Archivio di agosto 2009

“Volevamo andare a Castro dei Volsci ma il destino ha voluto che arrivassimo a Colleferro…” – Racconto di un viaggio in Ciociaria con poesia di Gabriele D’Annunzio

Mentre aspettavamo non si sa bene cosa, un treno, una grazia, un’ispirazione, un aiuto dal destino, nella stazione di Colleferro, la porta della Ciociaria, ecco che Laura ha trovato su una lapide in pietra affissa all’interno una poesia di Gabriele D’Annunzio, che sembrava scritta apposta per noi. Sarà stata dedicata alla terra Ciociara dal poeta ancor in giovane età, nel 1889, allorché visitando quelle parti restò incastrato da qualche intoppo che gli impedì di proseguire. Ecco il poemetto: “L’alberello. Oh tu nell’aria grigia, torto e senza fiori, alberel di Segni Paliano, che deridendo accenni di lontano alla inutile nostra impazienza….” (Gabriele D’Annunzio).Tutto è iniziato con l’invito ricevuto da alcuni amici di Castro dei Volsci che desideravano farci conoscere il posto. Avevano predisposto tutto per riceverci: il pranzo di benvenuto al ristorante centrale, la camera nell’albergo “diffuso”, la festa serale in piazza, il raduno di vari artisti del territorio giunti a Castro dal mattino per poterci incontrare… Ma il destino ha voluto che restassimo invece alle porte della Ciociaria, a Colleferro, e che mangiassimo un tramezzino al bar della stazione e che riposassimo le esauste membra sulle panchine di pietra della stazioncina ferroviaria… in attesa di qualcosa che non sapevamo bene cosa fosse ma che alla fine, giunte le ore pomeridiane, si trasformava nell’unica possibilità rimasta: tornarcene a casa!

Ma comincio dall’inizio. Da quando decisi di affrontare il viaggio in Ciociaria, per rendere omaggio ai miei avi e per combattere la mia pigrizia inveterata. Ma mi sono trovato a vivere un’avventura epica, a vari livelli…. dall’infernale al paradisiaco con tutte le vie mediane.

Mentre avevo trascorso la notte del 31 luglio in ambascie, in seguito ai rimbombi dei bassi che giungono sin dentro casa dalla “festa” rave tecno music organizzata a Monte Gelato, musica a palla giorno e notte, con il beneplacito delle autorità  (roba da matti…).

Insomma per allontanarmi dall’inferno dantesco del rumore tecnologico mi sembrava una benedizione andare a Castro dei Volsci. Ma già all’inizio sono accadute varie cosucce che mi hanno segnalato quale sarebbe stata l’energia della giornata. Appena uscito per strada ho incontrato il solito satanasso, soddisfatto dai suoi dispetti ordinari, che canticchiava maligno e quello mi è sembrato un segnale nefasto, poi ho atteso a lungo sul cavalcavia Luisa, che a mia insaputa era stata bloccata a casa sua da una assurda storia di piscina da curare lasciatale in eredità dai suoi vicini… che -bontà loro- son partiti in vacanza. La piscina si è riempita di alghe e lei ha dovuto chiamare vari tecnici, tutto dalle 6 e mezza di mattina sino alle 9 e mezza, ed ha dovuto procurarsi varie sostanze e tipi di cloro da immettere nella vasca. Poi dopo aver combattuto per tre ore con questa sua prova carmika/piscinale è venuta a prendermi al cavalcavia dove io l’attendevo da tempo non sapendo degli intoppi.

A Roma con qualche piccola vicissitudine abbiamo raccattato Laura, e poi sulla Tuscolana a Cinecittà abbiamo raccolto il quarto ospite, Vincenzo, che ci aspettava alla fermata di un autobus. Poi abbiamo girato in tondo per andare a bere un cappuccino nel “baretto giusto”, infine avendo fatto il pieno di benzina ci siamo avviati sull’A1 verso Napoli. Giunti all’altezza di Colleferro la macchina di Luisa ha iniziato a fare rumori strani, si era dimenticata di ingranare la quarta ed avevamo viaggiato in terza per tutto il percorso autostradale. La spia dell’olio era rossa. Ci siamo fermati ad una piazzola e lì stavamo già pensando di chiamare un carro attrezzi in soccorso allorchè abbiamo deciso di tentare la sorte ed almeno arrivare alla prima uscita. Appunto Colleferro. Per fortuna poco fuori il casello c’era il servizio ACI e lì abbiamo depositato la macchina. Il meccanico ha detto subito appena ha sentito il rumore: “il motore è fuso”.

Così siamo andati alla stazione ferroviaria di Colleferro ed abbiamo preso i biglietti per Castro dei Volsci, dopo un po’ che aspettavamo il treno l’annuciatore ha comunicato che c’era un incendio fra Ciampino ed un altra stazione che ora non ricordo, i treni viaggiavano con imprecisato ritardo, stavamo pensando di tornare a Roma ma abbiamo perso il treno per indecisione.. Stavamo pensando di andare egualmente a Castro dei Volsci ma ormai s’era fatto troppo tardi ed i treni erano bloccati in entrambe le direzioni. Alla fine ci siamo accorti che fuori della stazione c’era un autobus che stava partendo per l’Anagnina, l’abbiamo preso al volo e dopo vari giri siamo infine giunti a casa di Laura, che ha preso la macchina e ci ha riportati qui a Calcata, me, e Luisa a nepi, (Vincenzo si era già accasato dalla stazione Anagnina vicina alla Tuscolana).

E pensare che al ritorno ho ricevuto una lettera di Simona che mi dice:

“Ciao Paolo, ho letto che da Etain è stato un successo sotto tutti i punti di vista. Sono contenta per voi, spero che verrà anche per me il momento di conoscere lei e il luogo. Perché non decidi un giorno insieme a Laura o Luisa o altri di venire a pranzo qui da me? Muoviti anche tu ogni tanto pigrone… un abbraccio, Simo”

Siete contenti della storia che ho raccontato?

Paolo D’Arpini

P.S. Ad integrazione del presente articolo leggete la storia sulla Ciociaria scritta da Antonella Pedicelli,  in url:

 http://altracalcata-altromondo.blogspot.com/2009/08/ciociaria-ciociaria-per-piccina-che-tu.html

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1 agosto 2009 – “Rave party micidiale a Monte Gelato” – Gli animali e gli umani nella valle del Treja impazziscono per la “festa” autorizzata, da chi?

Al Signor Presidente della Repubblica

Al Signor Prefetto di Roma Alla Questura di Roma

Alle Compagnie CC di Zona

Alla Presidenza della Provincia di Roma

Agli Organi di Stampa e di Tutela dei Cittadini

Sono due giorni e due notti di continuo urlo di tamburi, bassi, tecno music, colpi al cuore sparati a tutto volume che fanno tremare il cervello e le membra di tutti gli abitanti della valle del Treja. L’epicentro del rumore diabolico è situato alle cascate di Monte Gelato, luogo posto all’interno del Parco del Treja, non distante dal comune di Mazzano Romano. E ne avremo –così dicono- per altri due giorni.

 Lo scrivente abita a Calcata, nella stessa valle del Treja, e per un effetto imbuto non può trovare quiete per il continuo assordante rumore che giunge sin qui, emesso dal rave party.

I Carabinieri di Civita Castellana ai quali mi sono rivolto mi hanno rimandato a quelli di Bracciano, i quali appena ora interpellati mi dicono che la manifestazione in corso risulta essere autorizzata. Non riesco a capire se e chi l’ha autorizzata. Se la Prefettura di Roma possa aver autorizzato un tale scempio e vandalismo ed offesa agli abitanti del luogo, costretti a sopportare questo obbrobrio. Mentre scrivo con i batuffoli di bambagia nelle orecchie prego Dio di consertirmi di superare questa ulteriore notte d’inferno. Con i battiti nefasti che mi rimbombano in testa.

Siamo nel Parco del Treja, un parco regionale nato per la tutela della natura e degli animali, eppure gli animali impazziscono a causa del micidiale baccano martellante ed altrettanto dicasi degli umani. Ma come è possibile che questo scempio e questa pazzia sia stato autorizzata dalla Prefettura? Spero che non sia vero…. Però se fosse vero vorrei che il signor Prefetto che ha autorizzato questo impianto venisse a sentire cosa dobbiamo sopportare. Che venga lui stesso al rave party e ci resti per i quattro giorni previsti di supplizio e se sarà sopravvissuto vedremo se avrà il coraggio di confermare in futuro queste torture ai suoi simili.

Mi pare che veramente la nostra società sia giunta al limite dell’insanità morale. Persino la scienza ha dimostrato che questo tipo di “musica” satanica porta alla violenza ed alla follia. Gli animali tentano di fuggire da questo rumore martellante ma dove possono rifugiarsi se con i moderni mezzi tecnologici i botti arrivano da Monte Gelato sin qui a Calcata? Che rifugio possono trovare? E persino noi umani nelle nostre case come possiamo salvarci?

Eppure la Regione Lazio ha sancito che questo è un santuario. E se qualcuno degli amministratori od organi di governo responsabili della quiete pubblica e del decoro e della difesa dei cittadini sono consapevoli di ciò che questo significa come è possibile che abbiamo permesso questo orrore di un rave party nell’area protetta?

Profondamente disgustato invio questa lettera di protesta a coloro che sono competenti a raccoglierla.

Distinti saluti, Paolo D’Arpini

Via della Fontana snc. 01030 Calcata (Vt) –  Tel. 0761/587200

P.S. Sono andato a cercare l’indirizzo email della Prefettura di Roma ma nel sito dice “Servizio momentaneamente non disponibile”.

Inoltre la sede distaccata della Procura della Repubblica di Castenuovo di Porto, competente per l’area indicata, alla voce contatti non specifica l’indirizzo email.

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“Lago di Bolsena, Monti Volsini e Calanchi candidati all’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, ma gli amministratori lo sanno?” – La pagella politico-ambientale di Luca Bellincioni per l’Alta Tuscia

Negli ultimi tempi si palesa con crescente gravità un vero e proprio assalto al paesaggio del Lago di Bolsena, che si manifesta nei più svariati modi. Innanzi tutto la speculazione edilizia: quasi tutti i Comuni della zona negli ultimi anni hanno dato il via a vaste lottizzazioni sul proprio territorio. Tale aggressione edilizia, fra l’altro, è qui più che altrove inquietante, poiché il Lago di Bolsena, con i suoi dintorni collinari dei Monti Volsini, costituisce un’area ambientale, paesaggistica e culturale di straordinario pregio, fra le più integre ed importanti (ancorché sottovalutate) d’Italia.

Eppure di tali valori paiono fregarsene tranquillamente amministrazioni comunali come Capodimonte, Marta e Montefiascone; i primi due paesi appaiono ormai praticamente sdoppiati fra una parte antica ed una parte nuova in continua espansione, con ogni anno nuove, anonime ed insignificanti ville a schiera in costruzione; Montefiascone dal canto suo, peggiora sempre più la propria situazione urbanistica, con uno sviluppo edilizio disordinato e di pessima qualità, cui si aggiungono le svariate aree produttive con i loro impattanti capannoni industriali sparpagliati sul territorio comunale, a produrre un’erosione raccapricciante del paesaggio agrario che qui invece dovrebbe produrre turismo e ricchezza.

A tutto ciò si aggiunge l’abusivismo edilizio, tradizionale piaga del Lazio (conseguente alla presenza di molti vincoli e assieme ad un’incapacità di saper gestire la trasformazione del territorio in senso qualitativo), che nell’area del Lago di Bolsena aveva tuttavia tardato a comparire nel corso dei decenni passati: ed invece ecco anche qui – soprattutto a partire dall’ultimo scandaloso condono edilizio ed in particolare attorno a Montefiascone – spuntare come funghi ville e villette (fra l’altro di scarsissima qualità architettonica ed assolutamente estranee al delicato contesto ambientale circostante), che vengono poi bloccate ma non demolite, rimanendo per anni allo stato di cantiere e sfregiando così senza pietà un paesaggio che per secoli si era mantenuto di rara bellezza. Possibile che le pratiche per l’abbattimento di manufatti abusivi in aree di pregio paesaggistico debbano richiedere trenta o quarant’anni (se mai alla fine arriverà effettivamente la demolizione…)? Possibile che nonostante la presenza di vincoli si continui a costruire abusivamente? Non sarà che gli abusivi confidano nella malleabilità degli uffici tecnici comunali, il quali troppe volte hanno chiuso un occhio (o due) sulle pratiche edilizie?

Il caso del Comune di Montefiascone è davvero eclatante di una cattiva gestione del territorio, e nell’ambito della Tuscia è forse secondo soltanto alla stessa Viterbo in quanto a degrado urbanistico. Gravissimo è anche il fatto che nei casi di costruzione di un nuovo immobile in area agricola di pregio non si diano ancora direttive precise sulle forme e i materiali da utilizzare, per armonizzare le nuove costruzioni con il paesaggio agrario tradizionale. Tale lacuna è veramente vergognosa se pensiamo che già da decenni nelle province limitrofe di Terni, Siena e Grosseto tale accorgimento è quasi la norma. Proliferano così lungo le strade o sulle colline intorno al lago ville e villette dalle forme assolutamente aliene dal contesto ambientale, laddove la presenza di numerosi casali di varie epoche dovrebbe suggerire l’uso della pietra locale oppure di particolari intonacature. Lo stesso riutilizzo di questo patrimonio edilizio rurale storico – che giace per lo più in abbandono- non è affatto incentivato.

Lascia poi esterrefatti la mancata tutela anche della magnifica valle ai piedi della cittadina, che simile a un dipinto scende alle rive del lago fra boschi, vigneti, uliveti e casali adornati da pini e cipressi: accanto alle piccole ma deturpanti serre comparse negli ultimi anni, quest’anno è comparsa anche una grossa e deturpante copertura metallica nei pressi di un casale nonché – dall’altro lato della valle – uno sbancamento per ospitare probabilmente nuove costruzioni, in un paesaggio teoricamente sottoposto a vincoli rigidissimi; ogni anno un oscenità in più è permessa, finché non si “mangeranno” anche questo paesaggio. Ma perché nessuno dice nulla?

Certo non tutto il territorio attorno al Lago Volsino è gestito con criteri da “Terzo Mondo”, anzi. Il versante Nord-Ovest di Gradoli e Grotte di Castro, ad esempio, brilla per la sua integrità; la grande conca fra Valentano e Latera, fatta eccezione per alcuni dettagli tutto sommato trascurabili (alcuni grossi capannoni agricoli in lamiera e le centraline elettriche bianche – che potrebbero essere rivestite in tufo), spicca per la sua arcaica bellezza; o le dolci colline alle spalle di Marta e Capodimonte che già preludono al paesaggio maremmano; o infine le verdi colline della celebre Bolsena, cuore del comprensorio e bandiera arancione del Touring Club Italiano per la qualità della gestione del suo territorio. Eppure anche qui il degrado pare stia arrivando: ecco che transitando sulla Cassia, poco prima dell’entrata a Bolsena, su una collina prima splendida si nota un cantiere fresco fresco per la costruzione dell’ennesima villa, in una zona “formalmente” sottoposta a vincoli paesaggistici strettissimi. Com’è possibile?

Sempre sulla Cassia presso Bolsena, stavolta in direzione di San Lorenzo Nuovo, e ancora in una zona di pregiatissimo paesaggio agrario, si trovano ben due grosse cave di pomice, le quali negli ultimissimi anni hanno ingrandito enormemente il sito di escavazione, tant’è che sono ormai visibili da lontano anche dalla sponda opposta del lago e cioè da una trentina chilomentri di distanza! Davvero ignobile è il fatto che a questi scavi non si sia dato un limite compatibile con il mantenimento dell’integrità minima del paesaggio della conca lacuale nel suo complesso, senza contare che la creazione di queste cave è stata concessa all’interno del recinto craterico e non all’esterno come sarebbe invece stato opportuno. Anche qui sorge la domanda: ma i vincoli, dove sono finiti?

Citiamo poi – nella stessa zona, la Val di Lago – il problema del proliferare delle coltivazioni in serra, che in uno scenario dai forti connotati tradizionali, esemplare del paesaggio agrario del Centro Italia, costituiscono anch’esse un elemento di deturpamento molto pesante: anche a queste strutture dovrebbe essere posto un limite o dovrebbero almeno essere imposte delle soluzioni estetiche (tipo coperture verdi delle serre) per attutirne l’impatto paesaggistico. Ed invece niente. Non va meglio intorno alle campagne intorno alla vicina Valle dei Calanchi di Bagnoregio, ove oltre ad una certa tendenza all’insediamento sparso, ogni anno spuntano nuove ville moderne e nuovi capannoni industriali nei pressi degli abitati di Lubriano e della stessa Bagnoregio: ma – ci chiediamo inorriditi – in una zona di tale incomparabile bellezza, e vocata ormai da decenni al turismo, com’è possibile che gli uffici tecnici comunali diano il permesso di costruire oscenità simili a quelle della “periferia della periferia” metropolitana? Ma chi sono questi incompetenti? Ma chi gestisce l’urbanistica di questi territori?

In aggiunta ai citati elementi di degrado paesaggistico ed ambientale in atto intorno al lago, come se non bastasse, vanno poi ricordati i folli e devastanti progetti di eolico industriali che – guarda caso – interessano proprio i paesaggi agrari di maggiore integrità del comprensorio, come le magnifiche colline alle spalle di Marta e Capodimonte, ove fanno bella mostra di sé già da mesi gli anemometri. Ed intanto la piccola centrale geotermica di Latera (vero gioiello di integrazione fra sito industriale e paesaggio) con i miliardi gettati a suo tempo al vento per costruirla – giace in abbandono e anzi in attesa di essere smantellata…

Un altro esempio di uso “inintelligente” del territorio e del denaro pubblico: si abbandona quello che è già stato fatto e si spendono altre cifre da capogiro per consumare ulteriore territorio! Certo è che se decine e decine di torri eoliche di 100 metri venissero poste sui crinali di queste colline, la Tuscia ed il Lazio perderebbero l’ennesima pozione di paesaggio identitario (senza contare il danno ambientale provocato da questo tipo di impianti), rendendo così anche in questa zona il territorio anonimo e banale. Ed il turismo del comprensorio, oggi vivissimo e di altissima qualità, ne risentirebbe di certo, poiché anche i cretini capiscono che il Lago Volsino non è un puro e semplice specchio d’acqua ma un ecosistema che vive in simbiosi con le sue colline ed è quindi il territorio nel suo insieme che va tutelato. Anche la tanto rinomata purezza delle acque del lago, se si continuasse ad urbanizzare le colline circostanti, è ovvio che ne risentirebbe. Certo è che i tanti turisti stranieri che oggi lo frequentano finirebbero col vedere questo territorio non più come “speciale” ed inizierebbero a vederlo come anonimo e mediocre, scegliendolo così sempre di meno per le proprie vacanze. Un modo davvero lungimirante di gestire un territorio che anno dopo anno diviene una meta turistica internazionale, da far concorrenza a Valdorcia e Chianti!

Concludiamo con un’amara constatazione. Pochi sanno che tutta l’area formata dal Lago di Bolsena, dai Monti Volsini e dalla Valle dei Calanchi di Bagnoregio, per le proprie straordinarie valenze, è in procinto di esser candidata all’Unesco per il riconoscimento quale Patrimonio dell’Umanità. Eccezionale dal punto di vista paesaggistico, questo comprensorio ha inoltre conservato quasi inalterati i tratti morfologici della sua storia geologica, tanto da farne un unicum a livello europeo.

Tuttavia, i numerosi e gravissimi elementi di degrado che attualmente interessano questo territorio (speculazione edilizia, abusivismo, cave selvagge, serricoltura, progetti di eolico industriale) rischiano di minare ogni possibilità di ottenere questo importantissimo riconoscimento che darebbe ulteriore slancio al turismo e allo sviluppo sostenibile locale. L’Unesco, infatti, nelle sue valutazioni circa un territorio candidato a diventare patrimonio Unesco, non tiene conto soltanto dello stato attuale dei luoghi, ma anche la capacità delle amministrazioni locali di saperli mantenere tali a lungo termine.

Ebbene, la “tendenza” al degrado che oggi chiunque può constatare attorno al Lago di Bolsena potrebbe essere un motivo determinante per la bocciatura della candidatura dell’area Lago di Bolsena-Monti Volsini-Valle dei Calanchi a Patrimonio dell’Umanità. E di questo rischio è bene che se ne rendano conto le amministrazioni comunali e quella provinciale, che nulla stanno facendo per dare qualità alla zona e per reprimere e cancellare i fenomeni del degrado. L’ennesima prova di come la classe politica del Viterbese non sia in grado di gestire il proprio territorio sfruttandone le enormi potenzialità in fatto di turismo e sviluppo sostenibile. Il problema è la persistenza di una mentalità politica “provinciale” ed arrogante, chiusa agli esempi positivi che giungono da altre realtà italiane (ed europee) in fatto di valorizzazione delle peculiarità locali, che da decenni lascia maltrattare questi magnifici territori. Sapranno svegliarsi gli amministratori, gli imprenditori e i cittadini tutti, prima che sia troppo tardi?

Luca Bellincioni – Fotoreporter e storico del paesaggio

http://ambientepaesaggio2000.splinder.com/

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