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Riforma carceraria – Riproposto dal Circolo vegetariano VV.TT. il Carcere Autogestito Modello Cooperativa

In seguito alla discussione sorta fra il presidente Napolitano – accusato da alcune forze politiche di voler favorire Berlusconi- ed il M5S in merito al suggerimento ai presidenti delle Camere, sul problema del sovraffollamento delle carceri, si è riacceso il riflettore sul problema.

Idee e proposte arrivano anche dal “basso”, tra queste quella di un carcere autogestito dagli stessi detenuti, coadiuvati da assistenti laici e volontari non stipendiati.

La proposta, nella fattispecie, arriva da Paolo D’Arpini, attivista del circolo vegetariano VV.TT., che già nel 2008 presentò una proposta al Ministro di Giustizia: “necessario è un intervento per una situazione che è causa di degrado, suicidi, corruzione interna agli istituti di pena, nonché di enormi spese di gestione, a carico dello Stato, per il mantenimento delle strutture e della sorveglianza”.

Proposta di carcere auto-gestito

Al Presidente del Consiglio – Al Ministro della Giustizia – Alle Commissioni Parlamentari Preposte

Il sottoscritto firmatario, in considerazione delle condizioni pessime in cui versano i detenuti e del costo altissimo sostenuto dalla comunità nel mantenimento degli attuali Istituti carcerari, invita gli Organi dello Stato, le Camere e le Commissioni Parlamentari preposte a intraprendere un esperimento di riorganizzazione carceraria che sia realmente educativo e induttivo al pieno reinserimento sociale dei sottoposti al carcere.

A tal fine il sottoscritto propone un modello di carcere basato sulla auto-conduzione da parte dei detenuti, affiancati da volontari laici non stipendiati e con gli stessi poteri dei carcerati e conviventi stabilmente negli Istituti rieducativi stessi.

Il modello suggerito è quello di un “carcere-comunità” in cui i membri volontariamente accettano di seguire questa metodologia e possono gestire la struttura e provvedere al suo mantenimento sia economicamente che regolamentariamente, scegliendo lo svolgimento di un lavoro autonomo od organizzato collegialmente all’interno della struttura stessa. Un sistema carcerario cooperativo che prevede la produzione in proprio di beni, cibo, opere d’arte, oggetti e suppellettili scambiabili o commercializzabili liberamente, sia all’interno che all’esterno, come pure la possibilità di eseguire prestazioni d’opera per conto terzi. I membri lavoratori di questo carcere modello rinunciano ad ogni rimessa in denaro (da parenti od amici) prevista dall’attuale regolamento carcerario e si impegnano quindi a vivere unicamente del proprio lavoro, gestendo inoltre anche la mensa ed i vari altri servizi interni.

Gli addetti al controllo (le attuali guardie carcerarie) saranno ubicati all’esterno dell’Istituto ed avranno la funzione di impedire l’uscita (o l’entrata) non consentita dal perimetro carcerario e di svolgere quegli interventi che si rendessero necessari in casi di emergenza.

Si consiglia che un siffatto carcere modello possa sorgere in zone disabitate ove sia possibile occuparsi di agricoltura, pastorizia o simili attività. Si consiglia inoltre che tale esperimento si effettui inizialmente per quei condannati non recidivi, naturalmente sensibili a questo metodo edificante, lasciando però la possibilità anche nei penitenziari (riservati ai detenuti recidivi) di giungere all’autogestione, ove le condizioni generali lo consentano.

Il sottoscritto ritiene che questa proposta innovativa, oltre che portare vantaggi alla società ed alle casse dello Stato e garantire dignità umana ai detenuti, sia portatrice di Civiltà, Emendamento e Compassione.

Paolo D’Arpini
Circolo Vegetariano VV.TT.

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Vedi anche:

http://www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Un-carcere-auto-gestito-di-Paolo-d-Arpini

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Commento ricevuto:

Caro Paolo, ho letto la tua proposta sul carcere autogestito
http://www.circolovegetarianocalcata.it/2014/04/05/riforma-carceraria-riproposto-dal-circolo-vegetariano-vv-tt-il-carcere-autogestito-modello-cooperativa/
e devo dire che in linea di massima sono d’accordo con te, ma permettimi qualche osservazione.

Trasferire dei carcerati, struttura e tutto il resto, nelle zone abbandonate, è un’idea giusta, perché forse si potrebbe ridare valore alla montagna, in continuo spopolamento; però mi permetto di ricordarti che ci sono tanti paesi fantasma che aspetterebbero solo nuovi abitanti.

Piuttosto che cementificare ancora, basterebbe restaurare, in modo adeguato, per mantenere le caratteristiche del luogo, i tanti ruderi e/o case già abitabili che sono praticamente invendute e abbandonate, in accordo, ovviamente coi proprietari.

Le frane, gli smottamenti, gli incendi, le alluvioni, potrebbero essere controllate e ricreato un ambiente a misura d’uomo, senza offesa alla natura. Ho nella memoria l’Australia, antica colonia di detenuti inglesi, diventata uno Stato, tra l’altro, in continua crescita.

Un altro pensiero lo devo esprimere sui laici e custodi volontari. A mio avviso, il volontariato è fallito da tempo e questa proposta mi pare una nuova utopia.

Preferirei pensare a detenuti che, una volta scontata la pena e consapevoli che la vita era ben altro, potrebbero decidere di redimere altri, con l’esempio, la presenza costante e quel piccolo introito che avrebbero dal lavoro nella comunità, alla pari.

Le guardie, fuori, sono comunque indispensabili; si eviterebbero inutili doppioni, possibilità di connubi pericolosi e si distribuirebbero gratifiche adeguate all’impegno preso con coscienza.

Credo che il futuro dell’umanità non sia la luna, ma la capacità di convivenza e che i nostri nuclei familiari, attualmente vilipesi e contestati, diventerebbero il nucleo centrale di nuove famiglie, nuove e sane “cellule” delle nostre società alla deriva.

Grazie per questo tuo impegno.

Franca Oberti

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Mia rispostina: “Accolgo i suggerimenti. La proposta del carcere autogestito ha la funzione di riavvicinare i detenuti alla società attiva, del lavoro autonomo e dell’auto-produzione. Potrebbe addirittura diventare un modello di nuova società eco-solidale e socialmente avanzata. Nella mia mente immaginavo queste comunità di recupero come una sorta di monasteri medioevali in cui conservare la cultura e l’umanità preservandole dalla barbarie esterna.” (Paolo D’Arpini)

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L’Italia è rottamata…. grazie a “renzie”, in arte Matteo Renzi il rottamatore….

L’Italia è morta, viva l’Italia….

Il rottamatore riesce nell’impresa. Finalmente renzie si può fregiare a pieno titolo del nomignolo che sin dall’inizio della sua carriera nefanda gli è stato affibbiato, quello di “rottamatore”. Sì, ora se lo merita senza ombra di dubbio, è riuscito a compiere l’opera per la quale è stato inviato. Facendo ricorso alla fiducia, il senato ha approvato un testo che di fatto trasforma le province in «enti territoriali di area vasta» affidandone le funzioni alle «città metropolitane».

L’Italia è sfranta… rottamata! Basta bene comune, basta identità locale, basta senso della comunità, basta tradizioni culturali…. diventiamo tutti cosmopolitani. Insomma la dismissione delle province ha dato il colpo finale all’italianità. Abbattere le province non giova e non serve a nulla dal punto di vista del risparmio economico e dell’efficienza amministrativa. Le province sono un legante necessario fra i comuni che si identificano in un determinato luogo, con un proprio capoluogo riconosciuto.

Avrebbe dovuto eliminare i carrozzoni del sottogoverno e fonte di spese abnormi, zavorra istituzionale in contrapposizione allo Stato, trattandosi di staterelli nello Stato: le regioni. Le regioni sono il vero male dell’Italia, la fonte di ogni corruzione e dell’esaustione di ogni socialità comunitaria. Le regioni costituite a tavolino che non rappresentano l’identità bioregionale dei luoghi. Le regioni che prese una per una costano ciascuna come un governo centrale. Le regioni che soddisfano i bisogni della mafia e dell’individualismo pecoreccio della politica, quello dei posti al vertice gestionale sul territorio.

Piango su me stesso e sulla povera Italia. Purtroppo. Piango su me stesso perché ho votato alle primarie del PD per renzie segretario, nella tenue speranza che potesse sanare gli errori della obsoleta e stantia classe dirigente dalemiana. Piango per le piccole comunità che si definivano “in provincia di..”. Che ora non avranno più nome né forma. Saranno come il “genitore 1 e genitore 2” che non significano nulla, che possono essere maschio femmina gay transgender alieno animale zombie golem. Fine dell’umanità e fine dell’italianità…..

Infine renzie può rappresentare la vera faccia ghignante di cui si è fatto portatore: rottamatore.

Paolo D’Arpini
Referente Rete Bioregionale Italiana

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Articoli di approfondimento:
https://www.google.com/search?client=gmail&rls=gm&q=no%20alle%20regioni%20s%C3%AC%20alle%20province#q=no+alle+regioni+s%C3%AC+alle+province+paolo+d’arpini&rls=gm

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Commento di Franca Oberti: “Notizie amare dalle decisioni del governo che riguardano le province, avremo le città Metropolitane e un nuovo Podestà da pagare fior di quattrini, tutti quelli sottratti agli eletti in provincia, ci vogliamo scommettere? Inoltre il carrozzone provincia mica è eliminato, figuriamoci! diventa una specie di azienda, no, anzi, un ente di quelli che non si capisce cosa ci stiano a fare… ci saranno tanti pollai senza il gallo!”

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Articolo integrativo:

Macché Province Il vero carrozzone sono le Regioni

Il nostro Paese tiene in piedi 20 apparati colossali e iperburocratizzati, trasformatisi negli anni in associazioni per delinquere, fonti di corruzione, mangiatoie incontrollate

La storia delle Province da eliminare è lunga. Dura dagli anni Sessanta, quando l’ipotesi di istituire le Regioni prese corpo come previsto dalla Costituzione (la più bella del mondo? Ridicolo).

Quasi tutti i partiti dell’epoca erano convinti: dentro le Regioni, fuori le Province, che avrebbero dovuto gradualmente cedere ogni attribuzione ai nuovi enti. Più che un convincimento generale, era un assioma.

La riorganizzazione cominciò con un trasferimento in massa (inizio anni Settanta) di personale dalle periferie provinciali ai centri regionali, che erano privi di dipendenti e non avrebbero potuto fare nulla (non fanno nulla neanche ora).

La Democrazia cristiana, che in materia di gestione del potere era imbattibile, propose: mentre attendiamo che le Regioni vadano a regime, concludano cioè la fase di rodaggio, allo scopo di non arrecare disagi ai cittadini evitiamo di chiudere le Amministrazioni provinciali. Lo faremo tra alcuni mesi. Le forze politiche all’unisono annuirono.

Cosicché enti vecchi ed enti nuovi convissero e seguitano a convivere, perché quel rodaggio, provvisorio per definizione, non è mai terminato. In Italia, d’altronde, l’unica cosa stabile è la precarietà. Ciò detto, va da sé che se le Regioni fossero state capaci di assorbire le competenze degli enti territoriali destinati a morire, oggi, anzi ieri, sarebbe stata automatica la soppressione delle Province.

Le quali invece non hanno mai smesso di lavorare, e di rendersi utili, mentre le sorelle maggiori non hanno neppure principiato a farlo. Il bilancio di queste ultime parla chiaro: l’80 per cento delle uscite serve per pagare le spese della sanità, che potrebbero essere saldate comodamente da un ente unico, dato che il denaro proviene dalle casse dello Stato.

In sostanza, il nostro Paese tiene in piedi 20 apparati colossali e iperburocratizzati, trasformatisi negli anni (come si evince dalle numerose inchieste giudiziarie in corso) in associazioni per delinquere, macchine specializzate nello sperpero dei nostri quattrini, fonti di corruzione, mangiatoie incontrollate, soltanto per garantire al cittadino una gestione più o meno buona (spesso pessima) della salute pubblica.

Viceversa le Province, il cui smantellamento è stato rimandato per quasi mezzo secolo, si sono consolidate dimostrando di essere insostituibili per il semplice fatto che le Regioni non sono attrezzate a sostituirle nel disbrigo delle pratiche ordinarie.

Ormai però è passato il concetto (sbagliato) che gli storici enti siano superflui e vadano pertanto urgentemente cancellati, ma non completamente. In altri termini, stando alla legge appena approvata, essi muteranno faccia e status, i consigli non saranno più eletti, ma non cesseranno di svolgere le tradizionali funzioni non delegabili per i motivi già spiegati. Risultato, tanto clamore per niente. I costi non diminuiranno. Non valeva la pena di riformare le Province (poiché ciò non porta alcun vantaggio né alcun risparmio): semmai bisognava rassegnarsi ad «abbattere» le Regioni ovvero a ridurle a tre o quattro macroregioni, al fine di stroncare il malaffare endogeno, di cui chiunque ha contezza.

Non c’è un solo ente di questo tipo che non sia oggetto d’indagini della magistratura e che non abbia contribuito, in misura spaventosa, all’aumento (insostenibile) del debito pubblico.

Siamo consapevoli di predicare nel deserto. Fra l’altro noi stessi fummo promotori della soppressione delle Province, in base alle considerazioni espresse all’inizio del presente articolo. Tuttavia, constatato che le Regioni non sono all’altezza di supplire alle competenze dei più piccoli enti territoriali (tanto che questi rimangono in vita sia pure sotto mentite spoglie), decidiamoci a mandarle in pensione. Smetteranno almeno di fare danni. E i conti dello Stato ne trarranno enormi benefici.

Vittorio Feltri
(Il Giornale)

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Nota aggiunta:
Abolizione Province per finta – Scrive No NWO Macerata in approfondimento all’articolo: “Iniziativa di facciata per prendere per i fondelli gli italiani ”Norma spot, anzi con il trasferimento del personale dalle provincie alle regioni (dove i stipendi sono superiori) in teoria per l’Erario comporta costa superiori” http://www.youtube.com/watch?v=wS-VdshYHgQ

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Sepoltura nella nuda terra e libertà di cremazione ecologica – Proposta di legge popolare disattesa

Proposte di legge popolari disattese:

“Negli ultimi anni milioni di cittadini italiani hanno sottoscritto proposte di legge di iniziativa popolare ma hanno dovuto constatare come il Parlamento non abbia preso in alcuna considerazione le loro proposte. Il 19 marzo 2014 dalla 09.30 alle 13.30 presso la Camera dei Deputati, Sala della Mercede in Via della Mercede, si terrà il Convegno “ART. 71: IL POPOLO ESERCITA L’INIZIATIVA DELLE LEGGI” Proposte per un Parlamento che rispetti la Costituzione, il popolo e sé stesso..”

Concordo con il tema trattato nella conferenza di cui sopra ed aggiungo che anche noi del Circolo vegetariano VV.TT. abbiamo fatto una nostra proposta di legge popolare per la sepoltura ecologica (presentata il 29 luglio 1999 -dopo cinque anni di raccolta firme e di promozione– n. 1190 alla XII Commissione: http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed579/pdfs001.pdf), purtroppo non presa in considerazione dalle istituzioni.

Quando consegnammo la petizione alla Camera la notizia corse su tutti i giornali, vedi anche il lancio dell’ADNkronos:
http://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1999/07/23/Cronaca/CREMAZIONE-DARPINI-SIA-LIBERA-LA-DISPERSIONE-DELLE-CENERI_173800.php. Già in precedenza anche la Repubblica pubblicò la richiesta, il 5 dicembre 1995 (pag. 21).

Purtroppo la proposta di legge non passò per la solita opposizione vaticana (e dei forti interessi economici che girano sul “capitolo mortuario”) che vuole mantenere il primato e l’esclusiva sullo smaltimento dei cadaveri, nel modo religiosamente consentito.

Oggi la chiesa ha accettato che la cremazione possa effettuarsi ma non accetta la dispersione delle ceneri. Comunque nella nostra proposta, oltre alla libertà di inumazione del defunto nella nuda terra nel proprio terreno o nel luogo prescelto (parchi, riserve, immersione in acque, esibizione su alture, etc.), facevamo specifica menzione alla possibilità di incenerimento con sistemi ecologici, in particolare con l’uso di specchi ustori o di pire funerarie, etc. Questo per evitare sprechi energetici ed inquinamento ambientale.

Questa battaglia rientra nelle libertà espressive della morte. Libertà, che implicando una scelta laica anche per il post.mortem, sono di attualità e di grande valore sociale, soprattutto per sottrarre il cadavere alle “lobbyes mortuarie” sia religiose che civili. In questa opera abbiamo anche collaborato con la So.Crem, l’associazione che promuove la cremazione. Purtroppo ancora non si vedono risultati concreti, anzi abbiamo riscontrato una ritrosia permanente a trattare questo tema. Ci rendiamo conto che gli interessi smossi dalla morte sono tanti ma questo voluto silenzio, su un argomento che tocca i sentimenti (e le saccocce) di buona parte della popolazione, appare una forma di evidente censura. Nella laicità dello Stato è necessaria una normativa più liberale e democratica sulla gestione mortuaria. Non è giusto che la gerenza del cadavere pesi quanto una esosa tassa di ’successione’ (anche in forma di ricatto sociale): pompe funebri, cerimonie religiose, bare, tombe e loculi a prezzi stratosferici, una vera e propria imposta sul decesso. In termini estremamente pratici il Circolo Vegetariano VV.TT. continua a portare avanti la battaglia della libertà di esprimere un commiato laico, della libertà di cremazione e dispersione delle ceneri e della libertà di astenersi dall’accanimento terapeutico.

In tal senso, recentemente avevamo anche proposto che le salme potessero venire utilizzate allo scopo di recuperare sostanze utili, sia per la produzione energetica che per il riciclaggio organico, in modo da evitare lo spreco attuale, in cui i corpi vengo chiusi in cassette stagne e la natura non può avvantaggiarsi delle sostanze residue…. Come avviene ad esempio nel caso di recupero di carcasse animali per produzione energetica e di fertilizzanti, sapone, etc.

Paolo D’Arpini – Circolo Vegetariano VV.TT.

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“La crisi ci porta a diventare tutti puttane (o culattoni)?” – Il governo, di larghe intese, renzie, ci riprova…. e stavolta fa sul serio!

Notizia di agenzia – Presentato in Senato il ddl che regolarizza il «sex work» in Italia: Partita Iva, patentino, certificati medici e perfino il permesso del comune a esercitare in casa… è arrivata ieri la proposta di legge per regolarizzare la prostituzione in Italia. Il ddl, firmato dalla senatrice del Pd Maria Spilabotte e sostenuto anche da Alessandra Mussolini di Forza Italia prevede l’introduzione di quelli che vengono definiti «diritti e doveri per i sex worker», i lavoratori del sesso.”

Comprendo la “concretezza” della proposta bibartisan di Alessandra Mussolini (Forza Italia) e Maria Spilabotte (Partito Democratico) per la prostituzione legalizzata. Ma mi puzza di accatto, è la solita proposta a sfondo economico: “per battere la crisi, tassiamo le lucciole”. Che sarebbe come dire: “pecunia non olet”… Quindi in tempi di necessità meglio approfittare della corruzione e della prostituzione imperante, a tutti i livelli, in Italia, legalizzandola e tassandola. Ciò senza differenziazione fra maschi e femmine, tutti potranno prostituirsi “purché di sana e robusta costituzione e purché si muniscano di partita IVA e paghino la tangente allo stato”.

Il mio cuore trema di fronte alla vilificazione dell’amore implicita nella sconcia proposta.

La piaga della prostituzione è un segnale del malessere di questa nostra società e voler guadagnare sulla “malattia” è disumano e dimostra uno spirito debole.

Ammettere che il marcio possa divenire una fonte di reddito…? No, no! Lo stato dovrebbe invece disporre delle strategie per eliminare questo martirio della prostituzione e non “tassarne” i guadagni indebiti. Perciò ritengo le avances delle due parlamentari libertarie indegne di “elette” in Parlamento per lavorare al bene pubblico.

Pensare che il rapporto fra esseri umani possa essere risolto in termini di “prestazioni” è avvilente. La necessità di prostituirsi è una diretta conseguenza della mancanza di ecologia sociale nella nostra società consumista.

Forse il meretricio ha origine in conseguenza e da quando è stato istituito il matrimonio monogamo (e reso obbligatorio), altrimenti questa pratica non avrebbe senso in una società spiritualmente ed ecologicamente integra in cui l’amore e la sessualità possano essere vissuti in forme sane e libere e collettive.

Ad esempio se si sente la necessità della promiscuità amorosa si potrebbe compartecipare ad una “famiglia allargata”, ed esperimenti in tal senso sono stati tentati in diverse comunità. Non ha senso accondiscendere alla pratica prostitutiva solo perché si sente il bisogno di promiscuità sessuale, sarebbe invece sufficiente superare il matrimonio monogamo e accettare che vari tipi di legame possano manifestarsi nelle maglie della società. Saranno chiamati forse “harem” -sia al maschile che al femminile od al pansessuale- non fa nulla.

Ovviamente chi non desiderasse un rapporto promiscuo potrà sempre scegliere di unirsi in “rapporti preferenziali monogami”, l’importante è che l’amore prevalga e non lo scambio in denaro.
Infatti posso comprendere che si possa ricevere un compenso per un lavoro di qualsiasi genere, materiale, intellettuale, scientifico, etc. ma un rapporto “intimo” non può -secondo me- essere equiparato ad un “lavoro”, esso è solo una espressione dell’emozione umana di scorgere nell’altro se stesso, amandolo, e quindi non può rientrare nell’ambito delle “prestazioni”…. E poi cos’è questa mania di anglicizzare tutto? Come se “sex worker” fosse meno avvilente di puttana (o culattone).

Ma, vivendo nella società malsana in cui viviamo, sembra che la soluzione per sanare il deficit nazionale riposi nell’accettazione del deficit morale!

Paolo D’Arpini, presidente Circolo Vegetariano VV.TT.

Articoli correlati: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/07/28/cerco-famiglia/

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Treia, 14 febbraio 2014 – Per San Valentino m’illumino di meno… ma con intelligenza ed amore – Risparmio e produzione energetica pulita per amare la Terra

“Mi illumino di meno… perché amo di più la Terra” (Saul Arpino)

Il 14 febbraio non solo ricorre San Valentino è anche la giornata dedicata al risparmio energetico: “m’illumino di meno”.

Anche ENI ha definito un decalogo che sta divulgando su internet ma quanto può essere seria una tale campagna sponsorizzata da ENI energia con un decalogo del risparmio composto da banalità che incidono di una piccola percentuale sull’inquinamento?

Allora è bene conoscere la realtà della situazione in Nigeria, in Alaska, nelle piattaforme offshore e in altri luoghi dove le multinazionali del petrolio distruggono la Terra e le popolazioni.

L’operazione dell’ENI ha l’aria del Greenwashing, un neologismo indicante l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da parte di aziende, industrie, entità politiche o organizzazioni finalizzata alla creazione di un’immagine positiva di proprie attività (o prodotti) o di un’immagine mistificatoria per distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impatti ambientali negativi. Il termine è una sincrasi delle parole inglesi green (verde, colore dell’ambientalismo) e washing (lavare) e potrebbe essere tradotto con “lavare col verde”.

Ma questa operazione di “lavaggio” (finto) viene portata avanti pure da diverse industrie della cosiddetta “Green Economy”. Ormai dilaga quasi ovunque la distruzione del territorio a causa delle nuove energie “alternative”. Si diffondono sempre più l’eolico industriale e il fotovoltaico a terra, con il loro consumo scellerato di territorio. A breve ci ritroveremo con quasi tutte le montagne massacrate dalle eoliche, i campi prima coltivati ricoperti dal fotovoltaico a terra e le scorie da inceneritori “termovalorizzatori” sotterrate abusivamente dai camorristi (che in tutti e tre questi affari energetici ci guadagnano).

Le centrali idroelettriche, invece, le uniche fonti energetiche “pulite” (perché ad un ecosistema ne sostituiscono un altro, importantissimo a livello ambientale, cioè l’invaso artificiale), sono o abbandonate o vendute dall’Enel a società straniere da cui poi noi ricompriamo l’energia al triplo del prezzo – afferma l’amico ecologista Luca Bellincioni – ma nessuno sa queste cose e fra un po’ l’Italia produrrà molta più energia di quella che serve! Chi ci guadagnerà? Le società energetiche, di certo, non noi poveri cittadini che vedremo soltanto peggiorare la nostra qualità della vita (vedi l’aumento e potenziamento degli elettrodotti e affini).

In molte piccole comunità, poi, l’eolico selvaggio o il fotovoltaico a terra precluderanno ogni possibilità di sviluppo turistico ed agricolo basato sulle peculiarità del posto (che non ci saranno più), per cui immaginiamo il destino di quelli che ci abitano e lo sviluppo che vi sarà promosso (cemento o discariche).

Per attuare un vero risparmio energetico occorre agire con una gestione razionale delle nostre risorse, le alternative al sistema corrente ci sarebbero e tutto dovrebbe essere indirizzato alla tutela del territorio e cercare di evitare il suo consumo scellerato. Ad esempio incentivare il fotovoltaico a livello privato, in modo da coprire quasi tutte le costruzioni moderne (quelle d’interesse storico si possono risparmiare…) di tipo sia residenziale che produttivo, realizzando un’immensa centrale fotovoltaica “diffusa”; incentivare il micro-eolico a livello domestico e il mini-eolico a livello urbano ed industriale (il macro-eolico, progettato per i grandi spazi “vuoti”, è sempre sproporzionato alle esigue dimensioni dei nostri territori); riattivare e rimodernare tutte le centrali idroelettriche, progettandone anzi delle nuove; realizzare piccole centrali a biomasse in aree industriali limitrofe a zone rurali in crisi o a rischio urbanizzazione; finanziare vaste opere di riforestazione; infine, operare una seria politica di risparmio energetico (iniziando col vietare le illuminazioni notturne di grandi outlet e centri commerciali). Queste sono soluzioni intelligenti e razionali.

E ricordiamoci che l’innalzamento della temperatura planetaria è in parte un fatto naturale, e in un’altra buona misura il frutto dei vasti disboscamenti e della grande urbanizzazione in tutto il mondo degli ultimi decenni, che a sua volta ha permesso attività che producessero via via emissioni di co2. Non dovrebbero mai parlare quelli che passano tutto il tempo libero davanti al pc e alla tv, e quelli che usano solo macchinari elettrici (aspirapolveri, lavatrici, fornetti a microonde, etc.) ma coloro che conoscono davvero il territorio, lo amano, lo vivono, lo percorrono.

E amando il territorio si celebra adeguatamente e contemporaneamente la giornata di San Valentino (dedicata agli innamorati) e quella del risparmio energetico.

Paolo D’Arpini

Programma di San Valentino e “m’illumino di meno” al Circolo Vegetariano VV.TT. di Treia (Mc)

Ore 18.00 – Passeggiata ecologica attorno le mura di Treia. Venire muniti di sacchetti e di guanti per la raccolta di immondizie abbandonate nel verde. Contemporaneamente verranno raccolti arbusti e pigne secche per il camino. Al ritorno, davanti al fuoco, canteremo inni alla natura e all’amore.

Per appuntamento: circolo.vegetariano@libero.it – Tel. 0733/216293

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