“Calcata, bella con anima…” – Analisi sociologica di Paolo Portoghesi in un articolo di 17 anni fa – Da allora nulla è cambiato!

Nel suo trattato sull’Architettura Leon Battista Alberti afferma che le cose belle posseggono nella loro bellezza la migliore arma di difesa. La storia di Calcata potrebbe costituire fin qui una prova lampante di questa affermazione, ma ci insegna anche che non esistono armi invincibili.

Se Calcata infatti si è salvata dall’applicazione di una legge dello Stato che ne prescriveva la distruzione, sarebbe sciocco sottovalutare i pericoli ai quali la espone il fatto di essere diventata un “luogo alla moda”, meta di gite domenicali ed oggetto di restauri incontrollabili anche perché sostanzialmente illegittimi per via della sopracitata legge.

Per capire la realtà sociologica della Calcata d’oggi, occorre riflettere sulla sua paradossale bipolarità. Solo tenendo conto di questa caratteristica è possibile programmare la tutela e lo sviluppo in una direzione corretta che sappia conciliare le diverse esigenze dei suoi abitanti.

L’immagine di Calcata che l’ha resa celebre è quella del suo centro storico arroccato su una rupe tufacea di forma cilindrica; ma esiste un’altra Calcata, quella nuova, costruita sull’altipiano che la fronteggia ad una distanza fortunatamente sufficiente ad isolare i due nuclei uno dall’altro senza forti interferenze visive. Nel paese nuovo abita la quasi totalità dei cittadini originari del luogo in case moderne che posseggono un buon livello di requisiti igienici ma non producono nel loro insieme un effetto urbano. Ci vorranno decenni e una attenta politica di valorizzazione e di abbellimento perché Calcata Nuova diventi un borgo che, oltre a rispondere alle esigenze materiali dei suoi abitanti, dia loro l’esperienza gratificante di vivere in una città bella, capace di esprimere nella forma degli edifici il senso di coesione e l’identità, della comunità.

Attualmente la parte antica dell’insediamento è quella in cui si concentrano tutti i valori e le qualità ambientali, mentre in quella moderna domina l’assenza totale di questi elementi che pure sono essenziali per la vita sociale. La disomogeneità ambientale è anche causa di potenziali conflittualità che non di rado emergono nella vita quotidiana di Calcata.

Oltre agli abitanti di origine locale, residenti nel paese nuovo, altri tre gruppi omogenei determinano con la loro presenza la realtà sociale del paese: i residenti del centro storico, coloro che hanno acquistato case nel centro storico per passarvi il weekend ed i visitatori occasionali attirati non solo dalla bellezza del luogo ma anche dalla indubbia vitalità culturale concessa dai residenti e dagli habitué attraverso interessanti manifestazioni. Gli interessi dei vari gruppi, possono coincidere solo sollevando il proprio punto di vista dall’orizzonte degli interessi spiccioli a quelli dello sviluppo sociale e spirituale di entrambe le comunità.

I vincoli imposti dalla istituzione del parco suburbano del Treja, impongono sacrifici agli abitanti del nuovo borgo, mentre danno a quelli del vecchio il privilegio di poter continuare a godere di uno scenario affascinante. Il peso numerico e quindi la presenza maggioritaria nelle istituzioni democratiche danno invece alla popolazione autoctona il potere di decidere anche riguardo agli innumerevoli problemi di Calcata Vecchia.

La protezione di Calcata come bene culturale impone a tutti vantaggi e svantaggi che i conflitti non correggono e non compensano in alcun modo; tali conflitti possono essere superati però nello spirito di un mondo che cambia e si avvia a superare le sue contraddizioni solo in virtù del riconoscimento e del rispetto delle diversità.

In questi giorni  (eravamo nel 1992 N.d.R) è stato sollevato per esempio il problema dell’abnorme affollamento del centro storico in occasione di visite collettive o semplicemente dell’attrazione psicologica che Calcata esercita sui inedia come simbolo di tranquillità, di silenzio e di equilibrio tra uomo e natura. È indubbio che l’affollamento distrugge proprio le condizioni di tranquillità che hanno creato il mito di Calcata e va quindi limitato e controllato con ogni mezzo; ma sarebbe un provvedimento assurdo il numero chiuso e il divieto per le gite collettive che hanno un grande significato culturale e didattico.

Il problema va risolto alla base creando zone adeguate di parcheggio che consentano di pedonalizzare non solo il nucleo interno di Calcata al di là della porta civica, ma anche la piazzetta ottocentesca che fa da atrio al compatto borgo tufaceo. Eliminate le macchine, ci sarà più ordine e più posto per i visitatori e lo scenario non sarà più turbato da elementi estranei.

Il controllo dell’affollamento d’altronde va perseguito non con drastiche ordinanze di polizia ma favorendo la conoscenza dell’intera valle del Treja che offre possibilità di passeggiate innumerevoli e affascinanti. Bisognerebbe che l’ente parco riattivasse i vecchi percorsi delle mulattiere, redigesse una guida analitica del territorio e creasse dei punti d’ingresso dell’area protetta, stazioni di ricevimento in cui i visitatori vengono “iniziati” alle bellezze del luogo ed invitati a contribuire con la loro presenza non al degrado ma ella tutela ambientale, rimuovendo essi stessi i rifiuti antiestetici e prendendo parte attiva alla manutenzioni dei sentieri (possibilissimo se oggi il parco non fosse letteralmente invaso da facoceri caucasici N.d. R.).

L’attuale amministrazione comunale guidata da Luigi Gasperini, sta imprimendo una forte svolta alla gestione del piccolo territorio comunali: ha risolto problemi annosi come quello dell’acqua e si sta adoperando per il consolidamento delle vie d’accesso. C’è da sperare che il risultato di questo impulso riesca a portare verso Calcata i finanziamenti nazionali e regionali indispensabili per affrontare i problemi con lungimiranza a e tempestività.

All’amministrazione ci permettiamo di suggerire di studiare la possibilità di collocare una zona di parcheggio sotto la curva sopraelevata della strada provinciale Calcata-Mazzano. Con un muro di tufo locale che nasconda l’orrendo manufatto costruito nel primi anni `60 si potrebbe eliminare una delle “brutture” in cui il nostro tempo ha sfregiato lo scenario della valle e contemporaneamente realizzare un congruo numero di posti-macchina rendendo meno aggressivo l’assalto domenicale delle auto in sosta lungo la strada.

Paolo Portoghesi

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Nota del Redattore: Questo articolo fu gentilmente scritto dal prof. Paolo Portoghesi, su mia richiesta, per la pubblicazione sul notiziario del Circolo Vegetariano “Bullettin”. Durante i primi anni ‘90 fu pubblicato anche su vari quotidiani e riviste. (P.D’A.)

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