Archivio di settembre 2009

Storie di uomini e di animali. Il merlo ed il cobra, la scimmia e la tigre, la lepre ed il cacciatore, l’essere umano ed il santo… Compagni di viaggio: Angela Braghin e Paolo D’Arpini

“Quando una particolare anima chiama le anime che le sono affini e le incontra  l’amore giunge a compimento..”   (Saul Arpino)

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Stamattina, quando ho varcato il cancello del parcheggio c’era un merlo che credo di aver infastidito con gli anabbaglianti dell’auto…

Allora lui ha zampettato e ha rivolto lo sguardo verso di me, e mi è venuto spontaneo sorridergli e augurare anche a lui una buona nuova giornata…. Ed è stato in quel momento che, sempre zampettando, invece di allontanarsi, si è spostato… come a lasciarmi passare…. e di conseguenza io, continuando a sorridere, ho capito che sarebbe stata per me una gran bella giornata…. che dentro il mio cuore ho dedicato a te e tutte le creature dolci e amorevoli che attraversano il mio cammino….

Poi, ho letto l’ennesima notizia ” due cacciatori litigano perché ognuno dei due rivendicava il possesso di una lepre, la lite si trasforma in tragedia, uno di due spara all’altro”…..

A quale tragedia si riferiva il cronista? Alla morte di uno dei due cacciatori, o all’assassinio di una povera, piccola, indifesa lepre?

Ringrazia Hari Atma per le sue parole, ma credo semplicemente che in ognuno di noi ci sia l’arcobaleno, tutto sta nel saper cogliere la giusta luce…. Ma mi piace tanto l’idea di essere “un tuo piccolo seme”……

Angela Braghin  (la Tigre)

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Angelina… ognuno cerca di riposare il proprio cuore nel cuore di chi sente affine….

Una bella esperienza è l’amore che non ha fine, l’amore che si prova in ogni situazione e verso ogni essere, che sia una lepre od un cacciatore. Le vie del karma sono misteriose e non sta a noi giudicare i risultati. L’odio e l’offesa verso qualsiasi creatura è oltraggioso nei confronti della vita… Ma attenzione, ciò non impedisce di ritrarsi o difendersi  se l’occasione lo richiede ..

Ti ricordi la storia del serpente?  Assomiglia a quella del lupo di San Francesco.

Un santo si trova a passare da un villaggio e quando sta per allontanarsi lungo una strada alcuni devoti lo mettono in guardia e gli dicono: “Da quella parte c’è un serpente velenoso che uccide tutti i passanti.. non andarci..” 

 Ma il santo  ribatte: “Non temo nessuna creatura di Dio, saprò come cavarmela..” e si incammina.

Vero come il sole un cobra gli si para dinnanzi pronto ad avventarsi contro di lui.  Ma egli  conosce le incantazioni per addolcire l’animale e lo pacifica. Il serpente si converte al bene e chiede l’iniziazione al santo. Questi gliela concede con la raccomandazione di non ingiuriare ed uccidere più nessuno. Il serpente promette e ripetendo il mantra ricevuto purifica il suo cuore, diventa persino vegetariano e gentile.

Dopo un po’ i ragazzi del paese si accorgono che l’atteggiamento del serpente è cambiato, pian piano si avvicinano a lui e siccome scoprono che egli non nuoce più prendono  a molestarlo  con sassate ed altri dispetti, finché un giorno armati di bastone lo riempiono di botte e lo lasciano lì nella strada mezzo stecchito.

Il serpente che ormai era stato iniziato allo spirito non poteva morire così, essendo protetto dalla grazia di Dio e  del santo, ed infatti malconcio com’è si ritira in un buco e resta nascosto  in meditazione uscendo fuori solo di notte per nutrirsi di foglie.

Dopo un anno il santo passa ancora di là e chiede ai paesani: “Vi ha più infastiditi quel cobra?”  “No, no – dicono i paesani- anzi veramente i nostri ragazzi gli hanno dato una bella lezione e non l’abbiamo più visto da parecchio”.

Il santo va subito in cerca del serpente e lo chiama con il suo nome iniziatico finché il rettile esce dall’anfratto in cui si è riparato e si inchina ai suoi piedi, accogliendolo con gioia…

“Come mai sei così magro e malridotto?” Gli fa il santo 

“Ah.. santo padre, da quando sei partito la mia vita è cambiata, ora sono vegetariano e non ho più aggredito nessuno, mangio solo foglie secche..”

“Non può essere che essendo diventato vegetariano tu sia così sbrindellato, deve essere successo qualcosa d’altro… dimmelo”

“Ah.. è vero, ma non è stata colpa loro credimi padre, i bambini pensando che io fossi ancora cattivo sono venuti a battermi ed io non ho reagito per rispettare il  tuo insegnamento di non molestare alcun essere… così mi hanno preso a bastonate e rotto un po’ di vertebre…”

“Non è giusto restare passivi di fronte alla violenza gratuita – gli dice il santo- io ti avevo raccomandato di non aggredire e  mordere gli altri con il tuo veleno mortale ma non ti ho proibito di soffiare come fanno tutti i serpenti quando sono arrabbiati… quello sarebbe stato sufficiente ad intimorire i ragazzi ed a evitarti questo sconcio…”

Paolo D’Arpini  (la Scimmia)

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Formaggio con un nome… ovvero: “La personalizzazione bioregionale del cibo..” di Etain Addey – Intervento scritto per il convegno su “Ecologia profonda, alimentazione naturale, spiritualità senza frontiere” Roma, dal 2 al 4 ottobre 2009 – Arancera delle Serre di San Sisto

La settimana scorsa ho fatto il primo formaggio della stagione: la stagionatura è durata solo tre giorni perché era esattamente un anno e mezzo che non facevamo più il pecorino e quindi non abbiamo resistito alla tentazione di tagliare subito questa prima forma.  Anche se il formaggio di tre giorni ha poco sapore, il piacere di assaggiare di nuovo il pecorino fatto in casa era troppo grosso.  L’anno scorso ci è successo un fatto sconvolgente: le pecore non hanno partorito, evidentemente perché il montone non era buono. Non ci era mai successo in ventisette anni, e ci ha fatto toccare con mano come l’intera stagione della mungitura dipenda da quest’unico animale maschio.  Questo anno abbiamo comprato un montone nuovo.

Normalmente si aspettano almeno tre settimane per assaggiare il formaggio fresco, quando avrà sviluppato quel sapore complesso che viene dal latte di pecora, perché in verità i primissimi giorni sa solo di latte e sale.  Ma che dico, “di pecora”?  Questo è il latte di Fatima, Violetta, Check, Mate, Mascara, Cioccolato, Scossa, Sonia, Gessica, Carnevale, Giacinta, Sunny, Costanza, Margarita e Lunetta. Non dico che si sente proprio il sapore del latte di ognuna, ma ieri ho letto sul giornale un trafiletto che riportava il risultato emerso da uno studio condotto dall’Università di Newcastle e pubblicato dalla rivista Anthrozoos e cioè:“Una mucca anonima, senza nome, produce meno latte di una che un nome invece ce l’ha”.

Sono quelle ricerche che fanno sorridere perché sono stati spesi soldi e usate energie intellettuali per sapere una cosa che, a pensarci bene, è evidente!  Il fatto di dare un nome a un animale, come a una mucca o a una pecora, implica un rapporto molto diverso da quello che potrebbe esistere tra un operaio che munge meccanicamente e la mucca che malvolentieri porta sull’orecchio una brutta targa di plastica gialla con scritto CL299644021.  Anche quella mucca ha una sua grande dignità e interiorità ma nessuno l’ha riconosciuta e quindi quella mucca non “dà il latte”: le viene tolto 

Quando una pecora o una mucca ha un nome, vuol dire che qualcuno si preoccupa di lei, le riconosce una sua individualità e una sua storia.  Non abbiamo una pecora di cui non conosciamo la parentela, la personalità, le abitudini, la storia personale. Quando mungo Fatima, mi ricordo della sua mamma Ultima che da agnello si perse nel bosco per alcune settimane finché fu trovata da Martino di notte e riportato a casa solo dopo molte ore.  Quella volta l’amico Neil e io abbiamo dovuto tagliare un passaggio fra i rovi nel buio fino al precipizio dove era prigioniero Martino con l’agnello Ultima in spalla. Mi ricordo anche la mamma di Ultima, che era una di tre agnelli gemelli.  Era così piccola che Luigi me l’aveva regalata nella speranza che con amore e biberon la salvassi dalla fame. Quella notte che Luigi arrivò a casa con Clara neonata era il 9 febbraio, la notte che avevo appena saputo che mio padre stava morendo. Quell’animale fra le mani quella sera mi ricordò con la sua piccola presenza che la vita continua. Fra le lacrime ho tirato su Clara e ha fatto parte del gregge per moltissimi anni, era sempre una pecora piccola ma era di una determinazione incredibile e ha fatto poi molti agnelli vispi.  Fatima le assomiglia e ora che è vecchia, abbiamo tenuto una sua figlia, Violetta, per non perdere quella famiglia nel gregge.

Fatima è una delle pecore che viene da sola a farsi mungere e quando ha qualcosa che non va, un ramo fastidioso di spine attaccato alla lana o un piede che le fa male, si avvicina perché sa che noi l’aiutiamo. E’ naturale che un animale con un rapporto del genere con chi la munge non trattenga il latte, ma lo lasci scorrere.

Rosa spesso mi ha raccontato la storia di una vacca che avevano nella stalla anni fa. La chiamavano “la Barembana” (che credo significhi Maremmana) perché aveva le corna larghe.  “Era molto brava. Un anno con il latte suo ho fatto novanta forme di formaggio! Ma solo Antonio la poteva mungere! A lui la vacca era affezionata. Per lui faceva di tutto.  Pensa che quando la Barembana arava con il compagno, se non riusciva a tirare, si inginocchiava addirittura per fare forza, povera bestia!”  Della Barembana Rosa si ricorda ridendo vari episodi di vita. “Una volta mi chiamò il Roscio di Gigino che veniva su dal campo di sotto dove aveva colto alcune piante di granturco.  Passava per il campo dove pascolava la Barembana e mi urlava <Rosa, appiccichi ‘l foco che fammo il granturco arrosto!> Quella vacca l’ha visto e gli ha fatto la caccia per tutta la salita e il Roscio a urlare <Rosa, la vacca!> E io a rispondere <Buttale giù le piante> e lui aveva tanta paura che le ha buttate le piante con tutto il granturco! Io volevo dire solo le foglie, che la Barembana era ghiotta parecchia di quelle foglie!”

La Barembana era diventata famosa nel vicinato per quanto latte dava, e già che non era neanche una mucca da latte ma una vacca “da tiro”.  Sapendo delle novanta forme di formaggio, uno dei vicini, un certo Melchiore, era solito pregare Antonio ogni volta che passava davanti a casa,  “Vendetemi ‘sta vacca che mi piace tanto!” Antonio gli rispondeva che non sarebbe riuscito a mungerla, “Neanche la Rosa ci riesce” lo avvertiva sempre. “Ci riesco, ci riesco, che voialtri ci cavate tanto latte e a me ‘l formaggio piace!” insisteva Melchiore.

L’hanno venduta e mi rattrista sempre questo fatto perché la vacca sarà rimasta male, ma in campagna c’è una specie di legge non scritta che dice che se qualcuno desidera proprio un tuo animale, alla fine porta male non darglielo, rimane l’invidia…

“Melchiore ha portato a casa sua la Barembana e oh! Non è mai riuscito a cavare una goccia di latte da quella vacca!”

Le novanta forme di formaggio erano frutto di una sottile reciprocità e così credo anche il nostro pecorino.

Etain Addey

 

Il presente articolo è stato scritto come intervento  per la manifestazione “Ecologia profonda, alimentazione naturale, spiritualità senza frontiere” – Roma: del 2 e 4 ottobre 2009 – Arancera di San Sisto

Il manifesto introduttivo:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/03/29/deep-ecology-and-lay-spirituality-as-an-answer-to-the-evolution-of-our-urbanized-society-ecologia-profonda-e-spiritualita-laica-come-risposta-evolutiva-per-la-nostra-societa-urbanizzata/

Programma Generale:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/09/07/roma-%e2%80%9cecologia-profonda-alimentazione-naturale-spiritualita-senza-frontiere%e2%80%9d-dal-2-al-4-ottobre-2009-%e2%80%93-serre-di-san-sisto-via-valle-delle-camene-14-programma-generale/

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Calcata – Il Ciclo della Vita – Dal 31 ottobre all’8 novembre 2009 – Centro Visite del Parco del Treja e Circolo Vegetariano VV.TT.

L’iniziativa promossa dal Circolo Vegetariano di Calcata in collaborazione con Ass. per la Promozione delle Arti in Italia è uno di quegli appuntamenti che hanno fatto e fanno la storia di Calcata. Infatti questa manifestazione si svolge da circa 20 anni ed iniziò in tutta semplicità come un incontro per rivalutare le tradizioni antiche locali.

Nella Valle del Treja da tempo immemorabile e sino agli anni ‘60 del secolo scorso c’era la tradizione contadina di festeggiare il 31 ottobre ed i primi giorni di novembre come momento magico dell’anno. La leggenda narra che la notte fra il 31 ottobre ed il primo novembre sulla collina di Narce si svolgesse un sabba in cui tutte le streghe ed i maghi del circondario si riunivano e danzavano alla luce di fuochi e della luna.

Di queste storie magiche di Calcata anni fa raccogliemmo memoria con una mostra di Andrea e Luca Nemiz, denominata appunto “Sabbat”.

Il Parco del Treja esplicita al suo interno grandi potenzialità di sviluppo culturale, sia per la storia antichissima correlata ai Falisci, sia per la bellezza ambientale ed architettonica dei due centri storici di Calcata e Mazzano, sia per la presenza di numerose realtà culturali che variamente illustrano modelli di sviluppo ecologico, sociale, umano. Anche stavolta le energie vengono fuse in una azione collettiva sul tema della trasformazione – Ovvero: il Ciclo della Vita. La manifestazione si tiene al Centro Visite del Parco del Treja e nella sede del Circolo Vegetariano VV.TT.  dal 31.10 all’8.11.09 ed al suo interno prevede vari momenti clou, per intuire e capire il significato del mutamento.

Questo è il momento in cui la vita esprime la sua magia. Il frutto cade sulla terra e inizia pian piano a marcire finché il seme non si è creato un letto di foglie e terriccio sul suolo umido. In questo “sfaldamento” è racchiuso tutto il senso della morte e della rinascita. Ma si dice anche che l’ultimo frutto non mangiato della pianta, quello che rimane sul ramo più alto, che resta maturo sotto i raggi dell’ultimo sole autunnale, è il vero figlio dell’albero che viene offerto al cielo. Fra questi due modelli, il ritorno alla Terra ed il ritorno al Cielo, si svolge il significato della nostra stessa esistenza.

Programma generale:

31 Ottobre 2009 – h. 17.00 – Inaugurazione della mostra sul “Ciclo della Vita” e discorso interattivo con gli artisti. Distacco ed estasi diapositive.

1 Novembre 2009 – h. 17.00 – Cerimonia – Spettacolo: “Suggestioni in trasformazione” – Interventi, diapositive e musica in tema con poesie.

7 Novembre 2009 – h 11.00 – Passeggiata conoscitiva nel Parco e raccolta strumenti musicali naturali. Partenza da Via del Fontanile, Circolo Vegetariano.

8 Novembre 2009 h. 17.00 – Viaggio all’Origine: diapositive e tavola rotonda. Conclusioni e progetti futuri e rinfresco con bevande e dolci da ognuno portati.

Infoline Programmi: 0761-587200 – circolo.vegetariano@libero.it

Per partecipare alla Mostra d’Arte: 333.5994451 –  info.apai@virgilio.it

Viene richiesto il patrocinio di: Comune di Calcata, Parco Valle del Treja, Provincia di Viterbo.

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Bologna: Esperimenti di sopravvivenza vegetariana bioregionale in città… “dagli orti di guerra al club degli ortolani urbani”

La campagna si sta facendo silenziosamente strada tra le vie delle città, anzi, per dirla col nome di una fanzine distribuita a Bologna dal centro sociale xm24, si sta insinuando sempre più nelle Crepe Urbane dei centri abitati. Nel tentativo di tracciare la cronaca dell’evoluzione verde del capoluogo emiliano, Crepe Urbane racconta storie di orticultori in aree residenziali, insomma di tutti quei «guerriglieri verdi» che lottano per riconquistare spazi verdi tra palazzi di cemento.

Tra le città italiane Bologna ha fatto da capostipite nella promozione degli orti sociali destinati ai pensionati, aumentando progressivamente il numero di appezzamenti coltivati, fino ad arrivare a contarne oggi più di 3000, distribuiti su otto quartieri cittadini. Nati con l’intento di creare centri di aggregazione, questi orti urbani forniscono ai pensionati luoghi in cui incontrarsi e chiacchierare tra un colpo di zappa e l’altro.

A Bologna l’esperienza degli orti sociali ha inizio nei primi anni Ottanta, non è quindi un caso che proprio qui nasca, nel 1990, l’Associazione Nazionale Centri Sociali, Comitati Anziani e Orti (ANCeSCAO), un’associazione senza scopo di lucro sorta con lo scopo di coordinare a livello nazionale i comitati locali impegnati a favore degli anziani. È interessante notare com’è cambiata la popolazione degli assegnatari dei terreni da coltivare: inizialmente si trattava prevalentemente di ex-contadini o ex-braccianti che, emigrati dalle campagne negli anni Cinquanta e Sessanta per lavorare nelle fabbriche, al momento del pensionamento avevano ricercato in città un ritorno alle origini attraverso la cura dell’orto. Oggi, invece, gli ex-agricoltori non superano il 6% degli assegnatari, mentre gli altri sono ex-operai, tecnici, impiegati, commercianti, casalinghe, poliziotti, carabinieri, informatici.

Parlando sempre di orti sociali, città complesse come Bologna, che si trovano a dover accogliere sensibili flussi di immigrati, possono ricavare un altro valore aggiunto da questa coltivazione. Gli orti urbani, infatti, possono fornire nuove soluzioni al problema dell’integrazione sociale dei nuovi arrivati. Questa è l’idea su cui si basa il progetto “Coltiviamo/ci Insieme” promosso dalle donne arabe dell’associazione ANNASSIM, con il sostegno della provincia di Bologna. Il progetto prevede che alcuni dei 400 orti assegnati a pensionati in zona Pilastro siano dati in gestione a donne immigrate dal Marocco, in modo che possano continuare quelle tradizioni apprese nel loro paese natio. Al contempo, inoltre, questo fornirà loro la possibilità di venire a contatto con la nuova realtà sociale in cui si sono inserite e superare le eventuali barriere culturali e linguistiche, velocizzando il processo di integrazione.

Il passaggio dagli orti sociali ai community garden è molto breve: è sufficiente incentivare tutti i cittadini di un intero quartiere, e non solo i pensionati, alla coltivazione di un giardino comune. Esattamente quanto si propone di fare l’associazione EUGEA. EUGEA nasce dall’iniziativa di un gruppo di entomologi del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali dell’Università di Bologna, impegnati nel promuovere progetti che aiutino a creare negli ambienti urbani piccole oasi di verde in cui possa prosperare la biodiversità. All’interno di piccole scatole di cartone, EUGEA vende ai cittadini kit completi per creare giardini sui propri terrazzi: non solo semi, ma anche organismi utili che, nutrendosene, aiutano a debellare i parassiti o a impollinare le piante.

Considerando quindi la loro  valenza sociale, culturale e naturale, orti e giardini urbani rappresentano degli ottimi candidati per coniugare “coltura e cultura”, come piace dire alla nota turista per caso, Syusy Bladi. Questo è, infatti, il principio che l’ha spinta ad ideare il progetto del Club degli Ortolani, fondato proprio con l’intento di dare ai cittadini la possibilità di coltivare il proprio orto personale e creare anche punti di incontro per dialogare scambiandosi pareri e saperi. Con questa idea in mente, Syusy ha deciso di comprare un terreno coltivabile di circa 4 ettari in prossimità di Bologna, terreno che sarebbe poi da parcellizzare e distribuire tra gli iscritti al Club. Chi decide di aderire e entrare a far parte del Club, avrà anche delle regole da rispettare: sarà tenuto, per esempio, a seguire dei corsi di formazione mirati, gestiti in collaborazione con la Facoltà di agraria.

A Febbraio 2009 si contano a Bologna più di 100 km quadrati di terreni ortivi.

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Lettera aperta a Guido Bertolaso, arbitro dei rifiuti romani e laziali, sul futuro della cava/discarica di Capranica

Caro Direttore,

 ho una modesta ma concreta proposta da fare per quanto riguarda i Rifiuti nel Lazio, leggo:

*Sarà Guido Bertolaso l´arbitro della partita smaltimento rifiuti a Roma e nel Lazio. Oggi stesso la Regione invierà al sottosegretario alla presidenza del consiglio e capo della Protezione civile, al sindaco Alemanno e al sottosegretario Gianni Letta il piano di transizione 2008/2011 che ha stabilito quali fossero le iniziative, in particolare le aperture di nuovi impianti, da prendere in materia. Bertolaso analizzerà «pesi e numeri, ad esempio quanti impianti abbiamo messo in campo, e potrà prendere una decisione sul da farsi”.

Noi qui a Capranica, abbiamo una cava-discarica che era stata adibita allo smaltimento di rifiuti “ripuliti”,per lo stoccaggio legale di rifiuti nazionali e siccome ce li hanno messi sporchi i rifiuti nazionali, solidi e urbani nonché sanitari e da un pezzo e nessuno ancora ha pensato a metterli in sicurezza e siccome sono già  cominciate  le piogge per il Quarto inverno, potremmo essere noi quel “bel sito” che è già pronto all’occorrenza.

 *Il 7 Luglio 2009, presso gli uffici della Regione Lazio – Arca Rifiuti, si è svolto un incontro tra i rappresentanti del Comune di Capranica, funzionari della Regione e rappresentanti del Comitato. Scopo dell’incontro verificare la possibilità di rescindere l´attuale contratto ed affidare ad una nuova ditta i lavori di messa in sicurezza. Il funzionario della Regione Lazio fa presente che l´annullamento del presente contratto comporterebbe la perdita dei rimanenti fondi (60.000 €) e che l´esatta procedura da seguire è quella di predisporre una perizia di variante, deliberare l´occupazione di urgenza e fare un nuovo accordo con la ditta Rainbow. Il segretario comunale espone l´intento di portare in consiglio comunale la perizia di variante e deliberare quindi l´occupazione d´urgenza dell’area circostante la zona dei rifiuti 

E dal momento che era il “GIRO D’ITALIA-ULTIMA TAPPA VITERBO” , in profumo di Democrazia Partecipata, mi chiedo:
 
Siamo nella stessa Provincia in questione e in Regione no?! Forza Venite Gente! Riciclateci! Metteteci in Sicurezza.

Distinti saluti, Doriana Goracci

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