Archivio della Categoria 'Testimonianze sul Circolo'

Circolo Vegetariano VV.TT. assemblea rifondativa ed istituzione della nuova sede di Treia (Macerata)

Durante la Festa dei Precursori edizione 2011 si è tenuta anche l’assemblea ri-fondativa dei soci del Circolo Vegetariano VV.TT.

Solitamente ogni anno approfittato di questa celebrazione della costituzione del Circolo per indire la riunione che stabilisce i membri del direttivo. Ma andiamo per ordine: il giorno 7 maggio 2011 si è tenuta una pubblica assemblea – tavola rotonda nella sala consigliare del comune di Treia (Macerata). Presenti: il sindaco Luigi Santalucia; il presidente della locale Proloco, Francesco Pucciarelli; i soci fondatori ed equiparati del Circolo VV.TT. Paolo D’Arpini, Benito Castorina, Antonio D’Andrea, Luisa Moglia, Caterina Regazzi, Vittorio Amedeo Marinelli e numerosi aderenti e simpatizzanti (una trentina di persone giunte da varie parti d’Italia). Durante l’incontro, tenutosi dalle h. 16.00 sino alle h. 19.00, sono state illustrate dal fondatore (il sottoscritto) le finalità e le attività portate avanti dall’associazione in 27 anni di esistenza (il Circolo per l’esattezza è stato fondato davanti al notaio Togandi Giuseppe a Civita Castellana il 27 marzo 1984 e inaugurato pubblicamente il 26 aprile dello stesso anno).

Il giorno 8 maggio 2011, come annunciato da tempo (vedi comunicati precedenti sulla Festa dei Precursori) a mezzo lettere, inviti ai soci e simpatizzanti, si è tenuta la mattina dalle h. 9.00 alle h. 10.00, l’assemblea ri-fondativa dei soci intervenuti (summenzionati) allo scopo di rilanciare le iniziative culturali e stabilire le cariche del nuovo direttivo. L’incontro si è tenuto nella nuova sede del Circolo Vegetariano VV.TT. Sita in Via Sacchette 15/a Treia (Macerata). I locali della sede, proprietà di Caterina Regazzi, sono stati messi a disposizione per le attività presenti e future dell’associazione a titolo gratuito. Salvo l’impegno morale da parte dei membri dell’associazione a rimborsare alla medesima i costi di gestione e ristrutturazione dei locali stessi (di cui si parlerà in successivi capitoli). La sede è costituita da uno stanzone di circa mq. 30 (trenta) con annesso bagno ed antibagno ed ingresso indipendente (in Via sacchette 15/a). Le spese di gestione (utenze e costi di ristrutturazione) potranno essere rimborsate alla proprietaria attraverso le quote associative (che anche per quest’anno sono fissate ad euro 50 annuali, vedi Home Page del sito del Circolo) ed altri mezzi consentiti (donazioni, etc.). All’incontro ri-fondativo, in qualità di membri costituenti e consiglieri del Direttivo erano presenti Paolo D’Arpini (residente in via Mazzini 27 Treia), Benito Castorina (residente in via Savuto 38 Aprilia), Antonio D’Andrea (residente in Via Nicola Falconi 19 Capracotta), Luisa Moglia (residente in Campo dell’Olmo snc Nepi), Caterina Regazzi (residente in via Bruno Manni 9 Spilamberto), Vittorio Amedeo Marinelli (residente in viale G. Sirtori 56 Roma).

I menzionati soci, in qualità di componenti del direttivo, si impegnano a portare avanti, nei limiti delle loro possibilità, le finalità dell’associazione secondo le loro specifiche attitudini e qualità, tali finalità sono (ripreso dall’atto costitutivo):

L’associazione democratica e senza fine di lucro ha per scopo le seguenti finalità:
istituire e promuovere nella propria sede, e in tutti gli spazi ritenuti opportuni, la divulgazione del vegetarismo e cure naturali, naturismo, cosmesi biologica, attività artistiche ed artigianali di carattere rurale, nonché di pratiche per lo sviluppo spirituale; istituire e promuovere in tutti gli spazi ritenuti opportuni, feste spettacoli e giochi all’aperto, passeggiate ecologiche, sperimentazioni di sopravvivenza in luoghi selvaggi, lavoro nei campi ed allevamento bestiame con sistemi biologici;
istituire e promuove in tutti gli spazi ritenuti opportuni, simposi naturisti, pratiche yoga, meditazioni collettive, seminari sulla natura e sull’uso armonico delle sue risorse, sessioni di canto rituale; istituire e promuovere in tutti gli spazi ritenuti opportuni, degustazioni di alimenti e bevande naturali, nonché patrocinare ed organizzare una serie di iniziative atte a promuovere la ricerca e lo sviluppo di cure per la mente e per il corpo escludendo l’uso di ogni sostanza tossica di natura chimica od inquinante; lo scopo dell’associazione è anche quello di dimostrare e divulgare l’importanza di una esistenza armonica nella natura e di amore nel mondo.

Al fine di rendere l’associazione operativamente efficiente in tutti gli ambiti, e per ottemperare alle norme statutarie e di legge, i consiglieri presenti indicano alle cariche direttive i seguenti membri che accettano:
Presidente, Paolo D’Arpini
Vice-presidente e tesoriere, Caterina Regazzi
Segretario, Luisa Moglia

Le cariche così assunte sono gratuite e volontarie e non comportano responsabilità ed oneri di sorta se non quelli relativi alle associazioni culturali non a fine di lucro (come per legge). Le cariche assunte restano in vigore sino alla prossima riunione dei consiglieri (in regola con il tesseramento) che solitamente si tiene una volta all’anno in occasione della Festa dei Precursori.

Per accettazione e conferma di quanto qui affermato, sottoscrivono:
Paolo D’Arpini, Caterina Regazzi, Luisa Moglia – Treia 8 maggio 2011

Copia del presente documento (per conoscenza) è stata consegnata il giorno 9 maggio 2011 alla sede della locale Proloco e indirizzata al sindaco a mezzo mail ed in scritto copia conforme viene depositata il giorno 10 maggio 2011 al Protocollo del Comune di Treia per l’ufficializzazione dell’atto.

Paolo D’Arpini
Presidente del Circolo vegetariano VV.TT.
Via Sacchette, 15/a – Treia (Macerata)
Tel. 0733/216293

Il testo del presente documento viene inviato in forma di Comunicato Stampa e divulgato sul Giornaletto di Saul che funge da organo informativo del Circolo.

Per associarsi al Circolo Vegetariano VV.TT.: Tessera annua – Euro 50,00 (cinquanta) – Inviare a mezzo conto corrente postale N° 84177153
intestato a Paolo D’Arpini, Via Mazzini, 27 Treia (Macerata).

Coordinate Bancarie Nazionali:
CIN:B – ABI: 7601 – CAB:14500
Codice IBAN: IT62 BO76 0114 5000 0008 4177 153

Inviate una email di “Conferma adesione al Circolo” scegliendo l’apposita voce nel modulo della pagina Contatti di questo sito inserendo i vostri dati ed il vostro indirizzo e riceverete la tessera a mezzo posta.

Commenti disabilitati

“Quel che deve essere cambiato… le mutande!” – Storia dell’indumento più intimo e sexy… e reminescenza calcatese

Ante scriptum

Ricordo a Calcata, parecchi anni fa, la lite furibonda fra due donne, che si contendevano lo stesso maschio e si accusavano l’una l’altra di furto di mutande… Cioè la prima (quella che era stata lasciata) accusava la seconda (l’accaparritrice dell’ex  marito) di essersi fregata un paio di sue mutandine stese ad asciugare nella pubblica via, per ignoti (ma sospetti)  motivi di carattere sessuale…. Quella lite in piazza fece scalpore nel vecchio borgo.. ma  in fondo rimpiango quei tempi gloriosi in cui ci si contendeva la preda in modo “naturale”, ovvero i maschi cercavano le femmine e le femmine i maschi mentre oggi la  maggioranza dei calcatesi acquisiti è composta di unisex  gay. Ma forse anche per loro le mutande sono rimaste un simbolo…

Paolo D’Arpini

……………..

Questo indumento così misterioso e sexy: le mutande

Se pensiamo all’ origine della parola latina “mutanda” vuol dire  qualcosa da cambiare. Soltanto intorno al 500 venne introdotto l’uso e l’ utilizzo tra le donne delle famiglie nobili. Nel corso dei secoli, hanno sempre fatto parte  del guardaroba della donna, ma sino al 700 lo si considerava un indumento inutile e sconveniente.

Fu Caterina de’ Medici che inventò i cosiddetti  mutandoni che coprivano le gambe delle donne  durante le lezioni di equitazione. Dall’Italia poi questa moda si diffuse velocemente per tutta l’Europa. In questo periodo divennero  il capo per eccellenza delle prostitute, poiché venne reso obbligatorio per questioni di igiene e di decoro pubblico. Le prostitute dell’ epoca se ne facevano un vanto, lasciandole intravedere dagli spacchi delle gonne, o le mostravano tirando su la gonna.  Ed è per questo motivo, che scomparvero nell’uso delle nobil donne. Presero così il nome di braghesse, erano lunghe sino al ginocchio, ricamate, ed impreziosite da tessuti in oro ed argento, con nastri e talvolta pietre preziose. Divennero ben presto segno di frivolezza e la chiesa le bandì considerandole indumenti volgari. 

Solo dopo il 700  tornarono a far parte del guardaroba di tutte le donne , diventando uno strumento di seduzione inteso in senso moderno. Le donne possono così trasformarsi in seduttrici, agli uomini si sa piace ammirare la biancheria intima, body trasparenti, corsetti e negligeè nei colori rosso, nero trasparente c’è solo l’imbarazzo della scelta intimo,  spirito o romantico e comunque seducente. Adottare anche la tattica perché no del vedo non vedo che da sempre conserva il suo fascino.

Rita De Angelis

Commenti disabilitati

Dall’Ashram di Swami Muktananda al Tempio della Spiritualità della Natura, le due incarnazioni del cane Shankar e della cagna Vespa

Si chiamava Vespa, questo il nome che le era stato affibbiato dai suoi vecchi padroni, due anziani contadini di Faleria. Ma da parecchio tempo non abitava più nella campagna faleriana essendosi trasferita, con il mio consenso, nel Tempio della Spiritualità della Natura in quel di Calcata.

Sì,  se n’è andata  la cana guardiana, ormai vecchia e malandata, che custodivo in un recinto al Tempio. Il fatto stesso di tenerla ristretta in un recinto era motivo di continui interrogatori da parte di nuovi visitatori.

“Perché  tu che ti dichiari animalista tieni questa cagna rinchiusa? Ma la fai uscire ogni tanto? La porti a spasso, La curi a sufficienza, la spulci quando serve, la fai visitare dal veterinario, quanti anni ha?….” Ed infinite altre domande mi venivano poste senza ritegno…

Ed ogni volta ero costretto a raccontare la storia di Vespa, dall’inizio, dalla sua vita “precedente” in forma di un  cane denominato Shankar che viveva nell’ashram di Swami Muktananda a Ganeshpuri (India). Un cane che non si era mai assuefatto alla disciplina ashramitica, che scappava fuori a far danni e faceva danni persino dentro.. infastidendo gli altri animali lì custoditi.  Per questa ragione era un po’ ostracizzato dagli ashramiti e tenuto sotto stretto controllo e pure punito all’occorrenza.  Ricordo diverse volte in cui vidi questo cane che incrociando Baba (il mio Guru) si metteva a tremare dando segni di insofferenza.  In una occasione, in cui aveva combinato qualche guaio più serio del solito, alla vista del Guru si mise a latrare e sbavare e Baba, che passeggiava sempre con un bastoncino da  Sadhu (dandha) glielo tirò dietro colpendo Shankar nel di dietro… Il lancio era perfetto ma la forza non era eccessiva e il dandha toccò appena la bestia che comunque guaendo si allontanò..

Eppure io, abituato a pensare in termini “animalisti” occidentali, non apprezzai molto quella scena e siccome dormivo in uno stabile agricolo nel giardino esterno, dove lo stesso Shankar bazzicava,  iniziai a familiarizzare con il cane, accarezzandolo e dandogli importanza… Forse mettendomi anche in contrapposizione al Guru, ritenendo la sua severità immotivata od esagerata.. “In fondo bisogna essere compassionevoli con tutti gli esseri, animali compresi, perché  Baba ha manifestato tanta severità?” Dicevo fra me e me  sentendomi io stesso più buono del Guru…

Il caso volle che di lì a poco tempo io stesso ricevessi una lezione esemplare sulla testardaggine e mancanza di rispetto da parte del cane Shankar. Una sera caldissima di luglio decisi di passare la notte fuori della ex stalla, nella quale  solitamente dormivo, anche se fra il dentro ed il fuori, essendo le pareti composte di muretti bassi appena un metro e venti, non c’era molta differenza,  ma io speravo che a cielo aperto spirasse un po’ di venticello che mi desse refrigerio e scacciasse le fastidiose zanzare che mi perseguitavano ogni notte.  Siccome dentro la stalla dormivo sul pavimento in cemento e fuori avrei dovuto sdraiarmi sulla terra andai a chiedere al magazzino una stuoia in vimini spiegandone la ragione. Il magazziniere, forse già sospettando qualcosa, si raccomandò che l’indomani restituissi la stuoia come l’avevo ricevuta. Io un po’ meravigliato per la pignoleria affermai che sarebbe stato così e afferrai il rotolino già alquanto consunto che mi avrebbe fatto da giaciglio e me ne andai.

Giunta la sera, tutto contento, mi accinsi a cercare uno spazio comodo sulla spianata antistante la stalla, presi un paio di longi (lenzuolini leggeri, che avevano varie funzioni, ivi compresa quella di gonnellino, scialletto ed asciugamano) e mi sdraiai beatamente a contemplare il cielo stellato… mi sentivo in paradiso!

Ma la mia goduria fu di breve durata, di lì a poco apparve sulla scena il grosso cane Shankar, il quale memore delle simpatie da me dimostrate nei suoi confronti si mise subito a saltarmi addosso ed a balzellare sul mio corpo… avevo un bel cercare di scansarlo.. niente da fare non sentiva ragioni..  continuava tutto il tempo a spiaccicarmi e mordicchiarmi senza ritegno. Mi alzai,  lo scacciai ripetutamente ma lui restava lì dappresso ed appena giacevo mi ripiombava addosso, uno sfinimento senza soluzione alcuna..  Alla fine mi arresi, smisi di reagire e mi sottoposi alla mercé di Shankar, restai immobile sperando che con il mio fermarmi anche lui si sarebbe fermato… Ma non fu affatto così… Egli prese a sbrodolarmi sulla faccia ed in tutto il corpo.. poi, visto che ormai non mi muovevo più, cominciò ad addentare e rosicchiare i miei longi.. ed ovviamente se la prese con la stuoina, che anzi  sembrò particolarmente di suo gusto tant’è che  la ridusse a minuti brandelli, salvo la parte coperta dal mio corpo sfiancato….

Altro che sollievo e refrigerio, altro che pace sotto il cielo aperto, non chiusi occhio tutta la notte, neanche un minuto, mentre il cane soddisfatto compiva la sua opera devastatrice e le zanzare imperversavano contente della mia immobilità (se avessi fatto cenno di scacciarle il cane avrebbe ripreso a tormentare il mio braccio).

Finalmente giunse il mattino,  potevo così rientrare nella stalla appena aperta, ove andai a riporre i longi ed i resti della stuoia, e poi mi recai subito ai bagni per darmi una bella rinfrescata.   Terminata la routine mattutina (meditazione, canti, lavoro, etc.)  tornai in magazzino per restituire la stuoia avuta in prestito. Il magazziniere mi guardò interrogativo:  “What is this mess?” –  “It is your mat that I bringing back” – “What, watth..?” – “The fault is  of Skankar, the dog.. he did all the michief..” – “But you were responsible for the mat.. non the dog..”

Insomma mi dovetti sorbettare la predica… e starmene zitto!

In seguito il cane deve averne combinata una veramente grossa perché scomparve sia dall’ashram che dal paese di Ganeshpuri in cui andava sovente a compiere le sue scorribande selvagge, probabilmente aveva fatto secca una gallina di troppo e qualche paesano l’aveva finito a  bastonate.

E questo è il primo tempo. Ed ora passiamo a Vespa.

Quando ancora gestivo il servizio mensa del circolo vegetariano di Calcata, usavo acquistare alcuni prodotti biologici da una anziana coppia di  contadini di Faleria che mi fornivano di vino, verdure, olio, etc. Siccome vivevano da soli ed erano già alquanto acciaccati (operazioni varie, malattie, strascichi, etc.) avevano pensato di farsi un cane di grossa taglia per far la guardia alla casa ed al fondo. Qualcuno gli aveva procurata una bastarda nera e robusta, piena di energia. Anzi troppo piena di energia.. tant’è che era completamente ingovernabile, correva appresso ai polli, scavava buche profonde nell’orto distruggendo ogni cosa. Saltellava addosso ai visitatori, senza però minimamente svolgere la funzione per la quale era stata presa: fare la guardia!

La bestia per la sua irrispettosità e incontrollabilità fu così denominata “Vespa”.

Gli anni passavano senza che si potesse far nulla per addomesticarla..  Fu tenuta legata con una catena che scorreva su un lungo filo d’acciaio.. ma a forza di scorrere e tirare la cagna riusciva sempre a staccare la catena che si consumava sino a fendersi,  una volta addirittura, tirando quando era tenuta al guinzaglio del vecchio padrone, che cercava di riportarla al suo posto, fece cadere  l’anziano che si ruppe un femore.  Inutile dire che i due vecchietti non sapevano più che fare, infine costruirono un piccolissimo recinto di bandoni in lamiera e vi richiusero la cagna.

Ogni volta da allora che andavo a comprare le verdure vedevo l’animale lì rinchiuso che saltellava,  e mi faceva pena.. le portavo perciò qualcosa da mangiare e magari le davo pure una carezza. I vecchi continuavano a lamentarsi dicendo che non potevano più occuparsene, che dovevano andare all’ospedale e non sapevano come fare con il cane, etc. Infine presero il coraggio a due mani e mi dissero: “Beh, lì a Calcata tu hai quel terreno dove tieni tutte quelle bestie, prenditi anche questa cagna e sollevaci da questo peso..” 

A  quel tempo nel Tempio ospitavo diversi animali, capre, pecore, galline, papere, conigli, etc, e pure un cane a me fedelissimo e bravo di nome Herman, che aveva già una decina d’anni. Così pensai che in fondo potevo tenermi pure Vespa e che l’avrei educata io a dovere… ed inoltre avrebbe sostituito Herman, ormai un po’ vecchiotto,  nella sua funzione di guardiano. Ero lì davanti alla cagna, incerto sul da farsi ma i due contadini erano così imploranti e la cagna così saltellante che infine acconsentii e presa la bestia  al guinzaglio la feci salire in macchina e me la portai via……

Tirava, tirava… mai era stata avvezza a camminare affiancata.. tirava e tirava. Ma io ero ancora giovane e forte e strattonandola cercavo di insegnarle l’educazione… Tirava ancora di più davanti alle pecore ed agli altri animali e compresi subito che forse l’educarla avrebbe preso più tempo del previsto. 

“Poco male –mi dissi-  intanto la metto qui con questa bella catena lunga e poi giornalmente la addestro,  magari facendomi aiutare dal mio  fedele Herman”.

Passano i giorni, passano i mesi.. la cagna tirava e tirava e di tanto in tanto scappava pure e una gallina oggi, un gatto domani, ed un coniglio dopodomani.. pian piano stava assottigliano la fauna locale.. in questo dando anche il cattivo esempio al pur fedele Herman. Non c’era catena che reggesse al suo sfregamento continuo. Dovetti rinforzare tutti i recinti degli animali, ma  Vespa era bravissima a scavare, una vera cacciatrice indomabile. Poi accadde che Herman si prese una leshmaniosi e dopo un mesetto di agonia spirò in pace, era già vecchio e credo che il suo tempo l’avesse comunque vissuto, Cercai allora di concentrami sull’addestramento di Vespa… ma non ci fu nulla da fare… riuscì pure a far secca una mia affezionata pecora che avevo da quando era agnellina ed a scappar fuori dal terreno ed andare a far razzie negli ovili del paese nuovo di Calcata..

“Guarda… -mi disse qualche pecoraro- già abbiamo avuto danni, se la tua cagna la ritroviamo su.. non torna più giù…”, L’avviso era chiaro e decisi perciò di costruire un bel recinto grande con vecchie reti da letto e pali di ferro e vi rinchiusi la cagna “for good”.  Ancora di tanto in tanto cercavo di portala in giro al guinzaglio nel tempio  ma anch’io un paio di volte inciampai… e il ricordo del contadino faleriano e la mia età avanzata mi consigliarono infine di lasciar la cagna dove stava.. nel suo bel recinto e di nutrirla al meglio, con gli avanzi di casa, senza più toccarla. Le crocchette  e le scatolette che non avrei mai comprato me le portò Luisa per quattro o cinque anni e questa fu la consolazione di Vespa, che passava il suo tempo ad abbaiare ai gatti di passaggio, che però non poteva più azzannare (solo una volta o due riuscì a scappare ed a farne secchi un paio)…

A modo sua Vespa ha pagato il suo karma e compiuto il suo dharma,  nella forma migliore che le fosse possibile… quando stavo per lasciare Calcata, il 3 luglio di quest’anno, era bell’e morta.. Ha aspettato fino all’ultimo giorno e se ne é andata mentre anch’io me ne andavo…

Paolo D’Arpini

Commenti disabilitati

“Apparizione a Spilamberto” – Dall’Odissea del Saul Arpino Parmenide smarrito in Emilia” Ed altre facezie!

Resoconto di una giornata indimenticabile (poiché inesistente)!

“Mentre Eraclito è il filosofo del divenire e della dinamicità, Parmenide è il filosofo dell’essere e della staticità… Ma và..?!” (Saul Arpino)

…cari amici vicini e lontani, sono qui a narrarvi emozioni e  fortissime sensazioni. Un grandioso avvenimento è trascorso sotto i nostri occhi: La transumanza dell’apparentemente inamovibile  Saul Arpino, detto il Parmenide. La sua fuga o rapimento voluttuoso da Calcata a Spilamberto.  Un volo d’amore! Un poema dell’Anima degno del Boccaccio! O dell’Ariosto, a scelta!

Dunque, riepiloghiamo.

Ho ancora nelle orecchie gli echi del canto che ha accompagnato il commiato del Nostro da Calcata (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/06/10/calcata-29-giugno-2010-chiusura-dei-festeggiamenti-per-il-solstizio-destate-tavola-rotonda-le-stagioni-come-metro-sociale-sessuale-e-riproduttivo-nella-societa-umana-ed-in-natura%e2%80%9d/ )

Sento ancora la voce melodiosa provenire dal boschetto di Priapo che intonava….

“Non dimenticar che ti ho voluto tanto bene………” mentre la cricca delle 12 verginelle, 12 devote al gran Dio (Priapo….),  gorgheggiava con voci gutturali e urla scimmiesche:  “Woof woof, ah, ha, ahhh!”

I portatori della lettiga sulla quale erasi mollemente adagiato l’Arpino intonavano con voce virile…  “Addio, mia bella addio, che l’Arpino se ne va…..e se non lo portassi anch’io sarebbe una viltà….”

 L’aspetto più portentoso di tutta la processione era la presenza di un Coro Celeste  Oscuro (misto di angeli e demoni)  che anticipavano la mesta compagnia. Gli angeli volavano a mezza altezza sopra la lettiga trasportando un grande striscione con la scritta…. “Il coro degli Angeli mi fa sognare ancora….dolcemente dolcemente, un sogno fatto di felicità…..”,  mentre i demoni si sfregavano le corna ed intrecciavano le code suonando “Il trillo del Diavolo” su violini infernali.  Infatti  i luoghi santi calcatensi, per il principio della “pariglia” non hanno solo presenze benigne ma anche malvagie. La dimostrazione veniva anche  dal corteo (che seguiva ignominiosamente) di un gruppo di gay, travestito da gaypride, che stonava….”Noi siam come le lucciole ya ya ya yaaaa, viviamo nelle tenebre..ya ya ya yaaaa…schiavi d’un mondo brutal…popopopopopopo ( gorgheggio di  bassotuba), noi siamo i fior del maaaaaal…” 

Nel  frattempo in lontananza, e precisamente da Faleria,  giungeva ad ondate, portato dal vento caldo d’Oriente,  un canto di ottimistico saluto. Questo, che usciva da una tromba da giradischi “ La Voce del Padrone”  a 78 giri, che ci ricordava la voce di don Marino Barreto Jr che sussurrava…..”arrivederci….con una estretta di mano, da buoni amici sinceri… ci salutiamo col dir…..arrivederci…”

Ma ora eccoci qui, cari amici, davanti alla porta principale di Spilamberto, sotto la quale in passato sfilarono prenci et cavalieri (anche perché, nelle vicinanze, eravi un loco ove scaricare le proprie vergogne).  Sotto gli archi di questo torrione antico mendicò Spillo, un frate cantautore che, a comando, e dietro lauta mancia, improvvisava Laudi al Signore. In questa cittadina, posta a due passi dallo Spielberg, castello dedicato nei secoli passati alle cure reumatiche, come ricorda nei suoi diari salutistici il noto naturopata Silvio Pellico, vi fiorì anche il grande scrittore e poeta Friedrich Spielhagen, nato nel 1829 e seguace della Grande Cermanya. Gran parte dell’opera di questo poeta è però comunque sciupata dalla tendenziosità politica. Insomma, un luogo ameno e tranquillo (od almeno così pare..).

Così pertanto vi appare il Saul Arpino Parmenide, pelato, canuto e barbuto, nonché munito dalla tradizionale valigia di cartone legata con spago santo di canapa oleosa, Egli è stato scambiato dalla popolazione di villici locali per un santone, erede di un tal padre Pio pi pio pio….detto anche  “Delle Gallinelle”.  Santone giramondo e giraluna, vagamente hippie e yuppie (come tutti i frati, con un sovraccarico per i cappuccini.)

Quelle brave persone di villici spilambertiani( o spiambertesi come dir si voglia) non si sono fatti attendere e, di diritto e di rovescio, hanno trovato un asinello su cui caricare l’Arpino (da ora denominato: “Colui che siede sull’asìno”). Tutto ciò mentre alcuni fanatici della nuova religione  materialistica “newagemarketing” si esibiscono danzando coi piedi nudi su finti carboni ardenti.  Et voilà  arriva anche la grande orchestra strumentale Northern Kamurra composta esclusivamente di camorristi al konfino. Il complesso strumentale è così articolato: caccavella, triccheballacche, scetatevaiasse e putipù. In disparte, alcuni coreuti vestiti di velluto nero assicurano il ritmo con l’uso magistrale delle guimbard, o scacciapensieri.

Un Coro di Gallinacci del vicino mercato dei polli intona:  “La gallina fa coccodèèè, il galletto chicchiricchiiiii..” E s’ode di lato:  “Vieni amore il sole spunta già.. Quaqquaraquaqquaquà… quaqquaraquaqqualààààààà” che è l’inno corale delle voci grezze di anatra pseudo selvatica di un  allevamento intensivo, mentre in lontananza si disperde il ritmo della caccavella….. “Voooom, vooom, vooom…”.

Si tratta, cari amici vicini e lontani, di uno spettacolo entusiasmante, al quale tutti voi vorreste partecipare, pari solo alla trasfigurazione di  Priapo nell’orto delle fragole.

Mentre il ciuchino, affittato dal vicino tendone del Circolo Orfei, s’inchina ogni tre passi rendendo precaria la permanenza dell’Arpino sulla sua groppa,  ed alcuni animalisti vegetariani vengono a porgere doni (al ciuchino ed all’Arpino): si tratta di manciate di grano saraceno, di orzo, di uva ursina, di caramelle  al permanganato, dette “della buona creanza”, quelle che tingono le urine di uno splendido colore verde. Arpino però preferisce attingere  al contenuto di una catana (sacchetta calcatese) che porta a tracolla  e sparpagliando a destra ed a manca, manciate di pangrattato secco misto a scorze di formaggio pecorino e di prugnole amare tagliate molto fine.

E’ a questo punto che nugoli di badanti ucraine lo acclamo e proclamano “Grandissimo Atamano”.

IL DISCORSO.

Assembratasi la turba,  l’Arpino è invitato dai seguaci più stretti a tenere un discorso. Salito pertanto su di un trogolo rovesciato, egli pronuncia il  “DISCORSO DEL TROGOLO”

Care, cari… Fratelli e sorelle, cugini e cugine, zii e zie… nonni et nonne, fratelli carnali, di sangue e di latte, amici vecchi e nuovi eccomi infine tra voi che mi vedete, per diffondere la Lieta Novella (ed egli mostra, tra gli applausi del pubblico, il nuovo numero di…Novella 2000!)

Poi continua… “I Nostri Comandamenti sono direttamente impartiti a voi dal Gran Dio Priapo, calcatense, protettore di Calcata e dei suoi fiumi, che mi ha inviato al vostro cospetto affinché possiate assistere all’emissione del Verbo…  I nostri Comandamenti sono dieci imperocchè non vanno oltre il numero delle nostre dita.

Essi sono i MEMORABILIA (detti memorabili.)

1)      Siano le babbucce calzate in ordine. Quella sinistra calzi il piede sinistro, mentre quella destra il piede rimanente.

2)      Siano introdotte nel naso le dita della mano destra (o della sinistra per i mancini…) nel seguente ordine: mignolo, anulare, medio, indice ed indi: pollice.

3)      E’ vietato mangiare le unghie dei piedi.

4)      Sono vietate le flatulenze ed i carmi emessi sotto vento.

5)      Siano tutte le strade rinominate coi nomi benedetti degli adepti del Maestro Parmenide.

6)      Al risveglio e all’atto di prendere sonno sia invocato cinque volte il sacro nome del Dio Priapo.

7)      Sia istituita nella data ricorrenza del mio ingresso a Spilamberto, che coincide con l’apparizione della Dea delle Selve, Priapa, la Festa cittadina, dedicata alla santa Priapa Spilambertina.

8)      Non desiderare i rifiuti già differenziati da altri.

9)      Non inserire bigliettini contenenti barzellette oscene negli anfratti del muro del pianto.

10)  Traversando a piedi nudi e con gli occhi bendati il deserto di sale, non devi toglierti le mutande. Imperocchè la luce solare, rimbalzata dal biancore di sale, ferisce i glutei.

Eccovi, o amici vicini e lontani, il resoconto verace di una grande giornata, occorsa nella presentazione del Saul Arpino Parmenide a Spilamberto.

Alla prossima riporterò “I sermoni del ponte sul Panaro ad Altolà”

Omerus Georgius Vitalicus

Commenti disabilitati

Treia, 8 agosto 2010: “Viaggio intorno al Sé… ovvero: Il momento auspicioso del Ritorno a Casa”

Nel mio viaggio intorno al  Sé… mi é capitato di lasciare Calcata e di trasferirmi a Treia.

“La casa é il corpo più grande” diceva il poeta e saggio Kalil Gibran ed é vero… perché sentire di stare a casa sorge dal senso di presenza in cui si riconosce la propria casa. Quindi la casa non é un luogo ma uno stato di coscienza.  L’8 agosto ricorre il Mahasamadhi di Bagawan Nityananda, il maestro del mio maestro Swami Muktananda, e da parecchi anni celebro questo evento. Mahasamadhi significa “Grande Assorbimento” ed é un eufemismo per significare il momento in cui un santo lascia il corpo fisico… Potrebbe essere quello il momento auspicioso del “Vero” Ritorno a Casa. Il momento in cui lo spirito si alleggerisce da ogni legame corporale ed il senso di “presenza” é assolutamente libero e indipendente da ogni luogo e da ogni tempo. 

Ma non é detto che questa condizione di totale “affrancatura” debba essere raggiunta con la morte, può avvenire anche nel corpo il momento in cui i legacci col mondo vengono recisi, il momento in cui il senso di identificazione con l’ego viene sciolto, per ritrovare la propria natura originaria nel Sé.

Questa scoperta di Sé, in verità, non é ottenibile in alcuna forma ma é solo un “riconoscimento”… Per aiutare questa “ricerca”  ho sviluppato un metodo di auto indagine, che parte dalla conoscenza delle propensioni innate manifestate nella propria mente. La mente personale é in realtà una sorta di immagine speculare, non realmente esistente, ma dobbiamo partire da questa se vogliamo scoprire il reale “soggetto”.

Quest’anno, in occasione dell’8 agosto, inizia un corso di apprendimento degli archetipi primordiali che contraddistinguono i vari modi espressivi della psiche umana. Il corso si tiene a Treia, si svolge in modo informale, e senza vere e proprie scadenze fisse, attraverso una serie di incontri che, comunque, mi piace posizionare in prossimità della Luna Nuova. Infatti questo 8 agosto precede di appena due giorni la Luna Nuova. 

Introduzione generale al discorso:

“Semplici attori, finché  separati,   poi, superata la dualità, non ha più nessuna importanza…   Il fiore non ha più nome né forma è solo un fiore unico ed irripetibile nel giardino della Coscienza” (Saul Arpino).

Tema trattato: “La conoscenza di sé attraverso gli archetipi e gli elementi cinesi ed il sistema  indiano. Indagine sulle componenti psichiche energetiche e  come armonizzarle nelle varie condizioni della vita”

Premessa.

La nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il controllo ma,  come diceva Nisargadhatta,  noi siamo parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati….  Di conseguenza, essendo coscienza nella coscienza,  siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale siamo immersi e  far sì che  il nostro pensiero e la nostra azione siano in sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto. In questo  perenne rimescolamento energetico, noi siamo come navigatori senza meta, o guerrieri –se preferite- liberi di affrontare il contingente senza paure.

“Se temi la sofferenza –diceva un samurai- come fai a combattere?”

Vediamo ora    che dal tutto il tutto si dipana dinnanzi ai nostri occhi….  12 animali si presentano al Buddha morente ed ognuno ottiene di incarnare le caratteristiche psichiche  che contraddistinguono i tre aspetti di anno, mese e ora, in base  alle propensioni naturali, di ogni essere vivente.  Essi sono maschili e femminili e manifestano le loro caratteristiche tramite le 5 componenti fondamentali: Terra (devozione), Metallo (giustizia), Acqua (saggezza), Legno (etica), Fuoco (costumi).

Il funzionamento è più o meno quello del caleidoscopio. Alcuni elementi colorati e tre specchietti interni. Girando il tubo si ottengono diverse composizioni.  Malgrado l’esiguità delle componenti i risultati possono essere infiniti.  Questo stesso concetto (traslato ai 5 elementi  ed ai tre aspetti psichici incarnati) mostra la variegazione di tonalità di colore e movimento attraverso la quale la  coscienza individuale si manifesta (la forma ed il nome). La coscienza di sé, che noi  chiamiamo persona, è un coordinatore interno, adattato all’individuazione, il quale si  appropria delle funzioni messe in atto. Lo chiamiamo: io. 

Questo ‘io’ (o assuntore interno) è l’apparenza identificativa individuale nella quale solitamente ci riconosciamo. Propriamente parlando questo “ego” è esso stesso la “conseguenza” delle energie messe in moto dai vari elementi e dai tre archetipi incarnati, quindi è inerte (come un programma), ed  è un oggetto nella coscienza.

I tre archetipi psico-emozionali, inscindibili nel loro miscuglio, rappresentano:

Il senso dell’io, ego = anno di nascita;

l’intelletto o intuizione = ora di nascita;

la memoria o predisposizione = mese di nascita.

Capire il senso dell’abbinamento archetipale  con le condizioni  dell’ora e del mese di nascita, è facile da accettare giacché siamo abituati a pensare che ogni momento della giornata ed ogni stagione ha i suoi modi, e tutte le creature sono soggette a questi modi. Ma il primo aspetto dello zodiaco cinese,  quello dell’anno, è  più duro a digerirsi per la nostra mentalità razionalistica. Come è possibile che un dato anno possa essere  qualitativamente diverso dall’altro solo sulla base di un calendario arbitrariamente deciso dall’uomo?

Impostosi nella cultura cinese e dell’estremo oriente e provenendo da una tradizione pluri-millenaria (sicuramente di origine matristica)  il calendario ciclico, di 13 lune e di 12 archetipi animali  (che rotano abbinati agli elementi in turni di 60 anni),  è stato anno per anno vagliato e corroborato dall’esperienza di milioni e milioni  di persone,  in  cui i comportamenti corrispondevano ai modelli indicati in un raffronto oggettivo e riscontrabile nei fatti.  Alcuni analisti vedono un significato  in un’altra coincidenza, il  percorso dodecennale  che la terra compie attorno al sole per fare un giro completo (una specie di viaggio in treno con 12 stazioni annuali). Si può anche fare  a meno di credere a questa “qualità  del tempo” ma stando ai risultati essa è confermata, ahimè! Quegli archetipi animali  esistono e sono riconoscibili nelle caratteristiche variegate degli individui di tutto l’emisfero settentrionale (la nostra metà del mondo), senza peraltro sapere cosa succede nell’emisfero meridionale (che teoricamente dovrebbe avere valenze rovesciate).

Con tutti questi dubbi in testa, siamo un po’ come gli alchimisti che sperimentano  onestamente e coraggiosamente con i loro tre elementi basici, inserendo all’occorrenza nuove figure e varianti. Questo è il lavoro ingrato e meraviglioso del “navigatore nel sé”.  L’Ulisse  in noi, disincantato e schietto, che “vede” e  riesce ad orizzontarsi,  avverte l’odore delle cose incombenti  per come si stanno manifestando. Non per opporvisi ma per esprimersi al meglio e proseguire nel viaggio. Chiunque potrebbe farlo se sta  attento ai segnali costanti e continui che la vita ci manda.

L’intelligenza intuitiva –lumen-   non è propriamente basata sulla percezione sensoriale o sul raziocinio ma sulla abilità di orientarsi prima che la percezione sensoriale od il pensiero abbiano modo di esprimersi. Quindi è una capacità naturale –immediata- dell’intelligenza, che viene prima ancora dell’istinto. Un sentire ed allo stesso tempo  una sintesi analogico-analitica. E’ l’intuizione innata che ci dice tutto quello che è, come è,  senza analisi risolutive, bisogno di prove o riscontri.

Si procede a naso –dicevo- ed infatti l’olfatto appartiene all’elemento Terra, quello più solido. La matrice di ogni manifestazione concreta.   E’ la Terra stessa che fa nascere tutti gli esseri e li nutre in se stessa. Mentre il Cielo energizza e vivifica con la coscienza tutte le forme. Ma attendiamo un po’ prima di affrontare il discorso dello Yin e dello Yang e degli elementi e torniamo ai  tre archetipi. Essi “sembrano” tre  in verità son tre aspetti della stessa personalità. Ognuno di noi  manifesta  una forma  esemplare a tre facce (designanti le nostre caratteristiche). Sul come  sopravviene l’influenza  di una o l’altra di queste facce, sul perché capiti  ad una piuttosto che un’altra,  diremo che è  destino!

Le tendenze innate che  si riflettono nello specchio, perennemente cangianti, son le correnti in cui   l’io si muove. Se  vogliamo osservare una cosa piccola  bisogna  ingrandirla attraverso il microscopio, ma se vogliamo ampliare il campo di azione dobbiamo distaccarci il più possibile dalle cose attorno a noi, in modo da percepire il senso d’insieme. Questa corsa in tondo verso   l’auto-conoscenza è  un vagare trasognato, un’attenzione senza risposta,  solitudine e silenzio, osservazione e contemplazione,  fluire limpido nei mutamenti,  sorridere nel rincorrere  il vuoto.    Ma allora di cosa continueremo a parlare? 

La fase “intermedia”  dell’illuminazione, quella del santo,  rientra ancora nella sfera del mentale, delle cose che possono essere discusse e trasmesse.  Flash di realizzazione,  esperienze al limite del transpersonale,    che contemporaneamente ci consentono di riconoscerci in sintonia elettiva, colori dello stesso arcobaleno,  e di ciò possiamo  ancora parlare,  attraverso evocazioni consapevoli.  La trasmissione, o meglio il riconoscimento, avviene per  immagini  (come succede ai bambini che riconoscono l’aggregazione concettuale, il senso, di parole  sconosciute); questa “trasmissione”  può essere fatta utilizzando  vari modi comunicativi e sensoriali:  per empatia emozionale, a voce, con lo sguardo, con il tatto, ed anche con lo scritto, se esso rispecchia fedelmente le qualità necessarie  e si crea un’attenzione indisturbata  al tema trattato. 

Un detto Taoista per “cristallizzare” l’immagine: “Il santo comprende l’intrigo del mondo ed abbraccia l’universo senza sapere perché. Questo è il manifestarsi della sua natura”. 

Ed ora una storiella:

Alcuni suoi seguaci domandarono al bandito Hòu:”Anche per i ladri esiste una strada (Tao)?” – “Eh,  certo che  sì..  – rispose Hòu- Santità è intuire dove giace un tesoro nascosto, Eroismo è entrare per primo nella casa, Giustizia è uscirne per ultimo, Saggezza è distinguere il colpo che si può tentare, Umanità significa essere equanimi  nel dividere il bottino. Al mondo non è mai esistito un gran ladro che non abbia manifestato queste qualità”. (Chuang Tze)

Il momento in cui inizia l’anno.

Nell’antico calendario romano l’inizio dell’anno ricorreva a marzo  ed anche in India ed in Cina infatti questo è il tempo in cui la vita torna a manifestarsi con  forza.  Questo periodo di marzo aprile è anche il  momento dell’equinozio primaverile, delle piogge e della crescita del grano. L’elemento cinese correlato (dal 21 gennaio al 20 aprile) è il Legno. Il Legno corrisponde alle emozioni, al tatto, alla fantasia, alla creatività. I suoi archetipi sono la Tigre, la Lepre e il Drago ed i nati negli anni, nell’ora o nel mese di questi animali saranno particolarmente avvantaggiati  negli anni di Terra. Infatti il legno possiede la terra e trae da essa nutrimento con le  radici. L’esagramma dell’I Ching, significativo  di questo periodo, è Ta Chuang – La Potenza del Grande. Il segno indica un tempo in cui il valore interiore emerge con impeto ma incombe il pericolo che ci si fidi della propria potenza senza chiedersi ogni volta dove sia il giusto,  senza aspettare il tempo opportuno. Per questo si dice ”Propizia è perseveranza” Infatti la vera Potenza è quella che non degenera in mera violenza. Ovvero si può abbandonare un atteggiamento bellicoso senza doversene pentire. Intesa del Tutto con il Tutto.

Appendice.

Attraverso le capacità riflettenti dell’organo interno (antakharana) siamo in grado di manifestare energie psicofisiche in rispondenza a quelle  percepite fuori di noi. Questa rispondenza è automatica ed inevitabile, è una legge naturale. Pensare di sfuggirne il corso è assurdo come pensare di cambiare il film mentre la pellicola viene proiettata. Ma l’atteggiamento interno è importante!  Infatti l’accettazione del proprio destino scioglie l’attaccamento all’utile ed all’inutile che ci spinge nel ciclo delle rinascite. Nell’ignoranza ci identifichiamo con i personaggi e ci consideriamo autori e responsabili del gioco vissuto, con guadagno e perdita, la verità è che il nostro io, la coscienza individuale, la persona da noi incarnata, è solo un’immagine. Il risultato di un automatismo distratto e di una identificazione illusoria. Questo dobbiamo comprendere bene se non vogliamo che la mente ci imbrogli.    Non cadiamo nel delirio dell’io separato,  anche se la coscienza che lo anima  è vera sin d’ora  e siamo già dotati del capitale iniziale  per quella “conoscenza di sé” è assurdo e ridicolo pensare di  “ottenerla” –strettamente parlando non è possibile.  Essa è già integralmente manifesta qui ed ora  e quindi non perseguibile come ottenimento altro. Presente sempre….. ma ne teniamo conto, ne siamo consapevoli? 

Se ci sentiamo attratti da questa “conoscenza” occorre  dire che non c’è  corso o spiegazione o esperimento che possa trasmetterla, può essere solo riconosciuta (risvegliata) per simpatia nel momento della  maturazione. Siccome non è un  “conseguimento” continuiamo ad  “andare avanti a fiuto”. 

Paolo D’Arpini

Per informazioni e prenotazioni: circolo.vegetariano@libero.it  Tel. 0733/216293

Commenti disabilitati