“Lago di Bolsena, Monti Volsini e Calanchi candidati all’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, ma gli amministratori lo sanno?” – La pagella politico-ambientale di Luca Bellincioni per l’Alta Tuscia

Negli ultimi tempi si palesa con crescente gravità un vero e proprio assalto al paesaggio del Lago di Bolsena, che si manifesta nei più svariati modi. Innanzi tutto la speculazione edilizia: quasi tutti i Comuni della zona negli ultimi anni hanno dato il via a vaste lottizzazioni sul proprio territorio. Tale aggressione edilizia, fra l’altro, è qui più che altrove inquietante, poiché il Lago di Bolsena, con i suoi dintorni collinari dei Monti Volsini, costituisce un’area ambientale, paesaggistica e culturale di straordinario pregio, fra le più integre ed importanti (ancorché sottovalutate) d’Italia.

Eppure di tali valori paiono fregarsene tranquillamente amministrazioni comunali come Capodimonte, Marta e Montefiascone; i primi due paesi appaiono ormai praticamente sdoppiati fra una parte antica ed una parte nuova in continua espansione, con ogni anno nuove, anonime ed insignificanti ville a schiera in costruzione; Montefiascone dal canto suo, peggiora sempre più la propria situazione urbanistica, con uno sviluppo edilizio disordinato e di pessima qualità, cui si aggiungono le svariate aree produttive con i loro impattanti capannoni industriali sparpagliati sul territorio comunale, a produrre un’erosione raccapricciante del paesaggio agrario che qui invece dovrebbe produrre turismo e ricchezza.

A tutto ciò si aggiunge l’abusivismo edilizio, tradizionale piaga del Lazio (conseguente alla presenza di molti vincoli e assieme ad un’incapacità di saper gestire la trasformazione del territorio in senso qualitativo), che nell’area del Lago di Bolsena aveva tuttavia tardato a comparire nel corso dei decenni passati: ed invece ecco anche qui – soprattutto a partire dall’ultimo scandaloso condono edilizio ed in particolare attorno a Montefiascone – spuntare come funghi ville e villette (fra l’altro di scarsissima qualità architettonica ed assolutamente estranee al delicato contesto ambientale circostante), che vengono poi bloccate ma non demolite, rimanendo per anni allo stato di cantiere e sfregiando così senza pietà un paesaggio che per secoli si era mantenuto di rara bellezza. Possibile che le pratiche per l’abbattimento di manufatti abusivi in aree di pregio paesaggistico debbano richiedere trenta o quarant’anni (se mai alla fine arriverà effettivamente la demolizione…)? Possibile che nonostante la presenza di vincoli si continui a costruire abusivamente? Non sarà che gli abusivi confidano nella malleabilità degli uffici tecnici comunali, il quali troppe volte hanno chiuso un occhio (o due) sulle pratiche edilizie?

Il caso del Comune di Montefiascone è davvero eclatante di una cattiva gestione del territorio, e nell’ambito della Tuscia è forse secondo soltanto alla stessa Viterbo in quanto a degrado urbanistico. Gravissimo è anche il fatto che nei casi di costruzione di un nuovo immobile in area agricola di pregio non si diano ancora direttive precise sulle forme e i materiali da utilizzare, per armonizzare le nuove costruzioni con il paesaggio agrario tradizionale. Tale lacuna è veramente vergognosa se pensiamo che già da decenni nelle province limitrofe di Terni, Siena e Grosseto tale accorgimento è quasi la norma. Proliferano così lungo le strade o sulle colline intorno al lago ville e villette dalle forme assolutamente aliene dal contesto ambientale, laddove la presenza di numerosi casali di varie epoche dovrebbe suggerire l’uso della pietra locale oppure di particolari intonacature. Lo stesso riutilizzo di questo patrimonio edilizio rurale storico – che giace per lo più in abbandono- non è affatto incentivato.

Lascia poi esterrefatti la mancata tutela anche della magnifica valle ai piedi della cittadina, che simile a un dipinto scende alle rive del lago fra boschi, vigneti, uliveti e casali adornati da pini e cipressi: accanto alle piccole ma deturpanti serre comparse negli ultimi anni, quest’anno è comparsa anche una grossa e deturpante copertura metallica nei pressi di un casale nonché – dall’altro lato della valle – uno sbancamento per ospitare probabilmente nuove costruzioni, in un paesaggio teoricamente sottoposto a vincoli rigidissimi; ogni anno un oscenità in più è permessa, finché non si “mangeranno” anche questo paesaggio. Ma perché nessuno dice nulla?

Certo non tutto il territorio attorno al Lago Volsino è gestito con criteri da “Terzo Mondo”, anzi. Il versante Nord-Ovest di Gradoli e Grotte di Castro, ad esempio, brilla per la sua integrità; la grande conca fra Valentano e Latera, fatta eccezione per alcuni dettagli tutto sommato trascurabili (alcuni grossi capannoni agricoli in lamiera e le centraline elettriche bianche – che potrebbero essere rivestite in tufo), spicca per la sua arcaica bellezza; o le dolci colline alle spalle di Marta e Capodimonte che già preludono al paesaggio maremmano; o infine le verdi colline della celebre Bolsena, cuore del comprensorio e bandiera arancione del Touring Club Italiano per la qualità della gestione del suo territorio. Eppure anche qui il degrado pare stia arrivando: ecco che transitando sulla Cassia, poco prima dell’entrata a Bolsena, su una collina prima splendida si nota un cantiere fresco fresco per la costruzione dell’ennesima villa, in una zona “formalmente” sottoposta a vincoli paesaggistici strettissimi. Com’è possibile?

Sempre sulla Cassia presso Bolsena, stavolta in direzione di San Lorenzo Nuovo, e ancora in una zona di pregiatissimo paesaggio agrario, si trovano ben due grosse cave di pomice, le quali negli ultimissimi anni hanno ingrandito enormemente il sito di escavazione, tant’è che sono ormai visibili da lontano anche dalla sponda opposta del lago e cioè da una trentina chilomentri di distanza! Davvero ignobile è il fatto che a questi scavi non si sia dato un limite compatibile con il mantenimento dell’integrità minima del paesaggio della conca lacuale nel suo complesso, senza contare che la creazione di queste cave è stata concessa all’interno del recinto craterico e non all’esterno come sarebbe invece stato opportuno. Anche qui sorge la domanda: ma i vincoli, dove sono finiti?

Citiamo poi – nella stessa zona, la Val di Lago – il problema del proliferare delle coltivazioni in serra, che in uno scenario dai forti connotati tradizionali, esemplare del paesaggio agrario del Centro Italia, costituiscono anch’esse un elemento di deturpamento molto pesante: anche a queste strutture dovrebbe essere posto un limite o dovrebbero almeno essere imposte delle soluzioni estetiche (tipo coperture verdi delle serre) per attutirne l’impatto paesaggistico. Ed invece niente. Non va meglio intorno alle campagne intorno alla vicina Valle dei Calanchi di Bagnoregio, ove oltre ad una certa tendenza all’insediamento sparso, ogni anno spuntano nuove ville moderne e nuovi capannoni industriali nei pressi degli abitati di Lubriano e della stessa Bagnoregio: ma – ci chiediamo inorriditi – in una zona di tale incomparabile bellezza, e vocata ormai da decenni al turismo, com’è possibile che gli uffici tecnici comunali diano il permesso di costruire oscenità simili a quelle della “periferia della periferia” metropolitana? Ma chi sono questi incompetenti? Ma chi gestisce l’urbanistica di questi territori?

In aggiunta ai citati elementi di degrado paesaggistico ed ambientale in atto intorno al lago, come se non bastasse, vanno poi ricordati i folli e devastanti progetti di eolico industriali che – guarda caso – interessano proprio i paesaggi agrari di maggiore integrità del comprensorio, come le magnifiche colline alle spalle di Marta e Capodimonte, ove fanno bella mostra di sé già da mesi gli anemometri. Ed intanto la piccola centrale geotermica di Latera (vero gioiello di integrazione fra sito industriale e paesaggio) con i miliardi gettati a suo tempo al vento per costruirla – giace in abbandono e anzi in attesa di essere smantellata…

Un altro esempio di uso “inintelligente” del territorio e del denaro pubblico: si abbandona quello che è già stato fatto e si spendono altre cifre da capogiro per consumare ulteriore territorio! Certo è che se decine e decine di torri eoliche di 100 metri venissero poste sui crinali di queste colline, la Tuscia ed il Lazio perderebbero l’ennesima pozione di paesaggio identitario (senza contare il danno ambientale provocato da questo tipo di impianti), rendendo così anche in questa zona il territorio anonimo e banale. Ed il turismo del comprensorio, oggi vivissimo e di altissima qualità, ne risentirebbe di certo, poiché anche i cretini capiscono che il Lago Volsino non è un puro e semplice specchio d’acqua ma un ecosistema che vive in simbiosi con le sue colline ed è quindi il territorio nel suo insieme che va tutelato. Anche la tanto rinomata purezza delle acque del lago, se si continuasse ad urbanizzare le colline circostanti, è ovvio che ne risentirebbe. Certo è che i tanti turisti stranieri che oggi lo frequentano finirebbero col vedere questo territorio non più come “speciale” ed inizierebbero a vederlo come anonimo e mediocre, scegliendolo così sempre di meno per le proprie vacanze. Un modo davvero lungimirante di gestire un territorio che anno dopo anno diviene una meta turistica internazionale, da far concorrenza a Valdorcia e Chianti!

Concludiamo con un’amara constatazione. Pochi sanno che tutta l’area formata dal Lago di Bolsena, dai Monti Volsini e dalla Valle dei Calanchi di Bagnoregio, per le proprie straordinarie valenze, è in procinto di esser candidata all’Unesco per il riconoscimento quale Patrimonio dell’Umanità. Eccezionale dal punto di vista paesaggistico, questo comprensorio ha inoltre conservato quasi inalterati i tratti morfologici della sua storia geologica, tanto da farne un unicum a livello europeo.

Tuttavia, i numerosi e gravissimi elementi di degrado che attualmente interessano questo territorio (speculazione edilizia, abusivismo, cave selvagge, serricoltura, progetti di eolico industriale) rischiano di minare ogni possibilità di ottenere questo importantissimo riconoscimento che darebbe ulteriore slancio al turismo e allo sviluppo sostenibile locale. L’Unesco, infatti, nelle sue valutazioni circa un territorio candidato a diventare patrimonio Unesco, non tiene conto soltanto dello stato attuale dei luoghi, ma anche la capacità delle amministrazioni locali di saperli mantenere tali a lungo termine.

Ebbene, la “tendenza” al degrado che oggi chiunque può constatare attorno al Lago di Bolsena potrebbe essere un motivo determinante per la bocciatura della candidatura dell’area Lago di Bolsena-Monti Volsini-Valle dei Calanchi a Patrimonio dell’Umanità. E di questo rischio è bene che se ne rendano conto le amministrazioni comunali e quella provinciale, che nulla stanno facendo per dare qualità alla zona e per reprimere e cancellare i fenomeni del degrado. L’ennesima prova di come la classe politica del Viterbese non sia in grado di gestire il proprio territorio sfruttandone le enormi potenzialità in fatto di turismo e sviluppo sostenibile. Il problema è la persistenza di una mentalità politica “provinciale” ed arrogante, chiusa agli esempi positivi che giungono da altre realtà italiane (ed europee) in fatto di valorizzazione delle peculiarità locali, che da decenni lascia maltrattare questi magnifici territori. Sapranno svegliarsi gli amministratori, gli imprenditori e i cittadini tutti, prima che sia troppo tardi?

Luca Bellincioni – Fotoreporter e storico del paesaggio

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