si chiede giustizia e non vendetta per dare un senso a questa vicenda che ha seminato morte in Iraq. Per salvare una vita umana, quella di Giuliana Sgrena, ci siamo mobilitati in migliaia per questo. Qualcuno ha voluto invece usare un’arma e premere un grilletto per interrompere invece i nostri progetti e la vita di un “mediatore di pace”. Un uomo ucciso senza apparente motivo soltanto dalla follia della guerra. Il suo non è stato un valore guerresco, ma soltanto un alto valore umano di chi opera per la vita e contro la violenza. Per questo non è vigliacco chi chiede la fine delle guerre, ma soltanto persone che operano per la pace nel mondo e questo non faccia dimenticare solo dopo cinque anni il suo gesto, quello di Nicola Calipari, come un eroe, ma semplicemente di un alto funzionario che per mezzo delle sue mediazioni si è adoperato per la pace dei popoli, pagando un errore della guerra con la sua vita che non ha certamente prezzo al pari della guerra, ma un immenso valore umano che non potremmo avere mai più.

 

Rita De Angelis.

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