Archivio di luglio 2009

Nella mente inferno o paradiso – Nella mente aggressività o gentilezza – Nella mente quiete od ansia – La mente non mente… (titolo fuorviante)

La mente.

Se il computer di bordo dà dati sbagliati sui percorsi da seguire e sulla meta da raggiungere l’aereo rischia di schiantarsi contro qualche montagna. La mente è una macchina che funziona a glucosio, che si trova principalmente nella frutta e nella verdura: ne servono almeno 100 grammi al giorno che corrispondono a circa 500 calorie.

Si può dire che una mente è ammalata quando non pensa in modo positivo, quando concepisce pensieri offensivi o lesivi per l’organismo che la contiene e per gli altri.

Duemila anni fa Giovenale affermava “mens sana in corpore sano”, infatti quando l’individuo gode buona salute, perché vive e si alimenta correttamente, aumenta la basicità del suo sangue e con essa si sviluppa il suo acume, la sua intelligenza positiva, la sua saggezza, la sua lungimiranza. Nella mente vi sono le radici della violenza umana, confermato anche scientificamente dalla biochimica dei neurotrasmettitori. Gli alimenti, infatti, condizionano il biochimismo cerebrale, il pensiero e quindi il comportamento delle persone. Carne e pesce fanno aumentare i livelli dell’aminoacido tirosina e l’accumulo nel cervello dei 2 neurotrasmettitori dopamina e adrenalina responsabili della grinta e dell’aggressività tipica degli animali predatori.

Un eccesso proteico dovuto alla carne, oppure a cibi troppo ricchi di proteine, causa carenza di triptofano e serotonina. Il triptofano è presente anche nella carne ma il triptofano, che viene dalla carne o da cibi iperproteici, aumentano contemporaneamente altri 2 aminoacidi, la leucina e la tirosina in misura maggiore rispetto al triptofano il quale giunge al cervello in dosi minori perché questi impegnano i meccanismi di trasporto degli aminoacidi a discapito del triptofano che giunge al cervello in dosi minori generando aggressività e violenza nell’individuo. Per contro i vegetali per il loro alto contenuto di amidi e fibra favoriscono la concentrazione di triptofano nel cervello consentendone la trasformazione in serotonina che è il neurotrasmettitore tipico di uno stato di calma, di serenità, di socievolezza. I vegetali inducono il ritmo di base “alfa” che caratterizza un cervello cosciente e vigile accompagnato da un senso di benessere generale analogo allo stato di meditazione che permette all’individuo di entrare in contatto con le realtà più profonde della sua vera natura favorendo immaginazione e creatività.

Inoltre, sotto l’aspetto bio-energetico l’alimentazione carnea abbassa le frequenze energetiche dei chakra, l’energia diventa più densa e scorre più lentamente: le persone tendono ad essere più aggressive e tese, perché vengono sollecitati i chakra istintuali. L’alimentazione vegetariana invece consente la depurazione dell’organismo che si ripercuote sui chakra che alimentano l’aspetto mentale e spirituale: l’energia della persona diventa più armonica ed equilibrata, aumenta la vibrazione complessiva e ci si avvicina al piano delle percezioni superiori.

Come aiutare la mente a sviluppare la sua parte positiva? Con l’abitudine a pensare in modo positivo, allontanandosi da ogni pensiero che genera rancore, antipatia, odio, vendetta, invidia, disprezzo, desideri sfrenati e poi meditare, fare esercizi di concentrazione, pregare, stare in silenzio, leggere poesie, imparare a dare il giusto valore alle cose, specialmente alle più semplici, le più piccole, le più in apparenza insignificanti.

Per dimensione spirituale si intende la sfera dei sentimenti, la sensibilità del cuore, la capacità di condividere le altrui necessità e di immedesimarsi nelle esigenze vitali degli altri, insomma l’amore che diviene pratica operativa. Questa parte dell’individuo si ammala o è ammalata perché non viene coltivata, non viene aiutata a svilupparsi. Come il corpo e la mente hanno bisogno di esercizi per mantenersi efficienti così è la dimensione emotiva e spirituale dell’uomo. Diceva il filosofo Simon Weil: “La compassione è un miracolo più grande del camminare sulle acque”. L’importanza dell’astinenza della carne considerata come condizione imprescindibile per raggiungere le alte vette della spiritualità è stata da sempre raccomandata dai grandi iniziati, mistici e santi di ogni tempo e paese. Questa regola di vita ha radici antichissime parte dagli antichi Veda e arriva fino a noi attraverso il pensiero di Leonardo da Vinci, Gandhi, Capitini ecc. Tale concetto viene messo in atto dall’Induismo, da Krisna, dalla tradizione Indiana, dai Brahmani, dal Buddismo, dallo Zoroastrismo, dal Taoismo, dallo Jainismo, anche da alcune frange dell’ Ebraismo, e successivamente anche dai santi Sufi dell’Islamismo, dagli antichi Egizi, dall’Orfismo, dai Misteri Eleusini, dagli Oracoli Caldei, dai Pitagorici, dagli Stoici, dai Neoplatonici, da Ermete Trismegisto, dai Padri della Chiesa cattolica d’Oriente e d’Occidente, e quindi dai primi cristiani, da molte sette spirituali e comunità religiose al tempo di Gesù, da molti se non tutti gli Ordini monastici cristiani; lo stesso concetto è evidente nei Vangeli apocrifi in particolare nel Vangelo Esseno della pace, nel Vangelo dei 12 apostoli, e soprattutto nelle Pergamene del Mar Morto rinvenute nel 1947 a Qumran una località dove visse la comunità degli Esseni, ed infine nel pensiero dei più grandi filosofi e uomini di scienza come Euripide, Pitagora, Platone, Socrate, Ippocrate, Cicerone, Virgilio, Seneca, Marco Aurelio, Orazio, Ovidio, Plutarco, Porfirio, Plotino, Spinoza, Einstein, Goethe, Nietzsche, Schopenhauer, Schweitzer, , ecc.

Perché l’uomo è diventato aggressivo e insensibile?. I nostri progenitori, strutturati morfologicamente come esseri pacifici e fruttariani, privi di armi naturali offensive, nell’ultima glaciazione Wurm III dell’era quaternaria nel periodo chiamato pleistocene, circa un milione di anni fa, quando le foreste si trasformarono in savane, furono costretti a vivere di sciacallaggio, cioè mangiare i resti degli animali predatori, ma col tempo impararono a cacciare e quindi ad uccidere direttamente gli animali e a mangiare il corpo sanguinolento delle vittime. Si abituarono alla vista del sangue e della morte violenta e la sfera “emotiva” che con l’evoluzione si stava sviluppando subì un arresto. L’ominide aveva imparato ad uccidere e l’azione inizialmente sporadica si ripeté ogni qualvolta vi fu la necessità di difendere il proprio pasto, la propria pozza di acqua, il proprio giaciglio, la propria compagna. Il danno nella sua coscienza era stato irrimediabilmente compiuto ma a pagarne le conseguenze furono anche quelli della sua stessa specie nei confronti dei quali era ormai capace di mettere in atto le stesse azioni violente: l’abitudine ad uccidere aveva decretato la morte della sensibilità umana.

Come sviluppare la parte emozionale e spirituale dell’individuo? Che cosa c’è di più importante della compassione, della pietà, delle misericordia, della condivisione? E che cosa causa maggiormente la disumanizzazione della coscienza umana se non l’incapacità di condividere il dolore della vittima? Se non la violenza sugli esseri più innocenti, indifesi, più piccoli, diversi, gli animali?

Occorre eliminare dalla propria coscienza gli stadi emozionali negativi, il biasimo, la critica disfattista, la maldicenza, il malumore, la cattiveria, l’egoismo, l’indifferenza verso il dolore altrui (questi sono ciò che maggiormente precludono la serenità d’animo e impediscono di raggiungere il benessere integrale) e sostituirli con la condivisione, la tolleranza, la gratitudine, il garbo, la gentilezza, il dialogo costruttivo, la mitezza.

Bisogna impegnarsi a superare i propri limiti in modo da non essere condizionati dai propri impulsi disarmonici; bisogna coltivare la virtù, avere la forza di rinunciare a ciò che di materiale preclude lo sviluppo dei valori spirituali, dedicare più tempo ai propri ideali, alle cause giuste dando il proprio contributo per un mondo migliore, fare in modo che le nostre azioni o le nostre scelte non siano mai lesive per alcuno, cercando di non fare mai lo stesso errore, essere sempre onesti e leali disposti per primi a comportarsi nei confronti degli altri come vorremmo che gli altri si comportassero con noi: solo in questo modo si espande la nostra coscienza, si amplia la nostra sfera morale, la sensibilità del nostro cuore, il senso della vera giustizia.

Occorre che ognuno impari ad essere artefice del proprio destino senza più delegare ad altri la gestione della propria salute fisica, mentale, morale e spirituale. Occorre essere consapevoli che in ognuno vi sono gli strumenti necessari a guarire te stesso: nessuno come noi stessi conosce le vere cause che hanno determinato la nostra malattia. Occorre essere liberi dentro ma soprattutto imparare a valorizzare la differenza formale delle cose, osservare il piccolo, il minuto, stupirsi della bellezza di un fiore, della perfezione di ogni essere vivente: questo è il modo più semplice e più efficace per sviluppare la sensibilità del cuore, il senso della condivisione, della compassione: le sole vere armi per rendere l’uomo più sensibile e giusto e quindi capace di acquisire una coscienza universalista che ci consente di porre le basi per un mondo migliore.

Franco Libero Manco – francolibero.manco@fastwebnet.it  

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“Nel parco con il Winchester” – La tutela ambientale secondo gli ecologisti americani… ed altre storie strane sui cinghiali di Calcata

Un paio di anni fa venne a trovarmi qui a Calcata un amico carissimo di Torino, Claudio, che fa il tecnico progettatore meccanico. Vi ho già raccontato la sua disavventura con i cinghiali, le costole rotte, il bagno per ore nell’acqua gelida del fiume ed i postumi che persistono (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/12/19/viano-claudio-e-daniela-e-davide-i-miei-protetti-di-torino-che-mi-proteggono/ ).

La cosa più strana che mi capitò a quel tempo fu che, avendo mandato in giro una serie di lettere in cui chiedevo di trovare una soluzione (sterilizzazione o cattura dei capi in eccesso) per questi facoceri asiatici che sono stati abusivamente immessi nel territorio (probabilmente da cacciatori), distruggendo l’habitat e cancellando molte altre specie di animali autoctoni, ricevetti una strana e piccata risposta da Giuseppe Moretti il quale in sostanza mi diceva..”se uno che fa l’ingegnere non sa come muoversi in natura, non serve trovare soluzioni con i cinghiali, che stanno a casa loro, ma eventualmente, come fa il bioregionalista Gary Snyder in America quando va in un parco dove vivono animali pericolosi, si munisce prima di una buona carabina…”.

Certo che gli ecologisti americani fossero principalmente cacciatori l’ho scoperto solo di recente leggendo un articolo di Franco Zumino su Wilderness in cui si fa la cronistoria del ritardo nell’approvazione della nuova “Legge onnicomprensiva per le terre demaniali” che interessa oltre 840.000 ettari in 9 stati federali”. Tale legge stabilisce che questa grande estensione di terre vergini sia considerata “riserva naturale” e va ad integrarsi ad un sistema di aree protette per un totale di 10.400.000 ettari.

La legge alfine, è stata firmata dal neo presidente Barack Hussein Obama dopo aver subito un forte rallentamento perché osteggiata da alcuni deputati “animalisti” come protesta per la mancata ricezione di una modifica, da loro proposta, sul divieto dell’uso delle armi nelle riserve. Sì, avete letto bene, in America, la legge tutt’ora consente di andare nei parchi con fucile, pistola o quant’altro e consente anche la caccia e la pesca degli animali che vivono nella riserva.

Chiaramente, che una estensione enorme come quella ora designata dal nuovo presidente Obama, sia considerata riserva naturale è un grande vantaggio dal punto di vista della protezione ambientale anche se dispiace che tale protezione non sia stata allargata agli animali… Ma sappiamo tutti che negli USA le armi sono “sacre”.

Qui di seguito inserisco uno stralcio dell’ultima email “karmica” di Claudio, sui risvolti del suo rapporto con i cinghiali della valle del Treja.

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Caro Paolo.

Eh… la caduta non è mica l’ultima avventura, ormai c’è di meglio!

Durante le analisi lì a Civita Castellana mi avevano diagnosticato per caso anche un aneurisma dell’aorta ascendente; cioè tra cuore e vena giugulare era dilatata fino al doppio del suo diametro normale, con rischio che si rompesse, e se si rompe lì non si fa tempo a raggiungere il telefono.

In realtà sapevo già di avere quel difetto congenito, ma era un po’ che non mi controllavo e non sapevo avesse raggiunto un diametro pericoloso; in realtà non avevo nemmeno capito quando me l’avevano detto anni fa che fosse una cosa degenerativa, con una sua evoluzione in peggio. Questa notizia è stata un’altra delle emozioni forti di quella famosa sera, ma forse non te l’avevo mai raccontato. Fatto sta che ho dovuto fare un’operazione (l’ho fatta un anno dopo l’incidente) a torace aperto e cuore fermo per sostituire il pezzo di aorta danneggiato con un tubo artificiale di qualche tipo di tessuto di carbonio e nylon che dicono sia eterno e non da alcun rigetto. Ma vedessi le analisi a raggi,  per adesso, è bellissima, bella sinuosa e costante di diametro!

Scherzi a parte con qualche rappezzo sono tornato (quasi) come nuovo;  i riparatori, perché i chirurghi non sono medici, sono delle specie di artigiani che di medicina capiscono poco o niente ma hanno una mano formidabile, insomma dicono che posso fare tutto quello che mi pare.

Quanto ai postumi della caduta, mi e’ rimasta una parte della coscia sinistra che sento un po’ “strana”, ma niente di rilevante, e penso che starà così per il resto della mia vita; é per via del nervo che ha sbattuto dove é attaccato alla spina dorsale e si sente fino nella gamba.

Alla fine devo pure ringraziare i cinghiali, che mi hanno permesso di vedere che l’aorta era da riparare e poneva un rischio mortale, ma questo sicuramente a uno come te non suona affatto paradossale….   Claudio

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Piansano, lago di Bolsena (Viterbo) – Balcone con vista sui piloni eolici… – Appello alla ragione al sindaco Andrea Di Virginio

Pensavo che la progettazione di parchi eolici nella Tuscia fosse una boutade elettorale, come accadde (forse) per l’annunciato aeroporto low-cost di Viterbo, invece pare proprio che le amministrazioni di vari centri siano state attratte dalle sirene eoliche e stiano pianificando, sul serio, di installare piloni su piloni in tutti la Tuscia. Trasformando l’intera nobile terra etrusca in una ragnatela di eliche, centraline e torri di Babele.  L’impianto che rischia di essere realizzato per davvero  è il “parco eolico” (eufemismo patetico come il termine “aeroporto ecologico”) previsto a Piansano sul lago di Bolsena.“Piansano. Il comitato contro il parco eolico dice no all’impianto: ‘Vogliono fare 30 torri di 130 metri a un chilometro dal paese’. Italia Nostra ha presentato un esposto. (http://www.maremmaoggi.com/response_ricerca.asp?sWhere=argomento&sKey=PIANSANO )” – Questa la notizia per la quale mi viene da piangere e mi domando con quale criterio gli amministratori di Piansano intendano conservare il “bene comune….” ?!

Recentemente, oltre all’opposizione del Comitato locale di Piansano e di Italia Nostra, si sono espressi criticamente anche l’architetto Roberto Barocchi, uno dei massimi architetti del paesaggio italiani, e lo scrittore ed ambientalista Luca Bellincioni di Ambiente e Paesaggio 2000.

Voci di corridoio mormorano cose belle e brutte. La sensazione è che nella Tuscia verrà fatto un grosso impianto eolico e che poi questo sarà un modello negativo che permetterà a molte amministrazioni e popolazioni locali di fare un passo indietro. Altri sussurri dicono invece che proprio la realizzazione di un impianto darà il via ad una vera e propria valanga eolica in tutto il territorio tale da deturpare la Tuscia per sempre.

Il primo impianto che pare in via di realizzazione ed in tempi rapidi è quello a Piansano, sul Lago di Bolsena. Se venisse attuato sarebbe uno scempio senza paragoni, la distruzione paesistica del “Piano Sano”, come veniva chiamato nel Medioevo, e da cui prende il nome il paese. Si tratta di una zona di straordinario valore paesaggistico e farci un impianto eolico equivale a buttarsi in una vasca piena d’acido… così tanto per provare… e vedere cosa succede. Un vero e proprio suicidio paesaggistico.

Molte sono le ragioni che sconsigliano il progetto distruttivo dell’amministrazione di Piansano:

- la perdita di credibilità nei confronti dell’Unesco con la possibilità che la recente candidatura dell’area volsina e della Valle dei Calanchi a Patrimonio dell’Umanità venga quindi negata.

- Il danneggiamento irreparabile di una delle zone più belle ed integre del Lazio e dell’Italia Centrale, ossia il comprensorio del Lago di Bolsena, con irreparabili danni a livello di immagine del territorio in ambito nazionale ed internazionale e con il ridimensionamento del suo sviluppo turistico.

- Il fatto che l’iter di autorizzazione sia stato troppo veloce stando ai tanti vincoli della zona, il che lascia molti dubbi sulla correttezza dell’iter stesso.

- La perdita per Piansano di ogni possibilità di sviluppo turistico.

- La presenza di un “Comitato per il No all’Eolico a Piansano” che dimostra come una parte della popolazione sia contraria e come forse buona parte del resto dei cittadini non sia adeguatamente informata del progetto, che quindi sta passando un po’ nel silenzio generale.

- Il grave danneggiamento ambientale del sito prescelto che perderà ogni produttività agricola e ogni valenza naturalistica, venendo completamente urbanizzato.

- Le centrali eoliche sono state recentemente dichiarate dall’UE alla stregua di insediamenti industriali.

- L’impatto sulla qualità della terreni e delle acque e il consumo scellerato di territorio prezioso che sono causati da una centrale eolica in un contesto di pregio come quello di Piansano.

- La necessità di realizzare nuovi elettrodotti per portare l’energia nelle zone più energivore, che da Piansano sono lontane, con spreco di energia nel trasporto e inquinamento elettromagnetico per tutta la zona comunale, contando anche che nell’area maremmana sono già presenti numerosi elettrodotti altamente impattanti ed inquinanti.

- Il degrado culturale e sociale che deriverebbe dalla realizzazione della centrale, per cui gli abitanti comincerebbero a percepire il proprio territorio come “brutto” con tutto ciò che di negativo ne consegue.

Per tutti questi motivi invito il sindaco Andrea Di Virginio e l’amministrazione comunale di Piansano, evidentemente mal consigliata, a rinunciare a questo progetto nefando ed a trovare soluzioni di sviluppo in sintonia con la vocazione territoriale del luogo.

Grazie per aver letto sin qui, Paolo D’Arpini

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L’Arte di mantenere l’assistito in buona salute nella medicina tradizionale – Vegetarismo, Erboristeria, Ayurveda, Sistema elementale cinese, Astrologia

Durante le mie permanenze in alcune società primitive, in Africa ed in Asia, dove la tradizionale arte medica era ancora viva ed attuale, ho appreso alcuni segreti basilari sui metodi semplici di guarigione (da qui il termine “semplicista” utilizzato per i curatori con le erbe) integrati con varie branche di conoscenza umana.

A dire il vero queste conoscenze le ho ritrovate anche nelle comunità rurali italiane, ove la cura con le erbe ed i sistemi “empirici” non ufficializzati erano ancora in auge in molti paesini, fra cui quello di Calcata in cui giunsi agli inizi degli anni ’70. Ricordo ad esempio il capraio Irmo che oltre a produrre un buon cacio aveva mille rimedi per varie disfunzioni metaboliche ed altri acciacchi, avendo appreso dalle capre i segreti della “medicina animale”.

Chi è che non ha visto i gatti, ad esempio, curare se stessi procurandosi il vomito con particolari erbe? L’animale selvatico è un esempio lampante di come si possa stare in buona salute senza mai ricorrere a cure mediche, infatti l’animale spontaneamente “previene” le malattie con una dieta equilibrata e consona alla sua conformazione, e cura gli eventuali avvelenamenti o disfunzioni con quelle piante che istintivamente riconosce idonee.

Nella medicina tradizionale indiana o cinese il sistema di base è praticamente lo stesso di quello animale. Innanzi tutto vale la prevenzione poi subentra il riequilibrio attraverso semplici sistemi naturali. Figuratevi che anticamente non esistevano quasi “medicine” c’erano solo “diete” disintossicanti e riequilibriatrici delle funzioni vitali. Ciò vale per l’Ayurveda, la scuola più antica conosciuta al mondo, ed anche per il Sistema elementale cinese (basato sui cinque elementi).

Ad esempio sia in India che in Cina il medico era pagato per mantenere in buona salute l’assistito, appena esso si ammalava veniva interrotto il pagamento, se non comminata una multa. Comunque prima di ogni consulto il medico soleva inquadrare gli aspetti zodiacali dell’assistito, per conoscerne le tendenze innate e quindi le propensioni a certi tipi di malattia o di scompenso organico. Innanzi tutto egli curava con indicazioni di riequilibrio, ad esempio riportando l’attenzione su alcuni elementi trascurati o carenti, in casi gravi si consigliava l’assunzione di sostanze elementali basilari, in casi ancora più gravi si interveniva con l’imposizione delle mani, massaggi, pressione ai piedi ed altre parti del corpo, agopuntura, etc.

In effetti quello che noi chiamiamo “malattia” non è solo una mancanza di salute bensì un’interruzione della condizione di equilibrio interno/esterno. Una mancanza di armonia fra le pulsioni interne con le necessarie risposte agli impulsi ambientali esterni.  Noi siamo parte indivisibile del grande organismo vivente, l’insieme vitale che contraddistingue la vita in ogni sua forma, perciò allorché non siamo in grado di armonizzare il movimento interno/esterno automaticamente subentra una condizione di “malattia”. Definirla a questo punto psicosomatica od organica è del tutto irrilevante. La malattia è invero uno stato di “malessere” che trova espressione attraverso la somatizzazione nel corpo. Quando la malattia appare significa che uno o più degli aspetti energetici elementali sono manomessi.

Con il sistema medico attuale, basato sull’assunzione di medicinali chimici, non si potrà mai raggiungere un saldo equilibrio. In quanto la “forzatura” medicinale aggiusta da una parte e rompe dall’altra, ed inoltre crea dipendenze e rende impossibile le forme spontanee di auto-guarigione. “Vera medicina è tutto ciò che contribuisce a ristabilire armonia senza altre alterazioni” afferma l’erborista Carlo Signorini. Certo, anche il semplicista od il medico ayurvedico od il guaritore sciamanico non può ignorare la sintomatologia del male, egli però agisce diversamente dal medico allopatico, per lui la sintomatologia è una avvisaglia, un segnale di qualcosa che sta più in profondità. Un bravo guaritore, esamina ad esempio l’iride, definita lo specchio dell’anima, tasta il polso, scuote le membra, legge le linee della mano, etc. per cui i sintomi manifestati non possono trarlo in inganno, egli sa che i segnali hanno sempre una più profonda radice che li origina. In verità è la stessa malattia che racchiude la sua medicina, questo per la legge ben conosciuta degli “opposti”.

Questa introduzione generale annuncia una nuova serie di articoli sui sistemi curativi naturali, partendo dalla conoscenza e dal messaggio delle piante e dalle manifestazioni psichiche connesse alla malattia.

Paolo D’Arpini

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Viterbo, 1 luglio 2009 – Giovanni Faperdue, le Terme dei Papi, il Bullicame, l’Aeroporto di Viterbo ed altre “calizie..”

Ante scriptum. 

Lontano, negli anni trascorsi, amavo visitare le varie pozze calde e vasche d’Italia, dalla dolce Caldiero al Pisciarello e tante altre conosciute e sconosciute. Da quando abito a Calcata ricordo le mie puntate quasi settimanali alla piscina di Orte, alimentata da una sorgente sotterranea di acqua tiepida ed ovviamente,  nelle mie gite notturne, non ho trascurato  né il rio caliente di Vetralla, dove una volta quasi ci rimisi le penne per essere rimasto troppo in acqua, nè le Terme dei Papi dove andavo con l’amico giornalista Fabrizio de Jorio, che aveva una particolare predilezione per quel luogo (pare perché riuscisse a rimorchiare le donne con grande facilità).

Invece non sono mai andato al Bullicame, anche per la fama ambigua che è rimasta appiccicata al posto (per via della frequentazione gay). Però la tentazione di andare al Bullicame mi è rimasta, anche per via delle acque definite “bollenti” il che mi fa pensare alle pozze caldissime di Ganeshpuri in Maharastra dove andavo a far il bagno con mio figlio Felix quando aveva ancora 3 o 4 anni. Insomma sono amante delle terme ed ho perciò ricevuto con delizia la lettera di Gianfranco Faperdue (vedi corrispondenza sottostante) in cui mi chiede di aderire ad un “gruppo di promozione delle Terme dei Papi”.

Ma, mi son domandato “che fine faranno queste Terme se viene attuato il progetto aeroportuale di Viterbo (previsto a ridosso)”? Ed ancora.. “saranno vere le voci che descrivono quelle acque come inquinate?” ed altri dubbi sul tema… Conoscendo la “viterbesità senza ombre” di Giovanni Faperdue e volendo un chiarimento ho così imbastito con lui un dialogo, che potete leggere qui di seguito…

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Invito a partecipare al gruppo su Facebook:

Giovanni ti ha invitato a iscriverti al gruppo “I viterbesi che reclamano un  trattamento di favore alle Terme dei Papi” di Facebook. Giovanni dice: “Cari amici, finora non lo abbiamo mai fatto, ma dopo gli  aumenti selvaggi dei prezzi di ingresso , mi sembra che sia giunta l’ora di  farlo. Chiediamolo in tanti. Chiediamo uno sconto ai residenti. Vi prego di  aderire al gruppo. Grazie, Giovanni Faperdue “. Per visualizzare ulteriori informazioni e confermare questo invito, segui il  link in basso:http://www.facebook.com/n/?group.php&gid=101973746108&mid=b35e47G5ada1d37G7b9363G6

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Mia  richiesta di ragguagli:

Caro Giovanni Faperdue, ricevo da Facebook questo invito, vorrei però  parlarti di alcune cose che forse potranno interessarti e di cui spero tu possa darmi chiarimenti. Proprio ieri abbiamo tenuto un incontro qui da noi per parlare di antropizzazione e  cambiamento dell’ambiente ed è venuto un signore da Viterbo, veramente era  originario della Puglia e stava a Viterbo per cure termali -ha detto di  chiamarsi Francesco ed ora non ricordo il cognome- durante il dialogo è  venuto fuori che lui preferiva andare alle pozze di Vetralla perché pare -a  quanto lui ha saputo- che le Terme dei Papi hanno acqua inquinata.  Inoltre  dice che le pozze libere adiacenti, le più calde di Viterbo, sono state  chiuse con palizzate metalliche ed il flusso dell’acqua termale interrotto, sembra dai gestori delle terme stesse. In più mi pare ci sia il problema del progettato aeroporto che dovrebbe  essere confinante alle Terme  ed al Bullicame…

Vi siete interessati  di queste problematiche? Ho letto oggi che il comitato di Bartoletti sta ricevendo sempre più  adesioni per il suo aeroporto ma i difensori delle terme cosa ne pensano? Vedi notizia da La Tua Voce: “Si è svolto – con grande successo di pubblico  e di presenze – l’incontro organizzato dal Circolo viterbese di Tuscia Vola  presso il Ristorante la Felicetta a Viterbo…. (continua)”. Fammi sapere qualcosa di solido, ciao, Paolo D’Arpini 

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Replica esplicativa di Giovanni:

 Caro Paolo,Il Parco del Bullicame (dov’è la caldaia principale) è recintato ma aperto  al pubblico. Sempre. Le pozze accanto alla caldaia sono da circa tre mesi  alimentate con acqua calda in maniera però insufficiente. E qui stiamo  lavorando per dargli più acqua.  

Che l’acqua della piscina  sia “inquinata” è una  voce messa in giro ad arte, non so da chi. Infatti siccome il bacino è  unico, se l’acqua della piscina è inquinata, di conseguenza sarà così anche  quella delle pozze di San Sisto.

Per l’aeroporto prima bisognerà vedere se  arriverà, poi certamente, secondo me, sarà spostato.  Mentre per le prime  risposte ho la certezza, sull’aeroporto c’è un grosso punto interrogativo.  Un’altra cosa che ti racconto in confidenza, è che le pozze di San Sisto….  (omissis….) Un caro saluto, Giovanni Faperdue 

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Bene, grazie al viterbese Giovanni Faperdue, qualcosa ora mi è più chiaro! E grazie a voi per aver letto sin qui, Paolo D’Arpini

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