Dei e veicoli…. Uomini e topi.

Il dono di un veicolo è uno degli omaggi  rituali che vengono fatti al maestro spirituale, questo perché il veicolo è riconosciuto come un mezzo simbolico di trasmissione della sua grazia,  regalare   un carro, un elefante, un cavallo o -in tempi moderni- un’automobile significa che  ci si aspetta che il favore del maestro venga trasferito insomma “veicolato” all’offerente attraverso quel mezzo simbolico. Proprio seguendo questa tradizione capitò  -ad esempio- che Osho Rajneesh (ma non solo lui)  collezionasse  30 e più Rolls Royce…

Chi ha qualche dimestichezza con l’iconografia indiana ricorderà che ogni divinità ha un suo mezzo di trasporto,  che sta a significare il modo in cui l’energia del Dio viene trasmessa.  Vediamo che  Vishnu, il preservatore,  ha per cavalcatura una grande aquila, essa simboleggia la capacità del Dio di scorgere nei minuti dettagli ciò che avviene nel mondo per scendere giù a velocità stratosferica  a punire i malvagi e sollevare le sorti dei devoti in difficoltà. Brhama, il creatore, ha invece per “mount” un cigno bianco che rispecchia la capacità del cigno di dividere il latte (la saggezza) dall’acqua  nell’oceano primordiale della creazione. 

Ma qui potremmo già cominciare a porci dei dubbi… infatti si può pure immaginare una grande aquila hymalayana, con apertura alare che raggiunge i dieci metri, trasportare un Dio nelle sue missioni del dharma (giustizia) ma un cigno… come fa a trasportare un Dio che -essendo creatore-  già ce lo immaginiamo un po’ pesante??  I punti interrogativi aumentano e la necessità di un chiarimento  si fa  impellente quando infine osserviamo l’immagine di Ganesh, Dio di pesante stazza  con la testa da elefante, che è preposto a rimuovere gli ostacoli, sia in senso spirituale che materiale, che si frappongono sul nostro cammino. Il Dio Ganesh è dipinto con ai piedi la sua cavalcatura, un piccolo topo che sgranocchia beato un laddu (dolce di riso a palla).

Ebbene a questo punto ci è praticamente impossibile visualizzare l’enorme Ganesh che monta sul topolino, eppure leggiamo che il topo è il suo veicolo, come può succedere!?  E qui è necessario fare ulteriore chiarezza sulla simbologia del “veicolo” e soprattutto di quel che sta a significare il topo nella tradizione orientale, e questo non solo in India ma anche in Cina…. 

Allora l’immagine del topo serve a “veicolare” le qualità che vengono riconosciute a questo animale, che è anche un archetipo primordiale.  Se pensiamo bene alle capacità miracolose del topo scopriamo che egli è un vero genio della sopravvivenza,  un maestro in se stesso nella rimozione di ogni ostacolo che si frappone fra lui e la vita.  Un topo sa come arrampicarsi su una superficie verticale, purché vi sia la minima asperità,  persino meglio di una lucertola, di un geco od altri animali arrampicatori.  Se precipita da una grande altezza, anche mille volte superiore alla sua, ne esce perfettamente indenne, è un vero planatore in caduta libera.  Che dire poi della sua preveggenza che gli fa capire quando è ora di abbandonare la nave che affonda?  Egli è un ottimo nuotatore e sa come  salvarsi meglio di qualsiasi naufrago, ed infatti in ogni angolo del mondo prima degli umani sono arrivati i topi.  Anche nella sua vita sociale  è ben attrezzato, chi non conosce l’astuzia del topo nello sfuggire alle trappole? I sistemi di anti-rattizzazione sono impotenti contro le orde di roditori cittadini che dispongono di appositi assaggiatori,  vecchi e malandati elementi che fungono da cavie per testare i cibi sospetti, così la tribù si salva sempre.

Non basterebbe una biblioteca di psicologia animale per descrivere i suoi sotterfugi e le sue furbizie che gli garantiscono la sopravvivenza in ogni occasione, persino in caso di esplosione nucleare i topi saprebbero cavarsela meglio di noi.  Inoltre occorre specificare che in verità il topo è stato l’iniziatore della stessa specie umana, il capostipite primo, non sto raccontando una balla (stavolta), state calmi…    Accadde proprio quando ci fu il grande cataclisma che distrusse tutti i grandi rettili, che a quel tempo dominavano il pianeta,  e già era nato un piccolo roditore, il primo mammifero, per correttezza chiamiamola “mammifera”  la quale aveva la taglia di una pantegana (un po’ più piccola della nutria), e mentre attorno a lei c’era solo morte e nubi nere,  la saggia topa di fogna campò benissimo sui cadaveri e sul marciume, e di lì a pochi millenni diede vita a tutte le specie di mammiferi sulla terra, ivi compreso l’uomo.  Che grande miracolo… in mezzo alla carneficina,  quella santa  pantegana  trasformò gli ostacoli della distruzione  del mondo in vittoria…  la supremazia della sua  capacità di adattamento. Mi sa che saprebbe ancora farlo questo gioco, se l’uomo andrà avanti a sfidare la vita sul pianeta… sappiamo già chi è in grado di resistere all’olocausto.   Ed allora perché meravigliarsi se il topo è stato scelto come veicolo di Ganesh?Paolo D’Arpini

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