Archivio di giugno 2009

La luce è coscienza ed esperienza, la luce riflessa è memoria ed immaginazione – Analisi sulla natura della mente in termini di spiritualità laica

“Luce e luce riflessa condividono la stessa natura fondamentale, come esistenza e coscienza, spirito e materia, sono un’unica cosa”.La mente è uno specchio che riflette la luce interiore per dirigerla verso gli oggetti esterni, questi oggetti vengono identificati tramite la capacità di emissione ed intensità dello specchio. Da bambino adoravo giocare con uno specchietto rubato a mia madre, con esso catturavo la luce solare e la dirigevo, attraverso una finestrella, dentro una cantina buia. Solo ciò che era illuminato dal fascio luminoso era visibile mentre il resto delle pareti e delle cose accatastate sul pavimento restava oscuro. Esattamente allo stesso modo funziona la mente, che illumina il mondo esterno.

Per analogia vediamo che la sorgente di luce, il sole, è come la consapevolezza suprema mentre lo specchietto è la mente. Ma la mente stessa, in effetti, è cosciente, essa è l’aspetto riflettente della coscienza. Dico “riflettente” per indicare la sua propensione a rivolgersi verso l’esterno. La mente non è altro che la capacità della coscienza di esteriorizzare se stessa.

Questo processo proiettivo lo possiamo osservare durante il sogno, in cui la mente da se stessa ed in se stessa crea un intero mondo, con varie entità in rapporto fra loro incluso un personaggio identificato dal sognatore come se stesso. Questo è il gioco della mente che fa apparire la forma dell’io e dell’altro. A questo punto il dubbio sorge “com’è possibile che la consapevolezza possa venire intrappolata e limitata dalla mente?”. In verità la limitazione della coscienza non è reale, allo stesso modo in cui la luce del sole non risulta compromessa o menomata dallo specchio, parimenti la pura consapevolezza è intonsa e non divisa dall’operato immaginario della mente individuale.

Dove sono interno ed esterno per la coscienza suprema che entrambi li compenetra e li supera? In realtà la sola idea di una tale separazione è impensabile nella sorgente di luce che unicamente è. Prendiamo ad esempio il sognatore che non viene menomato o compromesso dal suo sogno, essendo lui stesso ogni cosa proiettata nel sogno ed allo stesso tempo non essendone alcuna, parimenti la coscienza individuale e la pura consapevolezza si pongono negli stessi termini di relazione.

Una volta, in risposata alla domanda “cosa impedisce all’indifferenziata luce della coscienza di rivelarsi direttamente all’individuo che l’ignora”, il saggio Ramana Maharshi rispose “come l’acqua in una pentola riflette il sole nei limiti ristretti del contenitore, così le tendenze latenti (predisposizioni mentali), che agiscono da mezzo riflettente, catturano l’onnipervadente ed infinita luce della coscienza presentandosi nella forma del fenomeno chiamato mente”. Questa risposta del saggio ci fa percepire come la mente non sia altro che un agglomerato di pensieri, in cui primeggia il pensiero “io” dal quale sorge la falsa nozione di un individuo separato, che in realtà è illusorio tanto quanto la presunta separazione di un personaggio sognato rispetto al sognatore.

Attenzione, consideriamo però che il tentativo di comprendere intellettualmente questo processo è solo uno degli aspetti del “sogno” e non la verità. Infatti i saggi indicano la verità come ineffabile ed incomprensibile alla mente (intendendo la mente separativa ed esteriorizzata), tanto quanto l’immagine riflessa nello specchio non può capire o sostituirsi alla persona che vi si riflette. Un riflesso è solo riflesso non è sostanza.

E dunque com’è possibile giungere alla “sostanza” che noi siamo?

Colui che osserva, essendo in se stesso coscienza, non può mai divenire un “oggetto”. L’oggettivazione è una componente del dualismo esternalizzato: “conoscitore, conosciuto”. Ma questa dualità può essere ricomposta in un “unicum” in cui, scomparendo la diversificazione (ovvero l’elemento riflettente rivolto all’esteriorizzazione) permane la semplice “conoscenza”. Questa è la consapevolezza indifferenziata per ottenere la quale Ramana Maharshi consiglia: “Quando l’io (ego o mente) rivolge la propria attenzione alla sua sorgente, le tendenze o predisposizioni mentali accumulate si estinguono ed in assenza di queste (che sono il mezzo riflettente) anche il fenomeno originato dalla “riflessione”, ossia la mente, scompare e viene assorbito nella Luce della sola Realtà (il Cuore)”.

Eppure malgrado sia in fondo semplice e diretta l’auto-conoscenza resta un esame alieno ai più. La gente rifiuta di conoscersi, preferisce il mistero e l’ignoranza, evidentemente a causa di quelle famose tendenze mentali accumulate dalla mente, stipate nella memoria e nell’immaginazione.

Oggi a Calcata ne ho avuto ancora una volta conferma osservando il comportamento delle persone che si avvicinavano alla Stanzetta del Pastore, il luogo in cui metto a disposizione la mia esperienza in forma di “lettura della mano, archetipi e divinazione, psicologia transpersonale e conoscenza di sé “. Già il posto è molto nascosto e radi son coloro che arrivano in quel  nascosto spiazzo di Via Cavour, inoltre quasi tutti si fermano davanti alla porta, leggono i messaggi ed esclamano fra loro “no, no… andiamo via, io non voglio sapere certe cose..”. Questo non impedisce ad alcuni di fotografare l’ingresso in legno molto “caratteristico”, commentando il recondito significato dei messaggi, andandosene per poi forse ritornare e poi ancora riandarsene senza aver avuto il coraggio di metter il naso dentro.

Di quei pochissimi che entrano una parte resta delusa “perché volevano sapere gli amori e gli affari”, si sentono defraudati “dalla lunga spiegazione inutile”, pensano che “gli ho fatto perdere un sacco di tempo, mentre potevano andarsene in giro per Calcata a divertirsi..” Quelli che pazientemente mi hanno sopportato fino all’ultimo, forse solo per buona educazione, se ne vanno lasciando pochi spicci, qualche monetina a mo’ di elemosina, perché in fondo “cosa avrà detto mai questo, che già non conoscessi? Solo chiacchiere e perborini”. Limitatissimo il numero di coloro che apprezzano il discorso e che se ne ricorderanno, forse.. saranno un paio, e forse verranno ancora a cercarmi, e di questi uno solo magari mi troverà… negli anni.

Paolo D’Arpini

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Considerazione vegetariana: “Pesci, molluschi e frutti di mare…? Animali anch’essi come i mammiferi, gli uccelli, i rettili e gli insetti”

Nelle pergamene del Mar Morto, scoperte nel 1947, Gesù dice: “Forse che i pesci vengono a voi a chiedere la terra e i suoi frutti? Lasciate le reti e seguitemi, farò di voi pescatori di anime”.

L’88% delle riserve del pesce in Europa sono sfruttate in eccesso e le più grandi specie sono in rischio di estinzione. Mentre le riserve diminuiscono i prezzi aumentano, quello del merluzzo è quadruplicato in 5 anni. Il consumo mondiale esplode mentre la Cina inghiotte 1/3 del pesce mondiale. Il 70% del pesce consumato in Italia viene dall’estero, il 40% da allevamenti. I pesci d’allevamento contengono enormi quantità di additivi chimici, di ormoni e farmaci che servono ad aumentare velocemente il peso dell’animale, oltre ad evitare dannose epidemie.

Per 10 kg di spigole di allevamento occorre sacrificare 100 kg di sardine catturate in mare. Negli ultimi 30 anni il 30% delle risorse sono scomparse. Il 75% delle riserve mondiali di pesce è già stato completamente sovrasfruttato o esaurito” (FAO) Le più importanti specie di pesce del nostro paese, tonni e merluzzi sono in pauroso declino a causa dello sfruttamento dissennato delle acque marine.

Nel 1997 la raccolta di pesce ha raggiunto nel mondo la cifra record di 130 milioni di tonnellate, di cui circa 100 milioni deriva dalla pesca libera che causa uno sterminio indiscriminato di specie acquatiche. Le reti pelagiche per i tonni e per la pesca a strascico dècimano anche i delfini.

Uno studio condotto dall’Onu dimostra che ogni anno vengono versati in mare 900 mila tonnellate di fosforo, 200 milioni di tonnellate di azoto e 85 mila tonnellate di metalli pesanti, 200 mila di organocloruri, 47 mila di idrocarburi policiclici aromatici provenienti dalle aziende petrolifere, dall’industria chimica, metallurgica e dagli impianti per il trattamento delle acque fognarie.

Studi clinici sull’uso di pesce ed olii di pesce nei sopravvissuti da infarto miocardico mostrano una riduzione della mortalità tra il 15 ed il 30%. Per contro l’uso di diete a base di cibi vegetali, che includono olii vegetali ad elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi ed Omega-3, mostrano una riduzione della mortalità del 50-70%.

Il pesce è carne putrescente e grassa ai massimi livelli, al pari e di piu’ di ogni altra carne: è materiale ultra-tossico, stimolante e non nutriente per il corpo umano. I processi alterativi si manifestano più rapidamente nei pesci marini rispetto a quelli di acqua dolce.

I grassi come quelli del pesce sottoposti a cottura perdono il loro enzima lipase, indispensabile per una loro parziale digetione-assimilazione. Il grasso cotto del pesce forma creatina, sostanza micidiale per il fegato.

Nel pesce ci sono velenose concentrazioni di cloruro di sodio (che con la cottura diventano massa inorganica causante tumori gastrici, ritenzione idrica, gravi idropisie), diossine, ritardanti, alte concentrazioni di minerali micidiali tipo mercurio e cadmio.

La dr.ssa Kate Mahaffey, dell’EPA (US Environmental Protection Agency) ha citato una ricerca del 2004 condotta su 1709 donne americane, suddivise tra soggetti che mangiavano pesce o molluschi 9 volte al mese e soggetti che non consumavano pesce. Le concentrazioni di mercurio nel primo gruppo erano sette volte maggiori rispetto al secondo.

I pesci sono tra le sostanze più putrescibili esistenti in natura e gli alimenti sono tanto più dannosi quanto più rapida è la loro putrefazione. Sono ricchi di purine (sostanze azotate che fanno aumentare i livelli di acidi urici nel sangue) e di metalli pesanti dovuti all’inquinamento delle acque a causa degli scarichi industriali e fognari.

Il pesce contiene le stesse tossine delle carni e può causare, oltre i danni della carne, parassitosi (es. tenia, ascaridi), asma, eczema, prurito, allergie, malattie renali, danni al sistema nervoso, ecc.

Le immense quantità di mercurio che le industrie scaricano nel mare (circa 10.000 tonnellate all’anno) passa facilmente dal pesce nell’organismo umano. E’ utile ricordare la strage di Minamota (Giappone) del 1952 nella quale morirono 77 persone ed altre 360 rimasero invalide per aver mangiato pesce ricco di mercurio.

Ma oltre al mercurio deve preoccupare la presenza, nelle cozze, nelle ostriche e nei crostacei, del cadmio e del piombo. Spesso le cozze sono causa di epatite A. Il pesce può anche trasmettere all’uomo la salmonella, larve di tenia e di ascaridi, né la cottura è sufficiente a scongiurare i pericoli in tal senso. In passato l’uso eccessivo di pesce in alcune regioni del Terzo Mondo a favorito l’insorgere della lebbra. Alcuni molluschi possono trasmettere l’epatite virale ed altre malattie infettive.

Il pesce, i molluschi ed i crostacei in genere, sono sostanze ad altissima velocità di putrefazione. Questo processo putrefattivo continua all’interno dello stomaco e poi dell’intestino, di chi ne fa uso, con aumento di acidi tossici.

I pesci a più elevato contenuto di istamina sono nell’ordine: sardine, sgombri, alici e tonni, ovvero il pesce azzurro tipico dei nostri mari.

Le prostaglandine PG I e III (positive e quindi utili dei prodotti vegetali) sono vasodilatatrici, regolano la coagulazione, abbassano il colesterolo LDL (quello cattivo), svolgono azione antinfiammatoria e mantengono il bilancio elettrolitico. Per contro le PG II (negative e quindi dannose) dei pesci hanno gli effetti diametralmente opposti, causano: ritenzione idrica, aggregazione piastrinica, infiammazioni, aumento pressione del sangue. La popolazione mondiale è afflitta da eccesso di PG II-negative, ovvero da eccesso di Omega-3 da carne e da pesce, nonché da carenza di PG I-III-positive, ovvero da Omega-3 da verdure e frutta fresca e secca.

Gli acidi polinsaturi, di cui il corpo umano ha bisogno, si trovano nelle PG 1 e 3 (positive e ottime), a condizione che siano crude: la cottura rompe i doppi legami insaturi e li ritrasforma in saturi, oltre che trasformare la parte lipidica in acreoline fegato-distruttrici.

Altre considerazioni:

I pesci non sono creature meno sensibili o meno intelligenti degli animali terricoli. Molti pesci hanno intelligenza pari se non superiore a quella di molti animali terricoli. I pesci sono dotati di sistema nervoso e quindi capaci come noi di percepire il dolore. Il polpo ha un cervello molto sviluppato e l’intelligenza del delfino supera quella del cane e in moltissime circostanze ha salvato l’uomo da morte sicura, spesso da un attacco da parte di squali.

Il pesce è dotato di percezioni sofisticatissime (altro che radar) oltre che di quegli strumenti naturali che rendono capace il suo corpo di estrarre dall’acqua l’ossigeno di cui ha bisogno per vivere. Il pesce ragiona, sente, vede, dorme, gioca, ha paura e quindi si nasconde. L’agilità e la velocità con cui si muove un pesce nel suo ambiente naturale ha qualcosa di affascinante e di prodigioso. La perfezione dei suoi occhi in grado di percepire chiaramente nell’acqua, la complessità delle sue branchie e dei suoi sensori ricettivi ed elaborativi, la squisita geometria delle sue squame, la gamma pressoché sconfinata dei suoi colori sgargianti….

La leggenda che il pesce faccia bene al cervello nasce il secolo scorso quando iniziarono i tentativi di spiegare in termini chimici i fenomeni dell’intelligenza umana. Friedrich Buchner (1824-1899) esaminando la composizione chimica del cervello di diversi animali constatò che il cervello dell’uomo era quello più ricco di fosforo e poiché l’uomo era ritenuto l’animale più intelligente dedusse che il grado di intelligenza dovesse essere proporzionale alla quantità di fosforo presente nel cervello. Nello stesso periodo il chimico francese Jean Dumas (1800-1884) analizzando la carne di diversi animali trovò che quella di pesce conteneva, sia pure in misura molto modesta, più fosforo di quella di altri animali. Ma fu il naturista Jean Luis Agassin (1807-1873) che dedusse senza alcun fondamento scientifico che il pesce fa bene al cervello umano.

Non esistono vegetali privi di fosforo e molti di questi, come i legumi, contengono quantità di fosforo molto più elevate, le mandorle addirittura ne contengono più del doppio, in percentuale di parte edibile. Ma questo non significa che quanto più fosforo contiene un alimento tanta più salute apporta al nostro organismo. Anzi è stato accertato che più è alto il contenuto di fosforo in un alimento più viene sottratto calcio all’organismo, perché il fosforo è sostanza acidificante.

Franco Libero Manco e Valdo Vaccaro

www.universalismo.it

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Cronistoria sulla produzione energetica in Italia e favola sul nucleare necessario – Articolo veritiero di Sergio Zabot

Il nucleare, l´emotività e l´ideologia I luoghi comuni, le bugie e le paure legate al tentativo di rinascita del nucleare in Italia. I veri costi del nucleare e i futuri prezzi dell´elettricità, il mito dell´atomo francese, la sicurezza, le emissioni da nucleare, lo sviluppo tecnologico. A chi giova veramente ripartire con il nucleare? Ci servirà tutta questa elettricità in vista degli obiettivi 20-20-20 del 2020?Un articolo di Sergio Zabot.

E´ innegabile che l´uscita dell´Italia dal nucleare sia stata determinata  dall´emotività indotta della catastrofe di Cernobyl. I quesiti referendari  chiave, peraltro, erano diretti ad abolire le norme sulla localizzazione delle centrali nucleari e i contributi a Comuni e Regioni sedi di centrali nucleari, cosa che avrebbe reso impossibile trovare un Comune disposto a ospitare sul suo territorio un impianto nucleare o anche un deposito di scorie radioattive.

E´ il caso di ricordare anche, come a quell´epoca la DC e il PCI fossero  decisamente contrari ai quesiti proposti dal Partito Radicale, dal Partito  Liberale e dal Partito Socialista. La prima strategia adottata contro i  referendum fu quella dello scioglimento anticipato delle camere per lo stallo che si era prodotto nei rapporti tra Dc e Psi: protagonista fu Ciriaco De Mita, che decise le elezioni anticipate per rompere la convergenza di quei mesi tra i partiti laici e in particolare tra Craxi e Pannella.

Dopo le elezioni anticipate, di fronte all´appuntamento referendario, Dc e  Pci, inizialmente ostili ai quesiti, si schieravano a favore del «sì». Questo repentino cambio di rotta dei due maggiori partiti derivava dalle implicazioni politiche che poteva provocare una eventuale sconfitta dello schieramento del «no» imperniato sull´asse Dc e Pci, in contrapposizione ad uno schieramento laico-progressista formato da Radicali e Socialisti.

La rilettura di quel periodo dimostra che il risultato del referendum del  1987, oltre ad essere stato frutto dell´emotività fu soprattutto figlio dell´ideologia. E´ corretto quindi affermare che quella scelta fu emotiva e ideologica. Quello che è meno evidente è come anche l´attuale rientro dell´Italia nel nucleare sia dovuto a un´altrettanta ondata emotiva ancorché ideologica, sapientemente pilotata da un Governo che altera i fatti e stimola le paure più ancestrali dei cittadini.

Di fatto, rispetto il 1987, la situazione si è ribaltata: gli emotivi di  allora, ancorché mossi da una forte preoccupazione per le possibili conseguenze sanitarie e ambientali del fallout radioattivo, contestano il ritorno al nucleare su basi razionali e i sostenitori del nucleare implorano ora tale ritorno su basi emotive e ideologiche, quali la paura dell´aumento del costo del petrolio, l´inaffidabilità dei paesi produttori di gas naturale, la fatalità di uno sviluppo che ci porterà ad un consumo sempre maggiore di energia, l´inevitabilità che per salvaguardare il nostro pianeta e ridurre le emissioni di gas serra, si debba scegliere il male minore.

Per sostenere la necessità di realizzare in Italia una nuova filiera  nucleare, molte sono le menzogne che vengono regolarmente diffuse e  propagandate, al punto che anche molti esponenti del mondo ambientalista  finiscono per crederci.

Ecco le bugie e le paure che vengono più frequentemente diffuse.

LE BUGIE

A) “L´energia elettrica in Italia è più cara perché in nostro mix di produzione è troppo sbilanciato verso il gas naturale e non abbiamo centrali atomiche”.

Ciò è assolutamente falso. L´alto costo dell´energia elettrica italiana è  dovuta a quattro principali fattori:

1. il sistema di formazione del prezzo dell´elettricità nella borsa  elettrica, detto anche “sistema del prezzo marginale”. Con questo sistema l´energia elettrica offerta non viene remunerata in base al singolo prezzo  richiesto da ogni produttore, ma in base al prezzo più alto offerto tra i  produttori, con il risultato di consentire loro grossi extra-profitti e un   prezzo finale per i consumatori più alto anche del 10%.

2. I cosiddetti “oneri generali di sistema”, che pesano per un altro 10%  sulle bollette elettriche e che servono a pagare lo smantellamento delle 4  vecchie centrali nucleari italiane (212 milioni di euro nel 2008), a ripagare le imprese elettriche e l´Enel in particolare per gli investimenti fatti prima della liberalizzazione (680 milioni di euro nel 2007), e soprattutto per incentivare le fonti assimilate alle rinnovabili, ossia la produzione di elettricità con gli scarti delle raffinerie di petrolio, con i rifiuti, con la cogenerazione a gas naturale. In particolare, queste fonti non rinnovabili, nel 2008 hanno rappresentato l´83,3% dei ritiri obbligati CIP6 e il costo per i consumatori è stato di 1.720 milioni di Euro.

3. L´inadeguatezza della rete elettrica nazionale sia in alta, che media e  bassa tensione. La rete di trasporto e di distribuzione è stata progettata  negli anni `60 del secolo scorso, gli anni del monopolio, e realizzata  principalmente come monodirezionale e quindi passiva. Le odierne esigenze sono invece di sviluppare reti di trasmissione attive, cioè in grado di accogliere e smistare efficientemente anche i flussi provenienti dai tanti piccoli e medi impianti (la cosiddetta generazione distribuita). Nel Sud Italia e nelle Isole, la rete di trasmissione è particolarmente insufficiente e congestionata, con il risultato che l´energia elettrica raggiunge prezzi molto elevati con punte, nella Borsa Elettrica, di 180 €/MWh contro medie di 70 €/MWh del resto dell´Italia (vedi GME). Possiamo sostenere quindi che un’altra buona fetta della tariffa elettrica è imputabile alla inadeguatezza della rete elettrica italiana.

4. Infine, quasi il 20% della bolletta elettrica se ne va in tasse e IVA.  Secondo una indagine svolta da Confartigianato la tassazione dell´energia in Italia risulta superiore del 30% rispetto alla media europea. Certamente la tassazione più consistente riguarda i prodotti petroliferi, ma anche sull´energia elettrica lo Stato non scherza. L´impatto di questo sistema d´imposizione è particolarmente pesante sull´industria: escludendo l´iva, un´impresa che consuma 160 megawattora all´anno, paga il 25,4% di imposte sui suoi consumi elettrici, contro una media del 9,5% in Europa.

Mettendo assieme questi elementi scopriamo che la modalità con cui si produce la corrente elettrica non c´entra proprio nulla e che l´alto costo dell´elettricità in Italia è dovuto esclusivamente ai privilegi di cui ancora godono i produttori di elettricità e i petrolieri, all´inefficienza del sistema elettrico italiano e alla voracità dello Stato.

B) “In Francia l´energia elettrica costa meno perché ha il nucleare”.

E´ il cavallo di battaglia dei fautori del nucleare, purtroppo incapaci di  comprendere la storia e l´intimo rapporto che ha legato da sempre il nucleare civile con il nucleare militare. Di fatto le condizioni che hanno portato la Francia a diventare una potenza nucleare sono frutto dell´azione politica del generale De Gaulle per creare, in piena guerra fredda, un polo nucleare europeo a guida francese.

De Gaulle tentò prima di pervenire ad un accordo con gli USA e la GB per  istituire un “direttorio franco-anglo-americano” alla guida dell´Alleanza  Atlantica, ma al “no” di Londra e Washington, uscì dalla NATO ed elaborò un disegno politico in cui l´Europa si poneva come “terza forza” fra USA ed URSS e in questo quadro, doveva essere accentuata la leadership francese. Necessità e condizione preliminare per tale politica era che la Francia si dotasse di una capacità militare nucleare (”La force de frappe”), per cui una delle prime decisioni del generale fu di accelerare i piani per l´atomica francese che esplose così nel 1960 nel Sahara algerino.

Il nucleare civile francese è nato quindi in simbiosi con il nucleare  militare, per ripartire gli enormi costi per produrre l´uranio e soprattutto per arricchirlo al cosiddetto “weapon grade”. Lo sforzo civile e militare francese è stato imponente e la maggior parte dei costi, dalla Ricerca e Sviluppo fino al trattamento del combustibile esausto non sono mai entrati nel costo dei kWh che i cittadini pagano in tariffa, ma sono nascosti nelle tasse che pure i francesi pagano. Non dimentichiamo che EdF, la società elettrica che gestisce le centrali nucleari è statale e che anche gli arsenali militari e gli impianti di arricchimento e di ritrattamento dell´uranio sono statali.

L´esperienza francese è irripetibile, soprattutto in un mercato liberalizzato dove i costi devono essere trasparenti e le attività industriali devono competere sul mercato. D´altra parte basta leggersi i rapporti della Corte dei Conti per rendersi conto delle gravi omissioni e dell´assoluta mancanza di trasparenza riscontrata nel settore nucleare e in particolare nel “decommissioning”, stigmatizzati regolarmente dai giudici francesi nei loro rapporti periodici (pdf).

C) “Le centrali nucleari non emettono CO2″.

Altra leggenda metropolitana alla quale peraltro sembrano crederci anche  alcuni ambientalisti. La produzione dell´uranio, è una attività mineraria e industriale piuttosto lunga e complessa che comporta tutta una serie di  lavorazioni che richiedono l´utilizzo di combustibili fossili, di elettricità, di enormi quantità di acqua, di acido solforico e infine di fluoro, gas altamente velenoso e che provoca un effetto serra migliaia di volte più potente della CO2.

Solo le attività nel reattore non emettono CO2. Ma poi comincia la lunga e  tormentata fase del ritrattamento del combustibile esausto, che dura decine e decine di anni con costi enormi in termini di uso di combustibili fossili ed elettricità per trasportarlo da un posto all´altro, riprocessarlo, condizionarlo, confinarlo in depositi provvisori, dato che in tutto il mondo non esiste ancora un deposito definitivo.

Ma vediamo alcuni numeri prendendo come riferimento un EPR da 1.600 MW, come quelli che si vorrebbero costruire in Italia. Per produrre 12.000 GWh (12 TWh o 12 mld di kWh) all´anno occorre partire da qualcosa come 8.000.000 di tonnellate di roccia che vanno prima estratte, macinate, poi diluite con 1.400.000 metri cubi di acqua e 22.000 tonnellate di acido solforico. Alla fine si ottengono 350 tonnellate di Yellowcake, un ossido che contiene lo 0,7% di uranio fissile, più l´equivalente di una piramide di Cheope di scarti. Poi quest´uranio va arricchito per incrementare la parte fissile, cioè l´Uranio 235, almeno al 3,5%. L´arricchimento avviene per centrifugazione trasformando l´uranio in gas, l´esafluoruro di uranio. Per fare questo servono 370 tonnellate di fluoro, gas molto leggero, altamente volatile e che alla fine del processo è altamente radioattivo, impossibile da smaltire e che comporta una gestione molto onerosa.

Finalmente si ottengono 40 tonnellate di uranio combustibile in forma di Bi-Ossido di Uranio, oltre che 250 tonnellate di uranio impoverito, che poi tanto povero non è, dato che contiene ancora lo 0,3% di uranio fissile, quindi radioattivo.

In conclusione, per far funzionare un EPR per un anno si consumano 190.000  tep con l´immissione in atmosfera di 670.000 tonnellate di CO2. Poca cosa, dato che ciò corrisponde a soli 56 grammi di CO2/kWh. Se però consideriamo che la costruzione della centrale è responsabile dell´emissione di altri 12 grammi di CO2/kWh e che la gestione delle scorie comporta un “debito” stimato tra i 30 e i 65 grammi di CO2/kWh arriviamo a una cifra che oscilla tra i 96 e i 134 grammi di CO2/kWh, circa un terzo delle emissioni di un ciclo combinato a gas (eedi “Secure energy, civil nuclear power and global warming” Oxford Research Group, 2007).

Ma la pacchia dura fino a che dura la disponibilità di minerale con  concentrazioni di uranio piuttosto elevate. Man mano che la purezza del  minerale di uranio diminuirà, ci vorrà più energia fossile per estrarre l´ uranio e le emissioni di CO2 arriveranno inevitabilmente a eguagliare le  emissioni di una centrale a gas.

LE PAURE

A) “La sicurezza dell´approvvigionamento energetico”.

Questa è una delle più forti pressioni ideologiche e mediatiche operate per convincere gli italiani della necessità dell´energia nucleare: il petrolio proviene in prevalenza dai paesi arabi, il gas dalla Russia e dalla Libia, tutti paesi politicamente inaffidabili, per non parlare del Venezuela di Chavez e della Bolivia di Morales che nazionalizzano le industrie del petrolio e del gas.

Ebbene, pochi sanno che su un fabbisogno mondiale annuo di circa 70.000  tonnellate di uranio, solo 20.000 tonnellate, pari al 28%, provengono da paesi cosiddetti stabili, quali Australia, Canada, USA; altre 20.000 tonnellate arrivano da Kazakhstan, Russia, Niger, Namibia e Uzbekistan e le altre 30.000 tonnellate necessarie a equilibrare il fabbisogno dei reattori nucleari provengono dagli arsenali militari in smantellamento, per lo più ex Sovietici.

La caccia all´uranio è ormai uno degli sport preferiti dei Capi di Stato. Il tema centrale della tournée di Nicolas Sarkozy in Africa nel marzo di quest´anno è stato l´uranio. Accompagnato dal presidente di Areva, la più grande multinazionale dell´energia atomica, Sarkozy si è assicurato i diritti di esplorazione e di sfruttamento di tutti i giacimenti di uranio della Repubblica del Congo. Poi è volato a Niamey, in Niger, dove si è assicurato, battendo la concorrenza dei cinesi, i diritti di sfruttamento sul gigantesco giacimento di Imouraren, destinato a diventare una delle maggiori miniere di uranio del mondo. In cambio Sarkozy ha promesso che, oltre che investire 1,2 miliardi di dollari nel paese, avrebbe smesso di fomentare la rivolta dei Tuareg armando il Movimento dei Nigerini per la Giustizia (MNJ) in lotta contro il governo centrale per via dell´espropriazione degli immensi territori ricchi di uranio.

B) “Se non rientriamo nel nucleare saremo “tagliati fuori” dallo sviluppo  tecnologico”.

E´ la grande preoccupazione dell´industria italiana dopo la sigla del  memorandum tra Enel e EdF per l´avvio del nucleare in Italia. L´allarme è stato lanciato da Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, intervenendo a un convegno su “Innovazione energetica e rilancio del nucleare”, organizzato dall´Oice, associazione delle organizzazioni di ingegneria, il 18 marzo u.s. a Roma. Zampini ha spiegato infatti, che l´impostazione di fondo dell´intesa Enel-EdF prevede la scelta della tecnologia francese EPR con il rischio di essere colonizzati in una situazione in cui l´80% delle attività ingegneristiche per la realizzazione delle nuove centrali sarebbero in mano a società e aziende  transalpine, incluse le attività di manutenzione.

Ha affermato Zampini: “se non c´è una ricaduta per le nostre aziende in  termini di partecipazione tecnologica, perché fare il nucleare?”

Già, perché fare il nucleare? Non certo per produrre energia elettrica a  costi minori: tutti gli studi internazionali seri riferiscono ormai che il  costo del kWh nucleare dei nuovi impianti sarà inevitabilmente più elevato del kWh prodotto con il gas o il carbone; nessuna banca è disponibile a finanziare nuovi impianti senza garanzie dallo Stato, nessuna società è disponibile ad assicurare il rischio di incidente, i costi per il trattamento delle scorie nucleari sono sconosciuti e soprattutto non si sa ancora dove metterle.

L´unica solida ragione per avventurarsi nella costruzione di un sistema  nucleare in Italia può essere quello di dare lavoro a poche grandi imprese. Questo perché una filiera nucleare non è cosa da piccole e medie imprese: è un affare per giganti.

Nell´ultimo decennio abbiamo assistito a una serie di fusioni e  concentrazioni societarie che non hanno precedenti nella storia industriale del pianeta. Quando le grandi imprese manifatturiere si fondono e si concentrano vuol dire che sono messe molto male. Basta guardare quello che sta succedendo nel settore automobilistico, dove siamo in presenza di una notevole sovracapacità produttiva e la strategia dei grandi gruppi è stata quella di scatenare una guerra totale per contendersi il mercato mondiale e poter così sopravvivere razionalizzando la produzione di automobili e accaparrarsi i mercati emergenti. Anche il settore nucleare è nella stessa condizione di sovracapacità  produttiva, anche se la problematica non occupa le prime pagine dei giornali come la vicenda Fiat-Opel.

I costruttori di impianti atomici sono alla ricerca disperata di nuove  commesse, al punto che, per riuscire a vendere centrali nucleari nei paesi in via di sviluppo, si muovono i Capi di Stato. Perfino Barak Obama, propugnatore del new deal verde, ha appena approvato un accordo per vendere centrali atomiche agli Emirati Arabi Uniti (”Il manifesto”, 24 maggio 2009) che frutterà almeno 40 miliardi di dollari a vantaggio delle multinazionali americane dell´atomo, peraltro in partnership con i colossi giapponesi. Altri accordi con l’Arabia Saudita, il Baharain, l´Egitto, l´Algeria, il Marocco, sono in corso di negoziazione. Siamo in piena campagna promozionale, cui partecipano anche Russia e Cina, oltre che la solita Francia, per vendere impianti “chiavi in mano” non importa dove e non importa a chi, pur di rilanciare l´industria nucleare in crisi e legare quei Paesi alle tecnologie nucleari per i secoli a venire, accelerando di fatto la possibilità della proliferazione delle armi  atomiche.

C) “Siamo accerchiati da centrali nucleari: se succede un incidente in Francia o in Svizzera, ne saremo coinvolti anche noi”.

Questo è vero. Oltretutto il parco francese è piuttosto vecchiotto e gli  incidenti minori con fuoriuscite di materiale radioattivo sono ormai all´ordine del giorno. Ma questo non giustifica una politica masochista del “mal comune mezzo gaudio”. Cioè facciamo anche noi le centrali nucleari, così se c´è un incidente almeno è colpa nostra.

Anche perché dopo gli ultimi ripetuti incidenti all´impianto di Tricastin e dopo lo scandalo, denunciato da France-3, dei 300 milioni di tonnellate di rifiuti radioattivi sparpagliati metodicamente e discretamente nelle campagne, in prossimità di villaggi, usati per costruire strade, case, parcheggi, parchi giochi per bambini, sarà difficile far digerire ai francesi la costruzione di nuove centrali nucleari.

D´altra parte già nel giugno del 2008 un gruppo di dipendenti dell´EdF aveva diffuso un appello per ridurre nell´arco di 5 anni il consumo di elettricità nucleare dall´80% al 60% chiudendo i reattori più vecchi, più costosi e più inquinanti e sostituendoli con una produzione elettrica decentralizzata, adattata alle risorse locali quali la cogenerazione alimentata da metano, biogas, biomasse, impianti solari, eolici, ecc.

LE VERITA’:

A) “Le centrali nucleari sono inutili”.

La verità è che l´efficienza energetica e le fonti rinnovabili sono in forte competizione con il nucleare e i sostenitori del nucleare mentono  spudoratamente quando affermano che non c´è concorrenza tra nucleare ed  efficienza energetica. Questa divergenza è destinata ad aumentare per due  ordini di motivi: tutte le tecnologie dell´energia distribuita, comprese le tecnologie del risparmio energetico sono destinate inesorabilmente a diventare sempre meno care per via dei grandi volumi di produzione e dei miglioramenti continui che consentono di sfornare sempre più nuovi prodotti “più risparmiosi” dei precedenti. Questo non succede per gli impianti centralizzati e soprattutto per gli impianti nucleari che storicamente tendono a costare sempre di più, in contrasto con le cosiddette “curve di apprendimento delle tecnologie”. D´altra  parte, dalla progettazione di un componente nucleare fino alla sua  realizzazione passano talmente tanti anni che, anche quando si inventano nuovi prodotti e nuove tecnologie, non è possibile utilizzarli immediatamente e bisogna aspettare che entri in produzione una nuova filiera.

Il mercato sta cominciando a riconoscere i benefici ottenibili con le  tecnologie distribuite, sia in termini di profitti, sia per l´elevata ricaduta che questo comporta sui livelli occupazionali a livello locale. Il risparmio energetico, la produzione distribuita di elettricità e le fonti rinnovabili in particolare, cominciano a mostrare il loro potere dirompente per sfondare barriere che fino a poco fa sembravano impenetrabili, riducendo drasticamente i costi e migliorando le prestazioni. Solo in impianti di cogenerazione, in Italia se ne stanno installando centinaia all´anno per una potenza di 4.000 MW/anno. Stanno peraltro emergendo nuove classi di tecnologie, alcune ancora immature come il solare termodinamico o le celle a combustibile alimentate a idrogeno, che sono destinate a rivoluzionare il mercato dei trasporti.

Le previsioni di Terna sull´evoluzione della domanda elettrica in Italia,  aggiornate nel Novembre 2008, indicano, secondo uno scenario cosiddetto “di sviluppo”, ovvero senza l´attuazione degli obiettivi di risparmio energetico, in 415 TWh il fabbisogno di elettricità e in 74 GW il fabbisogno di potenza al 2018.

Ora, senza entrare nel dettaglio di quanto inciderà il tracollo economico in atto sui consumi finali e spostando in prima approssimazione al 2020 il  fabbisogno indicato da Terna al 2018, gli obiettivi del “pacchetto 20-20-20″ comportano che al 2020 ci sia una riduzione di consumi finali di circa 80 TWh e che altri 70 TWh vengano prodotti con fonti rinnovabili. Il fabbisogno integrativo con fonti convenzionali, si riduce così a 265 TWh di energia elettrica e poco meno di 60 GW di potenza termoelettrica convenzionale, inferiore al 30% al fabbisogno elettrico del 2009 (350 TWh) e del 22% alla potenza termoelettrica lorda installata attualmente (73,3 GW).

A questo punto qualcuno ci deve spiegare dove è lo spazio per costruire 4-5 centrali nucleari che dovrebbero produrre 60 TWh di elettricità all´anno, come chiede Fulvio Conti, amministratore delegato dell´Enel, quando già al 2020, attuando il “pacchetto 20-20-20″ rischiamo un surplus che oscilla tra il 20% e il 30%.

Quello che è preoccupante del nostro Governo è che invece di rafforzare  il sostegno all´efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, stia stipulando patti faustiani con le lobby industriali e finanziarie,  promettendo contratti miliardari per realizzare una filiera nucleare,  estremamente rischiosa e costosa, garantita dallo Stato, quindi con i soldi dei contribuenti. Di fatto il Governo rallenta lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell´efficienza energetica, le vere alternative pulite, per far spazio agli interessi delle lobby nucleari.

In ultima analisi, questi fondi verranno sottratti al dispiegamento di uno  sviluppo duraturo e distribuito sul territorio, che solo l´efficienza  energetica e le vere fonti rinnovabili possono produrre.

Sergio Zabot

noscorietrisaia@libero.it  - ecologia@peacelink.it  

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Signoraggio bancario – La più grande truffa legalizzata mai esistita al mondo… è ai tuoi danni!

Una ben nota faida, che di volta in volta torna di moda sin dalle prime produzioni tecnologiche del genere umano, è quella che si consuma ad intervalli quasi regolari tra i due schieramenti denominati apocalittici ed integrati. La rivoluzione industriale, la nascita del telefono, la nascita della televisione, dell’informatica, di Internet; ognuno di questi eventi, insieme a molti altri, ha, nel lungo evolversi dei nostri mezzi tecnologici, caratterizzato larghi dibattiti in merito ai possibili effetti positivi/negativi che tali innovazioni potessero avere sulla società. Senza entrare nel merito della discussione, credo sia di dominio comune l’idea che il fenomeno “Internet” (che, non a caso, oggi in Italia vuole essere limitato, o meglio censurato dal parlamento) abbia senza dubbio portato alla popolazione mondiale enormi benefici (non si parlerà qui di digital divide).

Uno di questi è sicuramente la possibilità di giungere, da parte di ognuno, a fonti di informazione alternative ai cosiddetti “old media”, che garantiscono una maggiore trasparenza e bilanciano in maniera equa la distribuzione di quella che è la verità dei fatti (qualsiasi essi siano). I mezzi di comunicazione di massa altrimenti denominati come mezzi di persuasione di massa, sono caratterizzati infatti da un’illiberale univocità di senso (vi ricordate lo schermo perennemente acceso del Big Brother di Orwell?). La rete, è invece l’emblema della democrazia. Proprio per questo motivo attraverso di essa, oggi chiunque voglia farlo, può conoscere “cose” che prima solo gli addetti ai lavori trattavano e che per qualche motivo si guardavano bene dal diffondere. Una di queste “cose” è il signoraggio bancario.

Il Signoraggio è l’insieme dei redditi che chi crea/emette moneta percepisce dalla differenza tra il valore nominale della moneta stessa e il suo valore intrinseco. Quando la moneta metallica sostituì la pratica del baratto negli scambi commerciali, questa era caratterizzata da un valore. Tale valore era dato semplicemente dalla quantità di metallo prezioso (prevalentemente oro o argento) presente nella singola moneta. Il signore (re, imperatore, etc…) che aveva il compito di coniare tali monete, imprimeva loro un valore nominale più alto per poterci guadagnare e permettersi così un “agio economico”.

Questo infatti riceveva l’oro (dai commercianti o direttamente dalle miniere) e rispondeva alla richiesta di conversione in moneta utile per gli scambi, mettendo la sua effige, che serviva a garantire la bontà del pezzo da lui coniato. Ed è qui che arriva l’agio: Ogni moneta veniva dichiarata come contenente 10 grammi d’oro, quando in realtà, nella fase di conio, ne venivano impiegati solo 9 grammi (ai quale si sommava 1 grammo di metallo non nobile). La differenza tra il valore nominale dichiarato (10 grammi) e valore intrinseco effettivo (9 grammi) era il signoraggio (in questo caso un 10% del valore della moneta, oggi che la stampa di banconote costa alle banche circa 30 centesimi a pezzo, su, ad esempio, una banconota da 100€ è quasi del 100%).

Al nascere delle prime banche private, la storia cambiò. Dotate di inespugnabili casseforti, queste si facevano ottimi custodi dell’oro dei privati. I ricchi commercianti che prima andavano dal Signore a farsi coniare le monete, cominciarono così a depositare il loro oro presso tali banche, le quali rilasciavano in cambio del metallo prezioso, una nota di banco (d’ora in avanti banconota) che certificava l’esistenza del deposito. La moneta poteva così essere creata solo ed esclusivamente dalle banche, ed in relazione alla presenza di depositi di oro. Per convenzione nel 1944 si stabilì che ogni moneta poteva essere convertita in dollari, e che ogni dollaro poteva essere convertito in oro. Dal 15 agosto 1971, per un decreto di Nixon, non è più così

CLICCA PER LEGGERE IL DOCMENTO

). La Federal Bank s.p.a. (s.p.a. vuol dire di proprietà di privati), banca centrale americana proprietaria della banca mondiale e del fondo monetario internazionale, decretò così la fine di tale meccanismo. Trasformò la dicitura propria di ciascun dollaro “convertibile in oro” in “moneta a corso legale” e pubblicò il documento conosciuto come Modern Money Mechanics per spiegare quali sarebbero state da quel momento in poi le regole di creazione ed emissione della moneta, negli stati uniti, e nel resto del mondo (a parte rarissime eccezioni…l’europa…ergo l’italia non è tra queste). A pagina 1, il Modern Money Mechanics recita così:

“The purpose of this booklet is to describe the basic process of money creation in a “fractional reserve” banking system.”

Ovvero:

“L’intento di questo documento è quello di descrivere i processi basilari della creazione della moneta in un sistema bancario a riserva frazionaria”

Ma come viene creato il denaro in un sistema bancario a riserva frazionaria? Molto semplice, dal nulla, o meglio, dal debito. Vediamo perché:

Poniamo caso che il governo italiano, il quale non ha la sovranità monetaria, ovvero non può stampare direttamente le banconote, decide che ha bisogno di denaro. Emetterà delle ricevute chiamate titoli di debito pubblico (BOT,CCT,BTP,etc…) per un totale di (ad esempio) 1′000′000′000 €. L’ente che gode della sovranità monetaria in Italia, ovvero la Banca d’Italia S.p.A. (le cui quote maggioritarie sono in mano ai tre enti privati UniCredit, Intesa-San Paolo e Assicurazioni Generali), acquista così il debito dello stato italiano, stampando 1′000′000′000 € in banconote che andranno ad aggiungersi alla base monetaria e saranno distribuite nei conti correnti degli intermediari finanziari (banche) che Banca d’Italia ha designato per l’operazione.

Per il principio della riserva frazionaria, una banca che riceve (ad esempio) 1′000′000′000 €, è obbligata a trattenere il 10% di tale cifra come riserva. La banca segnerà così la cifra di 100 milioni di euro come riserva del deposito, e la restante cifra di 900 milioni di euro come eccesso, ovvero denaro da prestare in caso di richiesta di credito. Secondo la logica, su successiva richiesta e concessione di un credito di 900 milioni di euro, la banca in questione, dovrebbe cedere l’intero deposito in eccesso, restando così con la sola riserva imposta per legge, ovvero 100 milioni di euro (1′000′000′000 € – 900′000′000 €). Il sistema bancario a riserva frazionaria (il nostro sistema bancario), sembra tuttavia non seguire alcuna logica apparente.

La riserva frazionaria prevede infatti che, come spiegato efficacemente dal Nobel Paul Samuelson, a fronte di un nuovo deposito, una banca può concedere un prestito aggiuntivo per un ammontare massimo pari al nuovo deposito meno la somma trattenuta sotto forma di riserva a qualsiasi titolo. Cosa vuol dire? Che la banca che riceve in deposito 1′000′000′000, non ha a disposizione solo questo 1′000′000′000 da prestare, bensì, per le regole del Modern Money Mechanics 1′000′000′000 + 1′000′000′000 – 100′000′000 €. Ovvero 1.900.000.000 €.

Dato, infatti, che se le banche prestassero denaro dai loro depositi non produrrebbero nuova moneta, su richiesta di credito da parte dei privati (cittadini, aziende, enti pubblici, etc…) ciascuna di esse può arrivare a creare dal nulla, o meglio dall’indebitamento di chi sottoscrive i contratti di prestito, una cifra di denaro fino a 9 volte superiore all’intero ammontare del deposito stesso. Il valore della nuova moneta creata, è dato dalla base monetaria esistente (dalla quale la nuova succhia valore). Più va avanti il processo di moltiplicazione monetaria previsto dal sistema della riserva frazionaria e più il potere d’acquisto si abbassa, i prezzi si alzano e si alimenta il fenomeno dell’inflazione. Il denaro diviene l’equivalente del debito. Scrive Marriner Eccles, governatore della Federal Bank nel 1941:

“Se non ci fosse debito nel nostro sistema monetario non ci sarebbe moneta”

Proseguendo nell’analisi del sistema bancario, giungiamo poi alla grande nota dolente della questione. A seguito della concessione di un credito la banca non pretende solo la restituzione della somma di denaro concesso in prestito, bensì carica tale somma di un “interesse”. Il debitore che si vede prestare 100′000€, per non essere dichiarato insolvente, e vedersi così confiscati i propri beni messi come garanzia (ad esempio la casa), al momento della restituzione dovrà presentarsi alla banca non con i soli 100′000€ ricevuti, ma con ben 103′000€ (ipotizzando un tasso di interesse al 3%).

Qui sta la pura poesia della truffa. Dato che il totale di denaro circolante emesso dalle banche altro non è che il totale del debito, come farà ogni debitore a far tornare alla banca il suo prestito, caricato dell’interesse? Spieghiamo meglio: La banca presta a 10 persone 10 monete ciascuno, tuttavia ad ognuno chiede di restituirne 11.

Ma se la totalità delle monete in circolazione (e quindi del debito) è quota 100, come faranno le 10 persone a restituirne insieme 110 monete? Semplice non potranno mai farlo. Durante il periodo di utilizzo del prestito concesso, alcune delle 10 persone si arricchiranno, a discapito di altre. Alcuni potranno così tornare alla banca e restituire il debito caricato dell’interesse, mentre altri non potranno farlo, saranno dichiarati insolventi, vedranno confiscati i propri beni, e dovranno ricorrere alla concessione di altri prestiti, divenendo così schiavi del sistema bancario. Il denaro che le banche chiedono sottoforma di interesse ai debitori, non è mai stato stampato, non esiste. L’ammontare di moneta dovuta alle banche, sommata all’interesse, supera necessariamente il totale del denaro circolante. A rotazione ci sarà sempre qualcuno che rimarrà a bocca asciutta; la bancarotta fa parte del sistema.

Questo è il signoraggio bancario, e per tale pratica, nel 1994 il professor Giacinto Auriti, denunciò la Banca d’Italia, il suo governatore Carlo Azeglio Ciampi e il suo successore Antonio Fazio. La corte non poté negare l’evidenza dei fatti, ma spiegò di non poter condannare gli accusati. La pratica infatti, dicono i giudici, non può costituire reato in quanto consuetudine. Vuol dire che se io rubo dei soldi a qualcuno è un reato, se lo fanno in 100 è una consuetudine.

Abbiamo incontrato il presidente dell’associazione PRIMIT Sandro Pascucci, noto in rete per essere uno dei più importanti sostenitori della battaglia al signoraggio bancario in Italia per capire meglio cosa si può fare a ruguardo. Alleghiamo l’intervista svolta:

Che cos’è PRIMIT, e che attività svolge?

Il PRIMIT è una associazione (senza scopo di lucro e con iscrizione totalmente gratuita) di cittadini consapevoli del Problema della totale mancanza di “Sovranità Monetaria” e volenterosi di riformare il Sistema.

Che cos’è il signoraggio bancario?

E’ uno dei due punti cardine sui quali ruota il Problema della mancanza di “Sovranità Monetaria”. L’altro perno è la “riserva frazionaria”.

Tra i conoscitori di tale pratica si lamenta il fatto che il signoraggio non sia adeguatamente trattato in ambito accademico. E’ così?

Non è vero che non viene trattato. E’ vero piuttosto che molti nomi illustri in passato ne hanno denunciato le storture ma sono stati scientemente poco ascoltati e addirittura snobbati, quando non isolati. Un nome per tutti: il premio nobel Maurice Allais.

Ci sono mai state interrogazioni parlamentari a riguardo in Italia?

Sì, diverse. Nessuna è stata mai discussa né ha avuto seguito.

-Nel tuo sito parli di come si possa ricostruire L’Aquila a costo zero, cosa vuole dire?

Vuol dire creare e attribuire le risorse monetarie necessarie alla ricostruzione delle strutture, pubbliche e private, della città, e delle città, colpita/e dal terremoto; senza pesare sui Conti della Nazione come invece avverrebbe con richiesta di moneta a strutture private come la BCE e/o la Banca d’Italia S.p.A. o altri artifici contabili/finanziari.

Alcuni sono soliti definire i fautori della teoria del signoraggio bancario come dei complottisti legati ad esempio al fenomeno delle scie chimiche. Perché secondo te avviene questo?

Chi ci lega a qualcos’altro che non sia l’etica di gestione della moneta sovrana cerca di mettere una zavorra alle nostre idee e iniziative, alla nostra Lotta. Non siamo responsabili noi per le loro elucubrazioni mentali, prezzolate o meno che siano. Le scie chimiche, il 9/11, la sanità malata e ogni altro argomento che abbiamo trattato, e che più o meno abitualmente trattiamo nelle nostre Fiere delle Verità sono solo un aspetto di come il Sistema tratta le altre argomentazioni scomode.

Sempre alcuni parlano dei teorici del signoraggio come estremisti di destra (nonostante nelle radici dell’idea ci siano nomi come Karl Marx o Abram Lincoln, e nonostante il fenomeno tocchi tutti gli uomini indistintamente). Come mai secondo te?

E’ un facile modo per non trattare il Problema. Lavarsene le mani etichettando la Causa con questo o quel colore politico è quanto fanno gli irresponsabili e gli schiavi (psicologici o foraggiati) del Sistema Bancario (che noi chiamiamo IGB, Il Grasso Banchiere)

Hai fiducia nel diritto di voto?

Solo in quello consapevole, palese e revocabile.

-C’è almeno un politico che ti rappresenta?

No.

Perché non andate a “disturbare” i grandi mezzi d’informazione riguardo la questione?

Ci ignorano, per ovvii motivi.

Non pensi che impegnandosi al 100% sul problema del signoraggio si possano perdere di vista problemi più contingenti, ma comunque importanti, quali l’inquinamento, la diffusione di sentimenti xenofobi nei confronti di chi cerca fortuna nel nostro paese, o l’ampia inefficienza politica (spesso associata alla corruzione) che rende oggi in Italia ogni cosa “più difficile”?

E’ vero il contrario. Tutto il male sociale del Mondo deriva dalla mancanza di Sovranità Monetaria. E’ distraendosi con problemi minori e figli del Problema principale che si perde tempo prezioso e menti di giovani altrimenti utilissimi (se focalizzati sulla Causa).

-Ti è capitato di criticare il comico genovese Beppe Grillo, che pure anni fa dedicò uno spettacolo intero sul signoraggio. Come mai?

Perché fa parte del Sistema, ne sfrutta le deformazioni socio-politiche per suoi scopi economici personali e aiuta IGB distraendo le Masse verso affari di poco conto.

Studiando con umiltà. Sempre, ogni giorno. Se non si ha la forza di fare questo almeno si abbia la coerenza di tacere le numerose piangine da bar che si fanno quotidianamente su questo o quel piccolo problema..

Gianpaolo Marcucci

Legenda.

(Documento originale: Modern Money Mechanics)

(Azionisti di Banca d’Italia)

(Azionisti di Banca d’Italia) 1

(Azionisti di Banca d’Italia) 2

(Azionisti di Banca d’Italia) 3

Per informazioni su signoraggio e possibili alternative:  www.signoraggio.com  

Fonte:  http://www.latuavoce.it/notizie/notizia.asp?id=16522

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I medici ed i farmacisti di Tarquinia e Montalto prescrivono la medicina giusta a Piero Marrazzo: “No Coke…”

Il carbone, la salute e le lacrime di un territorio: il Presidente Marrazzo getta la maschera.   Come volevasi dimostrare!

Finalmente, dopo più di quattro anni di equilibrismo verbale, di politichese ermetico, e di furbesche promesse dilatorie, ilGovernatore del Lazio, Piero Marrazzo, getta la maschera e lo fa, in pubblico, alcuni giorni orsono a Tarquinia, non sapendo cosa rispondere al popolo inquinato al quale aveva fatto nel 2005, a pagina 52 del programma elettorale, questa promessa:

“…occorrerà un intervento per impedire la riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia.” Ma non c’è da sorprenderci più di tanto, infatti già il 6 febbraio 2006, a margine di un convegno sull’energia all’Università “La Sapienza”, il NOSTRO partorì un diktat esplicito e machiavellico “non posso fermare il carbone. perché le procedure della riconversione di TVN sono ad uno stadio troppo avanzato e non è nei poteri della Regione bloccare i lavori in stato di avanzamento irreversibile”.

La realpolitik va a braccetto con i poteri forti della finanza energetica.Sotto l’occhio benevolo e benedicente del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, vengono invitati i sudditi del comprensorio (Ladispoli, Civitavecchia, Tarquinia e Montalto di Castro) a sacrificare, per altri trent’anni, il campanilismo anacronistico sull’altare del progresso tecnologico e dell’edonismo consumistico nazionale.

Noi manifestiamo indignazione per il cinismo con cui la Regione Lazio sta gestendo le nostre vite, anteponendo al diritto alla salute (art. 32 della costituzione) i bisogni energetici (art. 43 della costituzione). nel silenzio assordante del Ministro dell’ambiente Prestigiacomo che ha tanto a cuore le sorti dei cittadini al punto di non proferire parola!

Ma il nostro (??) Governatore non è da meno.

La nostra mente va al delitto di falsità ideologica.

Durante la campagna elettorale della primavera del 2005 Marrazzo tuonò da tutti i palchi, coram popul “ribadisco il No alla conversione a carbone”, con ciò illudendo quasi 12.000 elettori che avevano già espresso un voto contrario all’inquinamento ulteriore da parte delle polluzioni dell’orrenda ciminiera di TVN.

La doccia fredda che Marrazzo ci ha gettato addosso non potrà soffocare il nostro risentimento per l’offesa alle promesse violate.

E ci chiediamo: Egli è semplicemente un uomo di spettacolo e di televisione?

Sa distinguere la realtà fattuale dagli artefatti dei giochi politici di basso profilo?

Abbiamo già visto che chi cade nella rete dei poteri forti milita (armi e bagagli) nell’establishment dei palazzi d’oro.

Nei palazzi d’oro si baratta l’oro nero o il carbone “pulito” con la salute di centomila cittadini che da più di cinquant’anni pagano un tributo di lacrime e sangue sull’altare “delle magnifiche sorti e progressive” d’un popolo prono.

Noi, che non abbiamo posti di potere da conquistare, né utopie populiste da soddisfare, chiediamo agli esponenti politici di “gettare a mare” l’idolo falso e bugiardo insediatosi furbescamente sullo scranno più alto.

Come se non bastasse, stigmatizziamo anche lo strano comportamento dei signori Bonelli e Brachetti i quali, nel settembre 2005, lancia in resta e cuor di leone, tuonarono che “la conversione a carbone avrebbe leso il trattato di Kyoto e compromesso le agricolture a causa delle ricadute delle polveri inquinanti e del C02″; e che “Marrazzo e l’intera giunta diranno un secco ed inappellabile NO ad ogni ipotesi di utilizzazione del carbone”.

Ora siamo qui a costatare l’ennesimo flatus vocis delle Istituzioni le quali, cronicamente e penalmente omissive riguardo ai controlli sul tasso degli inquinanti e dei relativi e frequenti sfondamenti dei parametri di legge, blaterano di coniugare il diritto alla salute con il diritto al lavoro, pur sapendo che senza il rispetto dell’ambiente e della qualità di vita ogni lavoro è inutile e specioso.

Coordinamento intercomunale dei Medici e dei Farmacisti per la tutela dell’Ambiente e della Salute.

nocoketarquinia@yahoo.it  

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