Archivio della Categoria 'Lettere inviate e ricevute'

Il 5 ottobre 2024 manifestiamo a Roma in solidarietà alla Palestina…

Il governo Meloni ha vietato il corteo del 5 ottobre in solidarietà con la resistenza palestinese, annunciato da settimane.

Ritirare i divieti per la manifestazione del 5 ottobre è l’obiettivo di una battaglia che riguarda tutti. Anche coloro che forse non sarebbero scesi in piazza il 5 ottobre. Perché i divieti a una manifestazione che solidarizza con la resistenza palestinese, mentre si svolge un genocidio in diretta MONDIALE, sono solo il primo passo di un declino che non si fermerà tanto facilmente e che sicuramente non si fermerà da solo.

Serve un sussulto di resistenza qui, in Italia, adesso.

Serve mettere al centro di ogni analisi la difesa del sacrosanto diritto di manifestare.

Serve la capacità di andare oltre settarismi e piccoli calcoli di bottega, serve mettersi a mobilitare tutto quello che è mobilitabile per fare del 5 ottobre a Roma quello che è stato fatto il 25 Aprile a Milano nonostante tentativi di criminalizzazione e minacce di repressione: inondare la città di bandiere palestinesi e portare alta la voce della resistenza.

PCARC – pcarc@riseup.net

· L’adesione del P.Carc alle mobilitazioni contro il ddl 1660 indette dall Cgil, dalla Uil e dall’Anpi il 25 settembre
https://www.carc.it/2024/09/24/25-settembre-cgil-e-uil-in-piazza-contro-il-ddl-1660-con-uno-sguardo-rivolto-al-5-ottobre-il-p-carc-aderisce-e-partecipa/

· Video intervista ad Andrea De Marchis della Direzione Nazionale del P.Carc: il 5 ottobre saremo in piazza a Roma-
https://www.youtube.com/watch?v=hKdhVaRRgAY

Commenti disabilitati

Roma. Due manifestazioni per la giornata internazionale della pace 2024

Il 21 settembre 2024, giornata internazionale per la pace, a partire dal corteo promosso dal Comitato No Comando NATO Né a Firenze Né Altrove, si organizzeranno iniziative di lotta da nord a sud del paese per dare un segnale forte e chiaro di protesta contro la NATO.

Facciamoci sentire anche a Roma con DUE appuntamenti!

Primo appuntamento: questo SABATO 21 SETTEMBRE, ore 10 IN PIAZZA DEI CONSOLI in concomitanza con la manifestazione a Firenze contro la costruzione di un nuovo comando NATO nel capoluogo toscano.

Faremo un volantinaggio nel quartiere Cinecittà, nelle adiacenze del Comando Interforze che, dal 2021, è una base NATO sotto copertura presente nel bel mezzo del tessuto metropolitano, un bersaglio di guerra che espone tutti gli abitanti di Roma alle conseguenze delle decisioni e delle iniziative che il Comando intraprende. Non vogliamo partecipare all’opera criminale compiuta dalla NATO nel mondo.

Poi, alle ore.15, PIAZZA VITTORIO EMANUELE, parteciperemo al corteo cittadino in solidarietà con la Resistenza eroica del popolo palestinese,facendo uno spezzone con cartelli e striscioni NO NATO. .

Organizziamoci e coordiniamoci contro la spirale di guerra in cui la classe dominante sta gettando il nostro paese, contro la militarizzazione dei territori, contro l’economia di guerra e contro l’asservimento dell’Italia agli imperialisti NATO e UE, per costruire un fronte unito contro la partecipazione del nostro Paese alla guerra.
Info: Patrick Boylan – patrick@boylan.it

RETE NO WAR
P. CARC
CORTO CIRCUITO
CIRCOLO VV.TT.

Commenti disabilitati

Sabra e Shatila… per non dimenticare

Migliaia di donne e bambini barbaramente uccisi dai falangisti libanesi con la complicità di Israele che aveva lanciato la sua operazione “Pace in Galilea” invadendo, per la seconda volta, il Libano. Migliaia di palestinesi massacrati con coltelli, accette, pugnali, sventrati, sgozzati, decapitati, violentati. Un orrore senza fine, una carneficina tra le più barbare della storia recente.

Era il 16 settembre del 1982 quando le milizie cristiano-falangiste di Elie Hobeika entrano nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, alla periferia di Beirut. Il giorno prima l’esercito israeliano, guidato dal generale Arial Sharon, aveva chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione e cecchini sui tetti degli edifici vicini.

Niente poteva entrare ed uscire senza che gli israeliani lo volessero. Niente poteva uscire: solo il puzzo dei cadaveri fatti a pezzi dai falangisti. Niente poteva uscire: solo l’odore acre della morte, dei corpi sventrati e dei cadaveri mutilati. Niente poteva entrare: solo i falangisti libanesi assetati di sangue e protetti e incitati dagli israeliani.

Ebbero gioco facile i carnefici: dinanzi a loro quasi solo donne, anziani e bambini. Pochi giorni prima, infatti, si era firmato un accordo per il quale i fedayin palestinesi avevano accettato di lasciare il Libano in cambio della garanzia di una protezione internazionale sulla popolazione palestinese rimasta. Ma la protezione non ci fu e il massacro ebbe inizio. Persone inermi, indifese e disarmate, sgozzate come animali.
Mai uno sterminio così atroce era stato compiuto sotto gli occhi di un “esercito democratico”; mai una tale barbarie era avvenuta sotto la regia di un paese democratico. È stato un crimine contro l’umanità, spietato e crudele come pochi nella storia recente. Era l’inevitabile conclusione dell’invasione israeliana del Libano iniziata tre mesi prima, il 6 giugno del 1982.

Quella guerra, orwellianamente chiamata “pace in Galilea”, fece 20.000 vittime e distrusse un intero paese.

Bombardamenti, bombe a grappolo e al fosforo, ridussero il Libano e la sua capitale ad un cumulo di macerie fumanti. Ed è nella periferia della capitale che Israele ordinò lo sterminio. È difficile fornire una cifra esatta delle persone massacrate: 1500 secondo la Croce Rossa internazionale, 3500 secondo gli enti filo palestinesi. Ma al di là del numero, questo orrendo massacro rimarrà per sempre impresso nella memoria per le atrocità e l’inaudita violenza.

Un massacro che sconvolse il mondo, che tolse il fiato, che lasciò sbigottiti. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 25 settembre 1982 condannò i massacri israeliani, ma gli Stati Uniti votarono contro.

Fernando Rossi

Commenti disabilitati

Mario Draghi è tornato a scuola… Ecco i suoi compitini

Draghi ha consegnato ad Ursula il suo recente compitino. Servono 800 miliardi? … Eccoli qua.
Un passo indietro

Ricordate il “quantitative easing” di quando “supermario” era a capo della BCE?

La traduzione equivale ad “alleggerimento quantitativo”. E come si legge sulla Treccani in rete “Si tratta di una politica messa in atto dalle Banche, per creare moneta”.
Avete capito bene … “creare moneta”! Creare moneta con la carta, infatti la chiamano “carta moneta”.
Con l’ “alleggerimento quantitativo” del 2015, stampare carta e chiamarla moneta, l’Euro, cedendo buona parte del suo valore, si è inflazionato. E non occorre essere “super” per accorgersene, basta andar a far la spesa.

L’”alleggerimento quantitativo” delle nostre tasche ha funzionato.
Ora nessuno sa quale sarà l’esito del compitino consegnato da Draghi alla maestrina. Forse lo leggerà in classe, forse no.
Fare compitini sembra ormai la sola mansione di “supermario”.

Lo magnificavano futuro capo della “U.E.”. Lo indicavano futuro segretario NATO.

Alla “U.E.” è rimasta Ursula; alla NATO hanno messo un Rutte olandese.

Oggi leggo sui giornali che Mario Draghi ha avuto un colloquio con Marina Berlusconi.

Sic transit gloria mundi!

Giorgio Stern

Video collegato: Mario Draghi, incarnazione stessa di tutti i mali che affliggono il Vecchio Continente torna alla ribalta con proposte oscene che tendono a militarizzare l’Europa. Qualcuno darà ascolto a questo pessimo figuro? Ne parlano a “Dietro il Sipario” Pino Cabras, Alberto Contri e Guido Salerno Aletta: https://www.youtube.com/watch?v=Ma1W5oXVx7s

Commenti disabilitati

Cosa succede se la NATO contribuisce all’invio di missili a lunga gittata sul territorio russo?

Avvicinato da un giornalista dopo i colloqui col ministro degli esteri cinese Wang Yi, in visita in San Pietroburgo, Putin ha chiarito la posizione ufficiale di Mosca sulla questione degli ipotetici attacchi a lungo raggio con missili occidentali sul territorio russo. In sintesi, ha detto che l’Ucraina lo fa già con droni e altri mezzi, ma che i missili di precisione a lungo raggio sono tutt’altra cosa, perché per utilizzarli c’è bisogno di capacità di intelligence e di satelliti che l’Ucraina non possiede, e che possono venire solo dall’Unione Europea o dagli Stati Uniti, insomma dalla NATO. Lo stesso discorso vale per il personale che dovrebbe occuparsene, che anche in questo caso difficilmente potrebbe essere ucraino. Quindi non si tratta tanto di permettere all’Ucraina di colpire la Russia con queste armi, dice Putin, ma di decidere se i paesi NATO sono direttamente coinvolti nel conflitto o no. Se l’autorizzazione verrà concessa significa che lo sono, cosa che cambia l’essenza e la natura del conflitto: significa che ‟i paesi NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei [dell’Unione Europea] sono in guerra con la Russia”, che quindi dovrà prendere ‟decisioni appropriate” in base alle minacce che le verranno poste.

Chiaramente Putin non specifica quali saranno queste ‟decisioni appropriate”, lasciando sul tavolo tutte le opzioni (incluse le restrizioni sull’esportazione di materiali strategici ai paesi esteri ostili, alle quali ha accennato ieri); c’è comunque da notare che, stando almeno a quanto ha affermato, le suddette decisioni verranno prese non dopo l’eventuale attacco ma dopo l’eventuale autorizzazione – prima, dunque, che l’attacco abbia luogo.

L’autorizzazione, ad ogni modo, ufficialmente non c’è ancora. Se il Guardian ieri lasciava intendere che le autorità inglesi avrebbero concesso all’Ucraina di utilizzare sul territorio russo gli Storm Shadow, che hanno una gittata di più o meno 550 chilometri sempre il Guardian, e sempre ieri (e sempre lo stesso autore, Dan Sabbagh, nel primo pezzo in condominio con Luke Harding) segnalava, bontà sua, che il loro impiego ‟avrebbe non pochi rischi” e che non è certissimo che il Cremlino si farebbe intimidire da un attacco su Mosca, anzi c’è l’eventualità che possa reagire male.

Gli USA continuano a tergiversare, nonostante le ambiguità e i sofismi di Blinken che afferma che loro sono sempre disposti a dare all’Ucraina ciò di cui ha bisogno e a cambiare, se necessario, le decisioni precedenti. Ma fino ad oggi nessuna decisione in questo senso è stata presa, e non credo che le parole di Putin la renderanno più facile.

Intanto c’è anche da chiedersi, al di là delle preoccupazioni per l’inevitabile escalation, che risultato avrebbe questa autorizzazione sul piano militare. L’Ucraina dice da tempo che è in pratica l’unico motivo per cui la guerra non è stata ancora vinta, ma ovviamente le cose sono un po’ diverse. (…)

Se anche la Russia iniziasse una campagna di smantellamento totale di ogni pista d’aviazione in Ucraina risolverebbe il problema dei missili lanciati dagli aerei, ma non quello degli ATACMS che, con una gittata di 250-280 chilometri potrebbero fare bei danni. Qui però entrano in gioco altre considerazioni: non solo tutto ciò che può essere spostato sarà spostato, non solo tutto ciò che vola, missili inclusi, può essere tirato giù e il lanciatore scoperto e distrutto, ma soprattutto perché un attacco sia efficace (tanto efficace, attenzione, da convincere la Russia a chiudere il conflitto ritirandosi dall’Ucraina!) è necessario che parecchi missili, e tutti insieme, colpiscano lo stesso bersaglio e che i bersagli siano molti, non uno solo. E l’Ucraina (e nemmeno la NATO, a meno di non impiegare direttamente la flotta e l’aviazione statunitense) non ha né un numero sufficiente di lanciatori, terrestri o aerei che siano, né un numero sufficiente di missili per lanciarne parecchie centinaia in direzione di alcuni bersagli di importanza strategica. Sicuramente otterrebbe un successo di propaganda e infliggerebbe danni maggiori di quanto non abbia fatto finora, ma siamo ben lontani dal raggiungere risultati che le consentirebbero di sedersi al tavolo delle trattative in posizione di vantaggio. Non è sufficiente per imporre la cosiddetta ‟deterrence through inflicting cost” che, tra l’altro, contro la Russia non ha mai avuto successo. La cosa ridicola di tutta questa storia è che rischiamo una escalation significativa per una decisione che, come tutte le precedenti, non cambierà il corso del conflitto.

Francesco Dall’Aglio

Video collegato: Di fronte alla decisione delle oligarchie occidentali di attaccare la Russia nel proprio territorio, cresce a Mosca il desiderio di modificare la dottrina nucleare per colpire i Paesi che mettono a rischio l’esistenza stessa della Russia. Karaganov, influente politologo, pone la questione in termini molto precisi. Siamo vicini al punto di non ritorno? Ne parliamo a “Dietro il Sipario” in compagnia di Nikolai Lilin, Stefano Orsi e Marco Bertolini: https://www.youtube.com/watch?v=oYm0YR-hP78&list=PLEIfbcrxLG6cj0Tqk0GCH5a-j8OIdZOr0&index=1

Commenti disabilitati