Italia, Lazio e Provincia di Viterbo: la mappa del nucleare possibile – Dove possibile sta per “distruttibile” – Silvio Berlusconi e l’Armageddon

Ante Scriptum: “L’Armageddon (anche scritto Armaghedòn) o Har-Mageddon indica la battaglia finale tra i re della terra (incitati da Satana) e il Dio …” (Wikipedia)

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Ormai è definitiva la ratifica ministeriale per il ritorno ufficiale dell’Italia al nucleare. Nel progetto c’è sia il ripristino delle vecchie centrali bloccate dal referendum sia la costruzione di nuove centrali “di buona generazione”. Chi è informato sulla materia sa che in realtà le “centrali di nuova generazione” sono quelle di “IV generazione”, tuttora in via di sperimentazione, ma che qui ci installeranno quelle di “III” (la centrale di Cernobyl era di II generazione tanto per intenderci…)… cioè roba già vecchia e non sappiamo quanto pericolosa (ma possiamo immaginarcelo). Greenpeace si è dichiarata contraria alla svolta nucleare in Italia ma ha avallato –a quanto pare– la lista dei siti prescelti per la loro presunta scarsa pericolosità a livello idrogeologico (http://energianucleare.blogspot.com/2009/05/centrali-nucleari-in-italia-ecco-i-siti.html).

C’è anche la zona fra Magliano Sabina ed Orte, ovvero un sito nei pressi del Tevere (precisamente nel punto di confluenza del Nera) il cui letto come sappiamo non è “assolutamente” (!) a rischio idrogeologico (nonostante cambi forma praticamente ogni 100 anni!)… Da parte sua la stessa Greenpeace lascia molte perplessità in merito alle sue posizioni energetiche. Come è noto, Greenpeace è il simbolo di un ambientalismo assolutamente slegato dalla località e quindi dai territori ove realmente si vive, simbolo insomma di un ambientalismo ideologico (che spesso trova sostenitori fra l’ambientalismo “casalingo” e “virtuale”) che nei fatti si traduce più nella promozione di particolari lobbies politiche ed economiche che nella tutela reale dei territori e delle loro vocazioni naturali. Questo ambientalismo “astratto” è oggi anch’esso probabilmente una minaccia, e rattrista il fatto che la stessa Legambiente l’abbia adottato nelle sue politiche “nazionali” e vi si stia accodando. L’ideologismo di queste associazioni sta portando alla diffusione di molte mistificazioni, come quella per la quale l’alternativa in fatto di energia è oggi semplicemente fra nucleare e carbone da un lato e energie rinnovabili senza vincoli dall’altro.

Alla base di tale ideologizzazione dei problemi ambientali e climatici sta ad esempio la promozione dell’eolico selvaggio da parte di Greenpeace e Legambiente: manca infatti a queste discutibili posizioni il legame con le realtà territoriali locali, con i loro problemi, le loro aspettative, lo loro potenzialità in fatto di “sviluppo sostenibile”. A qualsiasi fazione si appartenga, rimane il fatto che se abbassiamo le emissioni producendo energia con l’eolico selvaggio o con il nucleare, distruggeremo però l’economia delle aree locali interessate dagli impianti, con risvolti negativi non solo dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche dal punto di vista urbanistico, sociale, culturale ed economico; oggi chi conosce davvero “la realtà dei luoghi” sa benissimo che dove si vive meglio è perché si è avviato un processo di industrializzazione moderato e si sono conservate le attività tradizionali (silvo-agro-pastorali), che a loro volta hanno innestato lo sviluppo dell’indotto turistico; in sintesi dove si è gestita bene l’urbanistica, dando spazio allo sviluppo di diversi settori economici (agricoltura, industria, turismo, terziario) senza che essi “si calpestassero i piedi” l’un l’altro. In verità l’alternativa non è affatto tra il ritorno al nucleare oppure l’uso scellerato e irrazionale dell’energie rinnovabili. L’alternativa è fra il perseverare nell’uso-consumo sconsiderato ed irrazionale del territorio e delle sue risorse da un lato ed una sua gestione razionale dall’altro. Partendo dal presupposto che il ritorno al nucleare è una cosa da evitare assolutamente, oggi è possibile produrre energia pulita in maniera massiccia sfruttando tutte le potenzialità del territorio senza danneggiarne in alcun modo le caratteristiche ambientali ed economiche. Ma per far ciò occorre una sana politica urbanistica del territorio, che è l’aspetto che più è mancato dal Dopoguerra ad oggi, e non solo in Italia ma in tutto il mondo. Il cemento chiama energia, e l’energia per essere prodotta richiede sempre in qualche modo il danneggiamento del territorio. Per bloccare questo circolo vizioso, servirebbe una visione politica più ampia e lungimirante, sia a livello locale sia a livello globale: i due aspetti sono inscindibili. Nessuna persona intelligente del resto penserebbe che si salverebbero i ghiacciai riempiendo di torri eoliche i nostri territori naturali ed agricoli, poiché tale erosione nel breve o nel medio termine produrrebbe a livello locale danni ambientali, culturali ed economici tali da avviare in quei luoghi attività che a loro volta richiederebbero energia sempre maggiore, senza contare che la rovina degli ecosistemi locali danneggerebbe – come è ovvio – l’ecosistema globale. E’ da questo terribile circolo vizioso che dobbiamo liberarci. Iniziamo a liberarci da ideologie pseudo-ambientaliste proposte da chi ha interessi personali e avallate da chi non pensa col proprio cervello, e chiediamo a gran voce uno SVILUPPO MASSICCIO E RAZIONALE DELLE ENERGIE RINNOVABILI.

E’ stato studiato ad esempio, che ricoprendo di pannelli fotovoltaici tutte le superfici attualmente occupate da aree industriali e produttive in Italia, Paese del sole, si giungerebbe all’efficientamento energetico nazionale! Sviluppando fra l’altro un business industriale ed economico dalle proporzioni spaventose! Perché ciò non avviene? Perché si continuano ad alimentare con centrali termoelettriche o nucleari gli insediamenti produttivi, quando essi dovrebbero – per la sacrosanta logica del risparmio e dell’efficienza energetica – prodursi l’energia in loco?

E perché invece di utilizzare gli edifici esistenti si costruiscono demenziali centrali fotovoltaiche a terra contribuendo così alla devastazione dei territorio? E perché l’idroelettrico, che ancora alimenta gran parte delle nostre attività e che è così presente del nostro Paese, è attualmente abbandonato a se stesso e non viene rinnovato nei suoi impianti? Eppure l’idroelettrico rappresenta un tipo di energia davvero rinnovabile e pulita, poiché – particolare su cui forse pochi hanno mai riflettuto – è l’unica che ad un ecosistema alterato (la valle sommersa) ne sostituisce un altro (il lago artificiale), e che quindi in un certo senso riequilibra l’impatto antropico dell’uomo (pur mutandone logicamente le caratteristiche originarie); mentre TUTTI gli altri sistemi di produzione energetica (tradizionale e alternativa), che utilizzano fisicamente il territorio, alterano o cancellano un ecosistema (il sito dove vengono realizzati) senza sostituirlo con nulla di utile all’ambiente.

Cosa ci dicono Greenpeace e Legambiente a riguardo? Forse i produttori dell’energia eolica industriale pagano bene? E quindi veniamo appunto all’eolico, che invece di essere sviluppato nella modalità dell’eolico industriale, con le sue centrali immense e così devastanti per gli ecosistemi e le realtà locali, potrebbe essere sviluppato – anch’esso massicciamente – in una forma più “diffusa”. Sull’eolico insomma la sfida è fra l’eolico industriale dei potenti e degli speculatori e l’eolico diffuso, magari domestico: ogni palazzo, ogni villa, ogni condominio dovrebbe avere il proprio impianto di microeolico (in aggiunta o in alternativa a quello fotovoltaico), mentre l’illuminazione (pubblica e privata) nelle zone moderne dovrebbe essere alimentata da lampioni eolici-fotovoltaici già in uso in Giappone e Cina. Pensiamo a quante costruzioni moderne esistono sul suolo italiano (ed europeo) ed immaginiamo quanta energia si produrrebbe già solo col microeolico! O meglio con il connubio fra fotovoltaico ed eolico diffuso!!! Perché tale soluzione non viene promossa dalle amministrazioni e dai governi? Forse perché chi costruisce le centrali nucleari o le grandi centrali eoliche, non vuole che tali realtà vengano conosciute dai cittadini? Fermo restando che gli impianti di grande taglia (anche di “minieolico”, con torri comunque alte fino a 30 mt circa) potrebbero essere realizzati in aree non di pregio ed energivore, come ad esempio tutti gli insediamenti industriali di una certa entità che esistono nel nostro Paese che naturalmente abbiano le sufficienti caratteristiche di ventosità.

E allora perché Greenpeace e Legambiente, invece di fornirci inquietanti liste di siti di pregio naturalistico da devastare con l’eolico industriale (accompagnate da propagande demenziali e legate alla più squallida techno-stupidity), non si mettono a lavorare su una mappa dei siti industriali italiani in cui tecnicamente sarebbe possibile produrre energia dal vento davvero ad impatto zero. Forse perché gli industriali dell’eolico industriale devono vendere (o meglio devono “ammollare” come si dice a Roma) a qualche amministrazione-popolazione disgraziata i grandi impianti che altrimenti gli resterebbero “sul groppone”? O perché con lo sviluppo del micro-eolico domestico essi non potrebbero creare monopoli di produzione energetica, come invece stanno cercando di fare stuprando i nostri territorio ancora integri? “Non” sarà che gli speculatori e i politicanti non vogliono che tutti noi – come singoli, come famiglie, come condomini – diveniamo piccoli produttori indipendenti? Perché le amministrazioni non realizzano centri di produzione energetica nei pressi degli insediamenti produttivi come sarebbe razionale? Forse perché i terreni agricoli costano molto meno di quelli edificabili limitrofi alle aree industriali? Forse perché molti uffici tecnici comunali non vogliono deludere né gli industriali alla ricerca della spesa minima né gli immobiliaristi-costruttori alla ricerca di terreni edificabili?

Infine, quante altre energie alternative – come le biomasse ad esempio – potrebbero trovare adeguata collocazione senza ferire territori vergini? Quanta energia si potrebbe produrre grazie a questi impianti?

Sulla base di tutto ciò non vi sembra che da una parte e dall’altra ci stiano prendendo un po’ in giro? E che – COME SEMPRE – ognuno cerca di farsi gli affaracci suoi sulla pelle del territorio e dei suoi abitanti? Non è il caso di svegliarci? Non è il caso di iniziare a ragionare con la propria testa e di chiedere un utilizzo più sano e razionale dei territori in cui viviamo?

Ad ogni modo ecco di seguito la lista dei possibili nuovi siti per una centrale nucleare. Buona lettura.

Luca Bellincioni

Piemonte: Provincia di Vercelli: tutta la zona intorno al Po, da Trino Vercellese fino alla zona a nord di Chivasso.

Provincia di Biella: la zona intorno alla Dora Baltea a sud di Ivrea.

Lombardia: Provincia di Pavia: la zona dell’Oltrepò Pavese a nord di Voghera.

Provincia di Mantova: l’intera zona a sud di Mantova in corrispondenza del Po

Provincia di Cremona:zona a sud di Cremona in corrispondenza del Po (vicino a Caorso)

Veneto: Provincia di Rovigo: la zona compresa tra l’Adige e il Po (a sud di Legnago)

Friuli: Provincia di Udine e provincia di Pordenone: tutta la zona interna, intorno al fiume Tagliamento, da Latisana fino a Spilimbergo

Emilia Romagna : Provincia di Parma: la zona a nord di Fidenza, compresa tra il Po e il Taro

Toscana: L’isola di Pianosa

Lazio: Provincia di Viterbo: la zona interna a sud del Tevere, nella zona di affluenza della Nera, tra Magliano Sabina e Orte.

Calabria: Provincia di Catanzaro: la zona costiera ionica in corrispondenza di Sellia Marina, tra il fiume Simeri e il fiume Alli (Principali località: Belladonna, Marindi, Simeri Mare, Sellia

Marina).

Provincia di Crotone: la zona costiera ionica in corrispondenza della foce del fiume Neto, a nord di Crotone (Marina di Strongoli, Torre Melissa, Contrada Cangemi, Tronca).

Provincia di Cosenza: la zona costiera tra il fiume Nicà e la città di Cariati

Puglia: Provincia di Taranto: la zona costiera ionica, in corrispondenza della località di Manduria.

Provincia di Lecce: la zona costiera ionica a nord di Porto Cesareo e quella a sud di Gallipoli; la zona costiera adriatica a nord di Otranto e quella a sud di Brindisi (esistono su

queste ultime dei vincoli naturalistici).

Provincia di Brindisi: la zona costiera in corrispondenza di Ostuni.

Sicilia: Provincia di Ragusa: la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo.

Provincia di Caltanissetta: la zona costiera intorno a Gela.

Provincia di Agrigento: la zona costiera intorno Licata.

Provincia di Trapani: la zona costiera a sud di Mazzara del Vallo, in corrispondenza della località Tre Fontane.

Sardegna. Ogliastra: la zona costiera in corrispondenza del fiume Riu Mannu e della località di Torre di Bari.

Provincia di Nuoro, la zona costiera a sud della località di Santa Lucia e in corrispondenza dell’isola Ruja.

Provincia di Cagliari: la zona costiera tra Pula e Santa Margherita di Pula

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