Calcata sociologica. Personaggi, persone, maschere, nomee di calcatesi vecchi e nuovi…. Ognuno è il modello di se stesso!

Di tutte le storie su Calcata raramente si è parlato dei personaggi che la abitano, genericamente menzionando “artisti, artigiani, creativi, etc.”, questa è un nota in calce  di carattere sociologico per evidenziare come il gioco dell’oca qui a Calcata sia perennemente in auge. Si va avanti e si va indietro, si occupano caselle importanti e si finisce in stallo, si vince e si perde… ma quando si esce finalmente fuori dal gioco? Finché si può raccontare ci siamo ancora dentro… la saga continua….

 Un’amica una volta mi ha detto: “Parlando al bar con uno di qua mi son sentita dire che    Calcata è un paese di prime-donne, ogni calcatese, nuovo o vecchio, si sente unico e vero”.  Mai prima mi son trovato così d’accordo su un giudizio espresso su di noi.  Infatti ognuno, qui a Calcata, si pone come modello di se stesso.  Spesso in antitesi diretta con l’altro modello  incarnato dal vicino o dall’omonimo.   

Questo è il caso, ad esempio, dei “beati paoli”, i tre “grossi paoli” che  a modo loro sentono di incarnare l’anima della comunità. In primo luogo c’è Paolo Portoghesi, l’architetto, che unisce la  cultura universitaria al vezzo delle tradizioni contadine (la moglie Giovanna dirige un  allevamento di asini non disdegnando però i lama, le capre, le oche ed i cani), egli  irradia se stesso dal suo  studio  post-moderno  di Monte Menutello, sua la nuova Chiesa di Calcata Nuova e suo il restauro del Palazzo Baronale al Centro storico.  Poi c’è Paolo D’Arpini, il sottoscritto, che si ingegna con mille artifizi di restare a galla e di incarnare un messaggio ecologista e di spiritualità laica, mezzo barbone e mezzo imperatore, la gente non crede che io possa essere l’uno o l’altro e siccome anch’io me ne frego di mantenere un’immagine, praticamente sono il nessun Paolo. Il terzo Paolo è l’americano Paul Steffen, ex coreografo ed uomo di spettacolo, il quale incarna lo spirito esibizionista ed anticonformista per eccellenza ed anche una certa ‘malizia’, diciamo che mi fa pendent.  Ad memoriam rimane pure l’outsider Paolino, il ribelle Zorba, che suonava la fisarmonica per tutti belli e brutti e del quale sto occupando la casarsa sulla rupe.  

 Ma la storie delle prime-donne non si ferma ai beati paoli. Ci sono i Giuseppe, come Salerno il telematico e rampante manager e critico cultural chic, oppure come Roveri detto ‘Pino il Generale’ per la sua capacità di sopravvivenza in tutte le stagioni,  c’è  anche l’altro Giuseppe -il Canali- che spazia in mondi di fuori, pieni di immagini ed estrapolazioni artistiche.  Abbiamo anche le marie, Maria Uyttendaele, assoluta come Michi,  madre delle mie figlie, Maria la vedova di Dario, l’unica che avesse tentato sino all’ultimo di tener aperto un negozio di alimentari a Calcata vecchia, e Maria -la Maddalena- innominabile pentita e convertita all’amore di pubblica utilità. Anche Patrizia impera bene, abbiamo Patrizia Crisanti, l’architetto ed ex consigliera comunale del centro storico, che spazia fra improbabili ritorni di fiamma  e la funzione di accumulatrice di notizie storiche, anche Patrizia Palla, la genovese, è una accumulatrice ma di  vecchie sottane e velette da lei stessa rammendate e stirate, mentre Patrizia, detta la maestrina, è un fantasma del passato che appare e scompare ma sempre mantiene la sua presenza delusa,  attraverso i suoi inquilini (ombre ectoplasmiche dei suoi pensieri).  

 

Non possiamo, sempre in tema di prime donne, oscurare i Luigi, il primo  è il Gasperini, primo cittadino  per antonomasia di Calcata, un possente veliero politico che naviga con le vele spiegate, da oriente ad occidente e da occidente ad oriente, sempre con il vento in poppa…  diverso certo dal buon Luigino che governa solo le sue greggi caprine e produce un buon formaggio caro a tutti i calcatesi, diverso ancora da Luigi Moriggi che abita in via Moriggi a simbolo di una continuità familiare.

 Varrebbe la pena di continuare nelle comparazioni anche se c’è il rischio di scendere nel pettegolezzo. Per chi conosce Calcata sarà comunque interessante  estrinsecare nuovi esempi di assolutezza simbolica. Il fatto è che tutta questa variabilità, dal punto di vista sociologico, è significativa di come il laboratorio Calcata possa continuare a produrre esperimenti “unici”  rappresentativi delle varie sfaccettature dell’Umano e della sua alchimia  caratteriale.

 Paolo D’Arpini

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