La religione degli opposti: “Povero diavolo… assunto a tempo pieno al servizio di Dio!”

    “Per essere blu, sei proprio blu” Gli disse il ragazzino.

    “Ma non ti faccio paura? Neanche un po’?”

    “Chi, tu? Con quella faccia? Ah ha ha!” E se ne andò per la sua strada.

    Tempi duri per i diavoli, pensò lui. E dire che questa sua comparsa sulla terra l’aveva studiata fin nei minimi dettagli. Ma i tempi erano cambiati…D’altra parte un po’ capiva questi esseri umani: anche lui era stato un ribelle, ai suoi tempi…

    Adesso però che i quadri dirigenziali erano stati ridimensionati, il suo ruolo era diventato più importante. Comunque ormai la tentazione non andava più di moda, non faceva tendenza, non creava mercato.Quindi anche lui si era dovuto reinventare, per così dire. L’intraprendenza non gli mancava, però comprese subito, fin dalla sua prima apparizione, che doveva lavorare sulla sua immagine. Aveva bisogno di qualcosa che si vendesse meglio.

    Tanto fece, tanto brigò, tanto studiò che alla fine si ritenne piuttosto soddisfatto di sé. Gli occhiali cerchiati di tartaruga, seppure un po’ demodè, gli davano l’aria dell’irreprensibile studioso. La camicia di Versace aperta sul petto villoso richiamava alla mente i fasti da playboy di Porfirio Rubirosa. Il vezzoso ciuffo imbrillantinato gli spennellava addosso un’affascinante aria da gioventù bruciata, un po’ Marlon, un po’ Elvis, un po’ Johnny Halliday, e tanto James Dean. L’impermeabile non poteva che far pensare all’agente 007, con quel non so che di misterioso, di inafferrabile. Le scarpe di  Calvin Klein e il rolex d’oro completavano l’opera con eleganza appena un po’ ostentata.

C’era solo qualcosa che non andava del tutto: non si capiva, alla fin fine, se era uomo o donna.

    C’era solo qualcosa che non andava del tutto: non si capiva, alla fin fine, se era uomo o donna. Tutti gli accessori erano perfetti ma la faccia lo tradiva ancora, e quel rigonfiamento sul petto. Ma per quello non ci poteva fare proprio niente…

    Entrò  in un bar, guardandosi un po’ interdetto al grande specchio, quando la giovane cameriera gli si rivolse:

    “Signore….ehm…signora…se vuole qui c’è un tavolo libero”

    “Ah…grazie” rispose con quella voce  che non si capiva se era un uomo con la voce alta o una donna con la voce bassa. Nel dubbio, la cameriera decise di non rivolgergli più nessuna desinenza. 

    In compenso un gay seduto ad un tavolo e una lesbica seduta ad un altro gli fecero l’occhiolino e lo fissavano  mangiandoselo con gli occhi.

    Uscì  precipitosamente. Non ne glie ne andava bene una, oh!

    Andò  da un chirurgo plastico, che però non capiva se voleva che gli togliesse il pene o i seni: e lui non sapeva decidersi.

    Non sapeva più dove sbattere la testa. Era lì, seduto su di una panchina al parco, quando sentì la voce.

    “Lei ha bisogno di un manager, ecco quel che le serve” chi gli parlava era un uomo sulla sessantina, magro e alto, occhi azzurri e capelli lunghi e fluenti fino alle spalle; pizzetto alla Buffalo Bill, cappello a larghe falde Stetson da cowboy, giacca di pelle scamosciata con le frange, un grosso sigaro da cui esalava un odore pestilenziale. Un enorme anello al dito. Sembrava proprio Buffalo Bill!

    “Ma mi faccia il piacere! Io sono un manager!” rispose lui sconsolato.

    “Bè, viene sempre il giorno in cui bisogna rimettersi in gioco, rimettersi in discussione…rinnovarsi, insomma!”

    “C’ho provato…ma guardi un po’ i risultati….A proposito: lei come fa a sapere chi sono, e come faceva prima a sapere ciò che stavo pensando… e a conoscere le mie pene segrete?”

    “Bè, non penserà di avere lei l’esclusiva sull’irrazionale, no?”

    “No, ma….”

    “Ma cosa?”

    “Io sono il non plus ultra nel campo!”

    “Forse sarebbe meglio dire “era”, caro amico”

    “D’accordo, d’accordo…  e lei, sapientone, che cosa suggerirebbe?”

    “Lei si deve calare completamente nel personaggio che sta rispecchiando di volta in volta, perché solo così la gente le darà retta…non può proporsi come due cose allo stesso tempo, perché il mondo dell’uomo è duale…la loro percezione funziona in base a questo paradigma, e non c’è spazio per gli ibridi…almeno prima del processo di trasformazione, alla fine del quale più che un ibrido, c’è qualcosa di completo, di unitario. ”

    “Senta un po’, signor cervellone, e come pensa di realizzare questo piano?”

    “Lasci perdere l’immagine: è la sostanza che conta! E’ tutto qui! ” Disse indicandosi la testa.

    Il Diavolo allora, galvanizzato da questo discorsetto, ripartì all’attacco. Usò il potere della mente per convincersi di essere uomo o donna a seconda del caso ed entrare perfettamente nella parte, ed ebbe un sacco di successo. Conquistava uomini e donne a destra e sinistra, riportandoli in linea con la loro essenza; li seguiva per un po’ finchè non vedeva che si erano riappropriati di se stessi mediante il suo aiuto. Li aiutava ad esplorare il loro inconscio, farsi domande profonde su se stessi, interpretando di volta in volta  la parte dell’amico, dell’amante, di un professore, un giornalista, uno scrittore, uno psicanalista. Incarnava sempre la loro parte oscura, tenebrosa,  torbida, per incitarli così a riconoscere e  poi sfidare le loro ombre, i loro dissidi interiori, ad affontare i conflitti e le incongruenze, portandoli fin sulla soglia della consapevolezza; da lì avrebbero dovuto proseguire da soli. A quel punto spariva dalla loro vita, non prima però di averli aiutati a essere più consci di un loro altro aspetto ancora: del loro lato femminile se erano uomini, del loro lato maschile se erano donne. Il processo poteva essere molto conflittuale, per via della negazione tradizionale di queste componenti, ma era l’unico modo per recuperare parti di sé non ancora conosciute, non ancora integrate.

    Arrivò  il momento che si volle prendere un po’ di ferie. Era lì, un po’ affaticato, un po’ scarico sulla panchina del parco, che rivide il suo “manager”.

    “E’ pronto per il cambio?” Gli chiese quello.

    “Finalmente! Ho proprio bisogno di un  po’ di riposo! Anche perché oltre un certo punto non riesco proprio a portarli”

    “Sono qui io per questo”

    “Perfetto. Allora, arrivederci e buon lavoro” gli disse stringendogli la mano “ e ancora grazie infinite. Senza di lei non ce l’avrei mai fatta! Ma a proposito, come si chiama?”

    “Per la verità ho un sacco di nomi, e a volte è anche un po’ fastidioso. Ma gli amici mi chiamano Dio.” 

Simone Sutra – Per informazioni  sui i suoi libri: itdavol@tin.it

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