Archivio della Categoria 'Alimentazione vegetariana'

Nutrirsi di carne è sempre innaturale, indipendentemente dal metodo di allevamento dell’animale mangiato

Negli ultimi tempi la reazione dei carnofili, alla inarrestabile tendenza vegetariana e vegana, è quella di dare la colpa dell’aumento, ormai vertiginoso, delle malattie moderne, non al consumo di carne, di per se stessa considerata utile e necessaria, ma al fatto che la carne degli animali oggi allevati è contaminata dai cattivi mangimi, dall’inquinamento generale e dagli allevamenti intensivi.

Posizioni come al solito strumentali, tra l’altro non suffragate dalla scienza alimentare, dal momento che se gli animali fossero allevati nel paradiso terrestre le loro carni sarebbero ugualmente dannose per la salute umana perché comunque ricche di grassi saturi, colesterolo e acidi urici, oltre alle pericolose tossine che si sviluppano da ogni organismo in via di decomposizione, come putrescina, cadaverina, istamina, fenoli ecc. presenti in ogni tipo di carne, ivi comprese le cosiddette “carni bianche” e il pesce.

Gli alimenti vegetali (non biologici) possono essere contaminati a causa dei fertilizzanti chimici cui vengono trattati i terreni sempre più sfruttati e poveri di nutrienti, anche a causa dei pesticidi, fungicidi, anticrittogamici ecc. ma non hanno le tossine della carne dovute ai farmaci somministrati agli animali, non hanno le probabili malattie dell’animale, non hanno le dannose ptomaine e inoltre il loro alto contenuto di fibra ed acqua diluisce e consente una rapida espulsione delle eventuali sostanze tossiche. A questo è da aggiungere le sostanze protettive di cui sono ricchi i vegetali, sempre indicati come protettori della salute: antiossidanti, bioflavonoidi, auxine ecc. al contrario delle carni sempre imputate in ogni patologia.

Franco Libero Manco

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Articolo in sintonia: http://www.corriere.it/politica/16_luglio_19/giunta-appendino-promuove-dieta-vegetariana-veg-1617c3ee-4ddb-11e6-ab69-e82d92fc7c0a.shtml

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Il falso problema della carenza di vitamina B12 nell’alimentazione vegetariana e vegana

Perfino alcuni aspiranti vegan, convinti della validita’ di questo stile di vita, si pongono il problema della fatidica B12, considerando “tragico” prendere una volta a settimana una piccola compressa ricca di B12.
Sono dubbi che sussistono per pura ignoranza, vale a dire, non conoscenza della situazione: una volta che si sa come stanno davvero le cose, si capisce l’assurdita’, e, anche, lasciatemelo dire, il ridicolo di questi dubbi :-)

Punto primo: dove si trova la B12

La vitamina B12 NON e’ prodotta ne’ dalle piante, ne’ dagli animali. La vitamina B12, in natura, e’ prodotta esclusivamente da microorganismi (batteri, funghi, alghe). Gli animali che si nutrono di piante, come tutti gli erbivori, i primati, gli elefanti, e molte altre specie, la incamerano nutrendosi di vegetali e acqua contaminati da questi microorganismi (che si trovano nel terreno, parzialmente ingerito assieme alle piante, o nell’acqua). Le piante invece non hanno bisogno di B12, per cui non la producono.

Gli animali carnivori la ricavano mangiando altri animali, perche’ la B12 si deposita nei tessuti degli animali erbivori. In alcuni casi, gli animali che si nutrono di piante possono mangiare assieme alle piante anche insetti, nei cui tessuti possono esistere depositi di B12.

Se un animale erbivoro, frugivoro o granivoro, non vive in natura, e gli viene dato cibo “pulito”, cioe’ non contaminato dai batteri, questo animale sviluppa una carenza di B12, e gli deve essere fornita questa vitamina come integratore. Questi animali sono quelli prigionieri negli zoo, e tutti quelli prigionieri negli allevamenti intensivi. E tutti noi umani, che non viviamo piu’ “in natura” e mangiamo cibi “puliti”.

Gli animali erbivori che fanno eccezione sono i ruminanti e i conigli: i primi sintetizzano la B12 tramite i batteri naturalmente presenti in uno dei pre-stomaci (il rumine) e poi sono in grado di assimilarla durante le successive fasi della loro complessa digestione, i secondi la sintetizzano nell’intestino cieco e poi riescono ad assorbirla ingerendo una parte del particolare tipo di feci prodotto in questo modo (lo stesso accade per le lepri e alcuni roditori, e anche alcune specie di scimmie mangiano parte delle proprie feci per ricavare alcune sostanze nutritive).

Le condizioni di allevamento sono oggi cosi’ innaturali, pero’, che anche per questi animali e’ la norma somministrare integratori di B12.

Conclusione:
L’innaturalita’ non sta nell’assumere un integratore, ma nel tipo di cibo che mangiamo (e ovviamente in tutti i restanti aspetti della nostra vita, che naturale non e’ proprio!), ma siccome non e’ pensabile di tornare a nutrirci di radici e bacche o comunque di cibo pieno di batteri, l’integratore e’ la soluzione piu’ ragionevole.

Punto secondo: come viene prodotta la B12

La vitamina B12 NON e’ un farmaco. Quella che si compra negli integratori e’ esattamente quella che si trova in natura e a cui non abbiamo piu’ accesso: quella prodotta dai batteri. Solo che, mentre in natura questi batteri si trovano nel terreno e nelle acque, negli stabilimenti di produzione di B12 i batteri vengono invece “coltivati” su un substrato a base di carboidrati. Per esempio, puo’ essere usata la melassa, scarto di produzione dello zucchero. Ci sono vari metodi di produzione, infatti esistono vari brevetti per la produzione di B12. Puo’ variare il ceppo di batterio usato (Bacillus megaterium, Butyribacterium rettgeri, Streptomyces olivaceus, Propionobacterium freudenreichii, Pseudomonas denitrificans, e altri), il tipo di substrato, il processo di produzione puo’ essere aerobico, anaerobico, misto, puo’ variare la temperatura, i tempi, la grandezza dei contenitori in cui sono messi i batteri, ecc.

Conclusione:
NON e’ assolutamente necessaria alcuna componente di origine animale per produrre la vitamina B12, ma viene sfruttato il processo gia’ esistente in natura, solo che, come abbiamo “denaturalizzato” tutti gli aspetti della nostra vita, anche qui, anziche’ mangiarci la B12 prodotta dai batteri nel terreno ci mangiamo quella prodotta dagli stessi batteri tenuti in delle “taniche” contenenti della melassa. E’ un gran problema?!

Punto terzo: ha senso ritenere piu’ “naturale” la B12 ottenuta dal consumo di carne, latte, uova?

Dai punti precedenti si puo’ chiaramente rispondere di no. Non fosse altro per il fatto che per ottenere i prodotti di cui sopra vengono impiegati animali tenuti in condizione di totale innaturalita’, imbottiti di sostanze chimiche, antibiotici, altri farmaci, integratori di ogni tipo compresa la vitamina B12 stessa! Quindi, non prendere una compressa di B12 prodotta dai batteri tenuti in uno stabilimento, ma mangiare un pezzo di carne o formaggio prodotto da un animale tenuto in uno stabilimento di allevamento intensivo, cui a sua volta e’ stata somministrata la stessa vitamina B12 (perche’ il suo cibo e’ “pulito” tanto quanto il nostro e perche’ non vive in condizioni naturali), e in piu’ svariati altri farmaci… non e’ esattamente una scelta che ci assicura la miglior “naturalita’”, no? E non e’ certamente una scelta molto logica e razionale.

CORRISPONDENZE INFORMAZIONI RURALI

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L’importanza della dieta vegana correttamente praticata

La dieta vegana, correttamente praticata, non può manifestare carenze nutrizionali perché comprende tutti i nutrienti di cui necessita il nostro organismo: minerali, vitamine grassi, zuccheri, proteine, oligoelementi, fibra ed acqua e che troviamo nella frutta, verdura, semi oleaginosi, legumi, cereali, radici. Diversamente sarebbe come affermare che la benzina non è adatta al funzionamento di una macchina progettata per funzionare con questo specifico carburante.

Anche se è molto difficile che si manifesti carenza di vitamina B12 in chi segue le regole igieniste, perché varia gli alimenti e sceglie cibi biologici e integrali, sono molteplici le componenti che possono indurre a tale carenza: scarsità di nutrienti negli alimenti convenzionali, incapacità dell’organismo di utilizzare i nutrienti, carenza di fattore intrinseco ecc.. I nostri antichi progenitori assicuravano tale vitamina nella loro dieta non tanto dalla carne, consumata in occasioni festive e rituali, quanto dai batteri presenti sulla superficie dei vegetali, consumati allo stato naturale, e dal sistema digestivo.

Quindi quando eccezionalmente si verificano tali carenze la colpa non è da attribuire alla dieta ma in chi non ha le necessarie nozioni nutrizionali: è come se in un incidente automobilistico si desse la colpa all’automobile e non al guidatore.

Ma il vegan ha la responsabilità di tutelare la propria salute e quella dei suoi figli attraverso la conoscenza dei principi nutrizionali necessari alla nostra salute, previsti della dieta vegan; chi li interpreta in modo estemporaneo darebbe maggior contributo alla causa astenendosi dal definirsi vegan. Io credo che il vegan abbia il dovere di essere reprensibile non solo sotto l’aspetto etico per ciò che riguarda le relazioni umane e animali, ma nell’applicare correttamente le buone regole dell’alimentazione al fine di non prestare il fianco ai detrattori.

Chi ritiene impositiva la scelta vegan dei genitori nei riguardi dei bambini, ignora i pericolosissimi effetti, scientificamente dimostrati, che può produrre: è sufficiente domandarsi che cos’è e di quali sostanze è composto quell’alimento per rendersi conto della pericolosità cui inconsapevolmente predispongono i loro figli: se avessero la giusta conoscenza ed il necessario senso critico mai darebbero da mangiare ad un bambino un pezzo di cadavere convinti che abbia sostanze indispensabile alla sua crescita.

Franco Libero Manco

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La plastica ed i rifiuti che gettiamo nel mare ritornano sulle nostre tavole, in forma di pesce avvelenato

http://thumbs.dreamstime.com/x/pesce-avvelenato-37179899.jpg

La plastica nelle confezioni alimentari, oltre ad inquinare il cibo con sostanze tossiche cedute direttamente (solventi , plastificanti, ecc), inquina il mare e avvelena il pesce, concentrando nelle catene alimentari pesticidi e metalli pesanti

…le particelle diventano invisibili

siamo noi a doverle vedere lo stesso col nostro sesto senso… l’intelligenza ecologica, ecco cosa dice in proposito il Sindacato Veterinari sulla sicurezza Alimentare:

Mazzola: rischio dalle microplastiche nei pesci che portiamo a tavola

“Le microplastiche presenti nelle acque marine (frammenti originati dalla degradazione naturale delle plastiche) entrano nella catena alimentare e rappresentano un pericolo subdolo”. Lo ha detto il professor Antonio Mazzola, Ordinario di Ecologia al Dipartimento Scienza della terra e del mare dell’Università di Palermo, intervenendo oggi a bordo della nave scuola della Marina Militare “Amerigo Vespucci”, ormeggiata al porto di Trapani.

Per lo studioso, i dati forniti da “Mare Vivo” – secondo cui dei 280 milioni di tonnellate di plastica prodotti ogni anno nel mondo, il 10% finisce in mare – “sono per difetto”, perché “i satelliti non riescono a fornirci una fotografia nitida”.

Le microplastiche, ha aggiunto il professor Mazzola, “fungono da vettore di microrganismi alieni” e “attraggono metalli pesanti”, “intaccando la biodiversità”.

“Nelle nostre tavole possono arrivare consumando prodotti ittici, – ha osservato – in particolare attraverso i mitili (le comuni cozze): ogni singolo esemplare filtra ogni giorno circa 70 litri di acqua, intrappolando all’interno parte delle microplastiche aspirate”.
(Fonte notizia: http://www.sivemp.it/rassegna-stampa/07-06-2016/21557.html)

Notizia segnalata dal Prof. Giuseppe Altieri

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LATTE E FORMAGGI: CAUSA DI OSTEOPOROSI…?

“Non esiste un solo studio che abbia documentato che una dieta ricca di latticini in menopausa sia utile ad aumentare la densità ossea e a prevenire le fratture osteoporotiche. La frequenza di fratture in menopausa è tanto maggiore quanto è maggiore il consumo di carne e di latticini” (Prof. Franco Berrino)
Franco Libero Manco

Se fosse vero che per garantirsi il calcio nelle ossa, come raccomandano i nutrizionisti televisivi, occorre consumare latte e latticini, perché metà degli americani è carente di calcio nonostante ne bevano a fiumi? perché gli Eschimesi, nonostante consumino giornalmente circa 2500 mg di calcio (ne bastano 800 mg), sono tra le popolazioni maggiormente colpite da osteoporosi? perché le popolazioni a maggiore introito di calcio di derivazione animale registrano maggiori incidenze di fratture?

In realtà latte, latticini e formaggi sono alimenti altamente acidificanti e questo costringe l’organismo a sottrarre calcio buono per conservare l’equilibrio acido-basico del sangue e della matrice extracellulare. Anche le proteine animali e loro derivati provocano un’eccedenza di sostanze acide che richiamano calcio nel sangue favorendo l’osteoporosi.

Il calcio del latte solo in parte è utilizzabile dall’organismo umano perché reso inorganico con la bollitura, la pastorizzazione, la sterilizzazione, la lavorazione: oltre 45 gradi il calore distrugge gli enzimi e senza enzimi (o loro carenza) le proteine e gli zuccheri del latte non sono correttamente digeribili e possono creare nel tempo problemi gastro-intestinali, diarrea, flatulenza, morbo di Crohn, ecc. Il calcio organico si trova solo nella frutta e nelle verdure crude.
La pastorizzazione disgrega calcio, magnesio e fosfati indispensabili per la formazione delle ossa, oltre a causare parziale coagulazione delle proteine e perdita di vitamine.
Con la sterilizzazione si perdono le vitamine B1, B2, B3, B6, B12, A, C, D ed alcuni amminoacidi essenziali.
Pare che l’eccesso di proteine, di grassi saturi, di calcio dei formaggi e latte vaccino facilita l’insorgenza dei tumori, l’insorgenza di malattie cardiovascolari, oltre a predisporre all’obesità, al diabete, all’ipertensione.
Alcune ricerche hanno riscontrato che il latte delle vacche da allevamento intensivo (cioè quello venduto nella grande distribuzione) contiene un ormone, l’estrone solfato, in maniera 33 volte maggiore rispetto a quello delle vacche che vivono allo stato naturale. Questo ormone è ritenuto causa di tumori al seno, prostata, testicoli e colon.
Un altro fattore imputato nei tumori al seno e alla prostata è l’ormone IGF-1: ormone ritrovato a livelli plasmatici elevati nei soggetti che consumano regolarmente latticini. La d.ssa Susan Hankinson di Harvard ha dimostrato che le donne sotto i 50 anni con i tassi di IGF-1 più elevati hanno un rischio 7 volte maggiore di contrarre il cancro al seno rispetto a donne con valori bassi, mentre gli uomini avevano un rischio 9 volte maggiore di contrarre cancro alla prostata.
Il latte di mucca è privo di: fibra, ferro, amido, omega 3, vit. C ed E. quindi alimento altamente squilibrato sotto l’aspetto nutrizionale.
Ogni latte è perfetto per il cucciolo di quella specie. Il latte di donna è perfetto per il neonato dell’uomo, la cui crescita è molto lenta, mentre il latte di vacca è perfetto per far crescere molto velocemente il vitello. Un neonato umano in sei mesi raggiunge il peso di circa 7-8 kg, mentre nello stesso periodo il vitello raggiunge circa 300 kg di peso perché il latte vaccino, a differenza del latte di donna, contiene enormi livelli di ormoni della crescita che nell’uomo possono squilibrare la funzionalità delle ghiandole endocrine (ipofisi, tiroide, seni, ovaie, testicoli, prostata, ecc.).
Il latte vaccino può anche essere contaminato da prodotti chimici, ormoni, antibiotici, pesticidi, pus proveniente dalle mastiti, virus, batteri, prioni. Viene sovente arricchito con additivi, vitamine e minerali sintetici, semi, piante, frutti, proteine, acidi grassi, in alcuni casi, anche grassi di animali.
Le sostanze tossiche che con più frequenza si possono trovare in un bicchiere di latte di mucca sono: metalli e plastica, detergenti e disinfettanti, pesticidi e fertilizzanti, micotossine, diossine, antibiotici ed altri farmaci.

La mucche in allevamento intensivo vivono in condizioni di perenne stress e disperazione che abbassano le difese immunitarie e le predispongono a molte patologie. Gli ormoni somministrati le costringono a produrre 4-5 volte più latte (30-40 litri al giorno): è come se una donna la si costringesse a produrre 4 litri di latte al giorno, per poi rubarglielo.

Negli allevamenti solo un animale su mille viene controllato dal personale veterinario.

Cosa mangiano gli animali d’allevamento?
Residui di semi sgusciati di arachidi, di anacardi, di barbabietola da zucchero, di agrumi, farina sgrassata di carne di balena, sottoprodotti della lavorazione della birra, bucce di cacao, farine di sangue e di ossa, derivati da petrolio, siero di latte, scarti essiccati di uova, vinacce ecc. ecc.. L’animale d’allevamento è diventato una macchina di smaltimento rifiuti umani.

I medicinali somministrati agli animali d’allevamento
Sulfamidici, betabloccanti, anemizzanti, integratori, tranquillanti, ormoni, estrogeni, alcali, aminoacidi di origine sintetica, sostanze coloranti, conservanti (nitrato e nitriti), appetizzanti, minerali di sintesi… Ogni anno 10.000 tonnellate di antibiotici sono prodotti in Europa: più della metà è utilizzato per gli animali.

In studi condotti da dietologi dell’American Dietetic Association e Medici della Physician Committee for Responsible affermano: “Si ritiene che il latte prevenga l’osteoporosi ma la ricerca medica mostra il contrario. Anzi, un’assunzione maggiore di calcio attraverso prodotti lattiero-caseari è stata associata a rischi maggiori”. Noto è un altro studio condotto su 78.000 donne ad Harvard e durato 12 anni in cui è stato dimostrato che i soggetti che assumevano latte tre volte al giorno avevano un numero di fratture superiore a chi lo assumeva solo raramente.

Le principali cause che determinano l’osteoporosi sono: vita sedentaria; scarsa esposizione alla luce naturale, carenza di vitamina D, squilibri ormonali, errori alimentari, abuso di alcolici, proteine, alcol, caffeina, tannini, teobromina, sale, zucchero, tabacco, chemioterapia, antibiotici, diuretici, anoressia. Queste rubano calcio alle ossa e ne provocano l’eliminazione con le feci e le urine. Per contro le migliori fonti alimentari di Calcio sono: legumi, semi e tutte le verdure a foglia verde.
Quindi, le regole generali per ridurre l’incidenza di fratture ossee sono: non consumare carne, pesce latticini, uova, zuccheri semplici, alimenti raffinati; aumentare il consumo di frutta fresca e secca, verdura, legumi; evitare fumo di sigaretta e assunzione di bevande alcoliche, ridurre l’assunzione di sodio, fare attività fisica, mantenere un peso corporeo ideale.

Bere latte è come attaccarsi alle mammelle della mucca

IL CALCIO nei vegetali: (mg/ 100 gr)
Tarassaco: 316
Ruchetta: 309
Soia secca: 257
Fichi secchi: 286
Mandorle: 240
Prezzemolo: 220
Farina di soia: 210
Spinaci: 170
Nocciole secche: 150
Cicoria: 150
Ceci secchi: 142
Fagioli secchi: 135
Pistacchi: 131
Agretti:131
Bieta: 130
Radicchio: 115
Crusca di frumento integrale: 110
Indivia: 93

Franco Libero manco

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