Archivio di luglio 2009

La forza del pensiero concentrato, detto anche “preghiera”, ed i miracoli della mente

Il premio nobel Prof. Med. Alexis Carrel ha denominato la preghiera la più potente forma di energia… ed anche un ricercatore di fama, lo scienziato americano Dr. N.J. Stowel, ha misurato l’effetto della preghiera. Racconta. “Ero un cinico, un ateo e credevo che Dio fosse solo un’immaginazione della mente umana. Un giorno lavorava in un grande laboratorio patologico di una clinica. Ero occupato a misurare la lunghezza d’onda e l’intensità di irradiamento dei cervelli umani. Con i miei collaboratori decidemmo di studiare quello che succede nel cervello umano durante il passaggio dalla vita alla morte. A tale scopo avevamo scelto una donna che soffriva di un tumore maligno al cervello. La donna era perfettamente normale fisicamente e mentalmente. La sua serenità ci colpiva tutti. Sapevamo che doveva morire, e anche lei lo sapeva. Poco prima della sua morte mettemmo nella sua stanza un apparecchio di registrazione ultrasensibile che doveva indicarci quello che sarebbe accaduto nel suo cervello negli ultimi minuti di vita. Sopra al letto aggiungemmo un piccolo microfono nel caso avesse detto qualcosa negli ultimi momenti. Nell’intervallo ci recammo nella stanza accanto. Eravamo 5 scienziati ed io ero quello più insensibile. Nell’attesa restammo in piedi davanti ai nostri strumenti. L’ago era sullo zero e poteva oscillare a 500 gradi a destra nei valori positivi e 500 gradi a sinistri in quelli negativi.

Qualche tempo prima, con l’aiuto dello stesso apparecchio, avevamo misurato una stazione radio il cui programma si irradiava nell’etere con una potenza di 50 chilowat, doveva essere una notizia che doveva essere trasmessa in tutto il pianeta. Durante questa prova constatammo una misura positiva di 9 gradi.

L’ultimo istante dell’ammalata sembrava avvicinarsi. Ad un tratto sentimmo che si mise a pregare e a lodare Dio. Gli domandò di perdonare tutte le persone che le avevano fatto dei torti nella vita e poi disse: “So che tu sei l’unica sorgente di vita degna di fiducia per tutte le tue creature”. Lo ringraziò per la sua forza, con la quale l’aveva guidata in tutta la sua esistenza. Affermava che il suo amore non era diminuito malgrado tutte le sue sofferenze. E nella prospettiva del perdono dei suoi peccati per mezzo di Gesù emanava una gioia inesprimibile. Frementi restammo intorno ai nostri apparecchi senza vergognarci delle nostre lacrime. Improvvisamente mentre la donna continuava a pregare sentimmo un tintinnio sul nostro apparecchio: l’ago si era posizionato a 500 gradi a destra e si agitava a più riprese contro l’ostacolo. Avevamo fatto una scoperta prodigiosa: il cervello di una morente in contatto con Dio sviluppava una potenza 55 volte più forte di tutto l’irradiamento universale della radio diffusione. Per verificare le nostre osservazioni decidemmo di fare un altro esperimento. Chiedemmo all’infermiera di stimolare in tal senso un ammalato. L’uomo reagì con delle ingiurie e delle imprecazioni e si rivolse a Dio in maniera blasfema. Vi furono dei tintinnii sul nostro apparecchio. Eravamo sbalorditi: l’ago battendo contro l’ostacolo si era rotto al di sotto dei 500 negativi a sinistra. Eravamo riusciti a dimostrare incontestabilmente in modo scientifico la potenza positiva di Dio ma anche la forza negativa dell’avversario. Da quel momento la mia concezione atea comincio a crollare.

In un ospedale furono fatti esperimenti per verificare l’efficacia della preghiera nella guarigione degli ammalati. Un gruppo di persone si rese disponibile a pregare per alcuni degenti scelti a caso. Il risultato fu che questi guarivano prima di altri. Furono fatte altre prove, ma questa volta si associarono dei numeri alle persone ammalate in modo che non si sapesse per chi si stava pregando. Anche in questo caso i risultati furono sorprendenti. Le persone abbinate, a loro stessa insaputa, a dei numeri guarirono prima delle altre.

Negli Stati uniti e in Giappone sono stati effettuati esperimenti sugli effetti della meditazione profonda. Questa faceva diminuire i livelli di ansia, colesterolo e adrenalina mentre faceva aumentare i livelli di serotonina. Inoltre i benefici dimostrati erano: riduzione della pressione sanguigna, del mal di testa, benefici legati a disturbi al colon irritabile, riduzione della produzione del cortisolo (ormone dello stress), aumento notturno della melatonina, riduzione della noradrenalina, (neurotrasmettitore prodotto dallo stress); aumento del Dhea (ormone che agisce sul sistema immunitario), aumento di testosterone; aumento della coerenza cerebrale tra emisfero destro e sinistro. Ma la preghiera non fa bene solo al “destinatario”, fa bene soprattutto a se stessi perché consente il rilassamento neuromuscolare, favorisce la calma, la serenità, la pace interiore.

All’inizio degli anni Novanta, l’Accademia delle Scienze di Mosca riferì una stupefacente relazione tra il DNA e le qualità della luce, misurata in fotoni. In una relazione su questi studi iniziali, il dott. Vladimir Poponin ha descritto una serie di esperimenti secondi cui il DNA umano influenza direttamente il mondo fisico. Il dott. Poponin, leader riconosciuto nel campo della biologia quantistica, era ospite di una istituzione di ricerca americana quando questa serie di esperimenti venne svolta. Gli esperimenti erano iniziati con la misurazione di strutture di campo della luce nel vuoto, all’interno di un ambiente controllato. Dopo aver rimosso tutta l’aria da una capsula appositamente predisposta, la struttura di campo e la distanza fra le particelle di luce prendevano una distribuzione casuale, come ci si attendeva. Le strutture di campo furono controllate e registrate due volte, per essere usate come riferimento nella sezione successiva dell’esperimento. La prima sorpresa si verificò quando dei campioni di DNA vennero posti all’interno della capsula. In presenza di materiale genetico, distanza e struttura di campo delle particelle di luce cambiarono. Anziché assumere la struttura diffusa che i ricercatori avevano rilevato in precedenza, le particelle di luce cominciarono ad acquisirne una nuova, che rassomigliava agli avvallamenti di una forma ondulatoria. Il DNA stava chiaramente influenzando i fotoni, dando loro la forma regolare di una struttura ondulatoria attraverso una forza invisibile.

La sorpresa successiva si verificò quando i ricercatori tolsero il DNA dalla capsula. Poiché erano fermamente convinti che le particelle di luce sarebbero ritornate al loro stato originario di distribuzione arbitraria, osservarono con sorpresa il verificarsi di qualcosa di molto inatteso: i modelli erano molto diversi da quelli osservati prima dell’inserimento del DNA. Poponin affermò che la luce si comportava “sorprendentemente e contro-intuitivamente”. Dopo aver ricontrollato la strumentazione e avere rifatto gli esperimenti, i ricercatori si trovarono a dover fornire una spiegazione su ciò che avevano osservato. In assenza di DNA, cosa influenzava le particelle di luce? Il DNA si era forse lasciato dietro qualcosa, una sorta di forza residua che permaneva anche dopo che il materiale biologico era scomparso?

Poponin scrive che lui e gli altri ricercatori furono “costretti ad accettare l’ipotesi che venga eccitata una specie di nuova struttura di campo…” Per sottolineare che l’effetto era collegato alla molecola fisica di DNA, il nuovo fenomeno fu denominato “effetto fantasma del DNA”. La “nuova struttura di campo” di Poponin suona sorprendentemente simile alla “matrice” della forza citata da Max Planck, e agli effetti a cui accennano le antiche tradizioni.

Questa serie di esperimenti è importante perché dimostra chiaramente, forse per la prima volta in condizioni di laboratorio, l’effetto della preghiera sul mondo fisico. Il DNA usato nell’esperimento era un agglomerato passivo di molecole non collegate al cervello di un essere vivente cosciente. Anche in assenza di sentimenti diretti che pulsassero attraverso l’antenna della doppia elica del DNA, si rilevavano una forza e un effetto misurabile nelle sue immediate vicinanze.

Se ogni cellula dell’organismo di una persona di taglia, peso ed altezza medi, cioè ogni antenna di sentimenti ed emozioni, ha la stessa proprietà di influire sul mondo circostante, allora quanto viene amplificato l’effetto? Quindi, che cosa succede se, anziché parlare di sentimenti che passano attraverso le cellule di una singola persona, parliamo di un sentimento che risulta da una forma specifica di pensiero ed emozione, regolati dalla preghiera di un singolo individuo, e li moltiplichiamo anche solo per una frazione dei sei miliardi di persone viventi oggi sulla terra, cominciamo a percepire il potere che la nostra volontà collettiva rappresenta. Si tratta del potere di porre fine a tutta la sofferenza e di allontanare il dolore che ha caratterizzato il ventesimo secolo. La chiave sta nel lavorare insieme per raggiungere quell’obbiettivo. Questa potrebbe rivelarsi la più grande sfida del terzo millennio.

La lingua che parliamo ci fornisce le parole per descrivere il rapporto dimenticato degli esseri umani con le forze del mondo, con l’intelligenza del cosmo e col prossimo. Usando alcuni dei più sensibili strumenti oggi disponibili per misurare dei campi di energia che cinquant’anni fa non erano neppure conosciuti, la scienza ha convalidato un rapporto che gli antichi conoscevano già duemila anni fa. Abbiamo accesso diretto alle forze del nostro mondo, e siamo ritornati al punto di partenza. Questo è il linguaggio che fa muovere le montagne. E’ lo stesso linguaggio che ci permette di scegliere la vita anziché tumori maligni, e di creare la pace in situazioni in cui crediamo che non esista. Quando leggiamo di guarigioni miracolose avvenute in passato, perché non credere che gli stessi miracoli possano avvenire anche oggi?

La preghiera mi ha mostrato che alcune cose esistono, a prescindere dalla nostra capacità di fornire le prove. So che siamo capaci di grandi possibilità e di un’inespressa e profonda capacità di amare. Cosa forse più importante, so che esiste la possibilità di porre fine alla sofferenza di tutte le creature, rendendo onore alla sacralità della vita. Questo scenario è già con noi qui e ora. So che queste cose sono vere, perché le ho viste. Il momento in cui ammettiamo queste possibilità su una scala di massa, diventa una nuova grande speranza.

L’ASSOLUTO

Tutto nel Cosmo è vita, movimento, armonia

e tutto dice che la nostra esistenza è destinata

ad altre dimensioni, in luoghi di sogno,

dove regnano luci ed aurore profonde ed inestinguibili.

Tutto vibra affinché tutto giunga alla sua perfezione

e a te ritorni nella sfolgorante bellezza dell’esistere.

Tutto è in Te e Tu sei nel Tutto:

ogni frammento racchiude la tua infinita sapienza

ed ogni essere è da te conosciuto

come se fosse l’unico esistente.

Nelle tue leggi severe e ineluttabili

ogni disarmonia subisce l’urto dell’onda di ritorno.

La tua potenza si manifesta incessantemente

nel numero infinito di mondi e di universi

e il volo della libellula non è meno stupefacente

dell’espandersi delle galassie,

l’esplosione di mille supernova

è un bagliore per te simile alla lucciola,

la trasparenza dell’acqua sconvolge la logica dei più miscredenti,

la semplice tela del ragno mette in crisi i più arditi ingegneri.

Davanti a te si eclissa ogni bellezza.

Tu sei il perfetto, l’inimmaginabile:

al di là del tempo e dello spazio

trascendi ogni percezione sensoriale.

Stupefatto ti ammiro o Dio di tutte le dimensioni,

chiunque tu sia.

Franco Libero Manco

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Rete Bioregionale Italiana – La mia battaglia istituzionale, laica e vegetariana, i miei “tristi” tiri, destri e mancini, agli ecologisti e come sono riuscito a sopravvivere alla censura nera e rossa…

Sapete che sono nato l’anno della Scimmia, e tutti dicono che la scimmia è un animale dispettoso. Ma non è vero, ve l’assicuro, solo che la scimmia vuole scoprire le reazioni degli altri, la verità che si nasconde dietro le apparenze, ed è per questo che gioca tiri birboni a tutti quanti e li sfida in mille modi, per capire come reagiscono e come si manifestano nelle situazioni particolari.

Essendo questa la mia prerogativa va da sé che tutte le situazioni in cui mi son venuto a trovare comprendevano risvolti machiavellici in cui saggiavo il terreno dei compartecipi al gioco della vita.

Ciò è avvenuto anche con i membri della Rete Bioregionale Italiana, quelli che vengono definiti –solitamente- i più ecologisti fra gli ecologisti, il massimo dei massimi nella consapevolezza ambientale. Ma sarà poi vero? Di certo posso dire che alcuni suoi membri sono persone oneste e sincere e non si atteggiano a “santoni dell’ambiente”, ma altri soccombettero alle mie pesanti trovate… e restarono nudi sotto il mio sguardo imparziale e crudele.

Già alla riunione fondativa della Rete, che si tenne ad Acquapendente i primi anni ’90, compii diversi magheggi. Dovete sapere che conobbi il bioregionalismo (Nota 1- come termine ben inteso, in quanto si tratta semplicemente di considerarsi parte integrante del territorio e del contesto vitale in cui si vive, che è un principio antico ed universale) prima dalle pagine di Frontiere di Edoardo Zarelli (che successivamente fu esautorato perché di matrice destro-etno-europeista mentre nella Rete prese il sopravvento il ramo americanista di Snyder, Berg, etc.) e successivamente tramite l’amico Stefano Panzarasa e la sua compagna Jacqueline Fassero. Essi mi invitarono all’incontro fondativo che era stato indetto da Zarelli (poi scomparso dalla scena) informandomi però che durante l’incontro della “crema degli ecologisti italiani” non avrei dovuto parlare di vegetarismo, perché molti di loro erano contrari, e soprattutto non avrei dovuto coinvolgere le istituzioni, perché la maggior parte erano fricchettoni. Promisi di attenermi alle direttive ma come potete immaginare non lo feci affatto.

In primis: invitai l’allora presidente della Provincia di Viterbo (della quale Acquapendente è un comune), Ugo Nardini, che nell’imbarazzo, considerando il gelo con il quale fu accolto, profferì qualche parola di saluto e buon auspicio e se ne partì. In secundis: quando fu il mio turno di intervenire nel cerchio dei convenuti, feci un accorato discorso sul salvataggio della terra che è possibile solo se si rinuncia agli allevamenti intensivi ed all’uso smodato di carne. Ricevetti molte critiche e non volendo creare separazioni me ne partii la sera stessa, dopo una cena alquanto insapore, lasciando come miei rappresentanti Claudio Viano, e la sua compagna Daniela, entrambi vegetariani convinti, (di Claudio ho narrato la recente disavventura con i cinghiali del Treja). Essi non poterono inserire alcuna istanza vegetariana ma fecero del loro meglio per ammorbidire ed accorciare il documento d’intesa che doveva essere approvato e che all’inizio constava di parecchie pagine, ora è ridotto ad una mezza paginetta (forse ancora troppo essendo il succo quanto da me affermato nella nota 1).

Comunque in seguito inviai due lettere formali di adesione alla Rete, una a nome del Circolo vegetariano VV.TT. (ramo culturale, vegetariano e spiritualista) e l’altra a nome del Punto Verde Calcata (ramo politico laico). Poi iniziai la battaglia interna, tanto per cominciare avviai un discorso di attuazione bioregionale partendo dalla riaggregazione delle Regioni in nuovi ambiti amministrativi, prendendo ad esempio l’identità culturale ed ambientale della Tuscia od Etruria, che poteva fungere da esempio di un nuovo modello di bioregionalismo applicato agli ambiti omogenei. In questa battaglia fui lasciato quasi da solo, poiché molti altri bioregionalisti preferivano occuparsi di agricoltura e vita in campagna. Solo alcuni amici “intellettuali”, come Pietro Toesca, Aurelio Rizzacasa, Alessandro Curti, Fulvio di Dio ed altri mi seguirono in questo filone.

Poi fu la volta del nuovo approccio laico applicato all’ambiente. Sino allora gli ambientalisti si consideravano di sinistra e ciò comportava una sperequazione, ponendo l’ecologia in un settore che doveva invece esserne esente. Compii questa operazione allorché dapprima invocai la collaborazione dell’allora presidente della Regione Lazio, Piero Badaloni, che partecipò ad un convegno sul tema bioregionale, da me organizzato a Sant’Oreste, assieme a vari assessori e consiglieri, di cui ora ricordo Bonadonna (PRC), Daga (DS) e Bonelli (Verdi). E fin qui non ricevetti critiche di sorta dai miei co-membri, anche se nessuno d’essi si degnò di partecipare al convegno (considerato troppo ufficiale).

Poi successivamente quando organizzai un incontro annuale della Rete a Calcata (sul tema dell’economia sostenibile) ed erano presenti gran parte dei capi-rete, durante il convegno nella sala consiliare del Comune ci fu -da parte dell’allora sindaco Luigi Gasperini- la lettura del patrocinio concesso e del saluto dell’allora presidente regionale Francesco Storace (sì proprio lui) e qui le facce di molti “compagni” bioregionalisti si fecero “nere” (si fa per dire..) ed alcuni si rifiutarono di fare un intervento in quel consesso, dominato tra l’altro da un numero incredibile di vegetariani ed animalisti. Quella volta, dopo il pranzo finale di commiato al Tempio della Spiritualità della Natura, la vidi brutta e sentii quasi il venticello della scomunica su di me… mi salvò solo l’intervento con invito al sincretismo di mia sorella Daniela, che aveva lavorato indefessamente al servizio della causa per due giorni, ed il silenzio benevolo di Etain Addey.

Ora potrai continuare a raccontare quanti altri “dispetti” ho fatto a questi benedetti membri della Rete, ma ve li lascio immaginare…. e chiudo.

Paolo D’Arpini

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Osho il saggio esagerato… ed i suoi pazzi pazzi discepoli

Ricordo nel 1973, quando visitai  l’India per la prima volta,   che giunto il tempo del ritorno  -durante l’attesa della nave Andrea Doria, veterana della marina passeggeri che compiva il suo ultimo viaggio prima del disarmo- restai a Bombay per un paio di mesi facendo la vita dello sderenato (o sadhu, monaco itinerante o mendicante se preferite). Ero già stato toccato dallo Spirito e non potevo far altro che aspettare che “quella cosa” di cui sapevo essere l’espressione prendesse possesso di me. Un’attesa senza speranza si chiama, poiché se c’è speranza non è attesa è solo aspettativa.

Mi capitò un giorno di incontrare delle belle ragazze italiane che andavano vagando per ristorantini a spettegolare. Erano tre, come le tre Grazie, e le avvicinai dolcemente ma cosa strana non rimasero affatto affascinate dalla mia persona… Dovete sapere che in un modo o nell’altro le donne sempre mi amano, non con questo che esse mi trovino particolarmente appetibile dal punto di vista sessuale, semplicemente mi vogliono bene e mi ascoltano con interesse… Sono un affabulatore ed anche come “cercatore spirituale” –malgrado vivessi in totale astinenza- di solito ottenevo un buon successo.

No, quelle tre avevano solo pensieri per Osho, continuavano a parlare di lui come tre innamorate del loro amante, rivelavano tutti i loro giochi amorosi ed i loro desideri nei suoi confronti. Insomma debbo dire che mi sentii un po’ geloso e quasi quasi mi venne l’idea di andare a sfidarlo in casa, quell’Osho, lì a Poona nel suo ashram che si trova a pochi chilometri da Bombay. Fortunatamente per me mi beccai, a forza di frequentare ristorantini sfiziosi, una bella epatite virale A e dovetti perciò rinunciare alle mie velleità per restare in catalessi nell’albergaccio in cui aspettavo “l’evento” (non sapevo nemmeno io bene cosa, qualsiasi cosa o nulla).

Ebbene riuscii a scamparla, allora, tornai in Italia, e poi ancora numerose volte in India e non pensai più di andare da Osho. Ma i discepoli di Osho continuarono a perseguitarmi ed a cercarmi in tutti i modi, me li trovavo davanti ovunque, sia che andassi a Tiruvannamalai, a Jillellamudi od a Ganeshpuri, sia che restassi a Roma a fare il “santo” in via Emanuele Filiberto oppure che entrassi nel vortice alternativo di Calcata con tutte le sue tentazioni e devianze. Questi discepoli di Osho erano e sono i miei amici più simpatici ed affini, sono completamente pazzi ed inaffidabili. “Qualis pater talis filius” dice l’adagio, e mai come in questo caso è vero.

Osho stesso fu un’esagerazione in tutti i sensi. Guru Maharaji si faceva 12 Rolls Royce? Ed Osho 120… Muktananda fondava qualche Ashram in giro per il mondo? Ed Osho fondava addirittura una nuova Città-Stato (nell’Oregon). Il successore di Bhaktivedanta rinunciava al sannyasa e si sposava una sua devota? E la segretaria di Osho, molti dicono anche amante, scappava con tutti i soldi della cassa.

Osho quando parlava era una macchinetta infernale inarrestabile, oppure taceva per anni di fila. Prima aveva parlato bene di tutte le religioni, facendo un discorso sincretico, poi finì per dire che tutte le religioni sono finte. All’inizio si pose come Guru ed infine negò di avere qualsiasi discepolo. I suoi seguaci poveretti subirono un bel lavaggio del cervello e coloro che resistettero –probabilmente- ne uscirono fuori veramente sanati dalla malattia del divenire e dell’apparire. Non sta a me giudicare comunque la condizione di questi miei fratelli, sapendo che ognuno di noi ha il suo destino e le sue pene…

Avrei voluto qui scrivere alcuni pensieri di Osho, almeno per finire in bellezza, ma ora non ne sono più capace… (consapevole della futilità del gesto), riprendo però una storiella taoista (o sufi-zen-cristiana- maomettana-buddista, che importanza ha..?) che lui usò per significare l’indifferenza verso gli eventi ed il non lasciarsi prendere dal vortice del giudizio, delle presupposizioni e delle aspettative. La storia narra di un vecchio contadino a cui era scappato il cavallo. Quella sera i suoi vicini andarono trovarlo per consolarlo della malasorte, egli disse soltanto “..può darsi..”. Il giorno dopo il cavallo ritornò nella stalla portandosi appresso 6 bellissimi stalloni selvaggi, al che i vicini tornarono per felicitarsi della sua buona sorte, ed egli disse “.. può darsi..”. Il giorno seguente suo figlio mentre cercava di domare uno dei puledri selvaggi fu gettato a terra e si spezzò una gamba. Di nuovo i vicini tornarono per consolarlo della sua sfortuna. Ed egli disse “..può darsi..”. Il giorno appresso giunsero nel villaggio degli ufficiali dell’imperatore in cerca di giovani da arruolare nell’esercito, ma il figlio del contadino –a causa della gamba rotta- fu scartato. Quando i vicini tornarono per dirgli –dopo tutto- com’era stato fortunato, egli si limitò ancora una volta a dire ” …può darsi..”. La storia ovviamente continua e continuerà ancora…. Ma non ve la racconto tutta per lasciare un po’ di suspence!

Paolo D’Arpini

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1 agosto 2009 – Gita da Calcata a Castro dei Volsci in Ciociaria – Ed un pensiero su Osho

Con tutti danni che hanno fatto i romani, prima quelli del SPQR e poi quelli del papato, almeno contribuirono a formare un’identità condivisa in terra “ciociara”.

La parola Ciociaria deriva da “cioce” le calzature di pelle appiccicate su misura al piede che per la verità venivano usate un po’ ovunque nell’Italia centrale e meridionale, ma che durarono più a lungo e furono più diffuse in terra ciociara (appunto). In verità quella che noi oggi conosciamo come la Ciociaria era un tempo una regione molto più vasta che comprendeva buona parte dell’attuale provincia sud di Roma e dell’attuale provincia di Latina. Il simbolo di questa terra è stato in epoca romana il celeberrimo avvocato Cicerone, così chiamato perché nato balbuziente vinse il suo difetto mantenendo in bocca una “cicerchia” (tipo di legume), in epoca medioevale fu l’abbazia di Monte Cassino a dar lustro all’area, ed in tempi moderni è stata la famosa frase di Nino Manfredi (di Ceccano) “Fusse ca fusse la vorta bbona..”.

Ma molto prima, prima ancora che nascesse Roma, la terra ciociara era abitata da una varietà di popolazioni italiche: Volsci, Ernici, Equi, Sanniti… con spruzzi di Etruschi e Greci. Oggigiorno è soprattutto l’origine “volsca” che tende ad essere matrice di riferimento culturale per molti centri della zona. Questo perché da diversi archeologi la civiltà dei Volsci viene riconosciuta come “luminosa e fertile” (molti i reperti conservati al Museo di Castro dei Volsci). Però c’è da dire che solo durante il papato la terra ciociara cominciò ad acquisire una identità comunitaria, distaccandosi pian piano da legami “antichi” con le genti del Casertano – Napoletano, del Molise e dell’Abruzzo. Nacque così la “Ciociaria” ed effettivamente questo territorio meriterebbe una propria identità bioregionale.

Infatti se dovesse scorporarsi il Lazio, in previsione dell’attuazione di Roma Capitale (Regione Metropolitana), le parti della provincia di Roma sud e di Latina che sono molto affini a quest’ambito potrebbero ri-aggregarsi in una nuova entità amministrativa. Ma questa per il momento è fantapolitica….

Ritornando comunque alle “radici” ciociare -avendo anch’io un ascendente in tal senso, essendo mio nonno paterno originario di Arpino- sarò lieto di visitare Castro dei Volsci il 1 agosto 2009, invitato da un gruppo di artisti che desiderano farmi conoscere la cittadina per riscoprire assieme antichi valori di ospitalità e solidarietà umana.

L’incontro prevede una passeggiata nell’antico borgo, un simposio con gli artisti e poeti locali ed infine una chiacchierata in cerchio per condividere esperienze e lanciare proposte culturali per il futuro.

Chi, abitando al nord di Calcata, decidesse di partecipare e farmi da accompagnatrice/ore, è benvenuta/o. Contattatemi allo 0761/587200.

Paolo D’Arpini

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Riflessioni sulle parole e sulla forma di Osho

… ho avuto la sensazione, osservandolo e leggendo alcune sue frasi, che il tempo si fermasse. Non vedo giudizio, non trovo attesa, semplicemente “esserci”, stare, in un completo e condivisibile silenzio, dove le parole acquistano una veste universale. Ci si siede e si osserva ciò che accade: è l’incontro dell’alba con la notte, del vecchio con il giovane, è la linea d’ombra che non vediamo, riflessa negli abissi oceanici; è il colore del vento che prende forma, è il gioco che non ci siamo mai concessi che ruba il suo manifestarsi ad ogni altra azione; è il nulla che semplicemente E’….. Per un attimo si ha quasi l’impressione di percepire il volto di Dio mentre sorride………

A.P.

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Italia, Lazio e Provincia di Viterbo: la mappa del nucleare possibile – Dove possibile sta per “distruttibile” – Silvio Berlusconi e l’Armageddon

Ante Scriptum: “L’Armageddon (anche scritto Armaghedòn) o Har-Mageddon indica la battaglia finale tra i re della terra (incitati da Satana) e il Dio …” (Wikipedia)

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Ormai è definitiva la ratifica ministeriale per il ritorno ufficiale dell’Italia al nucleare. Nel progetto c’è sia il ripristino delle vecchie centrali bloccate dal referendum sia la costruzione di nuove centrali “di buona generazione”. Chi è informato sulla materia sa che in realtà le “centrali di nuova generazione” sono quelle di “IV generazione”, tuttora in via di sperimentazione, ma che qui ci installeranno quelle di “III” (la centrale di Cernobyl era di II generazione tanto per intenderci…)… cioè roba già vecchia e non sappiamo quanto pericolosa (ma possiamo immaginarcelo). Greenpeace si è dichiarata contraria alla svolta nucleare in Italia ma ha avallato –a quanto pare– la lista dei siti prescelti per la loro presunta scarsa pericolosità a livello idrogeologico (http://energianucleare.blogspot.com/2009/05/centrali-nucleari-in-italia-ecco-i-siti.html).

C’è anche la zona fra Magliano Sabina ed Orte, ovvero un sito nei pressi del Tevere (precisamente nel punto di confluenza del Nera) il cui letto come sappiamo non è “assolutamente” (!) a rischio idrogeologico (nonostante cambi forma praticamente ogni 100 anni!)… Da parte sua la stessa Greenpeace lascia molte perplessità in merito alle sue posizioni energetiche. Come è noto, Greenpeace è il simbolo di un ambientalismo assolutamente slegato dalla località e quindi dai territori ove realmente si vive, simbolo insomma di un ambientalismo ideologico (che spesso trova sostenitori fra l’ambientalismo “casalingo” e “virtuale”) che nei fatti si traduce più nella promozione di particolari lobbies politiche ed economiche che nella tutela reale dei territori e delle loro vocazioni naturali. Questo ambientalismo “astratto” è oggi anch’esso probabilmente una minaccia, e rattrista il fatto che la stessa Legambiente l’abbia adottato nelle sue politiche “nazionali” e vi si stia accodando. L’ideologismo di queste associazioni sta portando alla diffusione di molte mistificazioni, come quella per la quale l’alternativa in fatto di energia è oggi semplicemente fra nucleare e carbone da un lato e energie rinnovabili senza vincoli dall’altro.

Alla base di tale ideologizzazione dei problemi ambientali e climatici sta ad esempio la promozione dell’eolico selvaggio da parte di Greenpeace e Legambiente: manca infatti a queste discutibili posizioni il legame con le realtà territoriali locali, con i loro problemi, le loro aspettative, lo loro potenzialità in fatto di “sviluppo sostenibile”. A qualsiasi fazione si appartenga, rimane il fatto che se abbassiamo le emissioni producendo energia con l’eolico selvaggio o con il nucleare, distruggeremo però l’economia delle aree locali interessate dagli impianti, con risvolti negativi non solo dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche dal punto di vista urbanistico, sociale, culturale ed economico; oggi chi conosce davvero “la realtà dei luoghi” sa benissimo che dove si vive meglio è perché si è avviato un processo di industrializzazione moderato e si sono conservate le attività tradizionali (silvo-agro-pastorali), che a loro volta hanno innestato lo sviluppo dell’indotto turistico; in sintesi dove si è gestita bene l’urbanistica, dando spazio allo sviluppo di diversi settori economici (agricoltura, industria, turismo, terziario) senza che essi “si calpestassero i piedi” l’un l’altro. In verità l’alternativa non è affatto tra il ritorno al nucleare oppure l’uso scellerato e irrazionale dell’energie rinnovabili. L’alternativa è fra il perseverare nell’uso-consumo sconsiderato ed irrazionale del territorio e delle sue risorse da un lato ed una sua gestione razionale dall’altro. Partendo dal presupposto che il ritorno al nucleare è una cosa da evitare assolutamente, oggi è possibile produrre energia pulita in maniera massiccia sfruttando tutte le potenzialità del territorio senza danneggiarne in alcun modo le caratteristiche ambientali ed economiche. Ma per far ciò occorre una sana politica urbanistica del territorio, che è l’aspetto che più è mancato dal Dopoguerra ad oggi, e non solo in Italia ma in tutto il mondo. Il cemento chiama energia, e l’energia per essere prodotta richiede sempre in qualche modo il danneggiamento del territorio. Per bloccare questo circolo vizioso, servirebbe una visione politica più ampia e lungimirante, sia a livello locale sia a livello globale: i due aspetti sono inscindibili. Nessuna persona intelligente del resto penserebbe che si salverebbero i ghiacciai riempiendo di torri eoliche i nostri territori naturali ed agricoli, poiché tale erosione nel breve o nel medio termine produrrebbe a livello locale danni ambientali, culturali ed economici tali da avviare in quei luoghi attività che a loro volta richiederebbero energia sempre maggiore, senza contare che la rovina degli ecosistemi locali danneggerebbe – come è ovvio – l’ecosistema globale. E’ da questo terribile circolo vizioso che dobbiamo liberarci. Iniziamo a liberarci da ideologie pseudo-ambientaliste proposte da chi ha interessi personali e avallate da chi non pensa col proprio cervello, e chiediamo a gran voce uno SVILUPPO MASSICCIO E RAZIONALE DELLE ENERGIE RINNOVABILI.

E’ stato studiato ad esempio, che ricoprendo di pannelli fotovoltaici tutte le superfici attualmente occupate da aree industriali e produttive in Italia, Paese del sole, si giungerebbe all’efficientamento energetico nazionale! Sviluppando fra l’altro un business industriale ed economico dalle proporzioni spaventose! Perché ciò non avviene? Perché si continuano ad alimentare con centrali termoelettriche o nucleari gli insediamenti produttivi, quando essi dovrebbero – per la sacrosanta logica del risparmio e dell’efficienza energetica – prodursi l’energia in loco?

E perché invece di utilizzare gli edifici esistenti si costruiscono demenziali centrali fotovoltaiche a terra contribuendo così alla devastazione dei territorio? E perché l’idroelettrico, che ancora alimenta gran parte delle nostre attività e che è così presente del nostro Paese, è attualmente abbandonato a se stesso e non viene rinnovato nei suoi impianti? Eppure l’idroelettrico rappresenta un tipo di energia davvero rinnovabile e pulita, poiché – particolare su cui forse pochi hanno mai riflettuto – è l’unica che ad un ecosistema alterato (la valle sommersa) ne sostituisce un altro (il lago artificiale), e che quindi in un certo senso riequilibra l’impatto antropico dell’uomo (pur mutandone logicamente le caratteristiche originarie); mentre TUTTI gli altri sistemi di produzione energetica (tradizionale e alternativa), che utilizzano fisicamente il territorio, alterano o cancellano un ecosistema (il sito dove vengono realizzati) senza sostituirlo con nulla di utile all’ambiente.

Cosa ci dicono Greenpeace e Legambiente a riguardo? Forse i produttori dell’energia eolica industriale pagano bene? E quindi veniamo appunto all’eolico, che invece di essere sviluppato nella modalità dell’eolico industriale, con le sue centrali immense e così devastanti per gli ecosistemi e le realtà locali, potrebbe essere sviluppato – anch’esso massicciamente – in una forma più “diffusa”. Sull’eolico insomma la sfida è fra l’eolico industriale dei potenti e degli speculatori e l’eolico diffuso, magari domestico: ogni palazzo, ogni villa, ogni condominio dovrebbe avere il proprio impianto di microeolico (in aggiunta o in alternativa a quello fotovoltaico), mentre l’illuminazione (pubblica e privata) nelle zone moderne dovrebbe essere alimentata da lampioni eolici-fotovoltaici già in uso in Giappone e Cina. Pensiamo a quante costruzioni moderne esistono sul suolo italiano (ed europeo) ed immaginiamo quanta energia si produrrebbe già solo col microeolico! O meglio con il connubio fra fotovoltaico ed eolico diffuso!!! Perché tale soluzione non viene promossa dalle amministrazioni e dai governi? Forse perché chi costruisce le centrali nucleari o le grandi centrali eoliche, non vuole che tali realtà vengano conosciute dai cittadini? Fermo restando che gli impianti di grande taglia (anche di “minieolico”, con torri comunque alte fino a 30 mt circa) potrebbero essere realizzati in aree non di pregio ed energivore, come ad esempio tutti gli insediamenti industriali di una certa entità che esistono nel nostro Paese che naturalmente abbiano le sufficienti caratteristiche di ventosità.

E allora perché Greenpeace e Legambiente, invece di fornirci inquietanti liste di siti di pregio naturalistico da devastare con l’eolico industriale (accompagnate da propagande demenziali e legate alla più squallida techno-stupidity), non si mettono a lavorare su una mappa dei siti industriali italiani in cui tecnicamente sarebbe possibile produrre energia dal vento davvero ad impatto zero. Forse perché gli industriali dell’eolico industriale devono vendere (o meglio devono “ammollare” come si dice a Roma) a qualche amministrazione-popolazione disgraziata i grandi impianti che altrimenti gli resterebbero “sul groppone”? O perché con lo sviluppo del micro-eolico domestico essi non potrebbero creare monopoli di produzione energetica, come invece stanno cercando di fare stuprando i nostri territorio ancora integri? “Non” sarà che gli speculatori e i politicanti non vogliono che tutti noi – come singoli, come famiglie, come condomini – diveniamo piccoli produttori indipendenti? Perché le amministrazioni non realizzano centri di produzione energetica nei pressi degli insediamenti produttivi come sarebbe razionale? Forse perché i terreni agricoli costano molto meno di quelli edificabili limitrofi alle aree industriali? Forse perché molti uffici tecnici comunali non vogliono deludere né gli industriali alla ricerca della spesa minima né gli immobiliaristi-costruttori alla ricerca di terreni edificabili?

Infine, quante altre energie alternative – come le biomasse ad esempio – potrebbero trovare adeguata collocazione senza ferire territori vergini? Quanta energia si potrebbe produrre grazie a questi impianti?

Sulla base di tutto ciò non vi sembra che da una parte e dall’altra ci stiano prendendo un po’ in giro? E che – COME SEMPRE – ognuno cerca di farsi gli affaracci suoi sulla pelle del territorio e dei suoi abitanti? Non è il caso di svegliarci? Non è il caso di iniziare a ragionare con la propria testa e di chiedere un utilizzo più sano e razionale dei territori in cui viviamo?

Ad ogni modo ecco di seguito la lista dei possibili nuovi siti per una centrale nucleare. Buona lettura.

Luca Bellincioni

Piemonte: Provincia di Vercelli: tutta la zona intorno al Po, da Trino Vercellese fino alla zona a nord di Chivasso.

Provincia di Biella: la zona intorno alla Dora Baltea a sud di Ivrea.

Lombardia: Provincia di Pavia: la zona dell’Oltrepò Pavese a nord di Voghera.

Provincia di Mantova: l’intera zona a sud di Mantova in corrispondenza del Po

Provincia di Cremona:zona a sud di Cremona in corrispondenza del Po (vicino a Caorso)

Veneto: Provincia di Rovigo: la zona compresa tra l’Adige e il Po (a sud di Legnago)

Friuli: Provincia di Udine e provincia di Pordenone: tutta la zona interna, intorno al fiume Tagliamento, da Latisana fino a Spilimbergo

Emilia Romagna : Provincia di Parma: la zona a nord di Fidenza, compresa tra il Po e il Taro

Toscana: L’isola di Pianosa

Lazio: Provincia di Viterbo: la zona interna a sud del Tevere, nella zona di affluenza della Nera, tra Magliano Sabina e Orte.

Calabria: Provincia di Catanzaro: la zona costiera ionica in corrispondenza di Sellia Marina, tra il fiume Simeri e il fiume Alli (Principali località: Belladonna, Marindi, Simeri Mare, Sellia

Marina).

Provincia di Crotone: la zona costiera ionica in corrispondenza della foce del fiume Neto, a nord di Crotone (Marina di Strongoli, Torre Melissa, Contrada Cangemi, Tronca).

Provincia di Cosenza: la zona costiera tra il fiume Nicà e la città di Cariati

Puglia: Provincia di Taranto: la zona costiera ionica, in corrispondenza della località di Manduria.

Provincia di Lecce: la zona costiera ionica a nord di Porto Cesareo e quella a sud di Gallipoli; la zona costiera adriatica a nord di Otranto e quella a sud di Brindisi (esistono su

queste ultime dei vincoli naturalistici).

Provincia di Brindisi: la zona costiera in corrispondenza di Ostuni.

Sicilia: Provincia di Ragusa: la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo.

Provincia di Caltanissetta: la zona costiera intorno a Gela.

Provincia di Agrigento: la zona costiera intorno Licata.

Provincia di Trapani: la zona costiera a sud di Mazzara del Vallo, in corrispondenza della località Tre Fontane.

Sardegna. Ogliastra: la zona costiera in corrispondenza del fiume Riu Mannu e della località di Torre di Bari.

Provincia di Nuoro, la zona costiera a sud della località di Santa Lucia e in corrispondenza dell’isola Ruja.

Provincia di Cagliari: la zona costiera tra Pula e Santa Margherita di Pula

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