Archivio della Categoria 'Poems and Reflections'

Ramana Maharshi – Hitler e la divina “dispensazione” karmica

divina dispensazione

Ramana Maharshi lasciò il corpo nel 1950, molti dei suoi detti ed insegnamenti furono raccolti durante il periodo in cui in Europa imperversava la seconda guerra mondiale. Qualcuno si è chiesto qual’era il parere di Ramana Maharshi riguardo la figura di Hitler.

Qualcun altro ha anche “strumentalizzato” alcune affermazioni che vengono attribuite al saggio (vedi ad esempio: https://tresmontes7.wordpress.com/2007/11/30/ramana-maharshi-speaks-about-adolf-hitler/).

Comunque alcuni riferimenti in tal senso sono riportati sui testi che raccontano i dialoghi di Ramana Maharshi con i suoi devoti durante gli anni della guerra.

Ad esempio questa citazione, presente in un libro di memorie del maggiore inglese in pensione Chadwick, che era un residente fisso dell’Ashram e che sembra egli udì durante una discussione informale su quel tema: “Ramana Maharshi seemed unconcerned regarding World War II. He is reported to have once remarked, “Who knows but that Hitler is a Jnani, a divine instrument.?” (Chadwick, 35).

“Ramana Maharshi non sembrava preoccupato per quanto riguardava la seconda guerra mondiale. Si segnala che una volta egli avrebbe osservato, “Chi lo sa, se Hitler è un Jnani, uno strumento divino.?” (Chadwick, 35).

Siamo tutti strumenti divini, secondo Ramana, nella misura in cui abbiamo uno scopo o missione da eseguire che è stata a noi affidata dal Dispensatore divino (Ishwara). Anche Hitler in tal senso era l’agente per consentire a milioni di persone di compiere il loro destino karmico. Se milioni di persone hanno meritato di soffrire e morire in una determinata epoca, qualcun altro deve incarnarsi al loro fianco con il karma di essere il mandante di quella sofferenza. Accettare di compiere il proprio destino anche in funzione del coinvolgimento di altri innumerevoli destini, indipendentemente che l’agente sia un “uomo di conoscenza” (Jnani) od un semplice strumento, implica solo che certe cose dovevano accadere in quel modo ed in quel periodo, e che Hitler aveva il karma per farle accadere. Tutte le persone coinvolte era attori sul palcoscenico, che recitavano un copione che era stato scritto e assegnato dal Dispensatore divino. Ogni persona coinvolta in quel drammatico evento in qualche modo si era individualmente guadagnata la sua parte attraverso azioni passate (karma).

Questa la visione nell’ottica di causa/effetto.

Ritengo però che quanto affermato ab initium nella citazione riportata da Chadwick (”Ramana Maharshi non sembrava preoccupato per quanto riguardava la seconda guerra mondiale.”) sia “corretto”, in quanto espressione riferita ad un saggio, che non si preoccupa degli eventi che accadono nel mondo, poiché li vede svolgersi come in un sogno.

Paolo D’Arpini

…………………..

Commento di Giuseppe Finamore: “ Secondo alcune scuole esoteriche lo spargimento di sangue ( in senso esoterico naturalmente) che ci fu durante la seconda guerra mondiale ebbe lo scopo di ” eliminare ” la natura animale da milioni di persone, che poi reincarnatesi potessero proseguire il loro cammino evolutivo di cui adesso ne stiamo osservando gli effetti più o meno evidenti e positivi o negativi. Naturalmente l’eliminazione della natura animale ebbe l’effetto che molte persone morirono anche in modo atroce. Se guardiamo al compito che ebbe Giuda, tanto per fare un esempio, che tradì Gesù Cristo… eppure si dice di lui che era il più evoluto tra i discepoli, proprio per questo in grado di sostenere il peso del tradimento… Lo stesso Cristo dopo aver fatto miracoli, guarigioni e sfamato folle, fu torturato condannato e crocefisso… E c’è un certo numero di iniziati che furono decapitati o bruciati sul rogo, come Giordano Bruno a campo de fiori…. La decapitazione di Giovanni il Battista riveste un senso profondamente esoterico inerente alla decapitazione dell’io anzi degli io…”

Commento di Giuseppe Fallisi: ” non si capisce – o, meglio, si capisce fin troppo bene – in cosa consisterebbe la “strumentalizzazione” da parte di Savitri Devi della definizione di “Jnani” o “gnani” (uomo che conosce, che sa, sapiente) sicuramente data dal grande Ramana Maharsi a proposito di Adolf Hitler. Altri saggi indiani dell’epoca videro nel Führer persino un avatāra, una divinità discesa in terra (altri ancora, come il giudaizzante Aurobindo e la sua “Mère” giudea, viceversa, com’è ovvio, un agente terreno del Male). La cosa dà fastidio, vista l’indubbia autorità del saggio Maharsi, a chi aderisca al politically correct “democratico”, quello imposto dai vincitori del secondo macello mondiale e ancora oggi imperante. “Se milioni di persone hanno meritato di soffrire e morire in una determinata epoca”… già, la solita manfrina… nel caso si dovrebbe ricercare “qualcun altro” quale “mandante” karmico “di quella sofferenza”… Churchill, Roosevelt, Stalin, solo per fare i tre nomi che per primi vengono alla mente… Hitler NON volle la guerra”

Mia rispostina: “Caro Joe Fallisi, quanto riportato da Savitri Devi (nel link inserito all’interno dell’articolo) riflette la sua posizione personale e non è il caso di farne una polemica. Ogni opinione è legittima. Sicuramente, visto il periodo storico, varie discussioni furono affrontate con vari devoti del Maharshi, sul tema del nazismo e di Hitler. Anche se gli unici riferimenti “certificati” sono quelli riportati dal menzionato Chadwick ed in poche altre battute sui Talks with Sri Ramana Maharshi, poi ognuno può leggerci e “ricamarci” sopra come meglio “crede”. Ed anch’io mi sono limitato ad esprimere un parere personale. Anche in riferimento ad altre affermazioni riguardo Gandhi, la sua politica, Aurobindo ed il suo insegnamento, ed altri contemporanei di Ramana, si nota un “glissare” da parte del saggio che non intende mai prendere posizione precisa riguardo a certe “posizioni”. Il suo atteggiamento era quello del “distacco” e sempre riportava l’attenzione al “soggetto” che si pone i vari dubbi e da cui sorgono tutte le domande…” (Paolo D’Arpini)

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Euritmia – “Ci vorrebbe una macchina nuova..”

euritmia

“Non riesco a trovare
quel che cerco
non posso comprendere
ciò che sapere vorrei
non voglio far altro
che recitare me stesso”

Scriveva Terzani:

“Questo mondo è una meraviglia!

non c’è niente da dare,

è una meraviglia!

E se tu,

con tutto il tuo essere

riesci a sentirti parte

di questa meraviglia,

che vuoi di più?

che vuoi di più?”

Risposte:

“ehm… una macchina nuova!”

(Sebastian)

“Qualcuno che mi dia una mano

a sbrigare le faccende domestiche!”

(Caterina)

“Questo concetto risuona a molti,

me compresa,

stiamo solo arrivando a conclusione

dell esperienza del fare!

se questa e’ l’esperienza

che vuoi o puoi fare

sappi che è sacra

e ringrazia l’intelligenza suprema!”

(Yog-Angela)

“Da casa:

non riesco a trovare

quel che cerco;

non posso comprendere

ciò che sapere vorrei;

ma questo messaggio

mi ha già reso più lieve

ed ha cambiato

i cantici miei pensieri”

(Clara)

“l’amore

è tutto attorno a noi..

ci sono sensazioni

che ci fanno sentire

l’incontro con la terra

e i suoi doni…”

(Angela-bio)

Se vogliamo

una nuova macchina

un aiuto in casa

un nuovo corpo

per sentire l amore

tutto attorno e

l’incontro con la terra

possiamo praticare

alcuni esercizi

tra questi

l’euritmia:

espressione dell anima.

Steiner affermava

che in quanto movimento

l’euritmia è il linguaggio

dell anima umana.

serve ad armonizzare attraverso

il movimento le attività del

pensare. sentire e volere,

le tre parti di cui l’anima umana e’ composta,

aiuta a creare un insieme unitario.

l’euritmia accresce la coscienza delle tre parti

e a trovare un armonia.

praticandola in gruppo

porta a una coscienza della socialità.

muovendosi in gruppo

si può sviluppare la capacita

di percepire gli altri

ed entrarvi in relazione

così da sviluppare

un maggior senso della socialità.

sentire lo spazio tra le persone

prendendo coscienza dell’altro

tramite dei movimenti in comune

per creare una sintonia visibile.

movimenti armonici.

(Ferdinando Renzetti)

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Yin e yang fanno muovere il corpo massa in un costante processo evolutivo

yin e yang e corpo massa

La psiche collettiva ha varie sfaccettature ognuna delle quali rappresenta un modo di pensare in ognuno dei campi d’interesse umano: economia, tecnica, arte, scienza.. ed ovviamente religione e spiritualità.
Come avviene ad esempio nell’ameba, animale unicellulare, c’è un corpo massa che è perlopiù statico, rappresentato dalla grandissima parte degli umani che vivono in un tran-tran consuetudinario, nei credo, da questa massa vengono emessi pseudopodi mentali. Uno è connesso ai modelli del passato, dell’ego, dell’interesse privato, della tradizione ancestrale e settaria ed un altro è rivolto verso la crescita, proteso verso la sinergia, il superamento delle divisioni ideologiche, l’accrescimento di coscienza e la liberazione dagli schemi comportamentali.

Possiamo anche chiamarli Yin e Yang, positivo e negativo, bene e male…

Questi due pseudopodi sono rappresentati da una minima parte di umanità mentre nel corpo massa si stabilisce la stragrande maggioranza dell’umanità. In un certo senso il legante che mantiene il corpo massa unificato deve necessariamente essere un misto di passato e futuro, di bene e di male, di verità e di finzione, di illusione e di conoscenza. Lo pseudopodo regressivo è incarnato da una minoranza sparuta che governa politicamente ed economicamente il mondo in termini di sfruttamento. Ma anche nello pseudopodo evolutivo il numero di persone che avanzano, precorrendo i tempi, è limitatissimo. Infatti se pochi sono i detentori del potere economico e comunicativo e degli indirizzi sociali e religiosi (operatori occulti, coscienze astute ma votate all’illusione) altrettanto pochi saranno nella parte evolutiva (i saggi e le coscienze libere dai vincoli dell’illusione).

Nel corpo massa invece imperano i grandi numeri, le grandi religioni, le classi popolari, i prestatori di opera, le folle tifose ed i seguaci di varie mode o culture. Ovvio che i componenti della massa, vittime delle consuetudini e dei credo, saranno numerosissimi, poiché il corpo massa raggruppa la stragrande maggioranza del genere umano ed è spinta all’evoluzione od all’involuzione solo da quei propulsori psichici (“pseudopodi”).

Paolo D’Arpini

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La condizione femminile e la sessualità nelle tre religioni di origine semita

donna islamica  tabarrata

L’ebraismo era ed è una fede “etnica” che ha lo scopo di mantenere l’unità e l’identità culturale e genetica del popolo ebraico. La sua mitologia, che si fa risalire a quattro o cinque mila anni fa, attinse ampiamente a miti e leggende di quei popoli con i quali gli ebrei vennero, per varie ragioni, in contatto. Ma prima di tutto parliamo di come si è andata formando l’entità ebraica. Ebreo significa nomade e gli ebrei appartenevano a tribù pastorali di origine semitica che giravano in cerchio in un continuo andirivieni ai margini della Mezzaluna Fertile. Essendo pastori e girovaghi avevano sviluppato una cultura tipicamente patriarcale, per loro la donna era un mezzo per generare figli maschi che continuassero l’attività, quindi lo status femminile era molto basso rispetto a quello dei maschi. L’unico vantaggio che avevano le donne ebree era che potevano essere sposate, per continuare la “stirpe”. Mentre la condizione delle donne gohim (ovvero non ebree), con le quali tali pastori venivano in contatto, era ritenuta prossima a quella del bestiame. Le femmine gohim potevano essere violentate, fatte oggetto di commercio, usate come prostitute… ma si badava bene a non prolificare con esse poiché i nati da tali “femmine” non venivano riconosciuti come appartenenti al popolo “eletto”.

Malgrado tutte queste attitudini maschiliste e misogine -come avvenne ad altri popoli semitici- anche i giudei, per un certo periodo, accettarono la presenza nel loro gotha di una divinità femminile, Astarte, compagna di Geova, e garante di fertilità. Ci vollero 6 secoli prima che Astarte fosse obliterata, anche se per molto tempo i loro templi convissero fianco a fianco. Ma alla fine i patriarchi ebrei riuscirono a distruggere il culto della dea, e Geova, in solitario, occupò tutto il firmamento. Poverino, solo com’era sviluppò qualità perverse, era un dio vendicativo e crudele che chiedeva la totale sottomissione al suo disgraziato popolo “eletto” (infatti il Giudaismo è considerato una “religione” in senso genealogico), egli era la fonte di ogni male e andava propiziato con sacrifici cruenti (qui ricordiamo la storia di Caino, che offriva i frutti della terra, non graditi a Geova, e di Abele che uccideva e bruciava armenti sull’ara, del cui olezzo il dio si beava). D’altronde se leggiamo la bibbia scopriamo che tutta la storia degli ebrei è costellata di episodi truculenti, di avventure sodomitiche e di violenze.

Il patriarca Abramo, come uno squallido lenone, non esitò a cedere la moglie Sara al faraone d’Egitto per ottenere i favori del sovrano. Ma non vado oltre, mi limito a consigliare vivamente la lettura della bibbia per poter capire quali sono le radici di quella religione monolatrica (detta impropriamente “monoteista”).

Alcune chicche sulla misoginia e sulle norme “erotiche” ebree possiamo trovarle nel Talmud, il libro dei dettami religiosi: “Tutte le donne non ebree sono prostitute. Eben Haezar. – Un uomo può fare con la sua moglie ciò che più lo appaga, come se lei fosse un pezzo di carne che viene dal macellaio, e che lui può mangiare secondo il suo capriccio, salata, arrostita, bollita o come pesce comprato al mercato. Nedarim 20 b. – Una vergine di tre anni ed un giorno può essere ottenuta in matrimonio dopo un atto sessuale. Sanhedrin 55b. – I rapporti sessuali con un bambino al di sotto degli 8 anni d’età sono leciti. Sanhedrin, 69b. – Un giudeo può violentare, ma non sposare una non-ebrea. Gad. Shas. 2.2”

Che dire poi degli altri insegnamenti contenuti nella bibbia? Il lito-libro non è affatto un testo morale, almeno come lo intendiamo noi, e non contiene alcun principio etico. Accettare i dettami della bibbia significa approvare ogni vizio e crimine. In esso si autorizzano: i sacrifici umani, il cannibalismo, la schiavitù, la poligamia, l’adulterio e la prostituzione, l’oscenità, l’ingiustizia verso le donne, l’intolleranza e la persecuzione, etc. etc. Tra l’altro una delle maggiori colpe della bibbia è l’aver insegnato che “la donna ha portato il peccato e la morte nel mondo. Ella era stata creata per dipendere dall’uomo per tutte le sue necessità e per le informazioni di cui avrebbe avuto bisogno..”.

In tutto questo liquame, stranamente, comparve un fiore, si tratta del “Cantico dei cantici” di re Salomone (sull’autore però non v’è certezza). Forse fu l’influenza benefica della regina di Saba che ammorbidì il cuore di questo rude re israelita (anche se ha tutta l’apparenza di una favola il viaggio della regina di Saba che parte dal regno dei Sabei -un territorio dell’odierno Yemen- per far visita a Salomone accompagnata dai suoi cortigiani con doni preziosi). E suona strano che un poema così fortemente erotico sia stato assunto sin dal Concilio di Yavnè (90 d.C.), nel canone dell’Antico Testamento. Ma le tradizioni religiose, sia quella ebraica che quella cattolica cristiana, provvidero a falsare la letteralità del testo, che in verità descrive senza mezzi termini un amplesso, rimosso in favore di una interpretazione mistica (così forzata nel diniego dell’evidenza da apparire quasi assurda).

Alcuni stralci: “ I figli di mia madre si sono sdegnati con me: mi hanno messo a guardia delle vigne; la mia vigna, la mia, non l’ho custodita. Dimmi, o amore dell’anima mia, dove vai a pascolare il gregge, dove lo fai riposare al meriggio, perché io non sia come vagabonda dietro i greggi dei tuoi compagni… – Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni, soffia nel mio giardino si effondano i suoi aromi. Venga il mio diletto nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti. – Il coro: «Volgiti, volgiti, Sulammita, volgiti, volgiti: vogliamo ammirarti».. – Il diletto: «Come son belli i tuoi piedi nei sandali, figlia di principe! Le curve dei tuoi fianchi sono come monili, opera di mani d’artista. Il tuo ombelico è una coppa rotonda che non manca mai di vino drogato. Il tuo ventre è un mucchio di grano, circondato da gigli. I tuoi seni come due cerbiatti, gemelli di gazzella….”

Con queste belle parole d’amore lasciamo ora il giudaismo e rivolgiamo gli occhi alla sua prima filiazione: il cristianesimo.

Dobbiamo prima di tutto dire qualcosa sull’ “inventore” del cristianesimo. Erroneamente si pensa che questa religione sia stata fondata da un certo Gesù, di cui per altro non esiste alcun riscontro storico della sua esistenza, in verità il cristianesimo è la pensata geniale di un ebreo pentito: Saulo di Tarso. Pentito perché passò da persecutore di ebrei che credevano nel messia Gesù a creatore di una nuova religione in cui Gesù diventava il messia di tutti. Ai tempi di Saulo, che per inciso mai conobbe Gesù, ci furono guerre di rivolta dei giudei contro i romani, Saulo stesso, pur essendo un ebreo, aveva la cittadinanza romana (non si sa come ottenuta, alcuni dicono perché facesse la spia) e in diverse occasioni si scontrò con i capi della comunità giudea mettendosi contro gli stessi discepoli di Gesù soprattutto perché, contrariamente a quanto stabilito dalla legge ebraica, Saulo decise di “convertire” al “cristianesimo” anche i gentili.

Questa fu la sua grande furbata: la figura di Gesù, da messia dei giudei divenne il Cristo o salvatore di tutte le genti. All’interno della originaria comunità ebraica, già allora sparsa in tutto l’impero ed anche oltre, si creò una frattura irreparabile e l’eretico Saulo andando per la sua strada fondò quel nuovo credo da lui chiamato “cristianesimo”.

Sin dall’inizio però, questo “cristianesimo”, fu marchiato e contaminato dall’originale misoginia ebraica. La libertà dei costumi femminili, tipica della società romana e greca, fu irregimentata in codici “morali/sociali” che restringevano sia l’espressività sessuale che l’importanza sociale e politica delle donne. L’esempio più eclatante di queste restrizioni fu l’uccisione della filosofa Ipazia, rea di essere troppo libera e di dare “scandalo” ai seguaci del nuovo corso “religioso”. Si dice che l’odio verso il mondo femminile, pur presente nell’ebraismo, fu esacerbato nel cristianesimo. Fino a raggiungere vette di totale annichilimento anche fisico delle donne che osavano manifestare autonomia di pensiero e di azione, accusate di connivenza con il “demonio”.

Anzi, dal 418 d.C. tutti diventarono “demoniaci”. Anche i bambini appena nati, erano definiti esseri demoniaci, in quanto nati da un atto sessuale e quindi destinati alla dannazione se non venivano battezzati al più presto. Queste belle pensate risultarono nell’acquisizione della chiesa cattolica di ogni potere, religioso e temporale, e la cosa si protrasse dal 375 d.C. fino al XVII secolo (in cui si affermarono le grandi eresie cristiane). Nel Concilio di Nicea fu stabilito, con il beneplacito di Costantino, che Gesù da “re degli ebrei” diventasse il “salvatore e Cristo dell’umanità”. Da allora gli eccidi dei pagani, la distruzione sistematica dei loro templi, soprattutto quelli dedicati alle varie dee, e delle biblioteche antiche, divennero legge (nel 391 d.C. i cristiani, per la prima volta, distrussero ad Alessandria una delle più grandi biblioteche del mondo che conteneva oltre 700.000 volumi sull’intero scibile umano, e successivamente l’opera fu completata dai musulmani).

Le stime degli studiosi, pur in mancanza di documenti ufficiali (poiché le porcherie si fanno nascostamente), sul numero delle persone torturate ed uccise nella sola Europa durante il dominio cristiano, va dalle 150.000 al milione. Ovviamente tali dati vanno integrati con gli stermini dei popoli indigeni nelle Americhe ed in altre parti del mondo.

Va da sé che nei 17 secoli di oppressione della sessualità e del mondo femminile si venne accentuando una sempre maggiore perversione nei costumi ecclesiastici. Quel che non poteva essere vissuto alla luce del giorno divenne oggetto di morbosità e di segreti sfoghi, da parte di papi, prelati e sacerdoti. Soprattutto nel chiuso delle chiese e delle sacrestie. I casi di abusi sessuali sui minori, le relazioni illecite nei conventi, le torture sado-maso contro streghe ed eretici, divennero pratiche correnti e in parte perdurano anche ai nostri giorni. Un esempio melodrammatico della deviata sessualità cristiana ci è fornito nelle feste di Halloween, promosse dalla feccia consumista e massonica, che vengono celebrate negli USA. In esse alcune chiese cristiane istallano delle Hell House, case infernali, per convincere i “credenti” dall’astenersi dal peccato, pena la dannazione eterna. In queste Hell House ci sono varie tappe, un po’ come nelle vie crucis, in cui vengono mostrati diversi peccati: un sacrificio satanico, medici masochisti che praticano aborti, prostitute e libertine che vengono torturate, etc. Alla fine dell’orrida processione si trova, di solito, una scena paradisiaca con Gesù fra gli angeli. Dopo essere stati minacciati di torture indicibili agli inferi i visitatori vengono invitati a prendere rifugio nel Cristo, loro signore e salvatore.

Negli anni, comunque, la figura femminile fu in parte rivalutata attraverso la venerazione della Madre di Dio, Maria. I preti non poterono impedirla e così, in qualche modo l’immagine della Madre Universale, che dona la vita, sopravvisse. Pur umiliata ed offesa, in quanto resa madre per costrizione e senza atto sessuale. Per quanto riguarda la presenza femminile nel mondo religioso, solo nella fede anglicana ed in altre poche eccezioni le donne possono assurgere alla carica sacerdotale. Una di queste sacerdotesse la conobbi, qualche anno fa a Pescara, che per conto della sua “chiesa” aveva sponsorizzato il “Festival della laicità”. Insomma il mondo femminile anche all’interno del cristianesimo sta cercando di ritrovare una sua dignità, riscoprendo anche la santità del rapporto sessuale, come espressione della creatività divina.

Quello che in passato poteva solo avvenire attraverso le estasi mistiche sta prendendo una forma più concreta e tangibile di amore carnale, non deprivato di spiritualità. Certo, se la chiesa cattolica accettasse il sacerdozio femminile ed il matrimonio fra i suoi membri, e se venisse abolito il potere temporale del papato (e la stessa figura del papa), la chiesa cattolica forse potrebbe riscattarsi dalle malefatte compiute in questi secoli. Ma dubito che ne abbia la forza… e quindi è destinata a scomparire. La storia non fa sconti e l’iniquità ha concluso il suo tempo.

Però ad onor del vero alcuni santi cristiani dimostrarono amore e rispetto verso la Madre Universale e verso il mondo femminile. In particolare questo atteggiamento fu vissuto da Francesco d’Assisi. La sua adorazione di dio essendo rivolta a tutte le creature. Francesco può essere considerato un amante della natura in cui riconosceva l’impronta divina. Sempre egli si adoperò di mantenere un comportamento adatto alla conservazione della vita, occupandosi di animali, di lavoro, di contemplazione delle bellezze naturali ed accettando nel novero dei suoi compagni anche diverse donne, che erano a lui devote e che in tutti i modi gli dimostrarono amore, sicuramente dal santo ricambiato, poiché essendo vissuto da laico conobbe l’amore e sapeva che questo non è contrario alla volontà di dio, anzi è la sua espressione.

In attesa, quasi nella speranza, che il cristianesimo trovi un nuovo Francesco, osserviamo ora l’ascesa sempre più rapida dell’ultimo ramo dell’ebraismo, trattasi dell’islam.

E pure qui dobbiamo cominciare a narrare le origini di questo credo. Anche nel caso dell’islam è indubbio che le radici affondino nell’ebraismo, con influssi cristiani, teoricamente potremmo definire l’islamismo una sorta di “eresia” degli insegnamenti biblici e paleo cristiani, se non che, ergendosi la figura di Maometto come “ultimo e vero profeta” e utilizzando questa preminenza a fini politici, gli arabi ne approfittarono per scatenare una campagna di conversioni forzate che portò l’islam a divenire il più grande impero medioevale, in concorrenza stretta con quello dei tartari in estremo oriente e con Bisanzio e Sacro Romano Impero in occidente. Ma la forza dell’impero bizantino non era decisamente in grado di contrastare la conquista islamica e l’Europa cristiana era divisa in vari stati spesso in antagonismo fra loro, di conseguenza l’Occidente corse il rischio di essere fagocitato. Già la Spagna, la Sicilia ed i Balcani erano divenute terre musulmane, mentre le città costiere di Francia ed Italia erano continuamente saccheggiate da pirati saraceni, che in diversi luoghi stabilirono anche capisaldi. Forse furono le crociate in terra santa che crearono un diversivo all’avanzata musulmana o forse le divisioni interne all’islam che ad un certo punto esaurirono l’alta marea della conquista e delle conversioni al Corano.

E qui dobbiamo inserire una recente notizia di cronaca relativa a questo sacro testo. Recentemente una ricercatrice italiana, Alba Fedeli, ha annunciato la scoperta della più antica copia del Corano che si conosca. Il “problema” è che l’esame del carbonio 14 avrebbe dimostrato che è stata scritta prima della predicazione del profeta islamico, vissuto tra il 570 e il 632 dopo Cristo. Gli storici britannici che hanno confermato l’originalità del documento hanno definito la scoperta “destabilizzante” per le sue implicazioni: una scoperta che dà credito all’ipotesi che Maometto e i suoi seguaci usassero un testo già esistente, che poi modellarono in base alla propria visione politica e teologica. Una spiegazione che va a smontare la versione ufficiale secondo cui il Corano venne scritto da Maometto, sulla base di una rivelazione divina…

Ma torniamo al tema principale di questo articolo, ovvero l’analisi di come è percepito l’erotismo e la condizione femminile nelle varie religioni di origine semitica. Anche nell’islam, come nell’ebraismo e nel cristianesimo, la forte impronta maschilista e patriarcale stabilisce il tipo di rapporti fra il maschile ed il femminile e fornisce indicazioni sulle diverse attitudini sessuali.

Vediamo ad esempio che Maometto all’inizio della sua carriera sposò una donna anziana ma ricca, il che gli permise di potersi dedicare alle sue visioni mistiche senza preoccuparsi della sopravvivenza. Più tardi però, per compensare, sposò una giovinetta appena adolescente in modo da poter soddisfare anche le sue pulsioni carnali. Ancora oggi nelle nazioni islamiche i matrimoni con bambine vergini sono assolutamente nella norma e spesso ne leggiamo le drammatiche conseguenze sui giornali. Un’altra caratteristica dell’islam è la poligamia. Un uomo può avere quante mogli riesca a mantenere ed anche qui l’origine dell’usanza è “religiosa”. Infatti siccome la donna è considerata proprietà dell’uomo e siccome anche le donne non musulmane una volta impalmate vengono cooptate nella religione, avere molte mogli (magari rapite in Europa) contribuisce alla formazione di nuovi adepti (la prole diventa tutta musulmana). Tra l’altro difficilmente chi era stato convertito all’islam poteva abiurare poiché era prevista la morte per chiunque rinnegasse la vera fede.

Un altro aspetto della sessualità nell’Islam è la “dichiarata” opposizione ai rapporti sodomitici ed alla zooerastia, e ciò era motivato (come avvenne per la proibizione a nutrirsi di maiale o di armenti non dissanguati) da ragioni pratiche e dalla necessità di correggere un’inveterata tendenza. Infatti, come per gli altri popoli di origine pastorale, l’abitudine a soddisfare le proprie voglie godendo di bestie e di giovinetti era talmente radicata che bisognava metterci un freno, con una precisa ingiunzione religiosa. Pena l’inferno eterno. All’inverso per i virtuosi che seguono diligentemente le norme coraniche e che muoiono combattendo per l’islam si aprono le porte del paradiso, con 70 vergini sempre pronte a soddisfare le loro voglie e fiumi di vino e miele. Ovviamente non si fa menzione di quale sia il vantaggio per le donne islamiche.

Ma lo stesso Maometto ha dichiarato la posizione gerarchica tra l’uomo e la donna, mostrando ai suoi seguaci come “educare le proprie mogli picchiandole con dei panni arrotolati”. Da questo atteggiamento, simbolico o meno, si capisce quanto i seguaci dell’islam disprezzino il mondo femminile (pur volendone godere a tutti i costi). E lo stesso corano raccomanda: “Ammonite quelle di cui temete l’insuburdinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele (Corano 4:34)”.

Lo status delle donne nel mondo islamico è veramente infimo e lo vediamo ogni giorno in quelle tristi immagini di donne in burka e lo leggiamo su tutti i giornali relativamente ai continui stupri e violenze subite. Addirittura se una donna si ribella allo stupro e reagisce viene condannata. E se lo stupro in questione viene compiuto da un congiunto questo è considerato “adulterio” e la vittima può essere anche lapidata a morte. Le donne che hanno subito la violenza carnale possono essere punite per la vergogna che hanno arrecato alla famiglia. La donna è vittima ma la colpa è della donna. Assurdità di un fondamentalismo cieco e disumano.

Nella patria di Maometto, l’Arabia saudita, la religione di stato è il wahabismo, una variante super-ortodossa dell’islam sunnita, che stabilisce, riguardo alle donne, di non poter assumere ruoli sociali, oltre alle funzioni servili, esse non possono nemmeno ottenere la patente di guida.

Leggiamo ancora nel sacro testo: “Le donne debbono abbassare lo sguardo in compagnia degli uomini e se un ospite visita la casa devono essere nascoste da una tenda o da una barriera. (Corano 24:31 e 33:53). Il fatto è che, come avviene per la bibbia, la premessa iniziale del corano è che tali ingiunzioni sono la “parola di dio, così come è stata rivelata al profeta Maometto” e quindi non possono assolutamente essere messe in dubbio. Come il giudaismo ed il cristianesimo anche l’islam è una religione creata da uomini, al solo scopo di controllare altri uomini, e soprattutto le donne, una cosa che non ha nulla a che fare con dio.

Per fortuna anche nell’islam c’è stata una componente “umana” che ha saputo mantenere l’amore. Si tratta della componente sufi. Un grande poeta sufi fu Omar Khayyâm del quale qui riporto alcune poesie: “Col mio amor, sotto due rami conserti, col mio amor, sul confine dei deserti, ove non giunge della gloria il suono; e avrei ciò che a Mahmud non dà il suo trono.” – “Se questa passion che un ordin pare mi vien dritta dal ciel, perché il divieto? Dovrò accostar la tazza al labbro lieto, accostarla, o Signore, e non versare?” – “Guai a quel cuore in cui non è ardor di passione, che non è pazzo per l’amore d’una bella persona . Un giorno che tu abbia trascorso senza amore, non v’è per te altro giorno più perduto di quello.” – “Non vietatemi di bere vino, di godere le donne, perché Dio è compassione. Non ditemi che sto peccando, lasciatemi peccare a volontà. Porre fine alle proprie azioni per paura della punizione è da miscredenti, significa dubitare della Sua compassione”

E con queste immagini amorose chiudo il discorso.

Paolo D’Arpini – circolo.vegetariano@libero.it

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Religione ed erotismo in India

sculture erotiche in India

Questo articolo, o serie di articoli, nasce con un progetto ambizioso: quello di mostrare come la formazione di ogni religiosità affondi le sue radici nell’erotismo. Nella glorificazione dell’amore sessuale in quanto espressione della spinta creativa della Natura.

Ai primordi della cultura umana la differenza fra Natura e “divinità” era impercettibile, la speculazione filosofica non era arrivata a presupporre un creatore separato, in quanto autore della creazione. Infatti nella antica tradizione matristica e panteistica la Natura coincideva con la Madre Universale, la quale da se stessa ed in se stessa produce tutti i fenomeni, manifestando tutte le forme. In questa visione non vi è alcuna separazione o differenza fra la Matrice e le sue emanazioni, viventi o amorfe che siano. Animali, piante, montagne, corsi d’acqua, mari, cielo stellato, luna, esseri umani… tutto compartecipa ed è espressione dell’atto creativo, parte indivisibile di un Unicum. La creazione in questa ottica è vista come qualcosa di spontaneo e naturale, una ricorrenza ciclica che sorge dalla terra, sulla terra insiste ed alla terra ritorna, in un continuo ripetersi senza un “oltre”. Tutto è presente nel Tutto, nell’eterno qui ed ora. Questa beata visione non si è esaurita con il trascorrere delle generazioni, essa è durata a lungo, ed ancora permane nelle menti illuminate. Il suo procedere ellittico conserva il sapore dell’eternità.

Eppure qualcosa nel corso del tempo è cambiato, l’eterno è stato virtualizzato e trasferito in un ipotetico aldilà. Un aldilà per il quale occorre guadagnarsi il passaggio, pena l’estinzione o la dannazione.

La beatitudine dell’appartenere al Tutto si offuscò nel momento in cui l’uomo cominciò a separare se stesso dal Tutto, allorché in lui nacque il senso dell’io e del mio. Forse corrisponde al momento in cui egli scoprì la sua funzione “seminativa” nella riproduzione. Questo fatto lo rese arrogante, alimentò il concetto della sua “autorità”, nel senso che prese a considerarsi egli stesso “autore” individuale della vita. E per trasposizione virtuale immaginò un ipotetico dio creatore, a sua immagine e somiglianza. La Natura, in quanto femmina, divenne materia passiva, mentre il creatore, sia in veste di dio che di uomo, fu interpretato come “alito” fecondatore e creatore (afferma la bibbia). Avvenuta questa separazione ecco che nella religione apparve il senso del peccato, legato alla vergogna per la promiscuità ed alla opposizione verso la “materia” contrapposta all’astrazione “spirituale”, con il risultato di condurre l’uomo “religioso” a distanziarsi dalle cose del mondo, ivi compresa la sessualità.

Ma come è possibile separare la vita dalla vita? Come può sopravvivere un essere vivente senza cibo e senza calore? Non può…

Da ciò se ne deduce che, malgrado la caparbia autoaffermazione di un’entità spuria, definita “spirituale”, il processo di separazione dell’io dalla Natura non potrà mai avere compimento, resta solo una pia illusione dettata da una religione. Che prima divide e poi si arroga il diritto di “ri-unire” (religere) . La separazione fra spirito e materia, fra Natura e dio è una falsità, un’inversione nei valori naturali ed è causa di tristezza e di un insoddisfatto desiderio di compensazione.

Insomma si rinuncia alla tetta materna per attaccarsi al ciucciotto.

Migliaia di anni son trascorsi, varie civiltà sono sorte e crollate, diverse religioni teiste hanno pervicacemente tentato di separare l’uomo dalla Natura, inculcandogli l’idea del “peccato originale”, della necessità di pentirsi, di ricorrere ad un salvatore, ad un messia, di volta in volta diverso, poiché ogni messia che separa l’uomo dal Tutto non può durare, come non può durare un incubo. Perciò la religione che trascura i modi della vita, ovvero la sua capacità di perpetuarsi, non potrà mai avere una definitiva attuazione, resterà un ibrido intellettualismo malato e sofferente. E perciò l’affermazione del modello religioso patriarcale che conosciamo non potrà mai affermarsi, poiché vive di promesse immaginarie, di dogmi reiterati, di continue riaffermazioni di fede. In un certo senso succede così non solo per i teismi ma anche per la scienza e le sue leggi che non durano a lungo ma vengono continuamente sostitute da nuove e più perfezionate “scoperte”.

“Natura naturans” e “Natura naturata”. Entrambe coesistono, sono intercambiabili a seconda delle situazioni e dei momenti, pur -a volte- in apparente conflitto.

Ma torniamo alla religiosità ed all’erotismo. E scopriamo che in verità queste due proiezioni non possono essere disgiunte, come nel cervello non può essere disgiunta la funzionalità dell’emisfero destro dal sinistro, la ragione dall’intuizione, la fase logica da quella analogica, la sincronicità dalla causa/effetto. La comprensione non è mai “univoca” ma richiede un “abbraccio”, l’intelligenza è una visione avvolgente e compenetrante. Come avviene nel processo riproduttivo fra maschio e femmina.

Allora, in tempi in cui la storia non era stata ancora confermata come modello lineare di memoria, la donna e l’uomo, uniti nella consapevole reciproca appartenenza e partecipazione all’evento vitale, vissero la religiosità attraverso l’unione sessuale.

Non posso però narravi ora l’intero excursus, passando da un popolo ad un altro popolo, civiltà dopo civiltà. Non ne ho la forza, né il tempo e nemmeno la voglia. Non posso parlare della sacra prostituzione nei templi dedicati alla Dea, delle iniziazioni sessuali nelle comunità dell’Europa antica, delle tendenze promiscue e poliamorose, dei riti pagani della fertilità, del Cantico dei cantici o delle strofe volgari del Risus Paschalis….

Ma, almeno per cominciare, posso aprire una fessura, uno spiraglio minuto su alcuni aspetti dell’induismo, una religione che ha conservato a tutt’oggi molte forme di religiosità erotica. Gli episodi sono tanti, non basterebbe un’intera biblioteca a narrarli tutti. Mi limiterò quindi a descriverne alcune pagine, aperte quasi alla rinfusa. Voglio partire da un racconto mitologico in cui aneddoticamente si lascia intravvedere in che modo erotismo e religione abbiano trovato un punto d’incontro.

Si narra che in un tempo lontano in una foresta viveva una comunità di dotti rishi. Questi bramani era adepti in riti sacrificali, attraverso i quali avevano ottenuto grandi poteri psichici. Tutto il giorno essi offrivano sacrifici ed abluzioni agli dei ripetendo mantra vedici, mentre le loro mogli si occupavano delle faccende domestiche. I poteri occulti così ottenuti aveva fatto crescere la loro supponenza ed arroganza facendoli sentire superiori alla natura stessa. A quel punto il signore Shiva (spesso individuato con il nostro Dioniso), in qualità di compensatore e detentore dell’energia naturale, volle impartir loro un insegnamento. In compagnia di Vishnu, conservatore e rifugio di ogni creatura, che prese la forma di una irresistibile donna, Shiva apparve nella foresta in costume adamitico e con attributi sessuali notevoli bene in vista. Egli con la sua prestanza e fascino tentò e sconvolse le spose dei bramani che lo seguirono abbandonando i loro doveri familiari. Allo stesso tempo i bramani furono distratti dai loro riti dalla concupiscente Mohini (Vishnu), che con la sua andatura lasciva li aveva attirati a sé. Così la comunità dei rishi perse la sua determinazione nel perseguire “tapasya” a fini di potere. Ma ad un certo punto, sempre così va a finire, alcuni di quei sacerdoti si avvidero della “caduta nel peccato” e richiamarono all’ordine i colleghi, accusando Shiva di aver ordito un complotto ai loro danni. Essi decisero quindi di vendicarsi e avendo attizzato un grande fuoco sacrificale si posero attorno ad esso declamando mantra e formule magiche, e riuscirono così a materializzare una feroce e possente tigre che immediatamente fu scatenata contro Shiva. Ma egli, per nulla turbato, la uccise senza fatica con il suo tridente e della pelle ne fece una veste che pose attorno ai fianchi. I bramani inviperiti pomparono ancora più ghee (burro fuso) e mantra attorno al fuoco dal quale si levò un nugolo di serpenti velenosi che furono lanciati come frecce contro Shiva. Ma al contatto con il suo santo corpo i serpenti non lo scalfirono affatto, anzi benevolmente gli leccarono la pelle e si disposero come ornamenti e come cinture sul suo collo e sulla veste. I bramani sentendosi umiliati nel loro orgoglio decisero di concentrare tutte le loro facoltà ed evocarono il demone del loro stesso ego, che sorse dal fuoco nella forma di un mostruoso nano nero, dotato di forza diabolica. L’immondo essere si avventò contro Shiva con l’intento di distruggerlo ma egli con un semplice gesto del piede lo atterrò e lo tenne immobile per terra. A quel punto i bramani capirono di aver a che fare con un potere più grande e sentendosi confusi, con l’ego piegato dalla grazia di Shiva, si gettarono ai suoi piedi e l’implorarono di accettarli come suoi devoti e parte di sé. E così, da allora, l’erotismo entrò a far parte integrante della religione.

Infatti bisogna tener presente che l’induismo non separa spirito e materia, che sono ritenuti indivisibili, e chiede ai praticanti che tutti i precetti siano presi seriamente anche quando si tratta di rapporti sessuali, come descritti nel Tantra. Così vediamo che alcune celebrazioni si risolvono in orge vere e proprie in cui vengono cantate canzoni ed effettuate danze di grande suggestione erotica.

Nel culto shivaita ed in quello della Dea Parvati, sua sposa, esistono numerosi racconti a sfondo religioso (purana) che narrano le loro avventure e piaceri sessuali, con descrizioni da far invidia ai manuali dell’amore (kamasutra). Tra l’altro nell’iconografia classica Shiva è raffigurato con una immagine inequivocabile. Trattasi del Linga-Yoni, una struttura in pietra, od altri materiali, che raffigura un fallo eretto fissato su una piattaforma che rappresenta la vagina della sua sposa Parvati. L’adorazione di questo simbolo è considerata una cosa normalissima. Anche le giovani ragazze venerano Shiva in quanto Linga. Egli rappresenta il maschio ideale, amante ardente ma tenero e premuroso verso la sua sposa, alla quale impartisce anche lezioni di religione, trattandola alla pari.

Questa visione non è peculiare del solo shivaismo, è noto che nell’induismo sono contenuti molti elementi erotici. Anche nel Rig Veda vengono descritti particolari molto crudi. Ma è soprattutto nel culto tantrico della Dea Madre Kali o Durga che le relazioni sessuali fra uomini e donne son diventate parte integrante del rituale. La descrizione particolareggiata dei suoi rapporti amorosi avviene pure in alcuni purana dedicati a Krishna. Tra l’altra parecchie figure erotiche, altamente espressive, appaiono in numerosi templi. Queste sculture debbono essere considerate esattamente per quello che sono . Gli antichi indù, infatti, non avevano bisogno di ricorrere a sotterfugi. A dimostrare che l’adorazione della divinità non viene mai disgiunta da quelle che sono le forme normali della vita, in un qualsiasi tempio si seguiva (ed in parte ancora si segue) una routine giornaliera che molto somiglia alla routine di un monarca. La mattina bagno rituale, offerte di cibo, ricevimento dei devoti, e la sera intrattenimento con musica e danze eseguite da “etere” specializzate, chiamate devadasi, che all’occorrenza soddisfacevano anche sessualmente i devoti, come atto traslato dal dio.

Gli antichi poeti e narratori epici non hanno mai provato alcun imbarazzo nel combinare le descrizione erotiche con gli insegnamenti religiosi. In una iscrizione apposta in un tempio risalente al IV secolo d.C. Si dice che il tempio era stato costruito “..nella stagione in cui i giovani, ubbidendo al desiderio erotico, abbracciano le prosperose, dritte e lunghe cosce, i seni ed il ventre, delle loro amanti e non si curano del freddo e del gelo..” (L’Induismo – Nirad Caudhuri)

Forse questa propensione alla sessualità, come parte del rituale religioso, trova una sua esasperazione in una aspetto ossessivo del tantrismo definito della via sinistra, il cosiddetto Vamachara, che consiste nell’indulgere ritualisticamente ai 5 M., ovvero i Pancha Makara, e precisamente: madya (alcol), mamsa (carne), matsya (pesce), mudra (gesti con le mani) e maithun (coito). Ma basti sapere che gli stessi indù vedono di mal occhio queste attitudini combinate, tant’è che i praticanti, ipocritamente, fanno di tutto per nascondere le loro pratiche.

Alcuni studiosi si interrogano sulle origini dell’erotismo tantrico nell’induismo. Talvolta si vuole far risalire questa tendenza ai costumi libertini importati dai greci venuti al seguito di Alessandro Magno. In diverse parti tra l’attuale Afganistan e Pakistan sono state rinvenute antiche statue raffiguranti scene erotiche, come il ratto di Dafne, gli amplessi di Leda con il cigno, nudi di Venere, etc. ma questa opinione convince poco anche perché lo stesso Alessandro restò meravigliato da alcune abitudini osservate negli yogi erranti da lui incontrati in India. C’è poi l’ipotesi di una influenza taoista ma anche questa è difficilmente accettabile considerando che i taoisti avevano quattro norme per i rapporti sessuali: massimo contatto, minima emissione di seme, cambiare la donna di frequente, rapporto con vergini. Queste norme avevano una loro logica, infatti se l’uomo doveva acquistare vitalità nel rapporto sessuale, a discapito della donna, l’avere rapporti con donne esperte o con donne con le quali si era creata una familiarità, portava ad un lasciarsi andare che non era consono ai dettami. Essi dicevano: “Avvertendo prossimo l’orgasmo frenatevi. Risparmiate il vostro seme ed allungherete la vostra vita”. Ma questa attitudine non è certa consona agli indù, per i quali abbandonarsi a una donna durante il rapporto sessuale rappresenta il massimo della felicità. E dopo tutto gli indù sono indoeuropei e si rifiutano di ridurre la donna al ruolo di schiava sessuale, come spesso avviene sia in Cina che presso tutti i popoli semitici.

Ma qui interrompo il discorso e rimando la sua continuazione ad una prossima occasione.

Paolo D’Arpini

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